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La nave di Teseo

Aperto da Sariputra, 29 Settembre 2016, 16:14:25 PM

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maral

Citazione di: Sariputra il 05 Ottobre 2016, 01:05:13 AM
Le parti esistono anche se non sono riunite insieme nella "nave di Teseo"...
Le parti sono parti solo se c'è il significato di un intero che le definisce come sue parti. L'intero potrà essere la nave, la casa o altre cose ancora. Se è la casa quelle parti non saranno più un timone, una vela, una chiglia, ma magari un pezzo di una porta, una tenda, un tetto. E se nessuno userà quelle parti per costruire qualcosa esse non saranno più nemmeno parti, abbandonate a significare se stesse a se stesse (ovvero a significare nulla) in un vecchio magazzino polveroso, perché solo come parti dopotutto si può significare. E solo come parti possiamo incontrare qualcun altro che ci dica di che siamo parte facendoci sentire tali, dandoci così un significato in cui poterci in mezzo agli altri riconoscere.


Sariputra

Citazione di: maral il 05 Ottobre 2016, 23:28:35 PM
Citazione di: paul11 il 04 Ottobre 2016, 23:55:55 PMMah.....ho l'impressione che ognuno abbia detto nella discussione qualcosa di giusto.
Come sempre d'altra parte. Ma la nave di Teseo che lentamente muta pezzettino dopo pezzettino solleva un altro problema di non facile soluzione: qual è il momento esatto in cui la nave di Teseo non è più la nave di Teseo? Quale sarà il pezzettino dovrà mutare per trasformarla in un'altra cosa tanto da poter dire che prima era ancora la nave di Teseo e dopo non lo è più? Potremo mai saperlo?

E' una domanda molto interessante. Quale può essere il preciso istante in cui la nave di Teseo non è più la nave di Teseo? Sembrerebbe che l'identità della nave cessi nel momento in cui l'agente ( o gli agenti) esterno alle sue parti non la ri-conosce più.  Ossia il momento in cui l'immagine /ricordo che ne ha l'agente esterno non corrisponde più alla forma  che ha di fronte. L'identità nave ha una forma ben definita e tale rimane fino al momento in cui la definizione cessa. Se osserviamo un cane allegro e scodinzolante lo riconosceremo come "cane"; se lo vediamo vecchio e macilento ancora lo riconosciamo come "Quel" cane; se lo vediamo appena morto sarà ancora quel preciso cane ma poi...dopo esser stato sepolto, viene dissotterato da divoratori di carogne, come le jene, e strappato a brandelli , portati ora di qua , ora di là. L'agente esterno capitato sul luogo e imbattutosi in quei mucchietti di carne putrida disseminati si chiederà:"Cos'è questo orrore?" L'immagine/forma di quel cane esisterà ancora solo nella memoria, come una vecchia fotografia, dell'agente esterno o in vecchie fotografie dell'animale atte a ricordarlo. Con il decomporsi anche di queste, ogni identità sarà svanita.
Ben consapevole di questo, e atterrito davanti a questa prospettiva, l'uomo concepisce un agente esterno eterno che possa "salvare" le identità. Solo qualcuno che mi vede e mi ricorda nella mia forma in eterno può salvare la mia identità. In assenza di questo ente eterno che eternamente mi designa, la mia identità, "Io" cesso di essere riconosciuto e svanisco come la nave di Teseo o il povero cane. Mi smembro. I pezzi che mi compongono si sciolgono dal legame. Svanisce il portatore delle parti.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

Citazione di: maral il 05 Ottobre 2016, 23:28:35 PM
Citazione di: paul11 il 04 Ottobre 2016, 23:55:55 PMMah.....ho l'impressione che ognuno abbia detto nella discussione qualcosa di giusto.
Come sempre d'altra parte. Ma la nave di Teseo che lentamente muta pezzettino dopo pezzettino solleva un altro problema di non facile soluzione: qual è il momento esatto in cui la nave di Teseo non è più la nave di Teseo? Quale sarà il pezzettino in quel momento muterà per trasformarla in un'altra cosa tanto da poter dire che prima era ancora la nave di Teseo e dopo non lo è più?

Deve mutare totalmente e nello stesso tempo per non essere più la nave di Teseo.
Per quanto si ristrutturi una nave, una casa, non perde l'identità ontologica.
Non è cambiando i mobili, e neppure i muri che una casa perde la sua identità, può persino mutare la sua fisionomia totalmente, ma non muta ontologicamente, così è la nave, così è Teseo.
Le parti sono attributi e proprietà, solo se cambiano strutturalmente da non essere attributi propri della nave ,allora la nave non è più nave, ma altro.
Persino una casa diroccata è ancora "quella" casa, idem la nave di Teseo.Fin quando è riconoscibile come nave, e riconducibile a Teseo come relazione , rimane ontologicamente .
Per questo ho dei dubbi che la memoria sia identitaria. Non è la volontà a decidere l'ontologia, Teseo può perdere la sua memoria, ma lui rimane Teseo anche inconsapevolmente e può dimenticarsi di avere una nave, ma quella nave è ancora nave e di Teseo, se non cambia la proprietà.

acquario69

#33
secondo me ce anche un altro aspetto sull'identità delle cose ma anche dei luoghi stessi in relazione e che nonostante questi cambiano e scompaiono ne rimane qualcosa anche dopo,come una presenza,che il tempo e la memoria non riesce a cancellare del tutto ma che (e questo e' il punto) ci arriva lo stesso e nonostante tutto,si può avvertire.
forse ci sono luoghi dove questo si sente in maniera particolare rispetto ad altri...penso ad esempio a quelle case diroccate o interi paesi abbandonati,e se capita di ritrovarsi in questi posti cominciano ad affiorare strane sensazioni,come di un tempo fuori dal tempo...oppure di ex manicomi,o magari ex ospedali o ricoveri nella quale su tutto l'ambiente rimane una strana angoscia,che non può non coglierti in quel momento,magari persino dopo che edifici del genere siano stati abbattuti.
ma anche luoghi di altro genere,ambienti diversi e che alla fine ne rimane ancora viva una misteriosa presenza che ne caratterizzava la sua identità.

allora,se queste "cose" e certi luoghi sono ormai scomparsi e in molti casi definitivamente senza lasciare tracce tangibili o visibili,allora perché,come nei casi sopra si ripresentano e in maniera così particolare da sfidare le leggi del tempo e dello spazio?! ma anche della stessa razionalità umana?

ed oggi,che tutto cio che si fa o si costruisce viene praticamente concepito solo per NON durare o che,ovvia conseguenza,nulla possa essere nemmeno più trasmesso?.. del resto come si può arrivare a trasmettere qualcosa (l'identità stessa!) se tutto nasce già "morto" in partenza?!

Aniel

Ti ringrazio Aquario per il link che hai postato sui Rothschild: le fasi del Nuovo Ordine Mondiale. Da paura la fase n° 2 !!!!!!!. non e' fanta - politica purtroppo, il tentativo di schiavizzare l'uomo e' gia' in atto da molto tempo, lo spiega bene l'articolo.
Siamo pronti, attraverso questo periodo storico cosi' estremo e subdolo, orientato verso il male a fare il 'SALTO QUANTICO'!, a mio avviso ci andra' tempo: la materia alchemica deve 'decantare' per potersi trasformare, ma poi.....
Udite, udite: TESEO AVRA' UNA NUOVA NAVE, il 'Vento fa il suo giro', l'impronta akasika e karmica lasciata in ogni cosa al mondo lasciera' la sua nuova impronta: la rivoluzione sociale, politica, economica e spirituale ha inizio, nascera' una nuova grande umanita', Teseo sta iniziando un nuovo viaggio su una nuova nave .
Teseo si sta trasformando, a gonfie vele verso il 'nuovo mondo'!!!!!! tutti a bordo verso l'isola che ancora non c'e'.
Cio' che prima non esisteva nel mondo 'fenomenico' prende forma.....

Sariputra

#35
Solo designandola convenzionalmente si può assegnare un'identità. L'identità non è le parti singole che la compongono; l'identità non è il portatore delle parti singole, in quanto togliendo le parti non c'è più portatore; l'identità non è la funzione, altrimenti la nave che non può più navigare non sarebbe la stessa nave; l'identità non è la forma , altrimenti la nave in rovina non sarebbe la stessa nave; l'identità non è il nome, altrimenti allo scomporsi delle parti si potrebbe ancora vedere il nome( lo si può vedere solo nel ricordo o in una foto); l'identità non è un significato, altrimenti allo svanire delle parti rimarrebbe il significato ( ma questo , di nuovo, esiste solo nel ricordo). Tutto ciò che sembra rimanere è legato al ricordo della designazione convenzionalmente data da un agente esterno . Siccome però anche l'agente esterno sottostà alla stessa logica dell'identità convenzionalmente data, come si può affermare che una identità ha fondamento ontologico quando non è possibile ravvisare fondamento ontologico in chi , come agente esterno, designa l'identità stessa? Il figlio nato in un sogno sarà sempre della stessa natura del sogno. L'identità designata da un agente esterno non è possibile definire reale se non è attribuibile realtà all'agente esterno. Perchè come osservatore e designatore della "nave di Teseo" sono formato di innumerevoli parti che agiscono insieme per volontà del portatore delle parti ma...al netto delle parti che lo compongono, dove sta il portatore? E' il pensare e ricordare la designazione "nave di Teseo" il portatore che fa agire le mie parti? Domande che mi pongo...
capisco perchè questo paradosso abbia intrigato anche grandi filosofi...
Sembra che mi stia avvicinando al concetto di vacuità (Shunyata) di identità tipico del pensiero di Nagarjuna, ma non riesco a svolgerlo come il grande Magister...mannaggia!!
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

davintro

#36
L'esempio della nave di Teseo a mio avviso mostra come l'identità, intesa come fattore unificante in modo organico un ente, abbia una natura spirituale e immateriale. La nave è un oggetto fisico, e la sua materialità la rende corruttibile, divisibile, e dunque modificabile, cioè alcune parti possono essere sostituite da altre, e porsi il problema di riconoscere un'identità che permane presuppone l'individuazione di un elemento unitario. Ma la materia di per sè è un fattore che conduce alla dispersione, ciò che tiene unita la materia non è materia, è forma. E la forma della nave coincide con l'idea per cui è stata progettata. Quindi si può parlare di identità della nave di Teseo facendola corrispondere all'idea della nave nella mente di chi l' ha progettata. L'idea, essendo un ente spirituale ha una sua qualità immutabile, non si corrompe, non ha "parti", se le ha ciò le deriva dal fatto che è un'idea  che si riferisce a qualcosa di materiale, cioè divisibile. L'identità intesa così trascende una mera significazione linguistica, un flatus voci, ma si costituisce con ciò che anche in oggetto fisico può essere rilevato come spirituale, l'idea all'interno della coscienza della cosa. Lo spirito porta all'unità e alla permanenza, la materia alla corruttibilità ed alla divisione. E quando ci si riferisce a enti come la nave, sintesi di materia, fisicità da un lato e spirito dall'altro, cioè la sua forma con la quale la materia è stata plasmata (mentre nell'uomo la sintesi comprende uno spirito più presente, in quanto non è solo idea statica o forma geometrica, ma attività concrete, come mente, volontà, sentimento), allora non ha senso porsi il problema di conoscere il momento esatto in cui la nave di Teseo ha smesso di essere tale, oppure stabilire se è ancora tale, non c'è cioè una divisione discreta, netta, tra ciò che muta e ciò che permane. Nella misura in cui (alla luce della componente materiale), le parti vengono sostituite, ci si allontana dall'idea per cui è stata progettata, mentre quanto più resta simile al progetto per cui era finalizzata, tanto più resta sè stessa. Quindi si può dire che la nave di Teseo può restare più o meno fedele al modello originario, che resta valido come modello regolativo. In tutti gli enti sintesi di materia e forma, fisicità e spiritualità, l'identità non è mai qualcosa che "c'è o non c'è, c'è ancora, non c'è più", ma c'è sempre "più o meno" c'è nella misura in cui il corso dell'esistenza è coerente con la natura della sua origine

Sariputra

#37
Se si nega identità , se non in senso convenzionale, a qualsiasi cosa bisogna logicamente negarla anche al portatore delle parti. Davintro sostiene che l'identità è l'Idea della "nave di Teseo"e l'idea, essendo immateriale,prodotto dello "spirito", è quel qualcosa che permane, che non muta e che non si dissolve. Ma lo spirito è distinguibile dal portatore delle parti? Questo perchè anche questo spirito appare una costruzione di parti ( Coscienza, pensiero, volontà, sensazioni,inconscio,ecc.) e non è possibile il suo agire in assenza di una delle parti, esattamente come la nave di Teseo non può veleggiare per mari, senza il timone, ossia una sua parte. Si può affermare che lo spirito è un tutt'uno e che le sue parti sono solo apparentemente parti, ma questo mi sembra un espediente perchè anche la nave di Teseo , quando naviga per i mari, funziona come un tutt'uno; certo non è possibile vedere il timone andare di qua e la vela fare un'altra rotta di là. Ogni cosa sembra agire come un tutt'uno, in presenza delle sue parti funzionanti e legate in quella specifica forma. Però al mutare della funzionalità e della forma il portatore delle parti non riesce più a funzionare come un tutt'uno, con la stessa identica modalità precedente.
Una madre privata dei ricordi non può certo funzionare ancora come madre. Funzionerà , ma non nella stessa idea precedente. Lo " spirito" poi lo ritengo una congettura della mente. La negazione della sostanzialità dell'identità ha rilevanza come esclusione di interpretazioni arbitrarie e congetture del reale. In assenza di interpretazioni arbitrarie e di congetture sull'identità " nave di Teseo" la nave è convenzionalmente accettata come reale. Però deve essere fondata la consapevolezza che questa identità è esistente solo in senso convenzionale e così per analogia l'identità di tutto ciò a cui viene attribuita un'identità. L'identità non può essere fondata in se stessa, ma sempre, mi sembra, viene ad essere fondata da colui che la designa, con la consapevolezza che anch'io che la designo sono designato.Essa non ha esistenza al di fuori della conoscenza e dell'attribuzione di funzionalità dell'agente esterno alle sue parti. L'identità "nave di Teseo" si sorregge sull'identità "Teseo", che si regge sull'identità "Eroe mitico" e così via all'infinito in un gioco di specchi che eternamente si riflettono. Forse...Sari non è Sari, non è un'identità fondata in se stessa, ma un processo dinamico in divenire delle "parti", mentali e fisiche, che lo compongono. Convenzionalmente Sari è certamente Sari, perchè correttamente designato da altri come colui che è Sari. Sono due piani diversi in cui "vive" l'identità di Sari. Uno è il piano di Non-identità  di Sari come Sari, in quanto non è possibile attribuire alcuna sostanza all'idea di Sari; l'altro è il piano in cui l'identità Sari ( o quella "nave di Teseo")è certamente Sari , di cui è possibile leggere queste esternazioni e rifiutarle o accettarle. Quest'ultima è l'identità attribuita , l'altra è l'identità non-identità non attribuile se non come congettura.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: maral il 05 Ottobre 2016, 23:28:35 PM
qual è il momento esatto in cui la nave di Teseo non è più la nave di Teseo? Quale sarà il pezzettino in quel momento muterà per trasformarla in un'altra cosa tanto da poter dire che prima era ancora la nave di Teseo e dopo non lo è più?
Ci trovo forti analogie con il celebre "paradosso del sorite" (https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_del_sorite)

Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 11:54:44 AM
L'identità non è le parti singole che la compongono; l'identità non è il portatore delle parti singole, [...] l'identità non è la funzione, [...] l'identità non è la forma [...] l'identità non è il nome [...] l'identità non è un significato
E se l'identità potesse essere pensata come tutte queste dimensioni (assieme o una alla volta, a seconda del tipo di discorso)?

Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 11:54:44 AMSolo designandola convenzionalmente si può assegnare un'identità. [...] Sembra che mi stia avvicinando al concetto di vacuità (Shunyata) di identità tipico del pensiero di Nagarjuna, ma non riesco a svolgerlo come il grande Magister...mannaggia!!
La vacuità non è proprio l'assenza di designazioni convenzionali?

E non vorremo mica farci del male filosofando sull'identità della vacuità?  ;D

Sariputra

#39
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2016, 21:33:48 PM
Citazione di: maral il 05 Ottobre 2016, 23:28:35 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 11:54:44 AML'identità non è le parti singole che la compongono; l'identità non è il portatore delle parti singole, [...] l'identità non è la funzione, [...] l'identità non è la forma [...] l'identità non è il nome [...] l'identità non è un significato
E se l'identità potesse essere pensata come tutte queste dimensioni (assieme o una alla volta, a seconda del tipo di discorso)?

Sì, è possibile, ma sarebbe sempre l'identità designata da un agente esterno alle parti, dal discorso relativo all'insieme o alle parti. Se fosse dell'insieme sarebbe l'identità detta del "portatore delle parti", se fosse della parte si dovrebbe definire come la designazione esterna dell'identità della singola parte.

 
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 11:54:44 AMSolo designandola convenzionalmente si può assegnare un'identità. [...] Sembra che mi stia avvicinando al concetto di vacuità (Shunyata) di identità tipico del pensiero di Nagarjuna, ma non riesco a svolgerlo come il grande Magister...mannaggia!!
La vacuità non è proprio l'assenza di designazioni convenzionali? E non vorremo mica farci del male filosofando sull'identità della vacuità? ;D


La vacuità, come concetto filosofico, è la comprensione dell'impossibilità di trovare una sostanza in qualunque designazione convenzionale di identità. La vacuità come esperienza è la consapevolezza che i fenomeni, così come sono visti, sono solo designazioni convenzionali. E' la vacuità di esistenza intrinseca. La vacuità non è una designazione mentale, ma tutto quello che si può dire della vacuità è solo una designazione mentale. Questo perchè la vacuità di esistenza intrinseca è un' esperienza e solo quando se ne discute assume il concetto dato dalla designazione mentale di vacuità.
La vacuità non può essere conosciuta dal pensiero convenzionale che tratta i fenomeni come se fossero indipendenti e stabili, dotati di natura immutabile e certa. L'esperienza della vacuità non è compatibile con una costruzione concettuale. L'idea stessa di vacuità rischia di essere pericolosa, se viene "entificata" . La vacuità richiede la rinuncia ad ogni opinione e quindi anche alle opinioni sulla vacuità stessa. Nel caso dell'identità "nave di Teseo" di fatto si riduce alla consapevolezza della vacuità di identità sostanziale. La vacuità assuma la forma di un aggettivo; infatti, nel caso della nave di Teseo, mi sembra si dovrebbe correttamente dire : "La nave di Teseo è vuota ( vacua) di identità intrinseca". Che non significa che non c'è, la nave di Teseo è ormeggiata con i suoi alberi nascosti da vele variopinte, il trinchetto e il pappafico e la chiglia incrostata di molluschi. Tutto è come deve essere.

P.S. Anche se io so di non essere , tuttavia vorrei poter essere...



Sulla strada del bosco
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Phil

Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 23:30:20 PM
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2016, 21:33:48 PME se l'identità potesse essere pensata come tutte queste dimensioni (assieme o una alla volta, a seconda del tipo di discorso)?
Sì, è possibile, ma sarebbe sempre l'identità designata da un agente esterno alle parti, dal discorso relativo all'insieme o alle parti. Se fosse dell'insieme sarebbe l'identità detta del "portatore delle parti", se fosse della parte si dovrebbe definire come la designazione esterna dell'identità della singola parte.
[corsivi miei]
Se fosse, potrebbe essere molteplice... ma in fondo:
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 23:30:20 PM"La nave di Teseo è vuota ( vacua) di identità intrinseca". Che non significa che non c'è 

P.s.
Citazione di: Sariputra il 06 Ottobre 2016, 23:30:20 PMP.S. Anche se io so di non essere , tuttavia vorrei poter essere...
Koan: cosa è colui che vorrebbe poter essere?  ;)

Sariputra

CitazioneP.S. Anche se io so di non essere , tuttavia vorrei poter essere...

Koancosa è colui che vorrebbe poter essere?  

Non è Sari...è la sete d'esistere. E' la volontà d'essere anche se non sono...come un desiderio costante inappagabile.
Sulla strada del bosco
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Phil

Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 15:20:58 PMNon è Sari...è la sete d'esistere.
La sete d'esistere vuole esistere, ma se è sete (e vuole), esiste già...
esiste come mancanza di ulteriore esistenza (per questo è sete e non sazietà), ma qualora la ottenesse non sarebbe più sete, dunque non esisterebbe più... quindi l'esistenza della sete di esistere è basata sul non appagamento della sete stessa, per cui, volendo vivere cioè non-saziarsi, non è sete autentica, è illusoria...

Citazione di: Sariputra il 07 Ottobre 2016, 15:20:58 PME' la volontà d'essere anche se non sono...come un desiderio costante inappagabile
Nel momento in cui dici "non sono", sei... altrimenti dove avrebbe radice (mula) quel desiderio?

P.s. Offrire ad un koan una riposta razionale è sfidare l'implacabile monaco zen ad usare il bastone... attento, lo ha già sollevato! :)

Jean

Koancosa è colui che vorrebbe poter essere?  

Sì, cosa è colui che vorrebbe poter essere.

 http://blog.libero.it/CloniDiMarte/11085102.html



Jean Cordialmente

cvc

Tutti i paradossi evidenziano i limiti del linguaggio. Il linguaggio stabilisce semplicemente delle convenzioni. Anche il concetto di identità è una convenzione. La nave che ha sostituito tutti i pezzi non è la stessa che era in origine, ma allo stesso tempo è la stessa che era in origine. È questa ambiguità dell'essere che è ben espressa da Eraclito quando dice che Dio vuole e non vuole essere chiamato Dio. Esiste il senso che l'uomo da alle cose, ma c'è anche un senso delle cose che trascende il senso che l'uomo da alle cose. E il linguaggio non riesce a cogliere questa duplicità del senso, perché la funzione del linguaggio è identificare univocamente. I paradossi mostrano il lato oscuro della luna (del linguaggio).
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

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