La natura è matrigna e la conoscenza è impossibile?

Aperto da Socrate78, 18 Settembre 2016, 13:49:30 PM

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Socrate78

Salve, avevo già scritto nel vecchio forum (nel 2014), adesso vorrei proporre questo thread sul rapporto tra la natura e l'uomo, un tema su cui amo riflettere spesso in quanto appassionato di filosofia e di letteratura.
A me sembra che la natura, in quanto tale, non sia affatto orientata al bene dell'individuo, ma anzi lo asservisce ad un sistema in cui il singolo è soltanto una mera pedina, un robot che viene usato e poi gettato quando diventa di intralcio al sistema stesso: il ciclo della nascita, crescita e morte obbedisce sostanzialmente a questa logica che però, per l'uomo dotato di consapevolezza razionale, appare fortemente inumana.
Infatti filosofi come Schopenhauer e poeti come Leopardi (che riprende in parte Schopenhauer) hanno appunto notato il carattere profondamente inumano del sistema-mondo, che non tiene conto dell'aspirazione dell'individuo alla felicità e alla libertà, ma al contrario sembra andare contro questi valori, poiché la "natura" sembra non farsi scrupolo di provocare calamità naturali, malattie e anche una passione apparentemente positiva come l'amore sembra limitare fortemente la libertà dell'uomo, poiché nella passione amorosa la persona appare come una specie di pedina nelle mani dell'altro, pronta ad assecondare l'altro in troppe cose e quindi condizionata al massimo. Tutto ciò provoca comunque illusione e dolore.
Ma c'è dell'altro: il sistema conoscitivo dell'uomo mi sembra molto fallace, poiché tante cose che vengono percepite attraverso i sensi (i colori, i suoni, i sapori) in realtà non esistono concretamente nel mondo esterno, ma sono solo il frutto dell'interpretazione del nostro cervello, ma in definitiva quest'interpretazione è una "menzogna", poiché non corrisponde ad un qualcosa di obiettivo. Ne consegue quindi il carattere relativo e del tutto aleatorio della conoscenza, un cane ad esempio ha una visione del mondo diversa dalla nostra, ma non si può affatto dire che sia sbagliata, semplicemente è differente. Quindi la natura sembra frustrarci anche nel nostro legittimo desiderio di obiettività e verità.
Secondo voi la mia analisi è corretta?

Phil

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PMA me sembra che la natura, in quanto tale, non sia affatto orientata al bene dell'individuo, ma anzi lo asservisce ad un sistema in cui il singolo è soltanto una mera pedina
Mi sembra che la natura non abbia un suo orientamento verso "il bene" o "il male" (categorie di giudizio umane, etico-metafisiche, quindi non-naturali), ma solo una sua regolarità di funzionamento, le sue eccezioni e i suoi protagonisti...

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PMil ciclo della nascita, crescita e morte obbedisce sostanzialmente a questa logica
Il ruolo dell'osservatore non è mai marginale: nascita-crescita-morte è una "logica" decifrata nella natura solo guardandola con gli occhi dell'uomo... in quanto tale è un'interpretazione concettuale, un nostro modo di identificare quella serie di avvenimenti in un processo.

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PMper l'uomo dotato di consapevolezza razionale, appare fortemente inumana.
Sempre continuando a leggere il mondo con occhi umani, possiamo anche trovare questo processo inumano, ma in fondo è solo meta-umano, extra-umano, ovvero comprende l'uomo come suo elemento transitorio, ma in sè non è un processo nè buono nè cattivo (come tutti i processi se considerati nel loro funzionamento, senza esprimere un giudizio di valore sui risultati). Può essere frustrante solo se si presuppongono ideali di successo, esistenziale o conoscitivo, che poi si rivelano irraggiungibili.

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PMil carattere profondamente inumano del sistema-mondo, che non tiene conto dell'aspirazione dell'individuo alla felicità e alla libertà, 
Al di là della "personificazione" della natura, che, fuor di metafora, non ha una volontà e non è buona o cattiva (salvo credere sia una dea o qualcosa di simile), forse più che aspettarci che la natura tenga conto della nostra aspirazione, sarebbe saggio se fossero le nostre aspirazioni a tener conto della natura (e delle possibilità praticabili...).

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PMTutto ciò provoca comunque illusione e dolore.
Ad oriente hanno riflettuto molto su questa questione (vedi le cosiddette "quattro nobili verità" del buddismo).

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PMil sistema conoscitivo dell'uomo mi sembra molto fallace, poiché tante cose che vengono percepite attraverso i sensi [...] sono solo il frutto dell'interpretazione del nostro cervello, ma in definitiva quest'interpretazione è una "menzogna"
"Menzogna" mi sembra un termine eccessivamente sconsolato e inibitorio, le chiamerei "ipotesi di lavoro" o "paradigmi provvisori"... in fondo, l'importante è che funzionino e siano aggiornabili ;)

sgiombo

#2
Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PM
Ma c'è dell'altro: il sistema conoscitivo dell'uomo mi sembra molto fallace, poiché tante cose che vengono percepite attraverso i sensi (i colori, i suoni, i sapori) in realtà non esistono concretamente nel mondo esterno, ma sono solo il frutto dell'interpretazione del nostro cervello, ma in definitiva quest'interpretazione è una "menzogna", poiché non corrisponde ad un qualcosa di obiettivo. Ne consegue quindi il carattere relativo e del tutto aleatorio della conoscenza, un cane ad esempio ha una visione del mondo diversa dalla nostra, ma non si può affatto dire che sia sbagliata, semplicemente è differente. Quindi la natura sembra frustrarci anche nel nostro legittimo desiderio di obiettività e verità.
Secondo voi la mia analisi è corretta?

CitazioneSu quanto precede e ho tagliato da questa citazione concordo in sostanza con le considerazioni di Phil (che mi sembrano in gran parte piuttosto precisazioni o puntualizzazioni, "correzioni più di dettaglio che di sostanza"; ovviamente se l' ho decisamente frainteso, per quanto "l' entità delle divergenze o convergenze" di opinioni si inevitabilmente qualcosa di per lo meno non facilmente obiettivabile, Phil chiarirà eventualmente meglio il suo pensiero).

Con Berkeley (e soprattutto Hume) non ritengo fondata la differenza fra qualità primarie e secondarie: non solo colori, suoni e sapori, ma anche estensioni e masse, ecc. di ciò che percepiamo non sono altro che sensazioni, apparenze fenomeniche facenti parte della nostra esperienza cosciente, non più e/o non ancora reali (in quanto tali: insiemi di sensazioni) allorché non le percepiamo (id est: esse realmente non accadono
in quanto tali, sensazioni o insiemi di sensazioni).
L' unica differenza (importantissima!) fra qualità primarie e secondarie é che le prime sono direttamente misurabili (vi si possono stabilire rapporti quantitativi esprimibili da numeri e intersoggettivamente verificabili semplicemente "considerandole le una accanto alle altre"), mentre delle seconde ciò può essere fatto solo indirettamente: misurando le lunghezze d' onda, l' ampiezza, ecc. delle onde luminose e di quelle sonore o la concentrazione delle molecole aromatiche).

Ma ciò non toglie che entrambe siano di carattere meramente fenomenico: per entrambe é vero il berkeleyano "esse est percipi".
Il che vale di tutto ciò che è immediatamente e indubitabilmente conoscibile (per l' istantanea, effimera durata del giudizio sul suo accadere presentemente in atto; divenendo subito, immediatamente  mero oggetto di memoria, la quale é degna di dubbio).
Tutto il resto di ciò che possiamo credere (e che potrebbe anche essere vero, che forse potremmo anche effettivamente conoscere; ma non con certezza), fra l' altro la realtà di altre esperienze fenomeniche coscienti oltre quelle direttamente, immediatamente esperita da ognuno, e la realtà di "cose in sé" non sensibili (non apparenti, non fenomeni) ma soltanto pensabili congetturabili (noumeni; compresi soggetti e oggetti delle sensazioni fenomeniche reali anche allorché queste non accadono -ancora o non più- realmente), nonché la stessa intersoggettività delle sensazioni "esteriori" o materiali (magari spiegando tutto ciò, come personalmente amo fare, con una corrispondenza intersoggettivamente biunivoca con gli stessi enti e/o eventi in sé o "noumenici" delle sensazioni in ciascuna esperienza cosciente, dunque "poliunivoca" fra loro) non é razionalmente fondato (nel senso di dimostrato o men che meno mostrato, constatato, esperito): insuperabilità razionale dello scetticismo (che non é negazione della conoscenza vera -sarebbe autocontraddittorio pretendere di saperlo, conoscerlo- ma dubbio insuperabile circa di essa).

Concordo dunque, e a maggior ragione,
che Ne consegue quindi il carattere relativo e del tutto aleatorio della conoscenza.

Sariputra

#3
Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PMSalve, avevo già scritto nel vecchio forum (nel 2014), adesso vorrei proporre questo thread sul rapporto tra la natura e l'uomo, un tema su cui amo riflettere spesso in quanto appassionato di filosofia e di letteratura. A me sembra che la natura, in quanto tale, non sia affatto orientata al bene dell'individuo, ma anzi lo asservisce ad un sistema in cui il singolo è soltanto una mera pedina, un robot che viene usato e poi gettato quando diventa di intralcio al sistema stesso: il ciclo della nascita, crescita e morte obbedisce sostanzialmente a questa logica che però, per l'uomo dotato di consapevolezza razionale, appare fortemente inumana. Infatti filosofi come Schopenhauer e poeti come Leopardi (che riprende in parte Schopenhauer) hanno appunto notato il carattere profondamente inumano del sistema-mondo, che non tiene conto dell'aspirazione dell'individuo alla felicità e alla libertà, ma al contrario sembra andare contro questi valori, poiché la "natura" sembra non farsi scrupolo di provocare calamità naturali, malattie e anche una passione apparentemente positiva come l'amore sembra limitare fortemente la libertà dell'uomo, poiché nella passione amorosa la persona appare come una specie di pedina nelle mani dell'altro, pronta ad assecondare l'altro in troppe cose e quindi condizionata al massimo. Tutto ciò provoca comunque illusione e dolore. Ma c'è dell'altro: il sistema conoscitivo dell'uomo mi sembra molto fallace, poiché tante cose che vengono percepite attraverso i sensi (i colori, i suoni, i sapori) in realtà non esistono concretamente nel mondo esterno, ma sono solo il frutto dell'interpretazione del nostro cervello, ma in definitiva quest'interpretazione è una "menzogna", poiché non corrisponde ad un qualcosa di obiettivo. Ne consegue quindi il carattere relativo e del tutto aleatorio della conoscenza, un cane ad esempio ha una visione del mondo diversa dalla nostra, ma non si può affatto dire che sia sbagliata, semplicemente è differente. Quindi la natura sembra frustrarci anche nel nostro legittimo desiderio di obiettività e verità. Secondo voi la mia analisi è corretta?

Penso che dovremmo sempre porre l'Uomo al centro della riflessione. E' per l'appunto l'uomo che percepisce come inumana la natura e di conserva la propria vita. E' evidente che la natura non prova alcun tipo di sentimento verso la sue creature. Segue semplicemente le cause e le condizioni che la pongono in essere. E' proprio l'esperienza di questa "indifferenza" che spinge Leopardi a sentirla come malevole. Infatti il non-interessarsi del destino dei suoi "figli" è assolutamente equiparabile ad uno stato di malevolenza. Se, per fare un esempio banale, una madre si disinteressa del soffrire dei suoi figli come potremmo definirla? Chiaro che la natura non è colpevole di nulla in quanto soggetta a leggi che la governano e da cui non può prescindere o deviare, ma questo toglie all'uomo qualsiasi referente nella ricerca di una "salvezza" dal proprio soffrire. E' l'esperienza della solitudine esistenziale e dell'angoscia. Leopardi si sentiva tradito dalla natura in quanto, come esteta, la idealizzava, ne dava forma e sostanza, stabiliva cioè una relazione. La sentiva lontana  e indifferente perchè, in primis, l' "Amava".  Non credo ci possano essere dubbi su questo profondo sentimento del genio poetico verso la natura come sede del Bello. Tanto più struggente diventava la sofferenza, quanto più questo profondissimo trasporto veniva deriso dall'amata, sempre lontana, sempre oltre l'umano sentire. E , quanto più si allontanava dal suo tentativo di abbraccio, tanto più splendeva di una beffarda Bellezza, irragiungibile, paurosa.
L'essere umano cerca sempre, per sua natura, la relazione, gli appare impossibile che non possa trovarla in qualcosa di cui si sente parte, che lo costituisce. Allora idealizza, si crea l'entità con cui vuole relazionarsi, entità ideale da amare o da odiare o di cui essere indifferente, ma sempre come presenza viva. "La natura è matrigna" assume un senso in questa necessità di relazione profonda.
La scienza fatica a dare risposte all'uomo perchè non riesce a creare relazioni che abbiano significato per il sentimento umano. Lo stesso problema presenta la filosofia con le sue ipotesi, teorie logiche o astrazioni concettuali, che , seppur perfette nel loro svolgimento razionale, mancano di capacità di parola al nucleo interno, disperato, dell'uomo, che chiama sempre alla relazione profonda con il sentito.
Questo nucleo è , essenzialmente, sofferenza e paura.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

memento

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PM
Salve, avevo già scritto nel vecchio forum (nel 2014), adesso vorrei proporre questo thread sul rapporto tra la natura e l'uomo, un tema su cui amo riflettere spesso in quanto appassionato di filosofia e di letteratura.
A me sembra che la natura, in quanto tale, non sia affatto orientata al bene dell'individuo, ma anzi lo asservisce ad un sistema in cui il singolo è soltanto una mera pedina, un robot che viene usato e poi gettato quando diventa di intralcio al sistema stesso: il ciclo della nascita, crescita e morte obbedisce sostanzialmente a questa logica che però, per l'uomo dotato di consapevolezza razionale, appare fortemente inumana.
Infatti filosofi come Schopenhauer e poeti come Leopardi (che riprende in parte Schopenhauer) hanno appunto notato il carattere profondamente inumano del sistema-mondo, che non tiene conto dell'aspirazione dell'individuo alla felicità e alla libertà, ma al contrario sembra andare contro questi valori, poiché la "natura" sembra non farsi scrupolo di provocare calamità naturali, malattie e anche una passione apparentemente positiva come l'amore sembra limitare fortemente la libertà dell'uomo, poiché nella passione amorosa la persona appare come una specie di pedina nelle mani dell'altro, pronta ad assecondare l'altro in troppe cose e quindi condizionata al massimo. Tutto ciò provoca comunque illusione e dolore.
Ma c'è dell'altro: il sistema conoscitivo dell'uomo mi sembra molto fallace, poiché tante cose che vengono percepite attraverso i sensi (i colori, i suoni, i sapori) in realtà non esistono concretamente nel mondo esterno, ma sono solo il frutto dell'interpretazione del nostro cervello, ma in definitiva quest'interpretazione è una "menzogna", poiché non corrisponde ad un qualcosa di obiettivo. Ne consegue quindi il carattere relativo e del tutto aleatorio della conoscenza, un cane ad esempio ha una visione del mondo diversa dalla nostra, ma non si può affatto dire che sia sbagliata, semplicemente è differente. Quindi la natura sembra frustrarci anche nel nostro legittimo desiderio di obiettività e verità.
Secondo voi la mia analisi è corretta?

Non credo che la natura abbia dei piani,o progetti in via di sviluppo,essa è semplicemente un' insieme di manifestazioni,talvolta prevedibili e riconducibili a regolarità,altre volte no. La vita,se prendiamo in considerazione l'intero universo,è un fenomeno piuttosto marginale,sorto ed evolutosi in condizioni altrettanto rare ed eccezionali,e di cui attualmente non abbiamo testimonianza altrove. Non vedo come il nostro ciclo vitale (ancor di più la vita di un singolo individuo) sia da considerarsi indispensabile al "sistema-mondo",ammesso che si possa pretendere di ridurre tutte le manifestazioni naturali a un singolo scopo,come ho già detto in partenza.
Schopenhauer e Leopardi (che non hanno esattamente la stessa visione pessimistica della realtà,ma soprassediamo) condannano e imputano come causa dei dispiaceri proprio quel desiderio di libertà e di felicità,che non può mai essere completamente e concretamente soddisfatto e proprio per questo motivo non genera altro se non false illusioni e conseguenti delusioni.
Un mondo che sia totalmente esterno al nostro apparato percettivo (sensi,coscienza,ragione) è inconoscibile e anche,se ci fosse il caso di dirlo,privo di alcuna rilevanza e interesse. 

Lou

#5
Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PM
Salve, avevo già scritto nel vecchio forum (nel 2014), adesso vorrei proporre questo thread sul rapporto tra la natura e l'uomo, un tema su cui amo riflettere spesso in quanto appassionato di filosofia e di letteratura.
A me sembra che la natura, in quanto tale, non sia affatto orientata al bene dell'individuo, ma anzi lo asservisce ad un sistema in cui il singolo è soltanto una mera pedina, un robot che viene usato e poi gettato quando diventa di intralcio al sistema stesso: il ciclo della nascita, crescita e morte obbedisce sostanzialmente a questa logica che però, per l'uomo dotato di consapevolezza razionale, appare fortemente inumana.
Infatti filosofi come Schopenhauer e poeti come Leopardi (che riprende in parte Schopenhauer) hanno appunto notato il carattere profondamente inumano del sistema-mondo, che non tiene conto dell'aspirazione dell'individuo alla felicità e alla libertà, ma al contrario sembra andare contro questi valori, poiché la "natura" sembra non farsi scrupolo di provocare calamità naturali, malattie e anche una passione apparentemente positiva come l'amore sembra limitare fortemente la libertà dell'uomo, poiché nella passione amorosa la persona appare come una specie di pedina nelle mani dell'altro, pronta ad assecondare l'altro in troppe cose e quindi condizionata al massimo. Tutto ciò provoca comunque illusione e dolore.
Ma c'è dell'altro: il sistema conoscitivo dell'uomo mi sembra molto fallace, poiché tante cose che vengono percepite attraverso i sensi (i colori, i suoni, i sapori) in realtà non esistono concretamente nel mondo esterno, ma sono solo il frutto dell'interpretazione del nostro cervello, ma in definitiva quest'interpretazione è una "menzogna", poiché non corrisponde ad un qualcosa di obiettivo. Ne consegue quindi il carattere relativo e del tutto aleatorio della conoscenza, un cane ad esempio ha una visione del mondo diversa dalla nostra, ma non si può affatto dire che sia sbagliata, semplicemente è differente. Quindi la natura sembra frustrarci anche nel nostro legittimo desiderio di obiettività e verità.
Secondo voi la mia analisi è corretta?
Io penso l'uomo parte integrante della natura, ovvero è parte integrante della natura intesa come oggetto di conoscenza. (Se si vuole l'osservatore è parte integrante dell'oggetto osservato.)Per quello che penso da parte mia sarebbe assai opportuno considerare il rapporto uomo/natura/conoscenza nella sua unità,  senza separare di netto i termini del rapporto. Lo stesso concetto di "natura" dipende dalla relazione che l'uomo intrattiene con l'ambiente e dal modo in cui intende questa relazione e si è modificato esso stesso nel tempo. E mii chiedo e se l'idea di una "natura in quanto tale", totalmente indipendente e indagabile da "fuori",  non sia essa stessa una finzione?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

paul11

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PM
Salve, avevo già scritto nel vecchio forum (nel 2014), adesso vorrei proporre questo thread sul rapporto tra la natura e l'uomo, un tema su cui amo riflettere spesso in quanto appassionato di filosofia e di letteratura.
A me sembra che la natura, in quanto tale, non sia affatto orientata al bene dell'individuo, ma anzi lo asservisce ad un sistema in cui il singolo è soltanto una mera pedina, un robot che viene usato e poi gettato quando diventa di intralcio al sistema stesso: il ciclo della nascita, crescita e morte obbedisce sostanzialmente a questa logica che però, per l'uomo dotato di consapevolezza razionale, appare fortemente inumana.
Infatti filosofi come Schopenhauer e poeti come Leopardi (che riprende in parte Schopenhauer) hanno appunto notato il carattere profondamente inumano del sistema-mondo, che non tiene conto dell'aspirazione dell'individuo alla felicità e alla libertà, ma al contrario sembra andare contro questi valori, poiché la "natura" sembra non farsi scrupolo di provocare calamità naturali, malattie e anche una passione apparentemente positiva come l'amore sembra limitare fortemente la libertà dell'uomo, poiché nella passione amorosa la persona appare come una specie di pedina nelle mani dell'altro, pronta ad assecondare l'altro in troppe cose e quindi condizionata al massimo. Tutto ciò provoca comunque illusione e dolore.
Ma c'è dell'altro: il sistema conoscitivo dell'uomo mi sembra molto fallace, poiché tante cose che vengono percepite attraverso i sensi (i colori, i suoni, i sapori) in realtà non esistono concretamente nel mondo esterno, ma sono solo il frutto dell'interpretazione del nostro cervello, ma in definitiva quest'interpretazione è una "menzogna", poiché non corrisponde ad un qualcosa di obiettivo. Ne consegue quindi il carattere relativo e del tutto aleatorio della conoscenza, un cane ad esempio ha una visione del mondo diversa dalla nostra, ma non si può affatto dire che sia sbagliata, semplicemente è differente. Quindi la natura sembra frustrarci anche nel nostro legittimo desiderio di obiettività e verità.
Secondo voi la mia analisi è corretta?

La tua visione è tipica dell'uomo occidentale che conflittualizza  da millenni i il rapporto uomo natura, perchè ha nettamente separato i domini, acquisendo in potenza quella conoscenza rubata agli dei nei miti, quella consapevolezza di poter modificare e trasformare la natura piegandola alla propri volontà di dominio, dimenticando di esserne invece anche parte.
La natura è morte oltre che vita, è violenza oltre che armonia e l'uomo è potente e interpreta la natura come materia  e come conoscenza da carpire per predire i fenomeni per costruire gli artefatti dove la civiltà come tipica espressione di volontà di potenza umana è l'imbrigliare la potenza della natura per non temerla, per vincere la morte, per allungare il tempo di vita
La natura è quindi evento che rompe , che scompiglia gli equilibri umani, dove il progetto umano si scontra con il destino che può perdere le battaglie ,ma alla fine vince la guerra con la morte.
La felicità e la libertà potrebbero essere visti come togliere i vincoli, le condizioni stesse che la natura crea fin dalla nascita.
Se una persona nasce con dei problemi fisici o mentali e ne è cosciente è chiaro che vedendo i propri simili chiede alla natura il perchè della "sfortuna",ma ribadisco è soprattutto perchè noi occidentali vogliamo essere onnipotenti sopra la natura.
Per noi non esiste l'accontentarsi, la moderazione, il pellerossa americano non stermina tutti i bisonti perchè conosce le regole della natura non vi si contrppone non li piega a sè, poichè troppo più potenti e sa che dopo l'abbondanza viene la sterilità, come dopo i il secco la pioggia.le altre culture hanno assecondato le nature , vi ci sono "accomodate", noi invece la vogliamo dominare perchè non accettiamo il destino, tolto agli dei,tolto a Dio l'uomo si illude ora di essere Dio e spesso perisce di propria mano, nei suoi artefatti, e alimenta così quell'egoismo come espressione disarmonica dell'ignorante che non conosce i propri limiti di potenza e vede la natura e i propri simili come energia da sfruttare che è diverso dal far fruttare.

 Nessuna cultura ha costruito prima il  concetto di possesso e poi di  proprietà come l'uomo occidentale, l'amore per noi è possesso,
persino una negoziazione, un contratto; noi non sappiamo abbandonarci e lasciarci ,non siamo "allenati" al distacco
Il dolore umano è l'illusione di poter piegare a sè la natura che è una contraddizione in termini essendone parte.

La verità è da tutt'altra parte dell'attuale umano occidentale,

filosofia1

... La verità è da tutt'altra parte dell'attuale umano occidentale, ...

quale verità?
forse che la verità occidentale non aspiri ad esser verità al pari delle altre?

verità è ciò che esce dal torbido; ciò che reggendosi su se stessa si manifesta, ciò tutto quel che appare. Compreso le nominate illusioni.

Un saluto a tutti.

InVerno

#8
Citazione di: paul11 il 20 Settembre 2016, 13:33:49 PM
, il pellerossa americano non stermina tutti i bisonti perchè conosce le regole della natura non vi si contrppone non li piega a sè, poichè troppo più potenti e sa che dopo l'abbondanza viene la sterilità, come dopo i il secco la pioggia.le altre culture hanno assecondato le nature , vi ci sono "accomodate", noi invece la vogliamo dominare perchè non accettiamo il destino, tolto agli dei,tolto a Dio l'uomo si illude ora di essere Dio e spesso perisce di propria mano, nei suoi artefatti, e alimenta così quell'egoismo come espressione disarmonica dell'ignorante che non conosce i propri limiti di potenza e vede la natura e i propri simili come energia da sfruttare che è diverso dal far fruttare.
Ma nell'altro topic.. Vabbè, il pellerossa ha sterminato tutti i grandi mammiferi della megafauna del continente americano, compresi i cavalli, i bradipi giganti, gli elefanti lanosi, i rinoceronti lanosi, e anche diverse specie di bisonti "primigeni".. e tantissime altre. E l'ha fatto probabilmente sprecando gravemente le risorse (essendo che i metodi di conservazione non permettevano di mettere "in freezer" un intero mammut). Questo gli ha permesso un incremento demografico esorbitante che gli ha fatto velocemente popolare l'intero continente, e solamente a distruzione completata si è fermato a salvaguardare un ristrettissimo numero di specie per permettersi un apporto proteico adeguato (ma solo nell'america del Nord, in quella centrale gli Aztechi si erano fatti cannibali per rimediare e rimanevano cani e tacchini (diretti concorrenti -> allevarli significava usare cibo buono anche per gli uomini).

Riguardo al topic in se, posso citare provocatoriamente Jim Holt: L'universo è al 100% maligno, ma è efficiente solo all'80% - ("maligno" sta per inospitale alla vita, agli uomini)
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

baylham

Per me la natura è madre, non matrigna, e vivere è conoscere. Un'occasione straordinaria, di cui sono grato.

maral

Citazione di: Socrate78 il 18 Settembre 2016, 13:49:30 PM
Infatti filosofi come Schopenhauer e poeti come Leopardi (che riprende in parte Schopenhauer) hanno appunto notato il carattere profondamente inumano del sistema-mondo,
Eppure il sistema mondo genera e sostenta l'uomo e non il contrario, giacché l'uomo tenta continuamente e dolorosamente di piegarlo e sottometterlo ai suoi progetti. Il problema sta nella parziale coscienza dell'uomo che vorrebbe poter essere totale o anche non essere per nulla, ma entrambe le cose gli sono impossibili, dunque si illude e vivendo ne sconta la pena, come uno scherzo di natura. 

graziashadow1

Mah,la natura e l'uomo hanno poco in comune.Diciamo che l'umanità nei secoli ha perso gran parte della sua "naturalezza",non per niente ci si ritrova a dover oggi, fare i conti con l'inquinamento atmosferico  il surriscaldamento del globo ,cibi contaminati  e chi più ne ha più ne metta.
La natura nei suoi cicli  è puntuale  ,meravigliosa, o almeno lo era :-\ .Avrai presente quelle leggi fisiche universali("Equazione impossibile" Mario Livio) ,senza le quali nessuna forma di vita vedrebbe mai la luce, si fa per dire ? per  noi esseri divenuti  imperfetti, seppure  dotati di intelligenza,è di vitale importanza vivere in sintonia con le sue dure leggi, rispettandole quel tanto che basta ,prendendo coscienza che apparteniamo ad unico universo.

maral

Eppure anche quelle leggi universali sono il risultato delle visioni umane sul mondo in cui vive, la natura di per sé non conosce legge, solo l'uomo dà significato a ciò che accade e può intenderlo in forma di "legge di natura". Ma quest'uomo non è fuori dalla natura, ne è parte pur vedendosi separato e qui sta tutto il dolore e la pena della condizione umana, perché l'uomo non è mai stato in perfetta armonia con la natura, non ci sono mai stati passati idilliaci se non nei rimpianti immaginifici del presente. L'uomo ha sempre visto la natura come madre che lo genera gli dà sostentamento e matrigna che glielo nega nel patimento e nella morte, perfettamente indifferente all'uomo stesso.
In realtà la natura è sempre stata specchio per l'essere umano e a volte nell'immagine dello specchio è dato un po' di riconoscersi e altre no e allora capita di volerlo mandare in frantumi, illudendosi di fabbricare poi specchi migliori, ma ogni specchio continua sempre a rifletterci per quello che siamo.

acquario69

Citazione di: maral il 04 Febbraio 2017, 11:42:09 AM
Eppure anche quelle leggi universali sono il risultato delle visioni umane sul mondo in cui vive, la natura di per sé non conosce legge, solo l'uomo dà significato a ciò che accade e può intenderlo in forma di "legge di natura". Ma quest'uomo non è fuori dalla natura, ne è parte pur vedendosi separato e qui sta tutto il dolore e la pena della condizione umana, perché l'uomo non è mai stato in perfetta armonia con la natura, non ci sono mai stati passati idilliaci se non nei rimpianti immaginifici del presente. L'uomo ha sempre visto la natura come madre che lo genera gli dà sostentamento e matrigna che glielo nega nel patimento e nella morte, perfettamente indifferente all'uomo stesso.
In realtà la natura è sempre stata specchio per l'essere umano e a volte nell'immagine dello specchio è dato un po' di riconoscersi e altre no e allora capita di volerlo mandare in frantumi, illudendosi di fabbricare poi specchi migliori, ma ogni specchio continua sempre a rifletterci per quello che siamo.

La mia impressione e' che se e' vero (e lo e') che quello specchio e' il riflesso della natura sull'uomo e viceversa,credo sia altrettanto vero che tutte le civiltà pre-moderne ne avessero al contrario infinito e sacro rispetto e che appunto solo dopo non si riconoscesse più in quel riflesso, tanto da volerlo in seguito mandare in frantumi, come poi credo sia accaduto...evidentemente perché cio che siamo (ora e non prima) non consente quel riflesso che a loro invece veniva "naturale" e proprio per quella sintonia che li faceva percepire di non esserne separati 

Angelo Cannata

Credo che sarebbe fruttuoso considerare la natura soprattutto come il luogo delle nostre relazioni. Il modo in cui trattiamo la natura rispecchia l'idea che ci siamo fatti su chi è l'altro e chi siamo noi stessi. Credo che a partire da idee errate su ciò si verificano cattivi comportamenti umani nei confronti della natura. Sarebbe bene considerare la natura come il luogo dove tutti possiamo crescere. Ma mi sembra che non tutti in questo mondo consideriamo noi stessi e gli altri essenzialmente come persone il cui meglio è crescere.

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