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La morte

Aperto da daniele75, 09 Novembre 2019, 07:44:10 AM

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myfriend

#150
Citazione di: Ipazia il 26 Novembre 2019, 11:22:23 AM
Il disegnino l'hai già fatto nella polemica con bobmax sull' etica: buio pesto.
Disegnino semplice:

Natura superiore messa al servizio della natura inferiore del branco: L'intelligenza, creatività, compassione, libero arbitrio messe al servizio dell'istinto del branco.

Nasce l'ideologia razionale di branco. C'è il dittatore, o re, o papa che è il capobranco. Il dissenso viene represso con la violenza. L'intelligenza e la creatività vengono usate per creare stumenti di repressione (vedi lager, gulag o inquisizione). Gli altri branchi vengono visti come nemici (infedeli, eretici, o razza inferiore o quello che vuoi), nasce il nazionalismo imperialista, gli altri branchi vengono aggrediti con la guerra per la supremazia territoriale, il branco si chiude e si vede in contrapposizione con altri branchi. Il branco si sente continuamente minacciato (il nemico alle porte...o il potere di satana). Il capobranco si sente minacciato e reprime ogni dissenso. La compassione è rivolta solo agli appartenenti al branco che si sottomettono al branco stesso.

Natura inferiore del branco messa al servizio della natura superiore: l'istinto del branco messo al servizio dell'intelligenza, creatività, libero arbitrio, compassione.

Nasce la "comunità". Dove il dissenso è previsto ed elaborato. Dove la leadership è condivisa e non esiste un capobranco. Dove le decisioni vengono prese sulla base del "consenso". Dove vige la legge della solidarietà reciproca. La compassione è aperta a tutti, dentro e fuori la comuità. La comunità è aperta a ingressi esterni (nei limiti del ragionevole). La comunità non si sente in contrapposizione col resto del mondo ma interagisce in modo fecondo. E' aperta ad ogni contributo che possa arricchire la sua esperienza. La comunità ha un proprio territorio e lo difende...ma non è aggressiva ed espansiva. Non vuole sottomettere altre comunità, ma interagisce col dialogo.

Ora che ti ho fatto il disegnino siamo tutti più contenti.  ;D
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

myfriend

#151
P.S.
Cosa determina l'una o l'altra situazione?
Cosa determina la supremazia della natura inferiore rispetto alla natura superiore...o la supremazia della natura superiore rispetto alla natura inferiore?
Il nostro grado di consapevolezza.
Cioè...più coltiviamo, maturiamo la nostra consapevolezza (consapevolezza su chi siamo noi veramente...su cos'è il mondo esteriore...sul perchè siamo qui etc etc) più la nostra natura superiore prende il sopravvento...e più siamo in grado di mettere la natura inferiore al servizio della natura superiore.
Viceversa, sarà la nostra natura inferiore a prendere il sopravvento e a guidare i nostri comportamenti.

Il problema quindi non è l'etica o non-l'etica.
Ma è coltivare la nostra cosnapevolezza...crescere e maturare in consapevolezza. Più sei consapevole...e più l'etica viene da sè...e più il bene si manifesta. Senza bisogno di sottomettersi a un'etica che è sempre un meccanismo (la sottomissione a un'etica imposta da qualcuno) della nostra natura inferiore. Cioè dell'inconsapevolezza.

Un vero maestro spirituale non ti dice MAI sottomettiti a questa bellissimissima etica che io ti dò. Perchè sa benissimo che non c'è crescita di consapevolezza in questo. E quella sottomissione genererà solo ipocrisia.
Un vero maestro spirituale ti dice: lavora...rifletti...analizza....approfondisci e cresci in consapevolezza. E l'etica verrà da sè.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

viator

Salve myfriend. Scusami. Pesco quasi a caso all'interno delle tue convinzioni : "Cioè noi abbiamo una natura superiore dove risiedono le nostre qualità specifiche (che sono manifestazioni della coscienza cosmica)".........................e provvedo ad integrare con mio commento ...............perchè, essendo noi i soli viventi che possiedono la capacità di mettersi davanti ad uno specchio e di trovarsi incredibilmente bravi e belli, (raccontandoselo pure !), è ovvio che noi si faccia parte di un aspetto della natura che noi stessi - dopo esserci guardati in giro e poi nuovamente allo specchio - abbiamo creato e denominato e ripartito in superiore (guarda caso, noi !!) ed inferiore (guarda caso, tutti gli altri viventi !!).

Ma non ti viene il sospetto che quanto noi diciamo di noi stessi possa rispecchiare i nostri desideri invece che il nostro ruolo all'interno del mondo ? Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

myfriend

#153
Citazione di: viator il 26 Novembre 2019, 12:54:56 PM
Salve myfriend. Scusami. Pesco quasi a caso all'interno delle tue convinzioni : "Cioè noi abbiamo una natura superiore dove risiedono le nostre qualità specifiche (che sono manifestazioni della coscienza cosmica)".........................e provvedo ad integrare con mio commento ...............perchè, essendo noi i soli viventi che possiedono la capacità di mettersi davanti ad uno specchio e di trovarsi incredibilmente bravi e belli, (raccontandoselo pure !), è ovvio che noi si faccia parte di un aspetto della natura che noi stessi - dopo esserci guardati in giro e poi nuovamente allo specchio - abbiamo creato e denominato e ripartito in superiore (guarda caso, noi !!) ed inferiore (guarda caso, tutti gli altri viventi !!).

Ma non ti viene il sospetto che quanto noi diciamo di noi stessi possa rispecchiare i nostri desideri invece che il nostro ruolo all'interno del mondo ? Saluti.
Non hai letto tutto.

Noi - homo sapiens - abbiamo una "natura superiore" (che manifesta qualità specifiche della Coscienza cosmica: intelligenza, creatività, compassione, libero arbitrio) che è data dalla neo-corteccia del nostro cervello.
E abbiamo anche una "natura inferiore" (che manifesta altre qualità specifiche della Coscienza cosmica: creazione della "realtà" a partire dai sensi, istinto di sopravvivenza, aggressività, violenza, competizione, egoismo, sottomissione al branco e al capobranco, protezione del branco, cura per i cuccioli, paura, gioia, attaccamento e dipendenza affettiva, sessualità, territorialità, protezione del territorio, antagonismo, attacco e fuga, paura e fuga) che è data dagli strati più interni del nostro cervello (cervello rettiliano e cervello limbico) che abbiamo ereditato dalle specie da cui discendiamo nella scala evolutiva (pesci, rettili, mammiferi).

Il concetto di "superiore" e "inferiore" è legato sia alla posizione degli strati del cervello che si sono sviluppati durante l'evoluzione (gli strati rettiliano e limbico che sono gli strati "inferiori" o più interni e la neo-corteccia che è lo strato "superiore" o più esterno) che alla scala evolutiva/temporale di queste qualità (le qualità "inferiori" sono quelle più antiche che sono nella parte inferiore della scala evolutiva - la nostra parte istintiva-animale - le qualtà "superiori" - esclusivamente nostre che ci differenziano dalle altre specie animali - sono quelle più recenti che si trovano nella parte superiore della scala evolutiva).

Non significa che noi siamo "superiori" agli altri animali. Poichè sia noi che gli altri animali - come anche un sasso, una pianta, una galassia o la sedia su cui sei seduto - siamo tutti manifestazioni della Coscienza cosmica...cioè di specifiche qualità della Coscienza cosmica.
Poichè TUTTO è Coscienza cosmica e manifestazione della Coscienza cosmica che è alla base della materia. E quindi non può esistere qualcosa di superiore rispetto a qualcos'altro che sia inferiore. Se TUTTO è Coscienza cosmica non c'è nè un superiore nè un inferiore.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Phil

Citazione di: myfriend il 26 Novembre 2019, 12:13:30 PM
Il problema quindi non è l'etica o non-l'etica.
Ma è coltivare la nostra cosnapevolezza...crescere e maturare in consapevolezza. Più sei consapevole...e più l'etica viene da sè...e più il bene si manifesta. Senza bisogno di sottomettersi a un'etica che è sempre un meccanismo (la sottomissione a un'etica imposta da qualcuno) della nostra natura inferiore. Cioè dell'inconsapevolezza.
[...]Un vero maestro spirituale ti dice: lavora...rifletti...analizza....approfondisci e cresci in consapevolezza. E l'etica verrà da sè.
Non metto bene a fuoco questo passaggio dal cognitivo al comportamentale, dalla consapevolezza (della struttura della realtà, delle sue interpretazioni virtuali-umane, etc.) al giudizio etico («questo è bene, quello è male»). L'esito della consapevolezza di essere in un "videogame" (o "Matrix" o "Samsara" o altro) come può fondare la dicotomia etica «giusto/sbagliato» su cui orientare la prassi?
Se ogni etica, in quanto tale, non può che avere una funzione valutativa, basata su assiomi morali, etc. la consapevolezza dell'illusorietà tanto dell'idea di una coscienza individuale quanto delle sovrastrutture culturali, mi pare possa fondare piuttosto un'atarassia (passo successivo all'amor fati), ma non un'etica (che per esser tale dovrebbe basarsi appunto sulle idee di «coscienza individuale», «altro uomo», «valutazione delle azioni», «bene/male», etc.).
Salvo intendere per "etica" uno sviluppo etologico dell'uomo, in cui le scelte razionali e consapevoli siano l'evoluzione biologica, metaforicamente, del comportamento del gatto che non è abituato a cacciare se non ha fame o se ha una preda che non scappa (o non segue un pattern familiare al predatore). Tuttavia, in tal caso le categorie valutative di «bene» e «male» andrebbero sostituite con altre descrittive e, appunto, etologiche («stimolo/risposta», «bisogno/soddisfazione», etc.) ricadendo in quella "pulsione rettiliana" (se ho bene inteso), seppur evoluta, che privilegia l'istinto spontaneo più che la ragione (tirando in ballo la dialettica fra empatia, neuroni specchio, etc. e sedimentazioni e istituzioni culturali "contro-istintive").
Come hai già osservato, se non sbaglio, nel mondo etologico, chimico, quantistico, etc. il "bene morale" dell'individuo è un'idea tanto inconsistente ed illusoria quanto quella della coscienza individuale e dell'"io"...
Inoltre, se (ammesso e non concesso) si raggiungesse lo "stato" in cui non si potesse non fare il bene, verrebbe meno ogni etica e il bene non sarebbe più tale (al netto della discriminazione fra «linguaggio convenzionale» e «linguaggio ultimo», parafrasando Nagarjuna).

Detto più in sintesi: se sono consapevole di come funziona e cosa sia il cosmo, dalla galassia più lontana all'atomo più piccolo nel "mio corpo" (o di ciò che ritengo tale), dove troverò la risposta, o almeno qualche indizio, per affrontare un qualunque quesito etico (accoglienza migranti, teorie gender, bioetica, etc.)? In che senso "verrà da sè", dopo aver di fatto destrutturato tutto ciò che è necessario per fondare un'etica razionale umana?

viator

Salve myfriend. OK. Devo scusarmi dell'averti fatto una osservazione inappropriata, cedendo all'impulso di commentare nel mio solito modo sarcastico (ma sempre privo di intenzioni malevole) una tua espressione isolata dal suo contesto. Buone cose a te.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve Phil. Citandoti : "Detto più in sintesi: se sono consapevole di come funziona e cosa sia il cosmo, dalla galassia più lontana all'atomo più piccolo nel "mio corpo" (o di ciò che ritengo tale), dove troverò la risposta, o almeno qualche indizio, per affrontare un qualunque quesito etico (accoglienza migranti, teorie gender, bioetica, etc.)?".
Dal momento che bene, male, etica sono, come tu stesso ammetti ed io condivido, concetti relativi riferibili unicamente alla condizione umana, il tuo quesito di cui sopra perde secondo me ogni senso poichè tu lo riferisci ad una situazione in cui io risulterei onniscente, quindi in possesso di un attributo assoluto e completamente extraumano. Anzi, visto che non è che gli attributi assoluti rendano "simili a Dio", ma che risultano propri ed esclusivi di Dio................. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

myfriend

Citazione di: viator il 26 Novembre 2019, 16:03:24 PM
Salve myfriend. OK. Devo scusarmi dell'averti fatto una osservazione inappropriata, cedendo all'impulso di commentare nel mio solito modo sarcastico (ma sempre privo di intenzioni malevole) una tua espressione isolata dal suo contesto. Buone cose a te.
Tranquillo, nessun problema. Un po' di vivacità e sarcasmo non hanno mai fatto del male a nessuno.  ;D
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Phil

Citazione di: viator il 26 Novembre 2019, 16:18:01 PM
Salve Phil. Citandoti : "Detto più in sintesi: se sono consapevole di come funziona e cosa sia il cosmo, dalla galassia più lontana all'atomo più piccolo nel "mio corpo" (o di ciò che ritengo tale), dove troverò la risposta, o almeno qualche indizio, per affrontare un qualunque quesito etico (accoglienza migranti, teorie gender, bioetica, etc.)?".
Dal momento che bene, male, etica sono, come tu stesso ammetti ed io condivido, concetti relativi riferibili unicamente alla condizione umana, il tuo quesito di cui sopra perde secondo me ogni senso poichè tu lo riferisci ad una situazione in cui io risulterei onniscente, quindi in possesso di un attributo assoluto e completamente extraumano. Anzi, visto che non è che gli attributi assoluti rendano "simili a Dio", ma che risultano propri ed esclusivi di Dio................. Saluti.
Era una proposta sicuramente parossistica (un espediente narrativo-esemplificativo), ma non intendevo necessariamente alludere all'onniscienza; mi premeva piuttosto chiedere a myfriend, riferendomi alla sua prospettiva, delucidazioni sul rapporto che propone fra etica e conoscenze nozionistiche.

myfriend

@Phil

Detto più in sintesi: se sono consapevole di come funziona e cosa sia il cosmo, dalla galassia più lontana all'atomo più piccolo nel "mio corpo" (o di ciò che ritengo tale), dove troverò la risposta, o almeno qualche indizio, per affrontare un qualunque quesito etico (accoglienza migranti, teorie gender, bioetica, etc.)? In che senso "verrà da sè", dopo aver di fatto destrutturato tutto ciò che è necessario per fondare un'etica razionale umana?

La domanda è interessante. Senza dubbio interessante.
La persona consapevole trova la risposta dentro di sè.
Come ho detto...la persona consapevole non è quella che NON ha un'etica. Ma è quella che non abbraccia un'etica che gli viene calata "dall'alto". Agisce in base a un processo valutativo interiore che tiene conto della complessità della realtà cercando la risposta più "integra" o "intera" possibile.
La persona consapevole è la persona delle risposte "complesse". Che, ad esempio sui migranti, non accetta nè la logica dell' "accogliamoli tutti" nè la logica del "respingiamoli tutti".

C'è una storiella Zen che spiega come agisce chi segue un'etica e come agisce, invece, una persona consapevole.
Pin è un allievo del maestro Pan. Pin e Pan stavano camminando per strada quando si imbatterono in una zuffa tra poliziotti e manifestanti. L'allievo Pin chiede al maestro Pan: "Maestro...quale fazione dobbiamo appoggiare?". Cioè, quale etica dobbiamo abbracciare?...Quella dei poliziotti per cui i manifestanti vanno repressi o quella dei manifestanti per cui i poliziotti sono servi del potere e vanno combattuti?
Il maestro Pan risponde: "Dobbiamo appoggiare sia gli uni che gli altri. Dobbiamo dire ai poliziotti che le istanze dei manifestanti vanno ascoltate e dobbiamo dire ai manifestanti di non attaccare la polizia per partito preso".

Questo è il punto: la persona consapevole è la persona delle risposte "complesse", perchè ha maturato la consapevolezza che la realtà è "complessa" e va valutata da diversi punti di vista. Non si può tagliare a fette con una visione etica semplicistica. La decisione finale deve riuscire a fondere le giuste istanze che provengono da tutte le parti. E non è una cosa semplice.

Gandhi, all'apice dello scontro tra induisti e musulmani, all'indomani dell'Indipendenza dagli inglesi, diede udienza a due combattenti...uno induista e uno musulmano. Ciascuno di loro lamentava che gli avversari avessero massacrato intere famiglie.
Gandhi chiese al musulmano di adottare un bambino induista rimasto senza genitori...e chiese all'induista di adottare un bambino musulmano rimasto senza genitori.
La persona consapevole è la persona delle risposte "complesse" che cerca di "fondere" in un'unica risposta le giuste istanze che provengono da tutte le parti. Che cerca di "tenere assieme" piuttosto che dividere.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

myfriend

#160
Citazione di: Phil il 26 Novembre 2019, 16:43:05 PM
Citazione di: viator il 26 Novembre 2019, 16:18:01 PM
Salve Phil. Citandoti : "Detto più in sintesi: se sono consapevole di come funziona e cosa sia il cosmo, dalla galassia più lontana all'atomo più piccolo nel "mio corpo" (o di ciò che ritengo tale), dove troverò la risposta, o almeno qualche indizio, per affrontare un qualunque quesito etico (accoglienza migranti, teorie gender, bioetica, etc.)?".
Dal momento che bene, male, etica sono, come tu stesso ammetti ed io condivido, concetti relativi riferibili unicamente alla condizione umana, il tuo quesito di cui sopra perde secondo me ogni senso poichè tu lo riferisci ad una situazione in cui io risulterei onniscente, quindi in possesso di un attributo assoluto e completamente extraumano. Anzi, visto che non è che gli attributi assoluti rendano "simili a Dio", ma che risultano propri ed esclusivi di Dio................. Saluti.
Era una proposta sicuramente parossistica (un espediente narrativo-esemplificativo), ma non intendevo necessariamente alludere all'onniscienza; mi premeva piuttosto chiedere a myfriend, riferendomi alla sua prospettiva, delucidazioni sul rapporto che propone fra etica e conoscenze nozionistiche.
La consapevolezza non è "conoscenze nozionistiche". Ma sono le conoscenze utilizzate per rielaborare la mia visione del mondo...la mia mappa di riferimento interiore dalla quale scaturiscono i miei pensieri, le mie azioni e le motivazioni delle mie azioni.

Se io "conosco" che tu ed io non siamo separati e che la separazione è solo un'illusione e non uso questa conoscenza in un lavoro interiore di ridefinizione delle mie mappe interiori di riferimento, quella conoscenza non serve a nulla.

Posso aver imparato anche tutta la Treccani a memoria....ma se non uso queste conoscenze per un lavoro interiore di ridefinizione delle mie mappe di riferimento interiori, a livello di consapevolezza non mi sono mosso di un centimetro.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Phil

Citazione di: myfriend il 26 Novembre 2019, 17:37:32 PM
la persona consapevole non è quella che NON ha un'etica. Ma è quella che non abbraccia un'etica che gli viene calata "dall'alto". Agisce in base a un processo valutativo interiore che tiene conto della complessità della realtà cercando la risposta più "integra" o "intera" possibile.
La persona consapevole è la persona delle risposte "complesse"[...]
Questo è il punto: la persona consapevole è la persona delle risposte "complesse", perchè ha maturato la consapevolezza che la realtà è "complessa" e va valutata da diversi punti di vista. Non si può tagliare a fette con una visione etica semplicistica. La decisione finale deve riuscire a fondere le giuste istanze che provengono da tutte le parti.
[...]
La persona consapevole è la persona delle risposte "complesse" che cerca di "fondere" in un'unica risposta le giuste istanze che provengono da tutte le parti. Che cerca di "tenere assieme" piuttosto che dividere.
Capisco questa etica della "diplomazia", dell'«in medio stat virtus», della reciprocità, etc. tuttavia non mi sembra specificamente fondata su una consapevolezza della complessità del reale, né, soprattutto, sull'illusorietà dell'individualità della coscienza. Ad un'etica di questo tipo non si arriva necessariamente con la conoscenza (del cosmo, del cervello, del "videogame", etc.) ma anche semplicemente con un'impostazione cristiana, buddista, filantropica, non-violenta o altro, impostazioni contro cui non ho nulla in contrario, ma mi era parso che fosse stata prospettata una derivazione di tale etica da premesse cognitive, che qui si rivelano premesse valoriali (ovvero che considerano alcuni valori come assiomi fondanti una determinata etica). Certo, qualcuno aderirà a tali impostazioni senza la minima consapevolezza, solo per inerzia culturale, spirito gregario, etc. eppure, inversamente, direi che è anche plausibile che non si arrivi a tali valori partendo dallo studio epistemologico della realtà (anche perché questo studio tende a suggerire che tali valori non abbiano alcun ancoraggio "oggettivo" con il reale, riconducendoli alla dialettica a cui accennavo in precedenza fra natura e cultura, ben prima di decostruire l'autopercezione dell'"io").

Per voler sedare una rivolta spingendo le due fazioni al dialogo, magari trovando un denominatore comune di ragionevolezza in entrambe le (op)posizioni, non necessito di consapevolezza cognitiva particolare, mi basta avere un'indole pacifista e ragionevole; il credere ad una divinità che apprezza questo mio gesto, o credere al karma, etc. mi renderebbe poi ancor più motivato e convinto nella mediazione di pace (pur in totale assenza di consapevolezza della complessità e della struttura del reale).
Intendo dire che non riesco a vedere tale etica come "tappa avanzata" di una presa di coscienza della complessità dell'esistente (questo è lo scenario che suggerivi, se non ho frainteso), ma piuttosto come "canonica" applicazione di valori, appresi o auto-prodotti, in cui si crede, al di fuori da ogni dimostrazione "oggettiva" (o scientifica) che li riveli euristicamente preferibili ad altri, soprattutto se si è giunti alla conclusione che l'"io" è un'illusione percettiva. Lo spontaneismo del «verrà da sé»(cit.) riferito all'etica, mi pare ancora molto condizionato da fattori biografici, culturali, etc. piuttosto che univoca conseguenza logica di una consapevolezza cognitiva.
Se intendevi che "verrà da sè" ogni singolare e individuale prospettiva etica, in base alla consapevolezza raggiunta, si finisce quasi con l'avallare qualunque prospettiva etica con un'autofondazione tautologica (in cui la coscienza individuale viene esaltata e responsabilizzata, piuttosto che scollegata dal "videogame" e ricondotta alla totalità universale).

Se per «consapevolezza» intendi invece la consapevolezza di matrice buddista (la "retta consapevolezza" dell'ottuplice sentiero) o la presenza a sè stessi del mindfulness, allora non credo si possa collegare l'etica che ne consegue ad un approccio epistemologico o a nozioni scientifiche (e con «nozioni» non intendo nulla di dispregiativo, la conoscenza è fatta anzitutto da nozioni, intese come "atomi di conoscenza"; l'etica individuale è fatta forse perlopiù da sensazioni: sentire che è giusto, sentirsi in colpa, sentire il peso del rimorso, sentirsi bene per aver aiutato, etc. e questo sentire mi pare abbia le sue spiegazioni psicologiche, antropologiche, etc. anch'esse riferibili al suddetto dualismo natura/cultura, ma senza univocità negli esiti né fondazione etica nella conoscenza del reale: le suddette discipline scientifiche che studiano la genesi di tale sentire etico, non ne costituiscono il fondamento etico).

davintro

#162
Phil scrive

"Ciò sarebbe vero se partissimo dall'assunto che «tutti i sensi si sbagliano sempre»; per fortuna, non è così drammatica la situazione e sono spesso i sensi a correggere gli stessi sensi; solito esempio banale: il bastone immerso nell'acqua sembra spezzato allo sguardo, ma il tatto mi dice che non lo è (se lo tocco quando è immerso); poi la ragione mi conferma che non può spezzarsi e ricomporsi perfettamente a seconda che lo si immerga o meno; deduzione o induzione? Quella conferma dipende dall'"essenza" del legno che costituisce il bastone o dal non aver mai riscontrato un legno che si comporti in quel modo (spezzandosi e ricomponendosi)?
Da considerare che la generalizzazione e l'astrazione (che consentono di parlare di un "tutto" estensionalmente ipotetico) non sono affatto estranee ai metodi induttivi, nè alle scienze induttive; altrimenti non avremmo gran parte della scienza attuale e, soprattuto, della ricerca scientifica (inoltre, vado a memoria, anche l'intenzionalità è induttiva: la noesi del noema costruisce l'oggetto, con i suoi "adombramenti", non lo deduce; ai tempi di Husserl le neuroscienze avevano comunque un po' meno da dire rispetto a quelle attuali).
Osserverei en passant che un'induzione può falsificare mille deduzioni, ma non viceversa; per questo l'epistemologia deve riflettere su ciò che è falsificabile e ciò che non lo è (la filosofia metafisico-deduttiva può invece non porsi tale problema, nel bene e nel male)."



Provo a rispondere per punti...
A rigor di termini, i sensi non sbagliano né correggono mai, per la semplice ragione che non giudicano, cioè non pongono il contenuto che recepiscono come uno stato di cose oggettivo di fronte alla quale tale presa di posizione può essere errata o meno. Anche nel caso in cui tutto ciò che i sensi recepiscono corrispondesse pienamente alla realtà oggettiva, ciò non porterebbe a porre la sensibilità come parametro sufficiente a legittimare razionalmente il valore di verità di una conoscenza fondata su di essi, perché il punto che provavo a esporre nel contesto della discussione con myfriend non è lo stabilire se i fenomeni sensibili siano o meno effettivamente coincidenti con la realtà, ma l' incapacità da parte della sensibilità di poter riflettere su se stessa (in virtù della sua immediatezza) e riconoscere la loro stessa funzionalità. Anche nel caso ci fosse piena coincidenza tra sensibilità e realtà, non sarebbe la sensibilità (e dunque una forma di sapere che trae da essa i contenuti) a poter garantire epistemologicamente tale condizione, ma un punto di vista che, interrogando i limiti del sensibile, deve per forza trascenderlo, cioè un sapere sovrasensibile, che è quello filosofico. Tutto questo varrebbe a maggior ragione nella prospettiva di myfriend, incentrata su un dualismo tra immagine sensibile del mondo, virtuale, e quella effettiva prodotta in noi dal nostro cervello: mi sembra logico che se i sensi fossero incapaci di trascendere il virtuale, il riconoscimento di una realtà oltre il "velo di maya" del virtuale, non potrebbe essere prodotto da un sapere come le scienze naturali che traggono dai sensi stessi il loro contenuto, ma dalla metafisica, che cogliendo l'intelligibile, si pone come il punto di vista entro cui l'insufficienza dei sensi è riconoscibile. Se le scienze induttive generalizzanti possono utilizzare la categoria del tutto, la possono utilizzare, ma non in quanto "induttive", ma in quanto, come provavo ad argomentare nel messaggio precedente, "filosofo", "fisico", "deduttivo", "induttivo" sono perlopiù degli idealtipi, che poi convivono nel concreto modo di pensare di ciascuno, e dunque la filosofia è una forma mentis che si annida, anche se non esplicitamente tematizzata, nella metodologia delle scienze sperimentali, offrendo le sue categorie specifiche come appunto quella di "totalità". Se ci attenessimo rigorosamente all'esperienza da cui l'induzione trae le generalizzazioni dovremmo limitarci a giudicare che "i cigni FINORA osservati sono bianchi", mentre la legge scientifico/zoologica "tutti i cigni sono bianchi" presuppone l'utilizzo della categoria "tutti", comprendente anche tutti i cigni finora mai osservati", e dunque un elemento non empirico, ma presente alla nostra mente in modo originario (se il termine "innato" infastidisce). Non è l'induzione che produce questa categoria, essa la utilizza come qualcosa già presente preesisente ad ogni esperienza. Quindi, se le scienze induttive utilizzano l'idea di totalità, la utilizzano non per loro "merito", ma in virtù della loro dipendenza da una prospettiva filosofica trascendentale, che resta sempre presupposto implicito e fondativo. L'intenzionalità fenomenologica (sempre se l'abbia ben inteso, mi capita sempre di imbattermi sempre in interpretazioni molto varie al riguardo) non è induttiva, ma "intuitiva", non ricava i noemi come generalizzazione di aspetti universali da una serie di determinazioni individuali della cosa a cui il noema è riferita, ma coglie un nucleo unitario come una sorta di X costante invariante, come sfondo comune di ogni nostro atto soggettivo noetico, indagante, ciascuno da diversi punti di vista, la cosa.  L'appresione del noema si da dunque necessariamente come contenuto fin dal primo istante dell'esperienza vissuta, come sua condizione strutturale, e non come una successiva conseguenza di una progressiva astrazione. Questo fa sì che il noema non vada visto tanto come una astrazione concettuale, ma come qualità vivente, concreta della nostra esperienza cosciente. L'induzione (ma forse sarebbe meglio dire l'esperienza) può smentire una deduzione nelle sue premesse, ma entro i limiti in cui le premesse presumono di poggiare, a loro volta, sull'esperienza. Tutto ciò che fischia è una locomotiva-Socrate fischia-Socrate è una locomotiva è un esempio di deduzione la cui premessa è facilmente smentibile dall'esperienza, ma questi sillogismi sono solo per Aristotele esempi applicativi di deduzione, la loro falsificabilità empirica non tocca l'essenza del metodo, che consiste nella necessità consequenziale dei passaggi logici che connettono le premesse alle conclusioni: l'esperienza può smentire le premesse su cui le deduzioni poggiano, ma mai i principi logici che strutturano formalmente il ragionamento, e la deduzione filosofica fa leva su questi ultimi, non sul contenuto empirico delle premesse, e in questo senso non è vero sia infalsificabile, e dunque non scientifica. Infatti proprio perchè gli assiomi logici costituiscono regole comuni a ogni pensiero, in via ipotetica ogni pensiero può provare a smentirne il valore di verità, che poi di fatto ciò sia impossibile (se provassi a contestare il principio di non contraddizione finirei per contraddirmi e dunque per autoinvalidare la critica) non attesta l'infalsficabilità e la non-scientificità del valore di verità delle regole, ma anzi ne conferma necessariamente e costantemente la sua validità, regge alla prova della falsificazione, solo la regge ad un livello superiore rispetto a quello delle verifiche empiriche delle scienze naturali, perché in ogni caso il tentativo di smentirle può in ogni momento essere provato e constatato come fallimentare

Ipazia

#163
L'induzione contiene anche la memoria del cigno nero e ne deduce l'impossibilità di un sapere assoluto. Ma finché non compare il cigno nero quel sapere lo é a tutti gli effetti statisticamente asseverati. Su cui è possibile prevedere il futuro. Tutto il nostro agire (e sapere) é strutturato così. Il cigno nero immortalità da tempi immemorabili é apparso solo nei sogni e nelle leggende,  per cui la morte assume uno status di verità deducibile pressoché incontrovertibilmente a partire dall'esperienza induttiva.

Le difficoltà in filosofia nascono dalla difficoltà di unificazione dei paradigmi: non esiste una comunità filosofica paragonabile alla comunità scientifica. Anche se una certa "convergenza parallela" si sente nell'aria.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

myfriend

#164
@Phil

La storiella Zen, ovviamente, non va presa alla lettera.
Il senso della storiella non è che l'etica giusta è quella della "via di mezzo".
Il succo della storiella Zen è: non agire a partire da un'etica, ma osserva la realtà e comprendi la realtà...matura consapevolezza sulla realtà che sei e che vivi. E da questa nuova consapevolezza nascerà il comportamento adeguato.

Ma cosa vuol dire "osserva la realtà"..."comprendi la realtà"...."matura consapevolezza sulla realtà che sei e che vivi"?

Se un bambino viene maltrattato dai genitori che non si prendono cura di lui, quel bambino crescerà con la convinzione che il mondo "è un luogo pericoloso e infame in cui non bisogna fidarsi di nessuno"...perchè quando siamo bambini i nostri genitori sono il "mondo". Quindi quel bambino trasferirà sul "mondo" il fatto che non poteva fidarsi dei suoi genitori....e quindi "odierà" ogni figura "autoritaria" (cioè figure che ricoprono ruoli di autorità) e odierà il mondo perchè in ogni figura autoritaria e nel mondo continuerà a vedere i suoi genitori.
Quella esperienza della sua infanzia è finita nel sub-conscio (dimenticata dal conscio e dalla sua parte razionale) e continuerà a determinare la sua visione del mondo e la sua "realtà". E' una mappa di riferimento interiore "sbagliata" che determina la sua visione del mondo, i suoi comportamenti e il suo modo di relazionarsi col mondo.

Supponiamo che quel bambino, da adulto, abbracci l'etica cristiana del "ama il prossimo tuo come te stesso".
Sarà, probabilmente, portato ad amare le persone al suo stesso livello - anche se sarà sempre pervaso da un sentimento di diffidenza verso chiunque - ma continuerà ad odiare le figure autoritarie.
Che farà dunque? Andrà a confessarsi dal prete dicendo: "Lo so che devo amare il prossimo come me stesso....ma proprio non c'è l'ho fatta e ho preso a pugni il mio capo".
Probabilmente penserà che è stato fuorviato da satana...e che quando ha preso a pugni il suo capo ha commesso "peccato" perchè indotto da satana.
Quell'uomo continuerà a vivere il conflitto tra un'etica a cui aderire e l'impossibilità di aderirvi perchè le sue mappe interiori di riferimento sono mosse da un'altra logica.

Il suo comportamento sarà sempre inadeguato e commetterà sempre "peccato" perchè abbracciare un'etica non determina una sua crescita di consapevolezza. Perchè l'etica richiede solo che tu ti comporti in un certo modo. Non ti spinge a fare un lavoro su te stesso. Ed è per questo che abbracciare un'etica non determina una tua crescita...ma determina "l'ipocrisia". Cioè: nel mio sub-conscio ho delle mappe di riferimento che mi danno una certa visione del mondo e mi spingono a comportarmi in un certo modo...e razionalmente (conscio) abbraccio un'etica che mi suggerisce di comportarmi secondo una visione del mondo opposta. Quindi...io "esteriormente" cerco di comportarmi come mi suggerisce l'etica, ma intimamente sono determinato da una visione del mondo opposta. I miei comportamenti sono quindi "ipocriti" perchè non nascono da una mia intima convinzione interiore...ma sono solo comportamenti di "facciata".

Questa persona, se vuole maturare in consapevolezza, deve lavorare sulla sua Ombra...cioè analizzare e rivedere le sue convinzioni e motivazioni profonde (le sue mappe di riferimento interiori...o "fedi") e relazionarle con la sua esperienza passata e attuale. Solo in questo modo può maturare la nuova consapevolezza che il mondo non sono i suoi genitori...e che se i suoi genitori sono stati inaffidabili e violenti con lui questo non significa che il mondo è un luogo ostile e che tutte le figure autoritarie ce l'hanno con lui.
Finche non renderà "conscio l'inconscio" con questo lavoro di introspezione, questo adulto-bambino continuerà ad odiare il mondo e le figure autoritarie, perchè in esse continuerà a vedere la figura dei suoi genitori.

Una volta che avrà ri-elaborato le sue mappe interiori di riferimento e avrà maturato la consapevolezza che il mondo non sono i suoi genitori e, quindi, il mondo non è un luogo ostile, vivrà in modo diverso la sua relazione col mondo e non prenderà più a pugni il suo capo. E il suo comportamento sarà più sereno (cioè...una volta maturata una nuova consapevolezza, l'etica viene da sè).

Quello appena descritto è solo un esempio tra i tanti possibili.
Noi abbiamo una miriade di mappe interiori "sbagliate".
Ad esempio...noi intimamente pensiamo che il mondo è fatto di cose distinte e separate nello spazio-tempo...perchè il nostro cervello (la nostra natura inferiore) ce le fa percepire così. E pensiamo davvero che siamo individui separati in competizione gli uni con gli altri...perchè questa è la logica del videogame creato dal nostro cervello.
Ad esempio...noi intimamente pensiamo che le cose "nascono" e "muoiono"...che noi "nasciamo" e "moriamo"...perchè il nostro cervello (la nostra natura inferiore) ci fa percepire la realtà in questo modo.

Possiamo anche abbracciare l'etica de "ama il prossimo tuo come te stesso"....ma se intimamente - nel subconscio - abbiamo una mappa di riferimento che ci dice che tu ed io siamo separati e siamo in competizione per le risorse in questa realtà, abbracciamo un'etica che confligge con le nostre mappe di riferimento interiori. E, quindi, il nostro comportamento esteriore che segue quell'etica (o cerca di seguire quell'etica) è "ipocrita"...è, cioè, solo un comportamento di facciata. Ma non solo. Nonostante tutti i nostri sforzi di aderire "esteriormente" e razionalmente a quell'etica, saranno comunque sempre i comportamenti che nascono dalla nostra mappa interiore ad avere il sopravvento e diremo a noi stessi che abbiamo "peccato" per colpa di satana.

Ma c'è anche un caso molto più drammatico. La nostra natura inferiore (sub-conscio) ci porta a vivere secondo la logica del "branco". Il nostro cervello (natura inferiore), infatti, non solo ci dice che noi siamo entità distinte e separate....ma ci spinge a vivere in branco seguendo le logiche del branco e della protezione del branco. Chi ritiene che questa "mappa di riferimento interiore" sia effettivamente la realtà, può addirittura sviluppare (o aderire) a un'etica basata su questa mappa di riferimento. Ecco la nascita del nazismo...di Auschwitz. Anche il nazismo aveva una sua "etica". Un'etica fondata sulle dinamiche del branco (di cui ho già parlato in un altro post precedente). In questo caso, quindi, abbiamo un'etica che non si pone in contrasto con le dinamiche che regolano la nostra natura inferiore (come può essere quella cristiana dell'amore verso il prossimo)...ma che addirittura l'abbracciano. Cioè abbiamo un'etica che assume come vere e reali le dinamiche del videogame creato dal nostro cervello - cioè il massimo della inconsapevolezza. Per cui può nascere un'etica che giustifica la soppressione del più debole e l'eliminazione del "branco avversario", che giustifica la violenza e la repressione. E che si fonda su di esse.

Abbracciare un'etica "buona" può avere una utilità sociale...può farci dire "hai visto come sono buono?", ma non ci fa maturare in consapevolezza.
Se, invece, lavoriamo sulle nostre mappe di riferimento interiori e le ri-elaboriamo...le modifichiamo alla luce delle conoscenze acquisite (cioè alla luce di un lavoro serio e approfondito di "conoscenza" sia sulle dinamiche del mondo esteriore che sulle dinamiche del mondo interiore...lavoro che può avvalersi anche dei risultati ai quali è giunta la Scienza), cambia la nostra visione del mondo...cioè maturiamo in consapevolezza. Quindi cambia il nostro modo di relazionarci col mondo e l'etica verrà da sè.
Queste mappe sono profondamente radicate nel nostro sub-conscio e determinano il nostro modo di pensare e di relazionarci con il mondo. E queste mappe derivano dalle nostre esperienze pregresse (soprattutto nel periodo dell'infanzia) ma anche dal modo in cui è strutturata la natura inferiore del nostro cervello (che crea il videogame o "realtà virtuale" dove siamo tutti entità distinte e separate in competizione le une con le altre, dove c'è il branco e la sottomissione al branco e al capobranco, dove c'è l'EGO, l'egoismo e l'individualismo...dove c'è la dipendenza affettiva....dove c'è il videogame creato dal nostro cervello e che noi pensiamo che sia effettivamente reale).
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

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