La filosofia secondo Leopardi

Aperto da 0xdeadbeef, 08 Luglio 2018, 13:10:06 PM

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sgiombo

#15
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Luglio 2018, 11:01:54 AM
Citazione di: sgiombo il 08 Luglio 2018, 22:46:09 PM
"Morte di Dio" come metafora, perchè l'autentico significato di tale espressione è "morte del valore", così
come assunto, e cioè "assolutamente".
Del resto, la cosiddetta "Nietzsche reinassance" francese parla, e a mio parere giustamente, della filosofia
di Nietzsche come "genealogia del valore".
"Se Dio non esiste bisognerebbe inventarlo", fa dire Dostoevskij al piccolo Kolja (mi pare lui, se ben ricordo).
Ora, inventato o esistente realmente (non è qui che ci interessa), Dio come metafora dell'assoluto, quindi di
un valore morale assunto assolutamente (non in maniera relativa, cioè).
Può forse essere diversamente? Tu se ben più di me avvezzo alle cose della scienza, quindi saprai meglio di
me quanto la scienza sostiene a proposito del valore morale e di giustizia. Però ti chiedo: può la scienza
imporci come assoluto un qualcosa che è senz'altro relativo?
La "Legge" (che per sua stessa definizione è assoluta in quanto "uguale per tutti") ci impone delle cose, ad
esempio di non uccidere o di non rubare, e ce le impone assolutamente, cioè in una maniera che è la perfetta
e speculare immagine di Dio (non a caso è Dio che dà le Tavole a Mosè). Beh, con quale diritto potrà
continuare ad imporre nel momento in cui non, semplicemente, "Dio", ma lo stesso concetto di valore come "assoluto"
viene demolito dal "sottosuolo filosofico degli ultimi 200 anni"?
Certo, le imporrà, magari, sulla base di un "consenso democraticamente stabilito", ma dove risiede l'"autorità" di
quella base? Insomma, quale fondamento di sabbia, per usare ancora una metafora religiosa...
saluti Giulio.


Secondo me non é questione di assolutezza, cioé di "universalità di diritto" o meno, per così dire, ma dell' "universalità di fatto" di un "nucleo profondo" di doveri morali a tutti gli uomini comune (che tutti sentono di fatto, anche se vi si può dar retta in diversa misura, e che la scienza non può certo dimostrare, come già ben rilevava il grandissimo David Hume; e però la scienza può per lo meno (e "chi si contenta gode", sia pure "così così", come giustamente precisa Ligabue; il cantautore, non il pittore) spiegare, di cui può consentire una comprensione naturalistica attraverso l' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale (correttamente intesa).
"Nucleo profondo" non integralmente assoluto e immutabile, ma che in parte "si declina" storicamente essendo relativamente condizionato in ultima istanza (attraverso molteplici e complesse mediazioni, anche in qualche misura reciproche), dall' interazione dialettica fra lo sviluppo delle forze produttive sociali e i rapporti di produzione e fra tutto questo e ciò che ne consegue circa le sovrastrutture culturali, ideologiche, filosofiche, politiche, giuridiche, ecc. della società umana in continua trasformazione "relativamente strutturata" (la storia umana).

Mi rendo conto di fare abbondante uso di aggettivi e avverbi e circonlocuzioni "limitanti", "relativizzanti" (come "non integralmente", "in parte", "relativamente", "in ultima istanza", "attraverso molteplici e complesse mediazioni", "in qualche misura", ecc).
Malgrado questo mi sembra una visone atea dell' etica (posto che come garante di essa Dio é morto, e dunque di religiose non se ne trovano) tutto sommato (a-ri-ecco una relativizzazione-limitazione!) soddisfacente, tale da consentire al modesto Leopardi in sedicesimo che potrei considerarmi una serena riconciliazione con la sua esistenza (in questo essendo anche aiutato dal fatto che per me la vita é anche gioia, soddisfazioni, felicità, appagamento di aspirazioni che sanno autolimitarsi e non esclusivamente dolore e infelicità per l' impossibilità di soddisfare aspirazioni e desideri illimitati).

0xdeadbeef

Citazione di: Kobayashi il 09 Luglio 2018, 08:44:52 AM
Faccio una considerazione antropologica: una persona che passa realmente attraverso la devastazione del pessimismo cosmico di Leopardi o del nichilismo della morte di ogni valore morale ha ancora una potenza e una volontà? Passarci attraverso non significa leggere dei libri nel tempo libero continuando poi a fare la vita di sempre, significa fare per esempio come Raskolnikov o Ivan Karamazov.

Mi ricorda il gesto di San Francesco con i lebbrosi senza però il suo fanatismo cristiano. Anche Francesco avrebbe forse fatto la stessa cosa anche se non avesse mai conosciuto la figura di Cristo, chissà.


Beh certo, riconosco che la tua è una considerazione davvero profonda e per molti versi condivisibile.
Tuttavia proprio da Leopardi ci viene in questo senso un suggerimento. Non è infatti ignoto che egli
abbia perseguito il successo letterario, il successo "nel mondo" come antidoto al profondo pessimismo
che lo pervadeva (su questo tema egli scrive molto proprio nelle "Operette Morali").
Così come del resto Nietzsche, il quale afferma che bisogna aver vissuto il nichilismo fino in fondo
prima di rinascere nell'"oltreuomo".
E' però pur vero che né l'ultimo Leopardi (che dice: "invidio solo i morti") né Nietzsche (che mai
rinacque nell'"oltreuomo") mantennero fede alle loro intenzioni...
Ma vorrei concludere con una domanda (da un estimatore del grande maestro russo ad un altro, sembra...):
secondo te, Francesco avrebbe potuto mai dire (come ne "I Demoni"): "se anche Cristo non fosse verità,
preferirei stare col Cristo piuttosto che con la verità"?
saluti

Kobayashi

Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Luglio 2018, 21:51:23 PMMa vorrei concludere con una domanda (da un estimatore del grande maestro russo ad un altro, sembra...): secondo te, Francesco avrebbe potuto mai dire (come ne "I Demoni"): "se anche Cristo non fosse verità, preferirei stare col Cristo piuttosto che con la verità"? saluti


Difficile rispondere.
Nella vita di Francesco si può comunque osservare un profondo disgusto nei confronti del mondo (non la natura, ma il mondo sociale, i rapporti di potere, la ricchezza etc.).
Quindi la sua scelta non è stata tanto tra la verità e Cristo, ma tra la realtà e Cristo. E lui ha scelto Cristo. Cosa che implicava crearsi una nuova realtà (perché quella per esempio offerta dal monastero in cui si era presentato come postulante non aveva nulla a che fare con Cristo, tant'è che la sua vita religiosa istituzionale è durata una settimana...).
Questa nuova realtà era la sua piccola comunità di amici. Semplice vita evangelica. Ma infinitamente lontana da ogni esperienza presente.

In effetti in personaggi come Francesco (o come Domenico di Guzman) mi è sembrato di trovare spesso un po' di quella disperazione che fa dire a Stavrogin "con Cristo anche se fosse contro la verità" (poi naturalmente Stavrogin ne vede subito l'auto-inganno, o non ha la forza, la potenza, per plasmare la propria vita su di essa, e finisce per "passare" l'idea a qualcun altro facendone infine un esperimento sociologico...).

Carlo Pierini

Citazione di: Kobayashi il 08 Luglio 2018, 17:26:04 PMMi chiedo se non sia arrivato il tempo di abbandonare le tematiche della morte di Dio e iniziare invece la costruzione di una fenomenologia della disperazione, per capire una volta per tutte se l'assenza di ogni speranza e la propria morte psicologica non sia il punto (paradossalmente positivo) su cui edificare una nuova umanità (ma senza le illusioni religiose o dottrinarie di Oriente e Occidente, al di fuori di ogni discorso edificante sulla virtù etc.).
Forse Michelstaedter ha detto qualcosa di originale sulla questione. Ma non ne sono sicuro...


CARLO
Il tuo discorso potrebbe funzionare SOLO SE fossi sicuro che Dio non esiste. Ma cos'è che ti dà questa sicurezza? Come spieghi la onnipresenza del fenomeno religioso  (tranne in questo ultimo secolo) in OGNI AMBITO della cultura umana fin dalle sue origini (arte, letteratura, conoscenza, ritualità, usanze)? Un perfetto NULLA può essere la causa di un fenomeno così macroscopico e onnipervadente?

...E se invece ci decidessimo a studiare il fenomeno per stabilire una volta per tutte che COS'E' che fa sbucare dèi e demoni in ogni tempo e in ogni luogo, anche nelle più sperdute tribù della foresta Amazonica? Naturalmente, mettendo da parte stupidaggini puerili fritte e rifritte come "la paura della morte", la necessità di spiegare con "gli dèi" i fenomeni naturali che l'uomo non capisce, ecc..
Ebbene, anche se non te ne sei accorto, questo studio è già iniziato da almeno un'ottantina d'anni: si chiama "Storia comparata del mito e delle idee religiose"; e i primi risultati portano alla necessità logica di ipotizzare un'UNICA fonte di ispirazione di TUTTI i simbolismi e i paradigmi religiosi; un' UNICA matrice che trascende lo spazio geografico e il tempo storico. Naturalmente, a te, che sei un indottrinato dalle idee materialiste oggi di gran moda, non te ne puo' fregare di meno. Ma almeno, sii consapevole del fatto che l'ateismo E' SOLO UNA FEDE che non trova NESSUN supporto nella Scienza, ma solo nella maggior parte degli scienziati (non tutti), indottrinati come te. E che, dunque, la tua "genialata" di cancellare dall'orizzonte della filosofia tutte <<le illusioni religiose o dottrinarie di Oriente e Occidente>> potrebbe essere solo la conseguenza della tua ignoranza e dei tuoi pre-giudizi infondati sul tema "fenomeno religioso".


HÄNDEL: Tornami a vagheggiar, op. Alcina
https://youtu.be/8Kvdf-fRNM8

Jacopus

Per Carlo Pierini. Il fatto che una tradizione vi sia sempre stata non dimostra niente. Immagina che la stessa obiezione si sarebbe potuta fare 200 anni fa per la pena di morte o 1000 anni fa per la schiavitu'.
Invece quello che scrive Kobayashi mi sembra molto piu' profondo e spirituale di tanti ritualismi ed effimere "dichiarazioni di fede".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Carlo Pierini

Citazione di: Jacopus il 11 Luglio 2018, 18:48:49 PM
Per Carlo Pierini. Il fatto che una tradizione vi sia sempre stata non dimostra niente. Immagina che la stessa obiezione si sarebbe potuta fare 200 anni fa per la pena di morte o 1000 anni fa per la schiavitu'.
Invece quello che scrive Kobayashi mi sembra molto piu' profondo e spirituale di tanti ritualismi ed effimere "dichiarazioni di fede".

CARLO
Se si trattasse di banali <<dichiarazioni di fede>> non starei qui a parlarne scioccamente. Si tratta della scoperta degli archetipi, la cui presenza e le cui caratteristiche OGGETTIVE è spiegabile SOLO attraverso l'ipotesi di quell'UNICA matrice a cui accennavo sopra. Ma si deve entrare nel merito per capire di cosa si tratta, perché non è sintetizzabile in poche righe per chi è digiuno dell'argomento. Per averne una prima vaga idea dovresti leggere il mio thread "un'altra visione archetipica", perché quello che è successo a me appartiene alla stessa logica "archetipica" osservata nel campo della simbologia comparata.

Kobayashi

Citazione di: Carlo Pierini il 11 Luglio 2018, 18:27:33 PMCARLO Il tuo discorso potrebbe funzionare SOLO SE fossi sicuro che Dio non esiste. Ma cos'è che ti dà questa sicurezza? Come spieghi la onnipresenza del fenomeno religioso (tranne in questo ultimo secolo) in OGNI AMBITO della cultura umana fin dalle sue origini (arte, letteratura, conoscenza, ritualità, usanze)? Un perfetto NULLA può essere la causa di un fenomeno così macroscopico e onnipervadente? ...E se invece ci decidessimo a studiare il fenomeno per stabilire una volta per tutte che COS'E' che fa sbucare dèi e demoni in ogni tempo e in ogni luogo, anche nelle più sperdute tribù della foresta Amazonica? Naturalmente, mettendo da parte stupidaggini puerili fritte e rifritte come "la paura della morte", la necessità di spiegare con "gli dèi" i fenomeni naturali che l'uomo non capisce, ecc.. Ebbene, anche se non te ne sei accorto, questo studio è già iniziato da almeno un'ottantina d'anni: si chiama "Storia comparata del mito e delle idee religiose"; e i primi risultati portano alla necessità logica di ipotizzare un'UNICA fonte di ispirazione di TUTTI i simbolismi e i paradigmi religiosi; un' UNICA matrice che trascende lo spazio geografico e il tempo storico. Naturalmente, a te, che sei un indottrinato dalle idee materialiste oggi di gran moda, non te ne puo' fregare di meno. Ma almeno, sii consapevole del fatto che l'ateismo E' SOLO UNA FEDE che non trova NESSUN supporto nella Scienza, ma solo nella maggior parte degli scienziati (non tutti), indottrinati come te. E che, dunque, la tua "genialata" di cancellare dall'orizzonte della filosofia tutte <<le illusioni religiose o dottrinarie di Oriente e Occidente>> potrebbe essere solo la conseguenza della tua ignoranza e dei tuoi pre-giudizi infondati sul tema "fenomeno religioso". HÄNDEL: Tornami a vagheggiar, op. Alcina https://youtu.be/8Kvdf-fRNM8


Si stava discutendo di come Leopardi concepisse la filosofia. Un tema a lui caro è l'idea del pensiero come distruzione delle illusioni della vita, con tutto ciò che ne consegue in fatto di pessimismo etc.
Da lì prendevo spunto per fare una riflessione: perché non provare a guardare alla questione del nichilismo non secondo la tematica della fine della metafisica ma provando a capire che cosa significa quello stato di disperazione o di quasi morte, a cui si arriva anche attraverso l'ascetismo cristiano, senza però il supporto appunto del riferimento religioso. Cioè provare a indagare che cosa ne deriva dall'essere vicino alla morte, dall'essere passati attraverso un processo di devastazione psicologica, senza doversi alla fine ne' attaccare alla nostalgia di un dio, ne' a qualche illusione etc. Un esperimento antropologico, diciamo così.
Per Leopardi la vita per il filosofo, cioè colui che appunto vede perfettamente la realtà così com'è, la sua vanità, la sua inconsistenza, è sopportabile solo perché sempre si tende a sospendere tale verità pessimistica con qualche piccola illusione, con le abitudini etc.
Se non ci fossero queste pause la vita non sarebbe sopportabile.
Magari da quel fondo oscuro, azzardo io..., potrebbe venir fuori qualcosa come la pietà.

Infine sulla tua matrice universale sono d'accordo con l'argomentazione di Jacopus: la sua universalità non dimostra nulla, tant'è che se la civiltà la si guarda come un prodotto della biologia umana, questa essendo uguale dall'Amazzonia alla Siberia, inevitabilmente avrà strutture simili.

Carlo Pierini

#22
Citazione di: Kobayashi il 12 Luglio 2018, 08:53:17 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 11 Luglio 2018, 18:27:33 PMCARLO Il tuo discorso potrebbe funzionare SOLO SE fossi sicuro che Dio non esiste. Ma cos'è che ti dà questa sicurezza? Come spieghi la onnipresenza del fenomeno religioso (tranne in questo ultimo secolo) in OGNI AMBITO della cultura umana fin dalle sue origini (arte, letteratura, conoscenza, ritualità, usanze)? Un perfetto NULLA può essere la causa di un fenomeno così macroscopico e onnipervadente?
...E se invece ci decidessimo a studiare il fenomeno per stabilire una volta per tutte che COS'E' che fa sbucare dèi e demoni in ogni tempo e in ogni luogo, anche nelle più sperdute tribù della foresta Amazzonica? ...Naturalmente, mettendo da parte stupidaggini puerili fritte e rifritte come "la paura della morte", la necessità di spiegare con "gli dèi" i fenomeni naturali che l'uomo non capisce, ecc.. Ebbene, anche se non te ne sei accorto, questo studio è già iniziato da almeno un'ottantina d'anni: si chiama "Storia comparata del mito e delle idee religiose"; e i primi risultati portano alla necessità logica di ipotizzare un'UNICA fonte di ispirazione di TUTTI i simbolismi e i paradigmi religiosi; un' UNICA matrice che trascende lo spazio geografico e il tempo storico. Naturalmente, a te, che sei un indottrinato dalle idee materialiste oggi di gran moda, non te ne puo' fregare di meno. Ma almeno, sii consapevole del fatto che l'ateismo E' SOLO UNA FEDE che non trova NESSUN supporto nella Scienza, ma solo nella maggior parte degli scienziati (non tutti), indottrinati come te. E che, dunque, la tua "genialata" di cancellare dall'orizzonte della filosofia tutte <<le illusioni religiose o dottrinarie di Oriente e Occidente>> potrebbe essere solo la conseguenza della tua ignoranza e dei tuoi pre-giudizi infondati sul tema "fenomeno religioso". HÄNDEL: Tornami a vagheggiar, op. Alcina https://youtu.be/8Kvdf-fRNM8

KOBAYASHI
Cioè provare a indagare che cosa ne deriva dall'essere vicino alla morte, dall'essere passati attraverso un processo di devastazione psicologica, senza doversi alla fine ne' attaccare alla nostalgia di un dio, ne' a qualche illusione etc. Un esperimento antropologico, diciamo così.

CARLO
Appunto. Dipende se questa "devastazione psicologica" è dovuta alla scoperta dell'inesistenza di una dimensione divina, oppure, più semplicemente, dalla nostra perduta capacità di relazionarci con essa  a causa dei nostri pre-giudizi sulla sua non-esistenza.

"L'uomo, giunto alla chiarezza del sapere, deve riconoscere che ogni presunto dialogo con la divinità non era altro che un monologo, cioè un monologo tra i vari strati del proprio Sé. Allora, come ha dichiarato un rappresentante odierno di questa specie umana, bisogna annunciare che Dio è «morto». Ma con tale annuncio, in realtà nient'altro è detto se non che l'uomo è diventato incapace di afferrare una realtà per antonomasia indipendente da lui, e di rapportarsi ad essa. [...] Poiché le grandi immagini divine dell'umanità non nascono dalla fantasia, ma dal reale incontro, per quanto enigmatico, con la reale potenza e magnificenza divine".    [MARTIN BUBER: L'eclissi di Dio - pg.26]

KOBAYASHI
Infine sulla tua matrice universale sono d'accordo con l'argomentazione di Jacopus: la sua universalità non dimostra nulla, tant'è che se la civiltà la si guarda come un prodotto della biologia umana, questa essendo uguale dall'Amazzonia alla Siberia, inevitabilmente avrà strutture simili.

CARLO
1 - Ho parlato di necessità logica, perché non si tratta banalmente di strutture simili, ma di strutture che, pur provenienti da culture reciprocamente isolate, presentano dei significati filosofici COMPLEMENTARI, come se fossero visioni di un medesimo "oggetto" (archetipo) visto da angolazioni diverse tra loro.
2 - Il DNA della "biologia umana" coincide al 99% con quello degli scimpanzè, i quali, notoriamente, non vanno in chiesa la domenica. La biologia obbedisce a leggi fisiche, non a significati culturali-metafisici, che sono, invece, dei prodotti della mente.
Li hai letti i miei thread "Un'altra visione archetipica" e "Gli archetipi esistono"? Sapresti darne una spiegazione "biologica" dettagliata?

paul11

#23
......dipende prima della devastazione psicologica quel fosse o non fosse ad es. l"immagine di Dio" che si era posta.

Noi entriamo in crisi quando un evento della vita sconvolge una nostra credenza, perchè quella credenza probabilmente era ritenuta  la nostra ancora  di salvezza. Non si è rivelata tale, e allora sono possibili scelte di diversi sentieri da percorrere.......

baylham

Trovo molta vicinanza con le riflessioni filosofiche di Leopardi, a cui non posso che voler bene per avere influenzato la mia concezione della vita da adolescente. Lo stimo particolarmente perché ha posto al centro della sua rigorosa e razionale riflessione filosofica e poetica la felicità.

Dissento dalla sua tesi esposta nel brano iniziale, che la filosofia annichilisca ogni illusione di felicità, per alcune ragioni.
La filosofia come processo di conoscenza della realtà è una ricerca continua, aperta, non ci sono verità definitive, al massimo punti di approdo, più o meno piacevoli, da cui ripartire.

All'illusione della felicità contrappongo l'illusione dell'infelicità. Non riesco ad immaginare uno stato permanente di infelicità come al contrario uno stato permanente di felicità. La vita è un processo in cui la felicità è un attrattore delle scelte, processo di cui non abbiamo il controllo, che da uno stato di base oscilla irregolarmente, casualmente. Per cui la condizione esistenziale individuale non è comparabile.

Immagino la donzelletta e il garzoncello che assaporano la felicita di un abbraccio amoroso e che partecipano dell'amicizia di compagni. L'amore e l'amicizia non durano? Si rinnova la ricerca, fino alla fine. Per me basta a giustificare la mia vita.

0xdeadbeef

Però, scusate, a me sembra che in troppi interventi si tenda ad assimilare il nichilismo cone le, diciamo, "crisi
esistenziali".
Fra le due cose vi è indubbiamente un nesso, ma questo non esausce di certo la tematica del nichilismo.
Lo stesso Leopardi, dicevo, prima di arrivare ad "invidiare solo i morti", era colui che pensava al successo
letterario ed alla fama come antidoto a quella che lui riteneva la "insopportabilità della vita".
Chedeva Kobayashi: "una persona che passa realmente attraverso la devastazione del pessimismo cosmico di Leopardi o
del nichilismo della morte di ogni valore morale ha ancora una potenza e una volontà?"
Beh, bisogna vedere fino a che punto. Sicuramente il Leopardi che "invidia solo i morti" ha, se più ce l'ha, una potenza
e una volontà del tutto particolari. Ma il Leopardi che cerca la fama letteraria ha certamente una volontà di
potenza più, per così dire, "canonicamente intesa".
E comunque, io credo, il nichilismo va guardato "anche" dal punto di vista di chi i morti non li invidia proprio,
tutt'altro. Dal punto di vista, cioè, di chi pur non avendo nessun valore morale "vive"; e "vive" molto spesso
di edonismo e di egoismo.
Trovo non sia necessario, per essere nichilisti, l'invidiare i morti. Basta e avanza il vivere bramando la "bella
vita"; naturalmente per se, visto che degli altri a chi non ha valori morali non importa un fico secco.
Poi, come spesso accade, quando arrivano i momenti duri (ad esempio la malattia, la morte di qualche familiare)
ci si rifugia nelle "braccia compassionevoli di Santa Madre Chiesa"...
Non sono pochi i casi in cui il nichilismo va a braccetto con la volontà di potenza. Anzi direi che sono la
maggioranza dei casi. Un nichilismo dovuto al "pessimismo cosmico" o alla riflessione sull'eclissi del valore
morale è pertinenza delle anime sensibili, e queste sono assai poche.
I più, come dicevo, "vivono" o quantomeno si sforzano di "vivere" (edonisticamente ed egoisticamente), e sono
perfettamente consapevoli di essere nichilisti (magari non nel termine in sè ma certamente nella sostanza), senza che
questo vada minimamente ad intaccare quella volontà di primeggiare e di avere successo che Nietzsche chiamava "di
potenza".
Del resto lo stesso Dostoevskij, nei "Karamazov" ci offre una limpida illustrazione di come i più ragionano: "come
un condannato a morte nel carro verso il patibolo; esso si avvicina sempre più, ma manca ancora tanto..."
saluti

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