È capace la filosofia di sporcarsi le mani di attualità?

Aperto da Angelo Cannata, 31 Maggio 2017, 16:54:19 PM

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sgiombo

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Giugno 2017, 13:43:24 PM


Sentirmi corresponsabile del terrorismo mi consente di dedurre che io posso fare qualcosa per contrastarlo, senza bisogno di dover essere un capo di stato o avere in mano grandi poteri: mi è sufficiente progettare miglioramenti di me stesso, intervenire in favore di chi soffre, cominciando dai miei conoscenti. Inoltre mi consente di considerare le mie azioni in favore della società come dovute, piuttosto che come sovrappiù per cui mi si dovrebbe ringraziare o che, in quanto sovrappiù, posso tranquillamente anche astenermi dal compiere.

CitazioneNon vedo (purtroppo) come un simile atteggiamento (peraltro apprezzabile, e che io stesso cerco di seguire) possa in qualche modo contrastare il terrorismo.

paul11

Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 16:36:06 PM
Citazione di: paul11 il 05 Giugno 2017, 15:45:13 PM
.......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve.
Si vuol capire Toni Negri? Bisogna  capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero.
Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, .......

Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP  delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici

Sono d'accordo, anche se non capisco la parte iniziale del ragionamento. Cos'è che relaziona il passaggio dagli scienziati politici ai filosofi (e qui bisognerebbe discutere la differenza) con un pensiero Politico-filosofico indipendente dal potere. In ogni caso, poi c'è sempre il problema della professionalità, sia scienziati politici che filosofi, quando sono competenti (o reputati tali) sono comunque detentori di potere e scelti da sistemi accademici che gestiscono potere: Come possiamo pensare siano indipendenti?
La filosofia ha discipline interne che la politica non ha. La filosofia politica prende la forma dalla filosofia stessa ed è abituata a mettere in discussione se stessa e i primitivi, questo è a mio parere la vera importanza dell'attualità del ruolo della filosofia rispetto alle discipline scientifiche umanistiche o naturali, la capacità di porsi "fuori" pur essendo all'"interno",  di pensarsi. e più profondamente.
La scienza politica ha come corollari, antropologia, sociologia, storia delle dottrine,ecc. ma non mette in discussione i postulati ad esempio del liberalismo, del comunismo, della necessità e storia delle nazioni, semmai esistano. Discute di governi ,di sistemi elettorali, ma non si pone la domanda ad esempio di democrazia come può chiedersela la filosofia; l'una non esclude l'altra,Ma la filosofia può aiutare nell'analisi dei postulati su cui sono costituiti i principi politici ed economici, perchè è dalla filosofia comunque che nascono i modi di pensare e fare politica ed economica, così come la scienza.

Vedo i festival di filosofia ,vedo filosofi invitati a convegni: la gente non è stupida . la instupidiscono, C'è una domanda , una richiesta diffusa di capire, di approfondire, i filosofi fanno bene a confrontarsi a uscire dal guscio.
Vedo anche siti in internet dove scienziati si scambiano liberamente informazioni nelle più varie discipline, pubblicano e rendono pubblicamente a tutti la possibilità quanto meno di avere un abstract, perchè devono campare scienziati e filosofi. ,ma vale come nei sistemi software, vale come i peer to peer, le licenze commons free, bisogna trovare strade innovative in cui le informazioni che i media non passeranno mai siano date da persone  autorevoli nei loro campi.Bisogna togliere il filtro del political correct che ha unito media e potere e dall'altra  informazioni "bufale".
Ci sono parecchi siti filosofici, ma rimangono "attentamente" al di fuori dalla realtà attuale, come se temessero di intervenire.
Discutere sui generis, va bene, ma fino ad  un certo punto, perchè le richieste alla fine sono pratiche: ha senso ancora uno stato? ha senso la democrazia? cosa significa oggi sovranità? oppure  il tema dei rifiuti e del riciclo e il giro di soldi camorristico sull'ambiente;  il diritto sociale all'asilo nido, il diritto alla sanità ,alla scuola pubblica,ecc. temi che via via ci toccano dal generale al particolare che potrebbero anche far presa i molti che non hanno proprio voglia di sentire di filosofia, politica, economia, ecc. Io dico che la vita è fatta di tentativi.....

davintro

la filosofia, proprio in quanto tale, ha un rapporto privilegiato con l'attualità, in quanto rivolta a cogliere gli aspetti della realtà che restano stabili al di là del divenire temporale, coglie i princìpi primi, le verità sovratemporali e universali, che proprio perché non dipendenti dalla contingenza temporale, sono perennemente attuali. Un discorso avvero filosofico è sempre necessariamente attuale. L'accezione di "attualità" a cui si ci riferisce non è evidentemente quello della cronaca, della notizia del giorno, e tuttavia anche questa accezione non è affatto tagliata fuori dal discorso filosofico, perché la catena di eventi storica non è un caotico divenire, ma risponde a un complesso di leggi a  priori, che sono appunto l'oggetto della filosofia, che le permette di occuparsi anche in un certo senso del divenire. Non si tratta di "sporcarsi le mani" (espressione che non mi è mai piaciuta per nulla, che trovo retorica e demagogica, ma è solo un mio gusto...), ma di essere, per la filosofia, fedele a se stessa, al suo cogliere le essenze, il senso universale dei concetti e delle categorie da utilizzare per interpretare e ordinare i fatti in una visione coerente e razionale, costituita da un sistema di relazioni logiche, lavoro che non può essere alla portata del giornalismo, che si limita a raccogliere empiristicamente i dati senza ricondurli davvero a una visione globale. In questo senso, il ruolo della filosofia per la conoscenza dell'attualità diviene indispensabile e fondativo, in quanto l'individuazione dell'essenza, del senso universale dei concetti, che resta tal al di là delle forme in cui il concetto si storicizza nelle situazioni contingenti, è fattore necessario per l'utilizzo di tali concetti nel lavoro di intepretazione e sistematizzazione dei dati particolari nella visione globale. Ruolo necessario ma non sufficiente, in quanto la raccolta del "materiale" su cui applicare la concettualizzazione deve pur sempre essere svolto in virtù di una efficace applicazione del metodo delle scienze induttive-sperimentali, che osservano la realtà nel particolare, e che affiancano il giornalismo, mentre il metodo filosofico è di tipo deduttivo-dialettico; i due livelli vanno integrati. Per semplificare, rifacendosi alla gnoseologia kantiana, si potrebbe dire che la filosofia elabora le forme a priori della conoscenza dell'attualità, i saperi empirici, insieme al giornalismo, mettono  disposizione il materiale da ordinare tramite le forme, fermo restando che, fintanto che si resta sul piano della filosofia, quel complesso di "forme", diviene a tutti gli effetti "materia", peculiare contenuto di ricerca, la cui modalità di apprensione è specifica, e distinta da quella empirica, invece adeguata a raccogliere il materiale degli eventi particolari e storici 

green demetr

x tutti e per nessuno   :P


cit paul

".......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve.
Si vuol capire Toni Negri? Bisogna  capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero.
Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, .......

Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP  delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici"


No Paul, non ho scritto quello ;)    Perdonami se non mi rapporto dialetticamente per una volta con te.

Ci tengo a ri-sottolineare qualche punto, magari mi servirà a me stesso, come achtung futuro!

Ho scritto che il compito della filosofia è quello anzitutto di tornare a dare giudizi sulla questione generale dello stato.

Il ruolo della filosofia è quello critico, lo sporcarsi le mani, si intende a livello di quello che si sta parlando (che sia concreto e non astratto).

I problemi da affrontare non sono relativi a chi debba andare il potere (economia. politica o filosofia), ma al ruolo dello stato.

Ossia facendo una genealogia delle pratiche a come si è costituito uno stato.

Ora lo stato si costituisce come garante della pace interna a fronte di un nemico e in nome di un qualcosa che chiamiamo morale.

La filosofia si è battuta per abbattere la concezione di nemico e per la costituzione di una etica universale (a sinistra per lo meno).

Ma ha fallito.

Ha fallito perchè non esiste una etica che controlli una morale, perchè la morale è sempre stata falsa. (e dunque tutte le etiche costruite finora sono false).

Solo grazie al postrutturalismo francese, ci si è accorti, che il problema è eminentemente psicologico.

A questo punto la questione è intendibile solo da pochi.

E' per questo che sono più ottimista che lo stato sia autodissolva in sè, in favore di una visione ultraconsumistica americana. Dove in nome del consumo, l'uomo può desiderare quello che vuole.

Il problema è che tutto sarà legato in nome del consumo, e cioè a chi può consumare rispetto a chi non può. (a chi invera i propri desideri: i ricchi).

La filosofia che ormai è diventata di nicchia rischia di sparire come pratica.
Anzi per Sini è già sparita come l'abbiamo sempre intesa fin'ora.

Lo ripeto la filosofia ha firmato la sua condanna, di sua mano.

Ma rimane come capacità critica, la filosofia ha dato nella sua storia (300a.c-1900dc) una miriade di spunti che vengono oggi ricondotti a storia della filosofia.
La filosofia è ormai monumento, non ha più nulla di vivo.

Rimane cosa sarà del pensiero di pratica (l'utopia) della filosofia.

Nel corso degli anni tra entusiasmi e attacchi paranoici stordenti, sono giunto alla conclusione che l'utopia si può solo inverare (come pensiero) nella comunità degli amici della filosofia.

Ossia una compagnia per pochi visto l'andazzo e utopicamente per molti.

L'altra strada di cui parli è quella politica.

Ma io ci tengo a distinguere. Per tutto quello che ho scritto sopra (e ancora meglio nel mio penultimo intervento. ( https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-filosofia-e-capace-di-sporcarsi-le-mani-di-attualita/msg12622/#msg12622)

La filosofia che resiste, la resistenza deve essere SOLO politica.
Non deve essere economia, non deve essere morale, non deve essere scienza.

Il suo unico intento è di resistere (inutilmente), gratutitamente, acriticamente, come forza che frena il capitalismo. Il suo unico nemico è il capitalismo.

Questo è per dare tempo alla comunità degli amici di poter formarsi.

Ed è quello che intuì l'ultimo grande filosofo: Heidegger.

La svolta non è mai stata una svolta, ma un sussulto, un prendere atto, che l'amico non era più disponibile, perchè non era più disponibile la sua carica positiva di giudizio.

La lunga agonia del pensiero novecentesco (ma appunto la filosofia muore con la morte di Nietzche 1900) è stata questo prendere atto sempre più vivido, fino alle forme di pura astrazione formale, piena di dolore, e di sgomento, che è il post-strutturalismo francese.

La filosofia analitica (i cani dell'impero) l'ha attaccatto a lungo, fino a rendersi conto ultimamente che forse ma forse, qualcosa di buono c'era.

Ma sono solo fuochi fatui, per chi come me ha vissuto quello stesso sgomento. Per chi si rende conto di quanto è sola e senza amici la filosofia.

La lotta di classe, non ha senso, perchè dovrebbe essere in nome di qualcosa.
E il nome di qualcosa si chiama capitalismo, questa paradosso non l'hanno capito ancora!

Fare qualcosa in nome di qualcos'altro. (è il grande insegnamento di freud e lacan).

Il grande altro, il grande fratello, il grande inquisitore, sono figure dell'inconscio che partono dalla cortocircuitazione dell'impossibilità umana.
(dall'assenza di amicizia)

I grandi romanzi di Dostoevskj sono un testamento imperituro a questa verità.
(una lunga carrellata di personaggi votati al nichilismo, all'autodistruzione).

Per non parlare di quelli enigmatici Kafkiani. In cui la scepsi è evidente.

Il castello da una parte e il villaggio dall'altra.

Ma il villaggio vive IN NOME del castello, non parlano d'altro che del CASTELLO, ma nessuno va al castello.

La condizioni di limbo schizoide in cui versano tutti mi terrorizza.

Perchè se tutti la abitano alla fine la abitiamo anche noi.

E già! il castello della filosofia è diventato l'episteme.
Bizzarro, perchè la firma di condanna a morte della filosofia è proprio la scienza.
Ma la scienza non pensa.

Cari Davintro e Paul....NON PENSA!!! ma voi fate pure quello che volete ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

#49
Citazione di: green demetr il 04 Giugno 2017, 16:16:24 PM

Caro vecchio povero Preve, già lo compiango pur non avendo ben presente la sua intera architettura.

Ecco due visioni dialettiche opposte, quella di negri che riguarda la dissolvenza dell'impero, e quella più classica di resistenza all'impero di Preve.

E' interessante perchè Preve distingue tra lui che è allievo di Hegel e Marx, e Negri che è allievo di focault-deleuze, ossia del nietzche post moderno.

La mixerei con quella di de Benoist, che mi pare la più sensata...

Lui che è allievo di Heidegger e Nietzche non post moderno.
Mi sento sempre a disagio a sentire Preve, soprattutto se intervistato da Fusaro, non capisco dove intenda andare a parare. Prima attacca Negri perché troppo globalista, poi Benoist per il motivo opposto. Mi sembra la caricatura di un egocentrismo filosofico stratosferico. La mia è solo una sensazione beninteso e sarà pure errata e ingiusta, ma resta il fatto che questa impressione non mi consente di prendere in considerazione Preve. Anche se Negri è ancor peggio. Questi post marxisti (pseudo sinistra della post sinistra) li trovo così insopportabili!

CitazioneO meglio per te è individuo prassi (diciamo che ti sei evoluto seguendo sini)
Direi che l'individuo è il prodotto singolare di prassi collettive, una differenziazione minima, ma proprio per questo non può essere semplicemente riassorbito nelle prassi collettive, dunque le perturba con la sua minima presenza stabilita in rapporto a un altro che mi determina negandomi. E' da questo rapporto che sorge il problema morale che diventa etico nel momento in cui tra me e l'altro, compare un altro ancora, l'altro del mio altro che non sono io. Solo a questo punto il problema morale diventa etico, ossia sociale. Bisogna essere almeno in tre per entrare in società: io, l'altro, l'altro del mio altro (e tra gli altri del mio altro ci sono anch'io, uno dei tanti oggetti-soggetti).
Il problema che il filosofo a questo punto dovrebbe cominciare a porsi è in quale posizione viene a collocarsi con le sue pratiche (che ovviamente sono pratiche, ossia metodi, di pensiero ereditati da una tradizione immensa). La filosofia può ancora avere una funzione educativa verso la comunità, o serve solo a intrattenerci? E verso chi può e deve esercitare questa funzione educativa? Con quali strumenti può risultare ancora credibile in un mondo dominato dal pensiero scientifico che ha ovviamente intenti ben diversi da quello filosofico? E quindi si misura in modo ben diverso?
Certo, è accattivante l'idea del diritto della filosofia al giudizio qualitativo sul "generale discorsivo di una comunità", ma in che modo può rendere oggi credibile questo diritto agli occhi della comunità stessa, fuori dal suo ambito sempre più ristretto e in disfacimento, nonostante la grandezza seducente e mirabile del tramonto? O certi filosofi pensano di potersi prendere questo diritto punto e basta? Erano domande già problematiche ai tempi di Platone, il fondatore insuperato della filosofia politica (ammesso che la filosofia sia mai uscita dalla questione della polis, della comunità umana), figuriamoci oggi.
Perché a questo punto le prassi le sentiamo paranoiche? qual è la responsabilità proprio della filosofia in questo? Della sua pretesa educatrice fallita fino a rendere "impossibile pensare"? Ma pensare, ovvero pensare in un certo modo? In quel modo che ci illude di essere  padroni di pensieri e giudizi tanto limpidi e trasparenti?
Di sicuro il problema morale e soprattutto etico (quello del menage a troi) sta nel linguaggio, almeno il verduraio di cui parla Havel il senso del linguaggio (il senso tradito di quel cartello che metteva sul suo banchetto) ancora lo aveva, sentiva ancora la verità in tutta evidenza e sentire la verità era il suo reale potere. Ci vorrebbe una filosofia che fosse ancora capace di farcela sentire questa verità che conferisce potere ai senza potere, di mostrarla, senza predicarla però. Ci vorrebbe più che altro La capacità di un gesto filosofico, più che di una teoresi. Chissà, forse una conquista del gesto potrebbe ancora riscattare la filosofia dal suo fallimento epocale, un gesto che sappia solo indicare la postura per la verità che può reggere una comunità di individui diversi nella loro uguaglianza; riuscire a convivere per vivere meglio, malgrado tutto quello che ci somministrano i nuovi verdurai, quelli che hanno potere.

paul11

Citazione di: green demetr il 06 Giugno 2017, 14:59:34 PM
x tutti e per nessuno :P


cit paul

".......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve.
Si vuol capire Toni Negri? Bisogna  capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero.
Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, .......

Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP  delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici"


No Paul, non ho scritto quello ;)    Perdonami se non mi rapporto dialetticamente per una volta con te.

Ci tengo a ri-sottolineare qualche punto, magari mi servirà a me stesso, come achtung futuro!

Ho scritto che il compito della filosofia è quello anzitutto di tornare a dare giudizi sulla questione generale dello stato.

Il ruolo della filosofia è quello critico, lo sporcarsi le mani, si intende a livello di quello che si sta parlando (che sia concreto e non astratto).

I problemi da affrontare non sono relativi a chi debba andare il potere (economia. politica o filosofia), ma al ruolo dello stato.

Ossia facendo una genealogia delle pratiche a come si è costituito uno stato.

Ora lo stato si costituisce come garante della pace interna a fronte di un nemico e in nome di un qualcosa che chiamiamo morale.

La filosofia si è battuta per abbattere la concezione di nemico e per la costituzione di una etica universale (a sinistra per lo meno).

Ma ha fallito.

Ha fallito perchè non esiste una etica che controlli una morale, perchè la morale è sempre stata falsa. (e dunque tutte le etiche costruite finora sono false).

Solo grazie al postrutturalismo francese, ci si è accorti, che il problema è eminentemente psicologico.

A questo punto la questione è intendibile solo da pochi.

E' per questo che sono più ottimista che lo stato sia autodissolva in sè, in favore di una visione ultraconsumistica americana. Dove in nome del consumo, l'uomo può desiderare quello che vuole.

Il problema è che tutto sarà legato in nome del consumo, e cioè a chi può consumare rispetto a chi non può. (a chi invera i propri desideri: i ricchi).

La filosofia che ormai è diventata di nicchia rischia di sparire come pratica.
Anzi per Sini è già sparita come l'abbiamo sempre intesa fin'ora.

Lo ripeto la filosofia ha firmato la sua condanna, di sua mano.

Ma rimane come capacità critica, la filosofia ha dato nella sua storia (300a.c-1900dc) una miriade di spunti che vengono oggi ricondotti a storia della filosofia.
La filosofia è ormai monumento, non ha più nulla di vivo.

Rimane cosa sarà del pensiero di pratica (l'utopia) della filosofia.

Nel corso degli anni tra entusiasmi e attacchi paranoici stordenti, sono giunto alla conclusione che l'utopia si può solo inverare (come pensiero) nella comunità degli amici della filosofia.

Ossia una compagnia per pochi visto l'andazzo e utopicamente per molti.

L'altra strada di cui parli è quella politica.

Ma io ci tengo a distinguere. Per tutto quello che ho scritto sopra (e ancora meglio nel mio penultimo intervento. ( https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-filosofia-e-capace-di-sporcarsi-le-mani-di-attualita/msg12622/#msg12622)

La filosofia che resiste, la resistenza deve essere SOLO politica.
Non deve essere economia, non deve essere morale, non deve essere scienza.

Il suo unico intento è di resistere (inutilmente), gratutitamente, acriticamente, come forza che frena il capitalismo. Il suo unico nemico è il capitalismo.

Questo è per dare tempo alla comunità degli amici di poter formarsi.

Ed è quello che intuì l'ultimo grande filosofo: Heidegger.

La svolta non è mai stata una svolta, ma un sussulto, un prendere atto, che l'amico non era più disponibile, perchè non era più disponibile la sua carica positiva di giudizio.

La lunga agonia del pensiero novecentesco (ma appunto la filosofia muore con la morte di Nietzche 1900) è stata questo prendere atto sempre più vivido, fino alle forme di pura astrazione formale, piena di dolore, e di sgomento, che è il post-strutturalismo francese.

La filosofia analitica (i cani dell'impero) l'ha attaccatto a lungo, fino a rendersi conto ultimamente che forse ma forse, qualcosa di buono c'era.

Ma sono solo fuochi fatui, per chi come me ha vissuto quello stesso sgomento. Per chi si rende conto di quanto è sola e senza amici la filosofia.

La lotta di classe, non ha senso, perchè dovrebbe essere in nome di qualcosa.
E il nome di qualcosa si chiama capitalismo, questa paradosso non l'hanno capito ancora!

Fare qualcosa in nome di qualcos'altro. (è il grande insegnamento di freud e lacan).

Il grande altro, il grande fratello, il grande inquisitore, sono figure dell'inconscio che partono dalla cortocircuitazione dell'impossibilità umana.
(dall'assenza di amicizia)

I grandi romanzi di Dostoevskj sono un testamento imperituro a questa verità.
(una lunga carrellata di personaggi votati al nichilismo, all'autodistruzione).

Per non parlare di quelli enigmatici Kafkiani. In cui la scepsi è evidente.

Il castello da una parte e il villaggio dall'altra.

Ma il villaggio vive IN NOME del castello, non parlano d'altro che del CASTELLO, ma nessuno va al castello.

La condizioni di limbo schizoide in cui versano tutti mi terrorizza.

Perchè se tutti la abitano alla fine la abitiamo anche noi.

E già! il castello della filosofia è diventato l'episteme.
Bizzarro, perchè la firma di condanna a morte della filosofia è proprio la scienza.
Ma la scienza non pensa.

Cari Davintro e Paul....NON PENSA!!! ma voi fate pure quello che volete ;)
ciao Green,
Se mi è un poco chiaro ciò che interpreti della filosofia del passato non mi è chiaro come interpreteresti una filosofia attuale o del futuro:con quali chiavi di lettura?
La politica in sè e per sè non è filosofia, così come la pratica non è la teoretica.
La prassi può agire in assenza di pensiero, ma con il fiato corto e senza punti di riferimento.
Qualunque "grande pensiero" anche politico ha quanto meno un'analisi,Tutte le ideologie le hanno,giuste o sbagliate o che ciascuno ritenga,
Quando Marx ed Engels, ad esempio analizzano l'operaismo tradeunionita inglese di metà Ottocento, oltre ad avere alle spalle una loro analisi materialistica e di prassi, hanno costruito una chiave di lettura per analizzare i diversi fatti storici ,e così hanno fatto.
 Quando ascolto oggi un pensatore politico sulla lotta di classe, mi vine in mente l'analisi di centocinquanta anni fa di Marx ed Engels, e capisco il "nulla" della sinistra mondiale, sia parlamentare che extra-parlamentare. Già allora avevano capito che nonostante l'operaio inglese(è un esempio) fosse nel capitalismo più avanzato e imperialistico di quel tempo, la sua cultura è tipicamente opportunistica e filo piccolo-borghese:non potevano essere rivoltosi e rivoluzionari. La storia ha dato loro ragione. Se non c'è alle spalle una seria analisi sulle strutture sociali che la compongono e come le dinamiche agiscono sugli strati e formazioni delle classi sociali e sul gradi di coscienza di classe, se non c'è ripeto questa analisi è inutile fare pratiche inutili .Non basta come dice T,Negri che il numero degli sfruttati è elevato che se gli indvidui non socializzano fra loro i problemi e identificano le loro individualità in classe sociale con necessità e bisogni.Mancano le condizioni e la coscienza sociale.

Ma questo è il politico che costruisce le sue basi culturali su fondamenti storici universali. oggi non c'è più questo fare politica, oggi non c'è più quel fare filosofia. Perchè sono mutate le condizioni, le strutture e le sovrastrutture storiche delle prassi e i filosofi pragmatici guardano alla finestra a massimo scuotendo la testa: nulla di più. I filosofi attuali ritengono obsoleta la metafisica tradizionale, come mi sembra anche tu.
va bene. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale  e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.

Oggi il filosofo ha molto meno quello status culturale di autorevolezza di un tempo per consigliare le prassi.
Perchè la tecnica, il capitalismo ha ruolificato e dato stipendi e salari, "vendendo" come merce di scambio anche il pensiero.
Il saggio consigliere del re oggi è il consulente del CEO della Goldamn Sachs che partecipa invitato al Bilderberg
Oggi tutto ha un prezzo.

maral

Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:27:37 AM
Angelo, ho difficoltà a schematizzare il tuo ragionamento. L'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista

Probabilmente è per la stessa ragione che la chiesa ha inventato il peccato originale. Io però sono dell'idea che il senso di colpa alteri l'interpretazione razionale dei problemi, interpretazione che a volte può essere utile per rispondere a questi in maniera razionale. Per me il caso emblematico è il caso dell'immigrazione, abbiamo dei sistemi culturali talmente ingabbiati nel senso di colpa che non riescono a pianificare una risposta adeguata per cui ci ritroviamo a importare, a caro prezzo, i problemi dell'Africa, e a finanziarne la criminalità e probabilmente le organizzazioni terroristiche.
Non è il senso di colpa, ma proprio il tentativo di dare una risposta razionale ai problemi che dovrebbe portarci verso il riconoscimento di un percorso storico che ci vede attori di quello stesso terrore che vorremmo inutilmente esorcizzare.
Il discorso dello starsene tranquilli e buoni a casa propria non può più avere nessun senso oggi, in questo mondo globalizzato sotto il segno dello sfruttamento economico più crudele e ingiusto. Noi piangiamo e celebriamo i nostri morti, come se fossero i soli morti, le sole vittime del terrore, ma i loro morti? I morti ben più numerosi causati dallo sfruttamento che il nostro benessere esige e dalle nostre bombe che fanno crescere il PIL chi li piange? Chi li celebra?
A noi va benissimo il terrore se è opera nostra a casa loro, siamo i primi a finanziarlo, da secoli e oggi ancora di più. Cosa significa il sovvenzionamento in armi da parte di Trump all'Arabia Saudita contro lo Yemen devastato da bombardamenti continui? Cosa hanno significato l'invasione prima dell'Iraq, poi dell'Afghanistan, poi la disintegrazione libica e ora la messa sotto accusa dell'Iran scita da parte degli USA, quando tutte le recenti azioni terroristiche più recenti in Occidente e non solo sono state di marca sunnita? A che serve chiuderci in casa per il paura dei migranti, quando il terrore è proprio in casa nostra che nasce? Quando basta un demente che salga su un camion o faccia bum con un petardo in mezzo alla folla dimostrando tutta la nostra sconfitta? A che servono per metterci in pace con noi stessi le nostre pretese di superiorità civile, scientifica, tecnica e culturale quando le periferie delle nostre città sembrano costruite apposta per alimentare odio, alienazione, sfruttamento e violenza?
C'è come una cappa soffocante di ottusità continuamente alimentate le une contro le altre per garantire una gestione sempre più perversa e iniqua del potere. Ed è questo che si dovrebbe insieme cominciare a capire anziché corrersi a barricarsi in preda alla paura, pensando di salvarsi dietro a un muro (e chi saranno i prigionieri del muro?).
Occorre coraggio e fede, fede nei nostri morti, fede nei loro morti e il coraggio di cominciare a capirsi gli uni con gli altri, per quello che siamo, affinché non ci siano altre colpe a urlare vendetta bestemmiando Allah, bestemmiando l'uomo in nome del profitto.   

maral

Citazione di: paul11 il 06 Giugno 2017, 17:48:00 PM
Ma questo è il politico che costruisce le sue basi culturali su fondamenti storici universali. oggi non c'è più questo fare politica, oggi non c'è più quel fare filosofia. Perchè sono mutate le condizioni, le strutture e le sovrastrutture storiche delle prassi e i filosofi pragmatici guardano alla finestra a massimo scuotendo la testa: nulla di più. I filosofi attuali ritengono obsoleta la metafisica tradizionale, come mi sembra anche tu.
va bene. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale  e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.

Oggi il filosofo ha molto meno quello status culturale di autorevolezza di un tempo per consigliare le prassi.
Perchè la tecnica, il capitalismo ha ruolificato e dato stipendi e salari, "vendendo" come merce di scambio anche il pensiero.
Il saggio consigliere del re oggi è il consulente del CEO della Goldamn Sachs che partecipa invitato al Bilderberg
Oggi tutto ha un prezzo.
E questo è il terrorismo che tanto ci affanna.
La metafisica è morta, perché è morto quell'Occidente che l'aveva pensata, illudendosi. E' morta perché aveva già la sua morte in sé fin dall'inizio. Non si può rimettere un cadavere sul trono sperando che ci salvi. E' morta prima in Occidente dove era nata e noi stessi l'abbiamo uccisa e indietro non si torna.
Occorre ricominciare da quello che siamo per poter essere quello che siamo.

paul11

Citazione di: maral il 06 Giugno 2017, 20:32:46 PM
Citazione di: paul11 il 06 Giugno 2017, 17:48:00 PM
Ma questo è il politico che costruisce le sue basi culturali su fondamenti storici universali. oggi non c'è più questo fare politica, oggi non c'è più quel fare filosofia. Perchè sono mutate le condizioni, le strutture e le sovrastrutture storiche delle prassi e i filosofi pragmatici guardano alla finestra a massimo scuotendo la testa: nulla di più. I filosofi attuali ritengono obsoleta la metafisica tradizionale, come mi sembra anche tu.
va bene. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale  e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.

Oggi il filosofo ha molto meno quello status culturale di autorevolezza di un tempo per consigliare le prassi.
Perchè la tecnica, il capitalismo ha ruolificato e dato stipendi e salari, "vendendo" come merce di scambio anche il pensiero.
Il saggio consigliere del re oggi è il consulente del CEO della Goldamn Sachs che partecipa invitato al Bilderberg
Oggi tutto ha un prezzo.
E questo è il terrorismo che tanto ci affanna.
La metafisica è morta, perché è morto quell'Occidente che l'aveva pensata, illudendosi. E' morta perché aveva già la sua morte in sé fin dall'inizio. Non si può rimettere un cadavere sul trono sperando che ci salvi. E' morta prima in Occidente dove era nata e noi stessi l'abbiamo uccisa e indietro non si torna.
Occorre ricominciare da quello che siamo per poter essere quello che siamo.
ciao Maral,
oltre alle sentenze i giudici danno le motivazioni, quindi:
chi sarebbe colpevole di terrorismo?
la colpa attuale è della metafisica? Chi sarebbero gli autori/o?
Chi avrebbe dato un concetto di morte e chi di vita?
Mi pare tu dica che sia morta come idea e poi noi (plurale maiestatico ) l'abbiamo uccisa.
Vorrei capire questa anamnesi

Ritengo, ai fini di una filosfia che dovrebbe "sporcarsi le mani", capire le diverse fiosfie e l'incontro/scontro con le discipline scientifiche che sono più pratiche; perchè il problema è quì O troviamo i responsabili dell'inazione, della contemplazione ombelicale priva di prassi, e quindi il motivo per cui la filosofia non si sporca le mani, per dirla in breve se ci sono problemi soggettivi, oppure se ci sono anche o solo problemi oggettiv, cioè di una cultura che non essendo più permeata dalla filosofia è esclusivamente pratica e capire come si muove, quale sia il senso di marcia.
Senza cadere in generalismi che non servono a nulla. quando si passa dalla teoretica lla pratica, si passa dagli universali ai particolari.Raggiunti i particolari o si definiscono le responsabilità o diventa un minestrone dove tutto e tutti sono colpevoli, quindi alla fine si risoleve nel rito del tutti assolti per mancanza di prove...............non so se sono chiaro.

Maral ,personalmente ho tutt'altri responsabili culturali a cui imputare la decadenza attuale e basta vedere chi influisce e come nella costruzione formativa delle dirigenze economiche e politiche da almeno un secolo a questa parte. Non è certo Platone o Aristotele, e nemmeno la cripto tesi severiniana della tecnica imputata a Platone. Quì hanno seriamente  sbagliato  Nietzsche,Heidegger e Severino stesso. che infatti non ci hanno dato nessuna chiave di lettura concreta sul "fare",se non sbagliando loro stessi. 

InVerno

Citazione di: paul11 il 06 Giugno 2017, 17:48:00 PM. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale  e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.
La vita, la sopravvivenza della vita sulla terra, ti sembra una buona chiave di lettura universale? L'economia è servita per riprodurre le logiche di scarsità\abbondanza dei meccanismi naturali una volta che gli ultimi erano superati. Presto non ci sarà alcun bisogno di simulare scarsità in astrusi meccanismi di autocontrollo,la sopravvivenza all'ambiente tornerà la nostra morale materiale. Scopriamo che oltre ad esserci un pavimento su cui sbattere la faccia c'è anche un soffitto, un limite inderogabile alle nostre ambizioni. Forse invece di trovare valori nel nostro innato li troveremo nell'inderogabilità della nostra morte. Le grandi tematiche globali hanno insite in loro un elemento di novità, fallire non significherà più solo guerre povertà e carestie, siamo arrivati al punto dove la sopravvivenza della specie è a grave rischio. Non è morto Dio, è morto l'Homo-Deus, l'uomo infallibile, l'uomo che non doveva pagare il conto, l'uomo che "non doveva chiedere mai" . Oggi l'uomo deve chiedere, oggi l'uomo deve essere scettico per poter chiedere, e proprio perchè è pieno di domande avrebbe bisogno di risposte. Non è morta la filosofia, sono morti i filosofi super-star, la liquefazione della società ha liquefatto le loro cadreghe, ma gli esseri umani non hanno perso la loro voglia di conoscere il mondo, di averne una visione e di perseguire un progetto. La democrazia, è l'unica speranza di distillare questo sapere diffuso in un concentrato politico. Demetr ha detto che la filosofia è un "monumento senza vita", aggiungo io "in un giardino privato, di alcuni variamente educati cittadini borghesi che chiedono il biglietto per la visita.". Dico io: Aprite al pubblico, tanto il biglietto non lo paga più nessuno. La filosofia dovrebbe essere uno stile di vita, non una facoltà di chiaccheroni.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

anthonyi

Citazione di: maral il 06 Giugno 2017, 20:22:53 PM
Citazione di: anthonyi il 05 Giugno 2017, 06:27:37 AM
Angelo, ho difficoltà a schematizzare il tuo ragionamento. L'idea che noi siamo parte del male che è nel mondo crea meccanismi di autogiustificazione che non aiutano a superare il male. Ciascuno di noi porta con se le proprie fragilità, ma queste nulla hanno a che fare con cose come il terroriemo islamista

Probabilmente è per la stessa ragione che la chiesa ha inventato il peccato originale. Io però sono dell'idea che il senso di colpa alteri l'interpretazione razionale dei problemi, interpretazione che a volte può essere utile per rispondere a questi in maniera razionale. Per me il caso emblematico è il caso dell'immigrazione, abbiamo dei sistemi culturali talmente ingabbiati nel senso di colpa che non riescono a pianificare una risposta adeguata per cui ci ritroviamo a importare, a caro prezzo, i problemi dell'Africa, e a finanziarne la criminalità e probabilmente le organizzazioni terroristiche.
Non è il senso di colpa, ma proprio il tentativo di dare una risposta razionale ai problemi che dovrebbe portarci verso il riconoscimento di un percorso storico che ci vede attori di quello stesso terrore che vorremmo inutilmente esorcizzare.
Il discorso dello starsene tranquilli e buoni a casa propria non può più avere nessun senso oggi, in questo mondo globalizzato sotto il segno dello sfruttamento economico più crudele e ingiusto. Noi piangiamo e celebriamo i nostri morti, come se fossero i soli morti, le sole vittime del terrore, ma i loro morti? I morti ben più numerosi causati dallo sfruttamento che il nostro benessere esige e dalle nostre bombe che fanno crescere il PIL chi li piange? Chi li celebra?
A noi va benissimo il terrore se è opera nostra a casa loro, siamo i primi a finanziarlo, da secoli e oggi ancora di più. Cosa significa il sovvenzionamento in armi da parte di Trump all'Arabia Saudita contro lo Yemen devastato da bombardamenti continui? Cosa hanno significato l'invasione prima dell'Iraq, poi dell'Afghanistan, poi la disintegrazione libica e ora la messa sotto accusa dell'Iran scita da parte degli USA, quando tutte le recenti azioni terroristiche più recenti in Occidente e non solo sono state di marca sunnita? A che serve chiuderci in casa per il paura dei migranti, quando il terrore è proprio in casa nostra che nasce? Quando basta un demente che salga su un camion o faccia bum con un petardo in mezzo alla folla dimostrando tutta la nostra sconfitta? A che servono per metterci in pace con noi stessi le nostre pretese di superiorità civile, scientifica, tecnica e culturale quando le periferie delle nostre città sembrano costruite apposta per alimentare odio, alienazione, sfruttamento e violenza?
C'è come una cappa soffocante di ottusità continuamente alimentate le une contro le altre per garantire una gestione sempre più perversa e iniqua del potere. Ed è questo che si dovrebbe insieme cominciare a capire anziché corrersi a barricarsi in preda alla paura, pensando di salvarsi dietro a un muro (e chi saranno i prigionieri del muro?).
Occorre coraggio e fede, fede nei nostri morti, fede nei loro morti e il coraggio di cominciare a capirsi gli uni con gli altri, per quello che siamo, affinché non ci siano altre colpe a urlare vendetta bestemmiando Allah, bestemmiando l'uomo in nome del profitto.   


Maral, io dicevo che per me il senso di colpa alterava la visione della realtà, ma anche l'ideologia lo fa. La leggerezza con la quale ti vedo associare la guerra, la violenza, con i meccanismi del mercato (Che tu chiami sfruttamento) mi sconcerta.
Anch'io come te sono sconcertato da tanti degli atteggiamenti di Trump e meno che meno li sento miei. D'altronde proprio analizzando le bizzarrie di questo nuovo presidente si vede quella contraddizione che lo vede antitetico a una intellighentia economico-finanziaria, non solo statunitense, e che dimostra come le strategie di questa intellighentia possano essere sconfessate dal voto popolare.
Tu parli di riconoscere un percorso storico, ma questo percorso va descritto. Ci sono responsabilità del colonialismo Anglo-francese, della propaganda nazista, del neocolonialismo americano. Poi c'è una tendenza, di quei popoli, ad elaborare facilmente risposte violente (L'inghilterra ha colonizzato un quarto delle terre emerse, ma solo li si è ritrovata con queste rogne). Una volta esaurito comunque questo discorso, non capisco cosa c'entra con le logiche di mercato che normalmente sono indifferenti a questi conflitti, le guerre e le violenze di quei posti non si fondano su logiche economiche, e neanche l'azione folle dei terroristi che agiscono in casa nostra.

paul11

#56
Citazione di: InVerno il 07 Giugno 2017, 17:27:02 PM
Citazione di: paul11 il 06 Giugno 2017, 17:48:00 PM. Datemi l'alternativa che sappia dare una chiave di lettura universale, che sappia dare senso alle migrazioni, alle sovranità nazionali e monetarie, alle guerre in medio oriente, ai job act sul lavoro alle spiritualità individualistiche, alle frammentazioni sociali?
Le ha prodotte chi se "Dio è morto", se non c'è metafisica? Il potere culturale  e delle pratiche oggi è in mano ai senza -dio, ai pragmatici, ai cinici, agli scettici.
La vita, la sopravvivenza della vita sulla terra, ti sembra una buona chiave di lettura universale? L'economia è servita per riprodurre le logiche di scarsità\abbondanza dei meccanismi naturali una volta che gli ultimi erano superati. Presto non ci sarà alcun bisogno di simulare scarsità in astrusi meccanismi di autocontrollo,la sopravvivenza all'ambiente tornerà la nostra morale materiale. Scopriamo che oltre ad esserci un pavimento su cui sbattere la faccia c'è anche un soffitto, un limite inderogabile alle nostre ambizioni. Forse invece di trovare valori nel nostro innato li troveremo nell'inderogabilità della nostra morte. Le grandi tematiche globali hanno insite in loro un elemento di novità, fallire non significherà più solo guerre povertà e carestie, siamo arrivati al punto dove la sopravvivenza della specie è a grave rischio. Non è morto Dio, è morto l'Homo-Deus, l'uomo infallibile, l'uomo che non doveva pagare il conto, l'uomo che "non doveva chiedere mai" . Oggi l'uomo deve chiedere, oggi l'uomo deve essere scettico per poter chiedere, e proprio perchè è pieno di domande avrebbe bisogno di risposte. Non è morta la filosofia, sono morti i filosofi super-star, la liquefazione della società ha liquefatto le loro cadreghe, ma gli esseri umani non hanno perso la loro voglia di conoscere il mondo, di averne una visione e di perseguire un progetto. La democrazia, è l'unica speranza di distillare questo sapere diffuso in un concentrato politico. Demetr ha detto che la filosofia è un "monumento senza vita", aggiungo io "in un giardino privato, di alcuni variamente educati cittadini borghesi che chiedono il biglietto per la visita.". Dico io: Aprite al pubblico, tanto il biglietto non lo paga più nessuno. La filosofia dovrebbe essere uno stile di vita, non una facoltà di chiaccheroni.
ciao Inverno,
ok, va bene, ma siamo, a mio parere ancora nel generalismo. Sono d'accordo che la filosofia dovrebbe essere uno stile di vita e non chiacchiera
fra narcisisti.Manca, a mio parere, ma anche da mie esperienze personali nel sociale di circa quarant'anni fa, riprese vent'anni fa, quella parte sociale direi avanguardista ( è un termine che non mi piace molto, ma che fa capire). Ho visto almeno tre generazioni, ovviamente riferito
all'Italia, e con climi, qualità sempre più mediocri.Il livello delle classi dirigenti a me pare lampante.
Il distacco fra politica e società è probabilmente simile fra cultura e società. Il rapporto fra teoretica e pratica si è sfilacciato e in più è peggiorato
in qualità. la mia impressione è che anche chi vorrebbe fare,a meno che sia semplice volontariato,,non trova spazi.
o un gruppo sociale coagula le individualità, oppure anche stili di vita individuali si perdono nel crogiolo del sociale

Sono d'accordo con anthony,vanno definite e le responsabilità nella pratica se si vuole arrivare a capire gli intrecci della pratica e quale cultura è veramente operativa-
quello che penso è che continua ad essere vincente la filosofia neo-positivista nelle sue varie sfaccettature.
Lo scontro fra i continentali e gli analitici è stato vinto da questi ultimi che è la cultura statunitense collegata al pragmatismo che a sua volta deriva dall'empirismo inglese dall'università di Oxford (Frege-Russell-primo Wittgenstein) e dall'altra si è suicidata la  grande tradizione tedesca, 
Lo vedo da come vengono istruite le dirigenze politiche ed economiche nelle ultime generazioni, come insegnano politica, economia, come applicano le teorie mediatiche, la teoria dei giochi, le teorie psicologiche, da come testano. Il processo chiave non è porsi la domanda se la politica o l'economia abbiano teorie fondate,non si tratta di porsi problemi teoretici,ma di verificare se una strategia è vincente in funzione dei risultati richiesti dagli scopi. Il pragmatismo non si chiede da dove viene, è proiettato sui risultati del domani.

maral

#57
Paul, io non mi considero giudice di nulla, semplicemente credo che si possa constatare già da diverso tempo la fine di quel pensiero metafisico greco cristiano che aveva posto in se stesso l'unico episteme possibile e vedeva nella propria storia etica sociale e politica l'unica forma di civiltà del pianeta da estendere doverosamente a tutti i popoli del mondo intero. Questa forma di pensiero, che è stata grandissima, è defunta e non è defunta perché da qualche altra parte del mondo sia sorta un'altra forma di pensiero a contrastarla, ma è defunta per causa propria. Questo significa quel "noi l'abbiamo uccisa" e mi si perdoni se ho parafrasato la formula nicciana dell'annuncio della morte di Dio, non è stato per creare effetti speciali, ma perché è proprio così: noi europei, occidentali abbiamo ucciso quell'episteme di cui fummo autori, come Greci prima e come cristiani poi. Dirò di più, anche la scienza, come forma di pensiero prettamente occidentale, sta tramontando, soppiantata inesorabilmente dalla tecnica. Non esiste più di fatto un pensiero scientifico che non sia un pensiero tecnico, ma non di una tecnica che rappresenta l'essenza dell'uomo, ma di una tecnica che, a partire dall'era industriale è divenuta da essenza alienazione dell'uomo (e in primo luogo proprio l'economia anthonyi, che è la forma tecnica dominante, in cui va a cercare riferimento e giustificazione ogni tecnica e ogni politica residuale).
E anche questa è opera nostra, è il lascito dell'Occidente al mondo che lo abbraccia entusiasta, perché questa tecnica, fondamentalmente nichilistica nel suo totale autoriferimento, è la forma più alta di potenza che l'umanità abbia mai conosciuto e quindi ha una forza di seduzione irresistibile e chi pensa di poter resistere in realtà ne viene assorbito, oppure finisce con l'essere spazzato via. Senza che questo significhi che si debba rinunciare a resistere, anzi, perché un conto è lo sguardo obiettivo, un altro è il sentimento con cui in questa obiettività ci si sente posti. Un conto è il filosofo che vede l'ineluttabilità della catastrofe e un conto l'uomo che la vive patendola e dunque ribellandosi, oltre e prima di ogni filosofare. E la "filosofia che si sporca le mani" è per me soprattutto la filosofia che sa riconoscere la irriducibile singolarità di ogni essere umano nel suo modo di sentire e sentirsi, una filosofia che patisce con ogni singolo soggetto senza assoggettarlo ai suoi schemi strutturanti.

Tu mi chiedi chi è colpevole di terrorismo. Chiunque usi l'arma del terrore e l'arma del terrore è stata quella più sviluppata nel secolo ventesimo proprio in Occidente e dall'Occidente esportata con successo in tutto il mondo. E' una diretta conseguenza dello sviluppo tecnico nichilista del nostro modo di pensare.
E' terroristico il nostro principale armamentario bellico che va a colpire in primo luogo le popolazioni civili inermi (fin dai bombardamenti delle aviazioni nella seconda guerra mondiale: quelli su Londra da parte dei tedeschi e poi sulle città tedesche e dell'Asse da parte degli alleati), è terroristico il modo di fare le guerre da allora in avanti, è arma del terrore per eccellenza la bomba atomica ed è terrorista chiuque la tenga nei suoi arsenali, ma è terroristico anche il ricatto economico finanziario con cui si minaccia la sopravvivenza di intere popolazioni mentre si gioca alle scommesse trasferendo masse enormi di denaro virtuale, è terroristica la gestione del debito e dei prestiti da parte degli organismi internazionali, è terroristica la politica delle multinazionali nei paesi più poveri del pianeta con cui li si continua a depredare di ogni risorsa a mezzo di corruzione e violenze. Tutto questo è terrorismo, giusto o sbagliato che lo si trovi ad applicarlo, come è terroristico lo zainetto pieno di esplosivo e chiodi lasciato nel bidone della spazzatura, il demente esaltato da Allah che, dopo essere cresciuto tra espedienti, alcol e droghe nelle periferie delle capitali occidentali, si mette a sparare su una folla inerme a un concerto rock e crepa sentendosi l'euforico angelo sterminatore piovuto dal Cielo per il martirio. Anche lui è il frutto di un nichilismo maturato proprio qui che ha preso marchi piazzati dalla propaganda religiosa di sapor medio orientale, ma sotto c'è il risultato finale della nostra millenaria e gloriosa ricerca metafisica finita nel calcolo meticoloso di bilanci comunque sempre in perdita.

Non è la filosofia moderna o contemporanea in contrapposizione alla tanto più sana filosofia antica o ai valori cristiani del buon tempo andato ad aver prodotto questo. Si è semplicemente preso atto di un tramonto in cui le tenebre sono sempre più fitte e non si capisce come ci si possa porre in questa situazione. La situazione è questa e il filosofo deve poterlo dire, senza illudere. Poi magari nuove illusioni matureranno, rinascerà un senso, forse dalla storia di prassi comuni che ci restituiscano il senso di una comunità umana, come dice Sini, forse invece dal percorrere la strada nichilistica fino in fondo perché si mostri tutta l'assurda follia in cui si pone fede, come dice Severino, forse da un nuovo linguaggio o da un Dio che ci possa salvare come conclude Heidegger senza poterci più credere. Ma tornare indietro resta impossibile.

davintro

#58
Citazione di: green demetr il 06 Giugno 2017, 14:59:34 PMx tutti e per nessuno :P cit paul ".......allora il problema è che la filosofia non lasci alla scienza politica il dominio del sociale e all'economia, ma che la filosofia si riappropri della filosofia politica della filosofia morale e del diritto, della filosofia economica, il che significa mettere in discussione i principi costitutivi delle scienze, come appunto insegna Preve. Si vuol capire Toni Negri? Bisogna capire chi lo ha influito nella formazione del suo pensiero e su cosa si fonda, vuoi capire Marx o Engels , si tenta di capire quali pensiero abbiano influito su di loro, ecc. Quindi bisogna ricostruire la genealogia della politica, della economia, della morale e del diritto, ecc. e la fenomenologia del pensiero. Significa ,daccapo entrare nelle origini dei pensieri delle prassi, ....... Infine, renderlo fruibile alla popolazione, renderlo democratico, trovare una via mediatica libera dal MINCULPOP delle dittature travestite di democrazia.: fare cultura politica, non politica culturale, vale a dire rendersi indipendenti dai poteri politici ed economici" No Paul, non ho scritto quello ;) Perdonami se non mi rapporto dialetticamente per una volta con te. Ci tengo a ri-sottolineare qualche punto, magari mi servirà a me stesso, come achtung futuro! Ho scritto che il compito della filosofia è quello anzitutto di tornare a dare giudizi sulla questione generale dello stato. Il ruolo della filosofia è quello critico, lo sporcarsi le mani, si intende a livello di quello che si sta parlando (che sia concreto e non astratto). I problemi da affrontare non sono relativi a chi debba andare il potere (economia. politica o filosofia), ma al ruolo dello stato. Ossia facendo una genealogia delle pratiche a come si è costituito uno stato. Ora lo stato si costituisce come garante della pace interna a fronte di un nemico e in nome di un qualcosa che chiamiamo morale. La filosofia si è battuta per abbattere la concezione di nemico e per la costituzione di una etica universale (a sinistra per lo meno). Ma ha fallito. Ha fallito perchè non esiste una etica che controlli una morale, perchè la morale è sempre stata falsa. (e dunque tutte le etiche costruite finora sono false). Solo grazie al postrutturalismo francese, ci si è accorti, che il problema è eminentemente psicologico. A questo punto la questione è intendibile solo da pochi. E' per questo che sono più ottimista che lo stato sia autodissolva in sè, in favore di una visione ultraconsumistica americana. Dove in nome del consumo, l'uomo può desiderare quello che vuole. Il problema è che tutto sarà legato in nome del consumo, e cioè a chi può consumare rispetto a chi non può. (a chi invera i propri desideri: i ricchi). La filosofia che ormai è diventata di nicchia rischia di sparire come pratica. Anzi per Sini è già sparita come l'abbiamo sempre intesa fin'ora. Lo ripeto la filosofia ha firmato la sua condanna, di sua mano. Ma rimane come capacità critica, la filosofia ha dato nella sua storia (300a.c-1900dc) una miriade di spunti che vengono oggi ricondotti a storia della filosofia. La filosofia è ormai monumento, non ha più nulla di vivo. Rimane cosa sarà del pensiero di pratica (l'utopia) della filosofia. Nel corso degli anni tra entusiasmi e attacchi paranoici stordenti, sono giunto alla conclusione che l'utopia si può solo inverare (come pensiero) nella comunità degli amici della filosofia. Ossia una compagnia per pochi visto l'andazzo e utopicamente per molti. L'altra strada di cui parli è quella politica. Ma io ci tengo a distinguere. Per tutto quello che ho scritto sopra (e ancora meglio nel mio penultimo intervento. ( https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-filosofia-e-capace-di-sporcarsi-le-mani-di-attualita/msg12622/#msg12622) La filosofia che resiste, la resistenza deve essere SOLO politica. Non deve essere economia, non deve essere morale, non deve essere scienza. Il suo unico intento è di resistere (inutilmente), gratutitamente, acriticamente, come forza che frena il capitalismo. Il suo unico nemico è il capitalismo. Questo è per dare tempo alla comunità degli amici di poter formarsi. Ed è quello che intuì l'ultimo grande filosofo: Heidegger. La svolta non è mai stata una svolta, ma un sussulto, un prendere atto, che l'amico non era più disponibile, perchè non era più disponibile la sua carica positiva di giudizio. La lunga agonia del pensiero novecentesco (ma appunto la filosofia muore con la morte di Nietzche 1900) è stata questo prendere atto sempre più vivido, fino alle forme di pura astrazione formale, piena di dolore, e di sgomento, che è il post-strutturalismo francese. La filosofia analitica (i cani dell'impero) l'ha attaccatto a lungo, fino a rendersi conto ultimamente che forse ma forse, qualcosa di buono c'era. Ma sono solo fuochi fatui, per chi come me ha vissuto quello stesso sgomento. Per chi si rende conto di quanto è sola e senza amici la filosofia. La lotta di classe, non ha senso, perchè dovrebbe essere in nome di qualcosa. E il nome di qualcosa si chiama capitalismo, questa paradosso non l'hanno capito ancora! Fare qualcosa in nome di qualcos'altro. (è il grande insegnamento di freud e lacan). Il grande altro, il grande fratello, il grande inquisitore, sono figure dell'inconscio che partono dalla cortocircuitazione dell'impossibilità umana. (dall'assenza di amicizia) I grandi romanzi di Dostoevskj sono un testamento imperituro a questa verità. (una lunga carrellata di personaggi votati al nichilismo, all'autodistruzione). Per non parlare di quelli enigmatici Kafkiani. In cui la scepsi è evidente. Il castello da una parte e il villaggio dall'altra. Ma il villaggio vive IN NOME del castello, non parlano d'altro che del CASTELLO, ma nessuno va al castello. La condizioni di limbo schizoide in cui versano tutti mi terrorizza. Perchè se tutti la abitano alla fine la abitiamo anche noi. E già! il castello della filosofia è diventato l'episteme. Bizzarro, perchè la firma di condanna a morte della filosofia è proprio la scienza. Ma la scienza non pensa. Cari Davintro e Paul....NON PENSA!!! ma voi fate pure quello che volete ;)

Io direi che la filosofia, quando coltivata in modo serio e rigoroso, è una scienza, e una scienza che pensa, e lo fa in modo radicale. "Pensa" perché in grado di fare autocritica, mettere in discussione, stabilire i fondamenti, della conoscenza, della validità dei suoi metodi, dei limiti e possibilità di un certo metodo nell'elaborare una visione razionale della realtà. "Pensa" nel senso che mira a individuare i fondamenti, le strutture apriori e necessarie della mente soggettiva della conoscenza, e ciò permette di  criticare e rendersi conto degli aspetti dei fenomeni del mondo oggettivo riferibili alla nostra particolarità soggettiva, quindi non razionalmente fondati. Tale consapevolezza presuppone un approccio riflessivo, nel quale il soggetto della conoscenza riflette su se stesso, distaccandosi dal flusso dell'esperienza esteriore, esperienza esteriore, che delimita invece l'ambito delle scienze empiriche (compresa la psicologia, quando non segue un approccio fenomenologico, ma mutua i modelli epistemici delle scienze fisicaliste) e che impedisce loro di prenderne le distanze e valutarne criticamente i presupposti, che quindi impedisce loro di godere della radicalità del pensare. La riflessione sulle scienze è sempre una riflessione filosofica. E una volta individuati i fondamenti dei vari modi di relazionarsi dell'uomo alla realtà credo che il piano epistemologico-teoretico e quello dell'azione performativa rivolta al sociale non  possano essere scissi, dato che l'azione è sempre determinata anche dal tipo di razionalità attraverso cui pensiamo di legittimare la nostra visione del mondo. Non direi che una filosofia che voglia essere primariamente politica debba ripudiare il suo carattere teoretico e scientifico, ma porre tale carattere come guida dell'elaborazione di un dover essere" mirante al bene comune. Chiaramente, una volta che ci si rassegna all'impossibilità di un discorso razionale sulla metafisica (metafisica che secondo me coincide pienamente con la filosofia), rassegnandoci all'egemonia culturale degli orientamenti culturali improntati al nichilismo e allo scetticismo, la filosofia perde il suo tratto peculiare, e allora non ha più senso chiederle di intervenire nel sociale e nel politico. La filosofia ha il diritto-dovere di entrarci, ma restando se stessa, con i suoi fini, la sua metodologia, non imitando altri saperi o altre formae-mentis. Altrimenti è più sensato e coerente lasciar stare, ammettere la non costruttività della filosofia, lasciandola chiusa nella "torre d'avorio" e relegare la politica al pragmatismo che riduce tutto alla frenesia dell'azione, al "fare per il fare" precludendosi di godere di un'ispirazione teorica, che attribuisca al "fare" delle finalità ideali-regolativi e una razionale valutazione dei mezzi, non lasciandolo alla cecità, oppure al limitarsi a porre come obiettivi la spettacolarizzazione dell'azione e la conseguente acquisizione del consenso delle masse, sempre inevitabilmente effimera, cioè la demagogia.

paul11

#59
Citazione di: maral il 07 Giugno 2017, 22:46:29 PMPaul, io non mi considero giudice di nulla, semplicemente credo che si possa constatare già da diverso tempo la fine di quel pensiero metafisico greco cristiano che aveva posto in se stesso l'unico episteme possibile e vedeva nella propria storia etica sociale e politica l'unica forma di civiltà del pianeta da estendere doverosamente a tutti i popoli del mondo intero. Questa forma di pensiero, che è stata grandissima, è defunta e non è defunta perché da qualche altra parte del mondo sia sorta un'altra forma di pensiero a contrastarla, ma è defunta per causa propria. Questo significa quel "noi l'abbiamo uccisa" e mi si perdoni se ho parafrasato la formula nicciana dell'annuncio della morte di Dio, non è stato per creare effetti speciali, ma perché è proprio così: noi europei, occidentali abbiamo ucciso quell'episteme di cui fummo autori, come Greci prima e come cristiani poi. Dirò di più, anche la scienza, come forma di pensiero prettamente occidentale, sta tramontando, soppiantata inesorabilmente dalla tecnica. Non esiste più di fatto un pensiero scientifico che non sia un pensiero tecnico, ma non di una tecnica che rappresenta l'essenza dell'uomo, ma di una tecnica che, a partire dall'era industriale è divenuta da essenza alienazione dell'uomo (e in primo luogo proprio l'economia anthonyi, che è la forma tecnica dominante, in cui va a cercare riferimento e giustificazione ogni tecnica e ogni politica residuale). E anche questa è opera nostra, è il lascito dell'Occidente al mondo che lo abbraccia entusiasta, perché questa tecnica, fondamentalmente nichilistica nel suo totale autoriferimento, è la forma più alta di potenza che l'umanità abbia mai conosciuto e quindi ha una forza di seduzione irresistibile e chi pensa di poter resistere in realtà ne viene assorbito, oppure finisce con l'essere spazzato via. Senza che questo significhi che si debba rinunciare a resistere, anzi, perché un conto è lo sguardo obiettivo, un altro è il sentimento con cui in questa obiettività ci si sente posti. Un conto è il filosofo che vede l'ineluttabilità della catastrofe e un conto l'uomo che la vive patendola e dunque ribellandosi, oltre e prima di ogni filosofare. E la "filosofia che si sporca le mani" è per me soprattutto la filosofia che sa riconoscere la irriducibile singolarità di ogni essere umano nel suo modo di sentire e sentirsi, una filosofia che patisce con ogni singolo soggetto senza assoggettarlo ai suoi schemi strutturanti. Tu mi chiedi chi è colpevole di terrorismo. Chiunque usi l'arma del terrore e l'arma del terrore è stata quella più sviluppata nel secolo ventesimo proprio in Occidente e dall'Occidente esportata con successo in tutto il mondo. E' una diretta conseguenza dello sviluppo tecnico nichilista del nostro modo di pensare. E' terroristico il nostro principale armamentario bellico che va a colpire in primo luogo le popolazioni civili inermi (fin dai bombardamenti delle aviazioni nella seconda guerra mondiale: quelli su Londra da parte dei tedeschi e poi sulle città tedesche e dell'Asse da parte degli alleati), è terroristico il modo di fare le guerre da allora in avanti, è arma del terrore per eccellenza la bomba atomica ed è terrorista chiuque la tenga nei suoi arsenali, ma è terroristico anche il ricatto economico finanziario con cui si minaccia la sopravvivenza di intere popolazioni mentre si gioca alle scommesse trasferendo masse enormi di denaro virtuale, è terroristica la gestione del debito e dei prestiti da parte degli organismi internazionali, è terroristica la politica delle multinazionali nei paesi più poveri del pianeta con cui li si continua a depredare di ogni risorsa a mezzo di corruzione e violenze. Tutto questo è terrorismo, giusto o sbagliato che lo si trovi ad applicarlo, come è terroristico lo zainetto pieno di esplosivo e chiodi lasciato nel bidone della spazzatura, il demente esaltato da Allah che, dopo essere cresciuto tra espedienti, alcol e droghe nelle periferie delle capitali occidentali, si mette a sparare su una folla inerme a un concerto rock e crepa sentendosi l'euforico angelo sterminatore piovuto dal Cielo per il martirio. Anche lui è il frutto di un nichilismo maturato proprio qui che ha preso marchi piazzati dalla propaganda religiosa di sapor medio orientale, ma sotto c'è il risultato finale della nostra millenaria e gloriosa ricerca metafisica finita nel calcolo meticoloso di bilanci comunque sempre in perdita. Non è la filosofia moderna o contemporanea in contrapposizione alla tanto più sana filosofia antica o ai valori cristiani del buon tempo andato ad aver prodotto questo. Si è semplicemente preso atto di un tramonto in cui le tenebre sono sempre più fitte e non si capisce come ci si possa porre in questa situazione. La situazione è questa e il filosofo deve poterlo dire, senza illudere. Poi magari nuove illusioni matureranno, rinascerà un senso, forse dalla storia di prassi comuni che ci restituiscano il senso di una comunità umana, come dice Sini, forse invece dal percorrere la strada nichilistica fino in fondo perché si mostri tutta l'assurda follia in cui si pone fede, come dice Severino, forse da un nuovo linguaggio o da un Dio che ci possa salvare come conclude Heidegger senza poterci più credere. Ma tornare indietro resta impossibile.

ciao Maral,
la mia era una battuta sulla sentenza, nel senso che troppo spesso nel forum leggo sentenze non argomentate, per cui risulta ermetico il concetto espresso e quasi impossibile il dialogo. Se io dicessi "piove governo ladro" sarei il solito qualunquista generalista.
non confonderei il pensiero greco con quello cristiano, hanno ascendenti e percorsi un poco diversi anche se con intrecci anche importanti.

Non sono d'accordo Maral. Bisogna intendere cosa pensiamo per Occidente, perchè i nostri filosofi moderni e attuali, dimenticano troppo spesso che alla fine del feudalesimo nasce la borghesia e nasce non a Roma, ma grazie ad una cultura protestante e calvinista, che il ciclo delle ascese e decadenze delle civiltà aveva già spostato l'asse dal Mediterraneo all'Atlantico con le americhe e le Indie  da colonizzare..

Il pensiero greco-latino rimane poco influente sugli imperi francesi  spagnoli, ancor meno sulle potenze inglese e tedesche,
E facci caso, i grandi filosofi nasceranno da allora dalla Germania e dall'Inghilterra. Guarda bene i loro influssi e ascendenze per capire i loro pensieri, attaccano già allora il cristianesimo introducendo la potenza della tecnica che prima era eticamente frenata.
Non capire che il protestantesimo è figlio diretto della borghesia e delle potenze imperialistiche centro europee, significa  non capire la storia ed è quello che non hanno capito i filosofi estraneandosi e quindi essendo impreparati totalmente alle prassi.

La tecnica Maral è un'invenzione di Severino quando l'addebita al pensiero della tradizione greca.
Esiste un'età del ferro e del bronzo, esistevano già codificazioni legislative, esistevano già imperi egizi, persiani, sumerico accadiche, assiro babilonesi, fenicie, ebree e dimenticano persino le civiltà panamericane e quelle asiatiche, talmente sono megalomani, narcisisti i nostri filosofi.
I carri di guerra, il concetto di possesso e proprietà, la metallurgia, , la tecnica e la tecnologia applicata alle milizie, alle strategie di guerra, alle potenze espansive ed economiche nascono molto prima della civiltà. greca. la nostra lingua, la nostra genetica, e la nostra indole è molto prima della civiltà greca.Il grande errore è pensare che con la codificazione del pensiero greco nasca l'anno zero della storia del pensiero,Noi veniamo da più lontano nel tempo

la tecnica è potere prima di essere pensiero. da quando una spada di ferro rompeva quella di legno ,così come  una bomba atomica è più potente di una convenzionale, e per costruire una spada o una bomba ci vuole un pensiero, una progettazione che erano nate ben prima dei greci. Il problema vero è la natura umana  la sua indole.La nostra vera colpa come occidentali è che siamo assetati di potere.Non ho mai visto l'India antica (quella moderna è ormai invasa dal virus occidentale)porsi problemi di domini e poteri:questo dovrebbe farci riflettere.

Sul fatto che abbiamo contagiato altre civiltà e modalità di pensiero con il nostro virus di potenza, sono d'accordo e la globalizzazione esporterà il virus come ormai sta facendo in Cina ,India come prima ha già fatto in Giappone.
Non sono d'accordo sul destino ineluttabile in cui il breve respiro temporale della nostra esistenza è collocato spazio/temporalmente: c'è sempre almeno una possibilità in ogni cosa, una via di fuga.Personalmente non sono d'accordo con i principi culturali che reggono l'attuale prassi nell'economia, nella politica , nel sociale. E adatto che non sono il solo......un barlume di speranza la vedo.
Ma io vedo il fallimento dell'umanesimo soprattutto, il concetto di progresso, il neopositivismo.Il fallimento è aver posto un uomo assetato di potere nella centralità del pensiero occidentale.

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