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La domanda ontologica

Aperto da Ingordigia, 12 Giugno 2017, 14:44:04 PM

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paul11

Quando si attualizza , si traducono con i canoni moderni le forme antiche si fanno spesso disastri.
Questo lo scooerto nei testi sacri prima, nelle traduzioni moderniste, nelle trasposizioni con un criterio più razionale, questa sarebbe la pretesa di scientificità. 
Platone e la cultura greca vive nell'epoca del passaggio ddalla tradizione orale a quella della scrittura.
Oggi vivuamo nell'epoca che passerà dalla scrittura all'immagine. 
Come può un pensatore ritenere di portare un linguaggio che vive in un tempo reinterpretarlo come se fosse nel suo tempo.
Se le future forme del linguaggio sarà l'immagine, muta anche la forma sintattica e semantica cambiando illinguaggio delaa comunicazione.
Non capire che le forme linguistiche cambiano anche la mente, vuol dire perdere i significati dei linguaggi collocati in diversecstorie, tempi e culture.

Per tornare alla discussione , siamo sicuri che nella modernità abbiano davvero compreso ad esempio Platone? Ho dei forti dubbi.
Perché Platone stesso s' avvede che stava vivendo nel tempo storico del passaggio dall' oralita' alla scrittura.
Nei passi finali del Fedro, infatti dichiara che solo l'oralita comunica da cuore a cuore da mente a mente perché l'insegnamento è dato dal maestro che insegna e lascia silenzi in funzione della crescita del discepolo.
La piattezza attuale il livellamento culturale è dato dalla quantita' innumerevole di testi che non possono sostuire il rapporto di vicinanza maestro discepolo.

Se si ritiene daccapo che il progresso umano sia solo in una autovalutazione di una cultura che solo perché è venuta dopo si ritiene superiore avrei da ridire

sgiombo

Citazione di: maral il 25 Giugno 2017, 18:11:02 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Giugno 2017, 11:14:38 AM
 secondo me la tendenza all' acquisizione e alla pratica della razionalità e al superamento di credenze "istintive", immediatamente e semplicisticamente e poco criticamente suggerite dalle esperienze vissute e sancite e in varia misura "sacralizzate" dalla tradizione é una tendenza umana universale, ovviamente non incontrastata da altre tendenze, che a seconda delle diverse circostanze ambientali opera più o meno efficacemente e precocemente nel tempo storico presso tutti i gruppi umani, le aggregazioni sociali, le civiltà o culture.

Non so se si tratta di una tendenza umana universale o non piuttosto di una possibilità con i suoi pregi e difetti che può o meno realizzarsi nelle culture umane e che si è realizzata per la prima (e forse unica) volta in Grecia.
CitazioneInfatti una tendenza non incontrastata da altre tendenze può attuarsi o meno e in maggiore o minor misura operando più o meno efficacemente a seconda delle diverse circostanze ambientali.
 
Quella a porsi problemi filosofici di fatto è documentata per la prima volta in Grecia, ma a me sembra umanamente universale e dunque ritengo molto probabile si sia realizzata in qualche modo anche prima e altrove, anche se purtroppo non ne è rimasta traccia documentale (come di tanti altri aspetti, soprattutto "immateriali" (teorici, di pensiero) delle civiltà antiche.
Non credo che tutto ciò sia accaduto per la prima volta nella Grecia classica perché non credo sia qualcosa di meramente fortuito, né men che meno di geneticamente condizionato dal DNA dei Greci ovviamente, ma piuttosto di legato a tendenze comportamentali universalmente umane (osservare e osservarsi, cercare spiegazioni degli eventi, dubitare, cercare motivi per decidere fra possibili credenze alternative, ecc.)



Il prodotto finale del pensiero dell'Occidente, il culmine della sua metafisica, resta il pensiero tecnico scientifico, di fatto dominante nel mondo intero, ma che non consente più di pensare la verità come episteme se pure consente di pensare.
CitazioneLe mie convinzioni sono profondamente diverse poiché da una parte non ritengo che la scienza e la tecnica costituiscano "il culmine" del pensiero occidentale, anche se ne sono componenti importanti; e dall' altra parte non credo che la conoscenza e l' impiego della scienza e della tecnica non consenta di ricercare criticamente la verità e tantomeno di pensare (da materialista storico penso che casomai i fondamenti materiali, strutturali della società occidentale odierna, dominante a livello mondiale, il grado di oggettivo superamento e di "avanzata putrefazione" dei rapporti di produzione dominanti, i rapporti di forza nella lotta di classe, ecc., tendano a caratterizzare il presente come un' epoca di reazione politica e restaurazione sociale comportante una decadenza e un regresso della civiltà e conseguentemente a favorire oggettivamente l' imporsi in campo culturale dell' irrazionalismo –vedi Nietzche, Heideggere e anche Freud e tanti altri- e a inibire lo sviluppo del pensiero critico razionale.





Per quanto riguarda il discorso sulla scrittura è molto interessante, perché proprio in Occidente e di nuovo in Grecia, la scrittura diventò il mezzo per riprodurre il racconto orale, ossia diventò fondamentalmente scrittura del fonema ove il grafema si riduce a segno grafico del fonema, perdendo tutta la propria potenza di evocazione simbolica grafica (ancora presente ad esempio nel geroglifico e nell'ideogramma) e quindi ogni aspetto sacrale.
CitazionePer la verità i Greci impararono, modificandolo in maniera assolutamente non sostanziale, l' alfabeto fonetico dai Fenici.

Il che mi conferma nella mia convinzione, del tutto evidentemente non documentata e probabilmente di fatto mai documentabile, che anche presso i Fenici (ma non solo) fosse iniziata una ricerca critica razionale circa la realtà, la vita umana ed i suoi scopi possibili, i criteri di una conoscenza affidabile, ecc.


Ma é evidente che le nostre rispettive convinzioni sono profondissimamente e alla lettera "radicalmente" diverse ed é difficile andare otlre una illustrazione dei numerosi e importanti elementi di divergenza; non mi sembrano punto "reciprocamente integrabili" o "in qualche più che effimero e superficiale aspetto compatibili".

sgiombo

Citazione di: paul11 il 25 Giugno 2017, 22:09:33 PM
Quando si attualizza , si traducono con i canoni moderni le forme antiche si fanno spesso disastri.
Questo lo scooerto nei testi sacri prima, nelle traduzioni moderniste, nelle trasposizioni con un criterio più razionale, questa sarebbe la pretesa di scientificità.
Platone e la cultura greca vive nell'epoca del passaggio ddalla tradizione orale a quella della scrittura.
Oggi vivuamo nell'epoca che passerà dalla scrittura all'immagine.
Come può un pensatore ritenere di portare un linguaggio che vive in un tempo reinterpretarlo come se fosse nel suo tempo.
Se le future forme del linguaggio sarà l'immagine, muta anche la forma sintattica e semantica cambiando illinguaggio delaa comunicazione.
Non capire che le forme linguistiche cambiano anche la mente, vuol dire perdere i significati dei linguaggi collocati in diversecstorie, tempi e culture.
CitazioneQueste considerazioni mi sembrano decisamente estremistiche, esagerate.
 
L'imporsi della scrittura non ha impedito che il colloquio orale continuasse a svilupparsi e così non credo proprio che lo spettacolare sviluppo delle immagini impedisca ed impedirà l' ulteriore progresso della scrittura e del colloquio orale.
 
E così ritengo del tutto possibile (e anche doveroso per un o sviluppo "buono" e adeguato della cultura attuale) cercare di comprendere (limitatamente e non senza qualche ineliminabile -e fecondo- margine di incertezza, com' è ovvio) e "reinterpretare" e pure  "attualizzare in qualche inevitabilmente limitata misura" linguaggi ed espressioni delle civiltà del passato (e delle altre parti del mondo).
Credo che per fortuna (ché altrimenti l' umanità si troverebbe sempre davanti alla necessità di un' "improvvisazione culturale e civile senza saldi fondamenti", scarsamente costruttiva), malgrado innegabilmente le forme linguistiche cambino per qualche aspetto anche la mente, ciò non comporti affatto un' inevitabile perdita completa dei significati dei linguaggi collocati in diverse storie, tempi e culture, ma "soltanto" che renda difficile (e ovviamente mai integralmente e indiscutibilmente raggiungibile) l' intenderli.



Per tornare alla discussione , siamo sicuri che nella modernità abbiano davvero compreso ad esempio Platone? Ho dei forti dubbi.
Perché Platone stesso s' avvede che stava vivendo nel tempo storico del passaggio dall' oralita' alla scrittura.
Nei passi finali del Fedro, infatti dichiara che solo l'oralita comunica da cuore a cuore da mente a mente perché l'insegnamento è dato dal maestro che insegna e lascia silenzi in funzione della crescita del discepolo.
La piattezza attuale il livellamento culturale è dato dalla quantita' innumerevole di testi che non possono sostuire il rapporto di vicinanza maestro discepolo.
CitazioneRipeto (e mi è confermato anche dalla mia esperienza di vita in prima persona) che la lettura non impedisce affatto (almeno non necessariamente), ma anzi integra, amplia e potenzia validamente (almeno come possibilità, se non come certezza) il rapporto diretto fra maestro e discepolo.



Se si ritiene daccapo che il progresso umano sia solo in una autovalutazione di una cultura che solo perché è venuta dopo si ritiene superiore avrei da ridire
CitazioneAnch' io avrei da dire, e molto negativamente!

La storia conosce anche periodi più o meno lunghi di regresso e decadenza (e a me pare del tutto evidente che tale sia il tempo attuale in cui ci é toccato di vivere).

paul11

#18
ante scriptum: abbiate pazienza per le sgrammaticature , è per forzare le vostri menti  


alla radice del problema è se veramente la modernità ha capito e superato il tempo greco dell'archè e dell'episteme, non lo faccio per difendere o criticare l'una o l'altra ,ma per porre un momento di riflessione.

Sgiombo stai sottovalutando le forme del linguaggio che mutano rappresentazione e modelli, o detto in altri termini se i contraddittori o perchè dovresti dimostrare quale linguaggio è razionale  e perchè e soprattutto se si avvicina all'episteme, alla verità.
ma so già la tua risposta..........
I linguaggi mutano anche per quanto scritto da Maral, ma dimentichiamo soprattutto le traduzioni, le trasposizoni ,le interpretazioni.

Adatto che sono decenni che mi studio i passaggi non solo esegetici ed ermeneutici dei testi sacri, il passaggio ad esempio :
volgare italiano-latino-greco- ebreo- sumerico accadico;cii sono innumerevoli Bibbie scritte in diversi tempi e con errori macroscopici sia di traduzione (voluti o  non voluti) sia di interpretazione culturale
Tanto per capirci fra le teologie paleocristiane e la teologia della liberazione attuale, passano mari e monti e fiumi di contraddizioni.
I test rimangono e non ci sono più gli autori, le domande rimangono e le risposte sono interpretative.
Ma soprattutto ci sono pochi studiosi che vanno sui fondamenti, sugli originali, non a caso  i bravi filosofi sono quelli che traducono il termine specifico greco filosofico in italiano, almeno chiariscono termini e loro posizioni.
Ho messo in luce il passaggio nel tempo dei filosofi greci dall'oralità alla scrittura, e ribadisco Socrate per scelta NON  volle la scrittura, Platone scrisse, ma dice chiaramente nella parte finale del Fedro, come nella Lettera VII ritrovata a inizi Novecento che la propria dottrina non è nella scrittura e indica le motivazioni( andate a leggervi le parti interessate che sono molto esplicative ,prima di leggersi Platone). I sofisti invece appoggiarono la scrittura.Con Aristotele, discepolo di Platone, il problema non si pone più.
Platone utilizza volutamente la dialettica del dialogo, della diairesi, di un Socrate con accanto un discepolo: il modello linguistico se è scritto appartiene comunque all'oralità come riferimento del fare argomentazione.
Allora dico: ma su quali basi la modernità ha costruito e mosso critiche sul tempo dei filosofi greci?
E' una domanda che lascio in "epochè"

Infine alcuni passaggi che meritano una riflessione sia sulle costruzioni logiche, assiomatiche, sulle forme conoscitive

L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus

4.46        Tra i possibili gruppi di condizioni di verità vi sono due casi estremi.
Nel primo caso, la proposizione è vera per tutte le possibilità di verità delle proposizioni elementari.
Noi diciamo che le condizioni di verità sono tautologiche.
Nel secondo caso, la proposizione è falsa per tutte le possibilità di verità. Le condizioni di verità sono contraddittorie.
Nel primo caso noi chiamiamo la proposizione una tautologia; nel secondo, una contraddizione.

4.461     La proposizione mostra ciò che dice; la tautologia e la contraddizione mostrano che esse non dicono nulla.
La tautologia non ha condizioni di verità, poiché è incondizionatamente vera; e la contraddizione è sotto nessuna condizione vera.
Tautologia e contraddizione sono prive di senso.
(Come il punto onde due frecce divergono in direzione opposta.)
(Ad esempio, io non so nulla sul tempo se so che o piove o non piove.)

4.4611   Tautologia e contraddizione non sono però insensate; esse appartengono al simbolismo, cosí come lo "o" al simbolismo dell'aritmetica.

4.462     Tautologia e contraddizione non sono immagini della realtà. Esse non rappresentano alcuna possibile situazione. Infatti, quella ammette ogni possibile situazione; questa, nessuna.
Nella tautologia le condizioni della concordanza con il mondo – le relazioni di rappresentazione – si annullano l'una l'altra, cosí che essa non sta in alcuna relazione di rappresentazione con la realtà.

4.463     Le condizioni di verità determinano il margine che è lasciato ai fatti dalla proposizione.
(La proposizione, l'immagine, il modello sono, in senso negativo, come un corpo solido che restringe la libertà di movimento degli altri; in senso positivo, come lo spazio, limitato da una sostanza solida, ove un corpo ha posto.)
La tautologia lascia alla realtà la – infinita – totalità dello spazio logico; la contraddizione riempie tutto lo spazio logico e non lascia alla realtà alcun punto. Nessuna delle due, quindi, può in qualche modo determinare la realtà.

4.464     La verità della tautologia è certa; della proposizione, possibile; della contraddizione, impossibile.
(Certo, possibile, impossibile: Ecco l'indizio di quella gradazione che ci serve nella teoria della probabilità.)

sgiombo

#19
Citazione di: paul11 il 26 Giugno 2017, 15:08:27 PM
ante scriptum: abbiate pazienza per le sgrammaticature , è per forzare le vostri menti  


alla radice del problema è se veramente la modernità ha capito e superato il tempo greco dell'archè e dell'episteme, non lo faccio per difendere o criticare l'una o l'altra ,ma per porre un momento di riflessione.

Sgiombo stai sottovalutando le forme del linguaggio che mutano rappresentazione e modelli, o detto in altri termini se i contraddittori o perchè dovresti dimostrare quale linguaggio è razionale  e perchè e soprattutto se si avvicina all'episteme, alla verità.
ma so già la tua risposta..........

CitazioneQuesta è veramente bella!

Tu sai già la mia risposta a una tua domanda che francamente (sarà per eventuali sgrammaticature?) non ho capito (e dunque alla quale non posso rispondere).

Secondo me il linguaggio è uno strumento del pensiero e anche un modo di pensare; solitamente e in linea di massima quello di chiunque è traducibile in quello di chiunque altro in maniera da consentire una discreta comprensione reciproca, anche se talora non senza qualche difficoltà e una certa "fatica interpretativa".
E anche se qualcosa di ineffabile (vedi l' autore da te ampiamente citato più sotto) rimane sempre inevitabilmente, anche se qualche sfumatura delle altrui esperienze personali vissute ci resterà sempre più o meno "in ombra", anche se i malintesi non sono certamente inevitabili.

I linguaggi mutano anche per quanto scritto da Maral, ma dimentichiamo soprattutto le traduzioni, le trasposizoni ,le interpretazioni.

Adatto che sono decenni che mi studio i passaggi non solo esegetici ed ermeneutici dei testi sacri, il passaggio ad esempio :
volgare italiano-latino-greco- ebreo- sumerico accadico;cii sono innumerevoli Bibbie scritte in diversi tempi e con errori macroscopici sia di traduzione (voluti o  non voluti) sia di interpretazione culturale
Tanto per capirci fra le teologie paleocristiane e la teologia della liberazione attuale, passano mari e monti e fiumi di contraddizioni.
I test rimangono e non ci sono più gli autori, le domande rimangono e le risposte sono interpretative.
Ma soprattutto ci sono pochi studiosi che vanno sui fondamenti, sugli originali, non a caso  i bravi filosofi sono quelli che traducono il termine specifico greco filosofico in italiano, almeno chiariscono termini e loro posizioni.

CitazioneAppunto!

Ho messo in luce il passaggio nel tempo dei filosofi greci dall'oralità alla scrittura, e ribadisco Socrate per scelta NON  volle la scrittura, Platone scrisse, ma dice chiaramente nella parte finale del Fedro, come nella Lettera VII ritrovata a inizi Novecento che la propria dottrina non è nella scrittura e indica le motivazioni( andate a leggervi le parti interessate che sono molto esplicative ,prima di leggersi Platone). I sofisti invece appoggiarono la scrittura.Con Aristotele, discepolo di Platone, il problema non si pone più.
Platone utilizza volutamente la dialettica del dialogo, della diairesi, di un Socrate con accanto un discepolo: il modello linguistico se è scritto appartiene comunque all'oralità come riferimento del fare argomentazione.

CitazioneMa se non erro (potrei ricordarmi male dallo studio della storia della filosofia ai purtroppo lontani tempi del liceo) le opere pervenuteci di Platone in forma di dialoghi sono solo quelle essoteriche, mentre quelle esoteriche non dovrebbero essere state dialogiche.


Aggiunta delle 22, 20:
Dopo un rapido giro in Google, credo proprio che la memoria mi abbia ingannato (forse confondevo Platone con Aristotele).
Come non detto!


Allora dico: ma su quali basi la modernità ha costruito e mosso critiche sul tempo dei filosofi greci?
E' una domanda che lascio in "epochè"
CitazioneMa, penso semplicemente sulla base dello spirito critico (che indiceva già gli stessi filosofi greci classici a criticarsi l' un l' altro), nonché dei problemi resisi più evidenti o pressanti (o evidenzianti aspetti relativamente nuovi) nei tempi più recenti.




Infine alcuni passaggi che meritano una riflessione sia sulle costruzioni logiche, assiomatiche, sulle forme conoscitive

L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus

4.46        Tra i possibili gruppi di condizioni di verità vi sono due casi estremi.
Nel primo caso, la proposizione è vera per tutte le possibilità di verità delle proposizioni elementari.
Noi diciamo che le condizioni di verità sono tautologiche.
Nel secondo caso, la proposizione è falsa per tutte le possibilità di verità. Le condizioni di verità sono contraddittorie.
Nel primo caso noi chiamiamo la proposizione una tautologia; nel secondo, una contraddizione.

4.461     La proposizione mostra ciò che dice; la tautologia e la contraddizione mostrano che esse non dicono nulla.
La tautologia non ha condizioni di verità, poiché è incondizionatamente vera; e la contraddizione è sotto nessuna condizione vera.
Tautologia e contraddizione sono prive di senso.
(Come il punto onde due frecce divergono in direzione opposta.)
(Ad esempio, io non so nulla sul tempo se so che o piove o non piove.)

4.4611   Tautologia e contraddizione non sono però insensate; esse appartengono al simbolismo, cosí come lo "o" al simbolismo dell'aritmetica.

4.462     Tautologia e contraddizione non sono immagini della realtà. Esse non rappresentano alcuna possibile situazione. Infatti, quella ammette ogni possibile situazione; questa, nessuna.
Nella tautologia le condizioni della concordanza con il mondo – le relazioni di rappresentazione – si annullano l'una l'altra, cosí che essa non sta in alcuna relazione di rappresentazione con la realtà.

4.463     Le condizioni di verità determinano il margine che è lasciato ai fatti dalla proposizione.
(La proposizione, l'immagine, il modello sono, in senso negativo, come un corpo solido che restringe la libertà di movimento degli altri; in senso positivo, come lo spazio, limitato da una sostanza solida, ove un corpo ha posto.)
La tautologia lascia alla realtà la – infinita – totalità dello spazio logico; la contraddizione riempie tutto lo spazio logico e non lascia alla realtà alcun punto. Nessuna delle due, quindi, può in qualche modo determinare la realtà.

4.464     La verità della tautologia è certa; della proposizione, possibile; della contraddizione, impossibile.
(Certo, possibile, impossibile: Ecco l'indizio di quella gradazione che ci serve nella teoria della probabilità.)
CitazioneVERAMENTE PROFONDO E SOTTILE ! ! !

maral


Citazione...
Tautologia e contraddizione non sono immagini della realtà. Esse non rappresentano alcuna possibile situazione. Infatti, quella ammette ogni possibile situazione; questa, nessuna.
...
Se allora né la verità assoluta (sempre vera) né la falsità assoluta, pur nel loro valore simbolico, possono dare alcun senso alla realtà, non resta che la probabilità il cui senso è determinato dal contesto in cui si conosce, contesto che comprende certamente il linguaggio da cui si trova espressa, che permette di rappresentarla e quindi di misurarla. Ma il linguaggio, come ben sappiamo, è una forma variante e contingente, che varia con quanto dovrebbe andare a valutare.
Non resta allora che la fiducia condivisa che capiti qualche volta, in un momento di grazia, di dirci l'un l'altro qualcosa di sensato. :)

paul11

Citazione di: maral il 26 Giugno 2017, 22:03:40 PM

Citazione...
Tautologia e contraddizione non sono immagini della realtà. Esse non rappresentano alcuna possibile situazione. Infatti, quella ammette ogni possibile situazione; questa, nessuna.
...
Se allora né la verità assoluta (sempre vera) né la falsità assoluta, pur nel loro valore simbolico, possono dare alcun senso alla realtà, non resta che la probabilità il cui senso è determinato dal contesto in cui si conosce, contesto che comprende certamente il linguaggio da cui si trova espressa, che permette di rappresentarla e quindi di misurarla. Ma il linguaggio, come ben sappiamo, è una forma variante e contingente, che varia con quanto dovrebbe andare a valutare.
Non resta allora che la fiducia condivisa che capiti qualche volta, in un momento di grazia, di dirci l'un l'altro qualcosa di sensato. :)
oppure semplicemente che non c'è un unico e solo sistema per conoscere un dominio; per limiti nostri come umani e limiti quindi di conoscenza.
penso che dobbiamo utilizzare più strumenti: logici, linguistici e correlarli fra loro. perchè l'episteme non ci dice quanto ci siamo avvicinati, non risponde.
In fondo Maral, mi sembra di capire che ti muovi fra la metafisica di Severino e la prassi di Sini  e in fondo penso che tutti ci si "muova"
per cercare di capire le domande fondamentali, "la domanda ontologica".

maral

Citazione di: paul11 il 27 Giugno 2017, 08:55:47 AM
oppure semplicemente che non c'è un unico e solo sistema per conoscere un dominio; per limiti nostri come umani e limiti quindi di conoscenza.
penso che dobbiamo utilizzare più strumenti: logici, linguistici e correlarli fra loro. perchè l'episteme non ci dice quanto ci siamo avvicinati, non risponde.
Certo, ma non la sento come in un'alternativa, ma piuttosto come una ragionevole necessità per ampliare la "probabilità" di un'effettiva conoscenza (la probabilità che accada il "momento di grazia"). E' per questo che, come dice Sini, i saperi devono poter danzare insieme (anche nel contrappunto) senza escludersi per boria di potenza e quindi devono imparare a danzare insieme i popoli, le culture nella diversità delle prassi e dei linguaggi che le fondano.

paul11

Citazione di: maral il 27 Giugno 2017, 10:46:33 AM
Citazione di: paul11 il 27 Giugno 2017, 08:55:47 AM
oppure semplicemente che non c'è un unico e solo sistema per conoscere un dominio; per limiti nostri come umani e limiti quindi di conoscenza.
penso che dobbiamo utilizzare più strumenti: logici, linguistici e correlarli fra loro. perchè l'episteme non ci dice quanto ci siamo avvicinati, non risponde.
Certo, ma non la sento come in un'alternativa, ma piuttosto come una ragionevole necessità per ampliare la "probabilità" di un'effettiva conoscenza (la probabilità che accada il "momento di grazia"). E' per questo che, come dice Sini, i saperi devono poter danzare insieme (anche nel contrappunto) senza escludersi per boria di potenza e quindi devono imparare a danzare insieme i popoli, le culture nella diversità delle prassi e dei linguaggi che le fondano.
ciao Maral,
intendevo anch'io la correlazione come ampiamento, come estensione.
Ma ad un certo punto la quantità estensiva deve raccogliersi in una sintesi, in una essenza; ed è quello che a fronte di nostre individuali conoscenze ,esperienze, ad un certo punto propendiamo verso una forma, piuttosto che un'altra, senza per questo abbandonare quell'ampiamento che ci permette di attingere altre conoscenze e confrontarle con ciò che pensiamo.
Anche per questo è importante il confronto come quì nel forum e nel mondo:siamo continuamente in itinere

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