La discussione filosofica.

Aperto da iano, 08 Ottobre 2024, 11:05:07 AM

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iano

La discussione filosofica, compresa quella su questo forum, come impressione di non addetto ai lavori, mi appare anacronisticamente troppo conservativa.
Ho coscienza allo stesso tempo che proprio il non essere un addetto ai lavori mi facilita nel derogarvi, come un lanciarsi nel vuoto senza avere una piattaforma da cui tuffarsi, se non fosse che certi concetti come la ''cosa in se'' o gli ''a priori'' non sono esclusività della cultura filosofica, essendo che ognuno li può ben intuire.
Sono cioè piante spontanee che crescono nel terreno del pensiero umano, anche in quello poco coltivato, quello distrattamente condotto.
Quindi la ''cosa in se'' o gli ''a priori'' non sono propriamente il prodotto esclusivo di una millenaria cultura filosofica, e quindi in tal senso mi sento autorizzato a parlarne.
La cosa in se o l'a priori sono il necessario punto di partenza di una storia che necessariamente da un punto deve partire, ignorando le vicissitudini antecedenti del pensiero umano.
Ci si dovrebbe quindi aspettare che nel prosieguo della storia la relatività del punto da cui è partita dovrebbe venir fuori.
E in parte ciò è vero, ma non nella misura che mi sarei aspettato.

L'imput per aprire questa discussione mi viene da Bruno M., nostro nuovo gradito acquisto fresco di studi filosofici:
''Gentile Iano
premettendo il fatto che sono un ignorante, considero, nei miei limiti, la "cosa in sé" immutabile, altrimenti non sarebbe tale e farebbe parte del divenire. Amo Kant.
La cosa in sé rimane l'asintoto cui tendere e Ulisse, che verrebbe definito come arguto, non ha consapevolezza dell'irraggiungibilità dell'episteme. Egli è l'archetipo dell'Uomo che naviga nella sua esistenza e ritiene di aver ottenuto una verità ad ogni infinitesimale scoperta, scientifica o meno, perdendo di vista - e non potrebbe essere diversamente - l'orizzonte che si pone all'infinito. Dove si situa l'episteme.''
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

Purtroppo, le cose in se' o gli a priori, non sono "altro" rispetto al loro storico farsi, e determinarsi.

La loro ipostatizzazione, cioe' il perdere di vista il processo storico che le determina, e' il motivo della decadenza della nostra civilta'.

Il nostro punto di vista sul mondo e' sempre piccolo, il mondo e' infinito e noi siamo una finestra finita aperta su di una parte minuscola di esso. Molto piu' che "espandere" il nostro punto di vista, molto piu' modestamenre possiamo "smuoverlo"; cioe' il nostro punto di vista, oltreche' come una finestra, fissa, che quando nasciamo si apre sull'infinito mostrandocene uno spicchietto finito, e' (anche) come una telecamera in movimento, che inquadra ora una cosa ora l'altra. Per la percezione, questo che ho detto e' ovvio: ho un campo visivo limitato, se guardo una cosa, non guardo l'altra. Ma in realta', questo vale pure per l'episteme/verita', che mera percezione non e', o quantomeno non sembra esserlo: posso "guadagnare" nuove verita', solo "negando" verita' precedenti.

Quindi, chissa' perche', ci piace sognare di essere un punto di vista che si gonfia, che si espande, invece, siamo un punto di vista che va' in giro, che si muove, un'inquadratura in movimento: guadagnamo nuove verita' sempre e solo a costo di perderne altre. 

in tutta questa sequela di verita', possiamo magari, con spirito storico e critico, ricostruire il percorso che abbiamo fatto, ma il presente, cioe' l'istante che esprime la verita' attuale, e' sempre privilegiato. E il futuro, dipende dalla sua possibile negazione.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Alberto Knox

La storia della filosofia ci va vedere come essa sia lo sviluppo del pensiero nel corso dei secoli, tanti antichi misteri filosofici sono stati risolti, altri ancora sono del tutto attuali e irrisolti. Non bisognerebbe mai considerare le parole di un filosofo (anche se lo amiamo) come pietre irremovibili della storia.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Il_Dubbio

Citazione di: iano il 08 Ottobre 2024, 11:05:07 AML'imput per aprire questa discussione mi viene da Bruno M., nostro nuovo gradito acquisto fresco di studi filosofici:
''Gentile Iano
premettendo il fatto che sono un ignorante, considero, nei miei limiti, la "cosa in sé" immutabile, altrimenti non sarebbe tale e farebbe parte del divenire. Amo Kant.
La cosa in sé rimane l'asintoto cui tendere e Ulisse, che verrebbe definito come arguto, non ha consapevolezza dell'irraggiungibilità dell'episteme. Egli è l'archetipo dell'Uomo che naviga nella sua esistenza e ritiene di aver ottenuto una verità ad ogni infinitesimale scoperta, scientifica o meno, perdendo di vista - e non potrebbe essere diversamente - l'orizzonte che si pone all'infinito. Dove si situa l'episteme.''
su quello che ho sottolineato: per come l'ho capita io (ma non sono un esperto) la cosa in se non ha la caratteristica di essere immutabile. Ciò che muta, semmai,  è il riflesso della cosa in se, ovvero la sua rappresentazione. Potrebbe cioè essere guardata da punti di vista differenti e perciò mutare rispetto alla singola prospettiva. 
Non vedo quindi una contrapposizione forte tra Kant ed Hegel.  Kant ha solo detto che c'è una cosa in se, non ha escluso che possa divenire. Il divenire di Hegel non è in contrapposizione con la cosa in sè. 

p.s. sinceramente, saranno passati non so quanti decenni da quando ho studiato qualcosina di filosofia, ma su Kant era difficile sbagliare. Su Hegel la cosa si complicava un pochino. :D  

Alberto Knox

Citazione di: Il_Dubbio il 08 Ottobre 2024, 22:30:23 PMKant ha solo detto che c'è una cosa in se, non ha escluso che possa divenire. Il divenire di Hegel non è in contrapposizione con la cosa in sè.
e non è in contrapposizione nemmeno con il cogito ergo sum di Cartesio, benchè a prima vista tale assunto sia del tutto un concetto metafisico dal momento che pensare è processo ed essere è uno stato . Benchè il processo del pensiero muta il mio essere nel tempo l io a cui fa riferimento l'essere rimane immutato. il mio percepirmi come essere pensante è immutato nel tempo , quello che è cambiato è come penso e come ragiono rispetto a prima , qualcosa nella mia mente diviene ma l'io è sempre lo stesso. sono sempre io benchè in divenire. La stessa cosa non potrebbe essere per la cosa in sè?
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

al di la che io sia un essere umano o meno, che abbia due braccia o cento, che pensi o che non pensi, io sono!
allo stesso modo una rosa, al di la che abbia i petali profumati, al di la che abbia le spine, al di la che sia piantata nel giardino e al di la che sia un fiore , la rosa è!
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Il_Dubbio

Citazione di: Alberto Knox il 08 Ottobre 2024, 22:52:44 PMe non è in contrapposizione nemmeno con il cogito ergo sum di Cartesio, benchè a prima vista tale assunto sia del tutto un concetto metafisico dal momento che pensare è processo ed essere è uno stato . Benchè il processo del pensiero muta il mio essere nel tempo l io a cui fa riferimento l'essere rimane immutato. il mio percepirmi come essere pensante è immutato nel tempo , quello che è cambiato è come penso e come ragiono rispetto a prima , qualcosa nella mia mente diviene ma l'io è sempre lo stesso. sono sempre io benchè in divenire. La stessa cosa non potrebbe essere per la cosa in sè?
Secondo me il cambiamento è diverso dalla mutazione. Cioè se io non fossi piu io allora sarei diverso ora da quello che ero, perciò sarei cambiato. Ma se io sono sempre io oggi, ma sono mutato rispetto a ieri, allora ho subito una mutazione ma sono sempre io. Il divenire è una mutazione dell'Io, non è il suo cambiamento. Non sono un'altra persona sono sempre io, ma mutato rispetto al tempo. 
Il divenire di Hegel (e lo dico con pronda ignoranza, visto che non me lo ricordo piu tanto bene, ammesso l'abbia mai compreso) descriverebbe una mutazione della cosa, non una cosa diversa.  

iano

#7
Citazione di: Il_Dubbio il 08 Ottobre 2024, 22:30:23 PMsu quello che ho sottolineato: per come l'ho capita io (ma non sono un esperto) la cosa in se non ha la caratteristica di essere immutabile. Ciò che muta, semmai,  è il riflesso della cosa in se, ovvero la sua rappresentazione. Potrebbe cioè essere guardata da punti di vista differenti e perciò mutare rispetto alla singola prospettiva.
La caratteristica della cosa in se è di rappresentarsi da sola, presentandosi nella sua evidenza.
 Tentare di rappresentarla quindi significa negare la sua natura.
Inoltre dovendo partire ogni rappresentazione da ''punti fermi'' negando la cosa in se ogni rappresentazione diverrebbe impossibile, a meno che non si trovi un loro succedaneo.
E in effetti è quello che abbiamo fatto, laddove non essendoci punti fermi, noi  li abbiamo fissati, ipotizzandoli.
Essendosi poi queste ipotesi dimostrate nelle nostre rappresentazioni non meno utili delle cose in se, cioè di quelle cose che sembrano stare ferme da sole senza bisogno di doverle fissare, la cosa in se ha perso la sua esclusiva ai fini delle nostre rappresentazioni.
Un onda/particella non potrà mai avere alcuna apparenza di evidenza, anche solo posticcia laddove ci sforziamo di trovare analogie con ciò che una evidenza invece ha, e non potrà mai apparirci quindi come una cosa in sè, ma ciò non sarà un problema se noi questa patente potremo dargli, seppur fissandola nell'ambito ristretto di una teoria fisica o filosofica.
Il che sembra essere inaccettabile per la fisica laddove non si pretenda ad ogni costo di poter giungere alla teoria del tutto, mentre è più difficile
da far digerire a una disciplina che ha nel suo DNA una aspirazione ontologica, che pore la fisica ai suoi inizi aveva e che solo in parte ancora conserva.
Non si tratta qui di voler ridurre a fisica la filosofia, perchè usando esse linguaggi diversi ciò comunque non si può fare.
La filosofia mantiene il suo perchè finché avrà senso esprimere i nostri pensieri in un linguaggio non formale, cosa che comunque diversamente non sapremmo fare.
La filosofia è ''la scienza'' di quella parola di cui la scienza, per quanto in subordine, avendo essa svliluppato un suo linguaggio particolare, non può fare a meno, nella misura in cui resta cosa umana, potendosi diversamente delegare ai computer.
Se a questo linguaggio umano noi derogassimo capiremmo di scienza quanto ci capiscono i computer, cioè nulla.

 

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: iano il 09 Ottobre 2024, 00:22:03 AMLa caratteristica della cosa in se è di presentarsi da sola, presentandosi nella sua evidenza.
 Tentare di rappresentarla quindi significa negare la sua natura.
Inoltre dovendo partire ogni rappresentazione da ''punti fermi'' negando la cosa in se ogni rappresentazione diverrebbe impossibile, a meno che non si trovi un suo succedaneo.
E in effetti è quello che abbiamo fatto, laddove non essendoci punti fermi, noi  li abbiamo fissati, ipotizzandoli.


La cosa in se non è evidente, semmai il contrario. La rappresentazione è l'evidenza, ma la cosa in se sta oltre l'evidenza. Quella che cioè sta oltre l'evidenza, cioè oltre la rappresentazione.
Non possiamo conoscere la cosa in se, possiamo però guardarla attraverso una rappresentazione. Non è la stessa cosa. 
Solitamente, per fare le cose piu precise, si sceglie di conoscere la cosa in se attraverso lo sguardo intersoggettivo. Cioè se la stiamo guardando tutti allora è una cosa che piu si avvicina alla cosa in se. Ma se tutti noi vediamo la cosa dalla stessa prospettiva e questa prospettiva è una fra le tante, allora sicuramente non potremo dichiarare di guardare la cosa in se, ma solo una sua rappresentazione che però riguarda molti soggetti. Un abbaglio collettivo, in soldoni. 

iano

#9
Citazione di: iano il 09 Ottobre 2024, 00:22:03 AMIl che sembra essere inaccettabile per la fisica laddove non si pretenda ad ogni costo di poter giungere alla teoria del tutto, mentre è più difficile
da far digerire a una disciplina che ha nel suo DNA una aspirazione ontologica, che pore la fisica ai suoi inizi aveva e che solo in parte ancora conserva.
Errata corrige:
Il che sembra essere accettabile per la fisica....omissis... che pure la fisica ai suoi inizi...omissis

Insomma , per ribadire il concetto, io non credo che la filosofia perderebbe la sua funzione rinunciando alla  pretesa ontologica, come vi ha rinunciato di fatto la scienza, laddove ciò semmai ha reso il suo sviluppo meno legato a pretese irrealizzabili, per quanto non del tutto sopite.
La filosofia, essendo legata al pensiero, vivrà finché esisterà un linguaggio col quale pensare, e per quanto questo linguaggio sia in evoluzione, esso non potrà mai ridursi a quello della scienza, senza perdere la sua funzione, che è il pensare.
Il linguaggio della scienza nella sua massima espressione, non implica il pensare, potendo esso essere ''parlato'' da computer che non pensano.



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: Il_Dubbio il 08 Ottobre 2024, 23:31:32 PMIl divenire di Hegel (e lo dico con pronda ignoranza, visto che non me lo ricordo piu tanto bene, ammesso l'abbia mai compreso) descriverebbe una mutazione della cosa, non una cosa diversa.  
in questo caso il divenire di Hegel è diverso dal "tutto scorre" di Eraclito , per lui il divenire era mutamento. E in questo si sbagliava anche se la citazione viene usata come cavallo di battaglia di taluni matarialisti , il così detto panta rei .Era la composizione della sostanza a mutare , non la sostanza stessa .
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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