La critica della Scienza è fondata?

Aperto da Carlo Pierini, 24 Luglio 2018, 13:55:07 PM

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sgiombo

#75
Citazione di: Apeiron il 05 Settembre 2018, 23:10:11 PM
Ciao, Apeiron, purtroppo mi sembra che siamo ben lontani dal comprenderci (...il che, volendo vedere il bicchiere mezzi pieno, é comunque interessante).



Riassumendo mi sembra soprattutto che tu tenda a confondere coscienza (che comprende la "res cogitans", ovvero mente, pensiero, ecc. e inoltre la res extenza") e mente (che della coscienza é solo una parte; e inoltre materia (che é l' altra parte della coscienza fenomenica e cosa in sé o noumeno, che non é né mente né materia (entrambe costituite di fenomeni) dal momento che é reale anche indipendentemente dall' eventuale realtà o meno dei fenomeni (tanto mentali quanto materiali), anche se e quando né materia né pensiero (entrambi costituiti da apparenze fenomeniche coscienti) sono invece reali.
Inoltre intendi erroneamente come meramente epistemica, metre é ontologica la differenza fra fenomeni e noumeno, identificando autocontraddittoriamente quest' ultimo con la (di fatto impossibile conoscenza integrale e "perfetta" dei fenomeni: si tratta di cose ben diverse, il noumeno essendo reale anche indipendentemente dai fenomeni, anche se e quando i fenomeni (indipendentemente da quanto "perfettamente" siano conosciuti) non lo sono.

CitazioneDa quanto ho capito io, il discorso è meno complesso. In pratica, per fare un esempio pensa ai colori. Il "colore" è una proprietà di oggetti esterni alla coscienza o, invece, sono contenuti mentali che caratterizzano l'esperienza cosciente? Se rispondi che i colori sono proprietà di oggetti esterni, non puoi giustificare il "salto" logico dovuto all'applicazione del principio di causa (o di altra spiegazione) per oggetti fuori dalla nostra esperienza - ovvero, a rigore, non puoi sapere che la tua percezione di colore è dovuto a "qualcosa di esterno". Se rispondi che i colori sono solamente contenuti mentali, invece, cadi in una sorta di "solipsismo" (anche perché, l'esempio dei colori si può estendere a tutta l'esperienza!).

La coscienza (esperienza cosciente, insieme di apparenze sensibili) é una cosa, la mente un' altra (é solo una parte della coscienza, i fenomeni mentali; l' altra essendo costituita dai fenomeni materiali).

E i colori sono contenuti coscienti (fenomeni, qualia) materiali, non mentali, facenti parte della coscienza: se fossero proprietà di oggetti esterni alla coscienza per definizione non li vedremmo, non sarebbero visti (da noi). Ergo: non sarebbero colori).
Il solipsismo non é razionalmente superabile, ma lo é irrazionalmente, "per fede" arbitraria, ingiustificata, postulando che c' é qualcosa di esterno alla coscienza (e non colorato, non fenomenico, ma in sé, onde non cadere in contraddizione) allorché nella coscienza c' è del colore (ma anche quando non c' é), biunivocamente al colore corrispondente.
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Citazione
CitazioneStranamente (dico "stranamente" perché ad entrambi piacciono filosofi come Kant, Berkeley, Hume  :) ), ritengo invece che noi possiamo in realtà utilizzare il rapporto di causa-effetto e anche le osservazioni quantitive alle sensazioni. In verità, se ci pensi, è quello che in pratica si fa. Esempio banale: prendi un righello e misuri la lunghezza di una linea. Quello che fai è prendere un righello che vedi, spostarlo e eseguire la misurazione della lunghezza. Come dicevo, anche un (idealista e) solipsista può eseguire le misure scientifiche. In tale scenario, tutti i risultati scientifici che si ottengono sono riferiti a sensazioni, a contenuti mentali. Non sono nemmeno pubbliche (un esempio meno "irreale" è una misurazione eseguita durante un sogno). Inoltre, rigorosamente, il rapporto causa-effetto è applicabile alle sensazioni. Perché? perché se diciamo che la materia è "esterna" a noi, cadiamo nel "paradosso" di prima. Infatti non possiamo giustificare l'uso del principio di causa-effetto su qualcosa che noi non conosciamo direttamente. Ad ogni modo, secondo me ci sono regolarità nella nostra esperienza cosciente sia di veglia che nel sogno. Per esempio, anche nel sogno si "vedono" linee di varie dimensioni, le quali si possono, in linea di principio "misurare".
Con la ragionevole assunzione della materia, diventa ragionevole assumere che anche la materia abbia proprietà quantitative  :) ma non sono necessariamente d'accordo che i fenomeni mentali non possano essere sottoposti ad analisi quantitativa. Ovviamente non tutti. Ma in fin dei conti cos'è la lunghezza se non una quantità confrontando due fenomeni (righello e linea), che in linea di principio potrebbero essere immateriali, come nel sogno. In realtà, la "prova" Kantiana dell'esistenza della materia mi sembra uno dei punti deboli della sua filosofia. Infatti, in Kant c'è un ottimo equilibrio tra soggetto ed oggetto anche senza l'assunzione della materia. Perché? Il soggetto è la coscienza e l'oggetto è il contenuto fenomenico (ciò di cui la coscienza ha, appunto, "coscienza"...scusa il giro di parole ma penso che hai capito ;D ). Parlare della materia (intesa come qualcosa che "sta dietro" ai fenomeni dell'esperienza), secondo me, significa andar fuori dal mondo fenomenico.
Spero di non averti frainteso  :-[

Purtroppo mi hai frainteso.

Che noi possiamo in realtà applicare il rapporto di causa-effetto e anche le osservazioni quantitative alle sensazioni l' ho sempre affermato anch' io, ma limitatamente alle sensazioni materiali (di quanto é maggiore il desiderio di onestà della tentazione di rubare 1000 euro? E di quella di tradire un giuramento?); e dunque limitatamente alle sensazioni materiali é possibile rilevare precise leggi universali astratte del divenire esprimibili mediante equazioni algebriche, applicabili per stabilire effetto fra eventi particolari concreti rapporti di causa-effetto in senso rigoroso e non meramente vago e approssimativo.
E infatti righello e linea (tracciata su un foglio) sono sensazioni materiali. E lo sono anche in sogno (per quanto non intersoggettive, "illusorie" in questo caso).
La materia non si assume ma si constata empiricamente (non é la realtà in sé o noumeno, ma é parte della realtà fenomenica); e si constata immediatamente la sua misurabilità (al contrario del caso della parte mentale della realtà fenomenica).
Continui a confondere mente e coscienza: i fenomeni righello e linea non sono contenuti mentali (casomai lo sono i pensieri, predicati, ricordi, immaginazioni, ecc. di righelli e linee) ma invece contenuti di coscienza materiali. E come tali, al contrario di quelli mentali (desiderio di essere onesto, tentazione di rubare o di tradire un giuramnto) non sono mai misurabili (si può stabilire che l' aspirazione dell' onestà é maggiore della tentazione del furto o della menzogna: ma di quanto?!?!?!).
La materia sta nella coscienza (é costituita da fenomeni) e non "dietro" la coscienza: mica é la cosa in sé o noumeno!
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Citazione
CitazioneSgiombo:
Non vedo aporie nel fatto che abbiamo conoscenza [o meglio, secondo me, coscienza, sensazione empirica] degli oggetti dell'esperienza (mere percezioni).
Le percezioni sono dipendenti dalla nostra esistenza
, ma secondo me nulla impone (non é una deduzione cogente) che se escludiamo il solipsismo, dobbiamo ammettere che tali percezioni derivano da altro, qualcosa di esterno da noi.
Questo lo possiamo solo credere (e personalmente lo credo) fideisticamente, indimostrabilmente.
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Apeiron:
Ok... quindi per te "coscienza" significa "mente" + "contenuti mentali"? Per me "coscienza" e "mente" (in questo caso)* sono sinonimi. Secondo me, la coscienza/mente ha consapevolezza delle sensazioni. 

Sgiombo:
Che significa che "gli oggetti dell'esperienza derivano da oggetti separati da noi"?
In realtà sono i "contenuti fenomenici" dell' esperienza (le sensazioni coscienti) che possono essere creduti (ma non dimostrati) "derivare" da, o meglio essere in corrispondenza biunivoca con (e non propriamente trovarsi in un rapporto di causazione rigorosamente inteso come espressione di una legge del divenire esprimibile mediante equazioni matematiche) oggetti in sé separati da noi e non costituiti dalle nostre sensazioni fenomeniche (noumeno).
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Apeiron:
Sul primo paragrafo posso essere anche d'accordo. Però si avrebbe la situazione assurda di soggetti completamente isolati l'uno dall'altro che hanno esperienze completamente private. In sostanza, ognuno vivrebbe per sé stesso. Tolto questo scenario, però, devi ammettere che non riesci a giustificare l'insorgere delle apparenze (se non derivano unicamente dalla nostra coscienza, cosa che però è stata esclusa).  Sul discorso della corrispondenza biunivoca, vedi dopo.

Sul secondo non vedo differenza tra ciò che dici tu e la frase che hai citato  ;)
Sgiombo:

Infatti i soggetti di esperienza (e le rispettive esperienze) sono isolati (trascendenti) l' un dall' altro; e il solipsismo non si può dimostrare falso; ma lo si può credere per fede, ammettendo arbitrariamente l' esistenza di altre coscienze oltre la propria immediatamente esperita di altri soggetti oltre a se stessi (e si può anche credere alla corrispondenza intersoggettiva (E non: identità) fra le diverse componenti materiali delle coscienze).
Se si chiamano "oggetti" tanto le cose in sé da noi (dalla nostra esperienza cosciente) separate (noumeno) quanto i contenuti della nostra coscienza (fenomeni) si fa confusione: sono cose ben diverse, non identificantisi.
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Che significa "mente + contenuti mentali"?
Sono meri sinonimi.
Mentre "coscienza" e "mente" non sono sinonimi per il semplice fatto che la coscienza comprende, oltre a- (i fenomeni costituenti) -la mente, anche (i fenomeni costituenti) -la materia.
La coscienza é (consiste di) sensazioni consapevoli (coscienti), sia mentali che materiali.
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Non comprendo il significato di "concetto-limite": per me quello di "noumeno" é puramente e semplicemente un concetto indicante ciò che é reale anche indipendentemente dalle (mere) sensazioni (fenomeni); fra quelle materiali delle quali (per la loro misurabilità) possiamo stabilire relazioni di causa-effetto vere e proprie, nomologiche.

Usando il mio gergo la realtà di cui può aversi certezza (immediatamente empirica é la coscienza (i fenomeni), con le sue componenti tanto mentali quanto materiali.
Se diciamo che oggetti esterni (alla coscienza: noumeno) "causano" (in senso lato, improprio, non propriamente nomologico, N.d.R: se si danno gli uni, allora si danno anche le altre = corrispondenza biunivoca fra loro) l' insorgere delle sensazioni fenomeniche non cadiamo nel realismo naive, visto che le "cose esterne" pur non apparendo nella nostra esperienza vengono conosciute come causa (in senso improprio o lato) di essa da noi: cadremmo nel realismo naive se identificassimo le cose esterne alla nostra coscienza (noumeno) con i fenomeni ad essa interni.
Se non ci fosse nulla (di in sé) dietro l'esperienza fenomenica allora, poiché i fenomeni, contrariamente al nopumeno, esisterebbero comunque come qualcosa di reale e non come "nulla", fenomeno e noumeno non coinciderebbero: sarebbe palesemente contraddittorio il pretenderlo!

Nell' ultimo periodo confondi la materia (che é fenomeni, contenuti di coscienza; accanto a quelli mentali) con il noumeno o cosa in sé.
Sono perfettamente materiali anche i muri sognati (i qualia che li costituiscono sono perfettamente identici in linea d principio a quelli dei muri visti da svegli; di diverso da questi hanno unicamente la mancanza di intersoggettività).
Ammettere l' esistenza di oggetti in sé delle sensazioni fenomeniche (da essi ben diversi, reali anche se e quando quelle non lo sono) é diversa cosa dall' ammettere (in realtà constatare empiricamente la materia; che é costituita da fenomeni).

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CitazioneSgiombo:
Qui credo di averti ben capito.


Concordo sulla falsità del realismo "naive" che identifica i fenomeni coscienti (il cui "esse est percipi") con le cose in sé reali indipendentemente dalle esperienze coscienti (il cui "esse non est percipi", per così dire).
Apeirom:
Ottimo! Qui secondo me sta anche la grandezza di Berkeley  :)

Sgiombo:

Ma tu continui a confondere la cosa in sé o noumeno con la materia, il cui "esse est percipi" esattamente quanto l' "esse" della mente, essendo non cosa in sé ma invece sensazioni (fenomeni).


sgiombo

Citazione di: Apeiron il 05 Settembre 2018, 23:11:05 PMSgiombo:
(Soprattutto) quanto scrivi qui é una sorta di descrizione con altre parole del fatto che i fenomeni sono una cosa, il noumeno o cose in sé sono altra cosa; ben diverse "cose" che (però) divengono in reciproca corrispondenza biunivoca: ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondo unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre. Anch' io in altri interventi nel forum ho scritto che in un certo senso un determinato cervello in un determinato stato funzionale é la stessa cosa in sé che si manifesta come tale (determinati fenomeni materiali cerebrali) "in qualità di oggetto di sensazioni fenomeniche*" ad altre cose in sé "soggetti di sensazioni fenomeniche*" e che si manifesta come un certo stato mentale** (come determinati fenomeni cogitativi**: pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.) a se stessa riflessivamente "oggetto, oltre che soggetto", di sensazioni fenomeniche**".

Apeiron:
Personalmente, concepisco la "corrispondenza biunivoca" in modo differente. Secondo me, invece, la corrispondenza biunivoca semplicemente è da concepirsi a livello soggettivo, ovvero ammettendo la possibilità che un soggetto riesca a capire pienamente la relazione fenomeno-noumeno. Cosa intendo con ciò? Il noumeno è un concetto-limite che introduciamo quando capiamo la natura della realtà fenomenica. Tuttavia non sappiamo se noumeno e realtà fenomenica coincidono (ovvero non sappiamo se è vero il realismo naive, l'idealismo, il solipsismo o quant'altro). Quello che sappiamo, però, è che vi è una relazione tra i due. Quale? il fenomeno è in pratica il noumeno-visto-da-noi. Quindi vi è una corrispondenza tra noumeno e fenomeno. Ed è "biunivoca" nel senso che a causa della nostra struttura mentale noi percepiamo il fenomeno e dobbiamo introdurre il noumeno mentre la mente "infallibile", di cui parlavo, "vede" il noumeno (e sa che nella nostra limitata condizione dobbiamo distinguerli). Però, questo è il massimo che possiamo dire, in realtà. Ergo, tra fenomeno e noumeno in realtà, per così dire, non c'è vera distinzione "ontologica". In realtà è una distinzione creata a causa della limitatezza delle nostre menti. Quindi, in ultima analisi, la distinzione tra fenomeno e noumeno si riconduce alla distinzione tra le nostre menti e quelle eventuali che conoscono la relazione tra fenomeno e noumeno.
Dire "
ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondo unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre" è secondo me dire troppo, nel senso che assumi che il noumeno abbia determinate caratteristiche basandoti sull'osservazione fenomenica delle stesse.

Sgiombo:

Il noumeno non é il limite asintotico sempre avvicinabile mai raggiungibile della conoscenza dei fenomeni.Il noumeno (se c' é) é tutt' altra cosa dei fenomeni, é qualcosa di reale anche se e quando, allorché i fenomeni (per quanto perfettamente conosciuti siano, per quanto la loro conoscenza sia assoluta e integrale, oltre ogni limite di ignoranza ipotizzabile) non sono reali.Perciò sappiamo benissimo per logica elementare che noumeno e fenomeni (realtà fenomenica) non coincidono e non possono coincidere: sarebbe mostruosamente contraddittorio il pretenderlo!

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Citazione di: Apeiron il 05 Settembre 2018, 23:11:05 PM Apeiron;
Concordo che vi è una relazione tra i due. Quale? il fenomeno è in pratica il noumeno-visto-da-noi. Quindi vi è una corrispondenza tra noumeno e fenomeno. Ed è "biunivoca" nel senso che a causa della nostra struttura mentale noi percepiamo il fenomeno e dobbiamo introdurre il noumeno.

Sgiombo:
Ma nessuna mente, nemmeno ipotetica, per quanto infallibile e divina, potrebbe vedere il noumeno per il semplice fatto che il noumeno non si vede (né si percepisce coscientemente in alcun altro modo). Al limite un ipotetico Dio onnisciente (ipotesi a mio parere assai cervellotica) potrebbe conoscere,(sapere com' é) il noumeno, mai percepirlo sensibilmente per definizione.La distinzione fra fenomeni e noumeno é ontologica e del tutto indipendente dai nostri limiti mentali, in quanto si tratta di due ordini di enti-eventi tali che l' uno é reale anche se e quando, anche allorché l' altro non lo é (indipendentemente dall' eventuale realtà dell' altro o meno.Ma tu continui a confondere il noumeno con la perfetta conoscenza dei fenomeni. Postulo che ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondono unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre, e non lo ricavo da alcuna osservazione delle caratteristiche dei fenomeni (i quali sono tutt' altro che il noumeno: non ha senso, é autocontradittorio pretendere di parlare di determinate caratteristiche del noumeno basandoti sull'osservazione fenomenica delle stesse").E lo postulo onde spiegare l' intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti mente-cervello.

Mondo fenomenico e realtà-così-come-è non possono coincidere in alcun modo e in alcun senso; non potrebbero nemmeno se conoscessimo illimitatamente, perfettamente i fenomeni, dal momento che il noumeno é altra cosa dai fenomeni, reale anche allorché, se e quando i fenomeni (anche se fossero perfettamente conosciuti senza limite alcuno) non sono reali (e dunque identificarlo con essi sarebbe una plateale contraddizione).

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CitazioneApeiron:
Come dicevo, la distinzione tra fenomeno e noumeno per me è di natura epistemologica e non ontologica. Ovvero, noi nella nostra limitatezza siamo costretti ad ammettere tale distinzione. Ad ogni modo, concordo con quanto dici. Quello che intendevo io era che dobbiamo conoscere la natura "ultima", per così dire, dei fenomeni. Per farlo però è necessario anche "uscire" dalle nostre limitazioni. Per esempio, per provare la verità o la falsità dell'idealismo, dovremmo riuscire ad avere tale certezza. In tal caso, avremmo la conoscenza della relazione tra fenomeno e noumeno.

Sgiombo:
Infatti confondi la conoscenza integrale, assoluta (natura "ultima") dei fenomeni con il noumeno.

In realtà la distinzione non é epistemologica ma ontologica: (anche) se e quando i fenomeni non esistono il noumeno continua ad esistere (e non a tutto del noumeno corrispondono fenomeni) e pretendere ce non vi sia tra di essi distinzione ontologica significa palesemente autocontraddirsi.
Non capisco proprio le ultime considerazioni sull' dualismo.
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Citazione
Sgiombo:
Se la realtà-così-come-é é il noumeno o realtà in sé, allora questa é una palese , assurda autocontraddizione.

Altra cosa é l' intersoggettività (peraltro indimostrabile) dei fenomeni materiali scientificamente conoscibili.

Apeiron:

Volevo dire che per alcuni scienziati, la "realtà-così-come-è" è conoscibile dall'indagine fenomenica (una forma sottile di realismo naive...).
Sgiombo:
Per me é né più né meno che una contraddizione, un' assurdità (certo, propria innanzitutto del realismo ingenuo, condiviso non tanto sottilmente quanto piuttosto grossolanamente da molti scienziati e non solo).
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Sgiombo:
Non capisco: le conoscenze scientifiche non sono certo metafisica (e con la metafisica non vanno confuse, non solo per i positivisti logici, che piuttosto, almeno i "classici", la metafisica negavano).
Ma hanno ("dipendono da") necessari fondamenti epistemologici fra i quali l' intersoggettività, che é inconciliabile (contraddittoria) con il solipsismo.


Apèeiron:
Un solipsista può utilizzare il metodo scientifico. Per esempio, può fare verifiche sperimentali. L'inter-soggettività, secondo me, necessaria quando assumi che ci siano altre menti. A questo punto, utilizzi l'assioma dell'inter-soggettività per dire che la procedura dell'esperimento deve essere indipendente dal soggetto che conduce l'esperimento. Ma, questo perché il metodo scientifico è stato stabilito senza considerare l'eventualità del solipsismo. In realtà, il solipsista può fare teorie e test sperimentali. (Così come, in linea di principio, non è impossibile sognare di testare la teoria di Newton  
 )
Sgiombo:
Ma la scienza reale di fatto nega (senza necessariamente rendersene conto) il solipsismo pretendendo (giustamente, secondo me) l' intersoggettività delle sue osservazioni, esperimenti, conoscenze.

Anche in sogno si possono fare verifiche-falsificazioni sperimentali, ma allora non si tratta di scienza (casomai di sogni "scientifici", sogni di scienza").

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CitazioneApeiron:
Su questo punto, inoltre, se prendiamo alla lettera la necessità della presenza di altri soggetti, non sarebbe nemmeno possibile fare scienza se, per esempio, rimane un unico soggetto. Si può pensare che, per esempio, ciò avvenga a causa di un cataclisma. In tal caso, come nel caso del solipsista avremmo un solo soggetto (anche se in questo caso, tale situazione è contingente) e inoltre potremmo anche avere la materia. Ciononostante, anche senza altri soggetti, il nostro ultimo essere umano sarebbe in linea di principio in grado di teorizzare e fare test sperimentali per le sue teorie

 
Sgiombo:
Si, ma non si tratta della scienza di fatto reale.


Apeiron

Ciao @sgiombo,


CitazioneCiao, Apeiron, purtroppo mi sembra che siamo ben lontani dal comprenderci (...il che, volendo vedere il bicchiere mezzi pieno, é comunque interessante).

più che altro abbiamo anche un lessico diverso. Questo non aiuta, ma potrebbe essere un'occasione utile per entrambi per capire meglio i rispettivi punti di vista  ;)



CitazioneLa coscienza (esperienza cosciente, insieme di apparenze sensibili) é una cosa, la mente un' altra (é solo una parte della coscienza, i fenomeni mentali; l' altra essendo costituita dai fenomeni materiali).
E i colori sono contenuti coscienti (fenomeni, qualia) materiali, non mentali, facenti parte della coscienza: se fossero proprietà di oggetti esterni alla coscienza per definizione non li vedremmo, non sarebbero visti (da noi). Ergo: non sarebbero colori).
Il solipsismo non é razionalmente superabile, ma lo é irrazionalmente, "per fede" arbitraria, ingiustificata, postulando che c' é qualcosa di esterno alla coscienza (e non colorato, non fenomenico, ma in sé, onde non cadere in contraddizione) allorché nella coscienza c' è del colore (ma anche quando non c' é), biunivocamente al colore corrispondente.


Ok... quindi per te la "coscienza" è quella che anche io chiamo "esperienza cosciente". Secondo me, invece, la coscienza equivale alla "consapevolezza", al fattore "cognitivo" dell'esperienza. Inoltre, tu non distingui tra contenuti mentali e mente - su questo in realtà non sono d'accordo perché, in realtà, si può avere cognizione di emozioni, ricordi, concetti ecc - ovvero la cognizione prende come oggetto i contenuti mentali. Ma, per continuare la discussione, direi di provare ad usare il tuo lessico.


Riguardo alla "materia", riprendo il discorso più avanti. Ad ogni modo, concordo pure che il colore esiste come fenomeno. Ma nell'ipotesi della realtà esterna, chiaramente è "legato" ad una proprietà di oggetti esterni. Tuttavia, come anche diceva Ross, non possiamo dare supporto alla nostra inferenza (ma accettarlo per fede). Tuttavia, un idealista "alla Berkeley" direbbe che sia il solipsismo che il "realismo" (credere in una realtà "oggettiva" esterna) sono errati. Questo per dire che l'alternativa al solipsismo non è necessariamente una forma di realismo.  



CitazionePurtroppo mi hai frainteso.
Che noi possiamo in realtà applicare il rapporto di causa-effetto e anche le osservazioni quantitative alle sensazioni l' ho sempre affermato anch' io, ma limitatamente alle sensazioni materiali (di quanto é maggiore il desiderio di onestà della tentazione di rubare 1000 euro? E di quella di tradire un giuramento?); e dunque limitatamente alle sensazioni materiali é possibile rilevare precise leggi universali astratte del divenire esprimibili mediante equazioni algebriche, applicabili per stabilire effetto fra eventi particolari concreti rapporti di causa-effetto in senso rigoroso e non meramente vago e approssimativo.
E infatti righello e linea (tracciata su un foglio) sono sensazioni materiali. E lo sono anche in sogno (per quanto non intersoggettive, "illusorie" in questo caso).
La materia non si assume ma si constata empiricamente (non é la realtà in sé o noumeno, ma é parte della realtà fenomenica); e si constata immediatamente la sua misurabilità (al contrario del caso della parte mentale della realtà fenomenica).
Continui a confondere mente e coscienza: i fenomeni righello e linea non sono contenuti mentali (casomai lo sono i pensieri, predicati, ricordi, immaginazioni, ecc. di righelli e linee) ma invece contenuti di coscienza materiali. E come tali, al contrario di quelli mentali (desiderio di essere onesto, tentazione di rubare o di tradire un giuramnto) non sono mai misurabili (si può stabilire che l' aspirazione dell' onestà é maggiore della tentazione del furto o della menzogna: ma di quanto?!?!?!).
La materia sta nella coscienza (é costituita da fenomeni) e non "dietro" la coscienza: mica é la cosa in sé o noumeno!


Mi spiace di averti frainteso! Ad ogni modo, secondo me la tua definizione di "materia" è eccentrica (non prenderla come una critica ;) , anzi è un'occasione per chiarire anche le mie idee, come dicevo). 

Personalmente, ritengo che il materialismo sia la posizione secondo cui la "realtà ultima" è materiale, nel senso di una realtà indipendente dall'esperienza cosciente. Inoltre, nel mio gergo, la materia oltre ad essere indipendente dalla coscienza, è una realtà che può essere soggetta a mutamento, interazioni ecc. Mi sorprende, dunque, il fatto che tu usi una definizione di "materia" tale da "inglobare" anche fenomeni che altri definirebbero "immateriali", come ad esempio, il caso del righello e della linea nel sogno. Infatti, l'argomento del sogno talvolta è utilizzato per sfidare il materialismo (definito poco fa). L'argomento, in sostanza, è che non possiamo utilizzare la "tangibilità" delle cose nella nostra esperienza per dedurre l'esistenza di "materia". Credo che tu sei d'accordo che usando la mia definizione di materia, per il materialista noumeno e materia coincidono.

Ad ogni modo, usando la tua definizione, concordo che ci sono aspetti materiali e "mentali" nella nostra esperienza. Tuttavia, secondo me, il rapporto causa-effetto può essere utilizzato anche per i fenomeni mentali, limitatamente al fatto che, per esempio, possiamo descrivere l'insorgenza di tali fenomeni come causata da altri (per esempio, siamo arrabbiati a causa di...). Questo ci dice poco sulla "rabbia", ovviamente, ma almeno parzialmente ci dice che il fenomeno "mentale" rabbia insorge in determinate condizioni.
E qui si arriva alla questione che sollevavo: se non possiamo distinguere empiricamente l'esperienza del sogno da quella della veglia in una realtà esterna (ovvero tra una realtà esterna "fittizia" e una "vera"), allora il nostro corpo è (usando il tuo lessico) materiale ma non indipendente dalla nostra esperienza cosciente. Quindi anche se accettiamo il materialismo nella mia definizione (forse tu lo chiami "realismo"), nella nostra esperienza non abbiamo mai percezione diretta della "realtà esterna materiale", ma solo dell'aspetto materiale della nostra esperienza cosciente. Ergo, la scienza a priori ci può parlare solo delle proprietà dell'aspetto materiale della nostra esperienza (ovvero dei fenomeni materiali).


CitazioneInfatti i soggetti di esperienza (e le rispettive esperienze) sono isolati (trascendenti) l' un dall' altro; e il solipsismo non si può dimostrare falso; ma lo si può credere per fede, ammettendo arbitrariamente l' esistenza di altre coscienze oltre la propria immediatamente esperita di altri soggetti oltre a se stessi (e si può anche credere alla corrispondenza intersoggettiva (E non: identità) fra le diverse componenti materiali delle coscienze).
Se si chiamano "oggetti" tanto le cose in sé da noi (dalla nostra esperienza cosciente) separate (noumeno) quanto i contenuti della nostra coscienza (fenomeni) si fa confusione: sono cose ben diverse, non identificantisi.

Ok, va bene  ;) adesso mi è più chiaro!



CitazioneChe significa "mente + contenuti mentali"?
Sono meri sinonimi.
Mentre "coscienza" e "mente" non sono sinonimi per il semplice fatto che la coscienza comprende, oltre a- (i fenomeni costituenti) -la mente, anche (i fenomeni costituenti) -la materia.
La coscienza é (consiste di) sensazioni consapevoli (coscienti), sia mentali che materiali.


Come dicevo, non sono d'accordo sull'identificazione della mente con i contenuti mentali. La mente ha cognizione sia dei contenuti mentali (ricordi, immagini mentali, emozioni, concetti...) che di quelli materiali (corpo, righelli...). 
In pratica, distinguo tra "la consapevolezza" (=mente, e nel mio gergo anche la coscienza) con "l'oggetto della consapevolezza" (che nel mio modello può essere sia materiale che mentale). 

CitazioneNon comprendo il significato di "concetto-limite": per me quello di "noumeno" é puramente e semplicemente un concetto indicante ciò che é reale anche indipendentemente dalle (mere) sensazioni (fenomeni); fra quelle materiali delle quali (per la loro misurabilità) possiamo stabilire relazioni di causa-effetto vere e proprie, nomologiche.

Nel mio gergo, il noumeno è "la realtà ultima". Per me un "fenomenalista" (=esistono solo i fenomeni, la realtà è puramente fenomenica) direbbe che fenomeno e noumeno coincidono. Un "materialista" (nella mia accezione del termine), direbbe che il "noumeno" sono gli "oggetti materiali esterni che esistono indipendentemente dalle coscienze e che sono la causa delle coscienze". Per "realismo" intendo quella posizione per cui il noumeno è, almeno in parte, indipendente dalla nostra coscienza. Chiaramente, per un "fenomenalista" siccome non c'è una realtà "dietro" ai fenomeni, noumeno e fenomeno coincidono. Per te, il fenomenalità non ammette noumeno (non perché non siamo d'accordo, ma perché usiamo la parola "noumeno" in modi diversi).


CitazioneNon comprendo il significato di "concetto-limite": per me quello di "noumeno" é puramente e semplicemente un concetto indicante ciò che é reale anche indipendentemente dalle (mere) sensazioni (fenomeni); fra quelle materiali delle quali (per la loro misurabilità) possiamo stabilire relazioni di causa-effetto vere e proprie, nomologiche.

Provo a darti una spiegazione un po' più chiara di come uso il termine "noumeno". Nessuno può negare che ci sono apparenze. Tuttavia, ci è naturale chiederci se queste apparenze derivino da una realtà esterna o meno. Ora, le apparenze le chiamiamo "fenomeno". Se c'è una realtà esterna, i fenomeni sono una sorta di "rappresentazione" di tale realtà. Si introduce quindi il noumeno, intendendo con questa parola la "realtà ultima". Se è vero il realismo (che può essere anche Platonismo - in fin dei conti le sue Forme sono oggetti reali non sono "materia" e il Platonismo di Platone non è idealistico) o il materialismo (nella mia accezione) allora, il fenomeno non è il noumeno ma una mera rappresentazione del noumeno. Se, invece, è vero il fenomenismo il fenomeno è il noumeno, visto che non c'è una realtà "ultima" dietro ai fenomeni, indipendente da essi.
Chiamo "noumeno" "concetto-limite" perché è di natura provvisoria. 

CitazioneSe diciamo che oggetti esterni (alla coscienza: noumeno) "causano" (in senso lato, improprio, non propriamente nomologico, N.d.R: se si danno gli uni, allora si danno anche le altre = corrispondenza biunivoca fra loro) l' insorgere delle sensazioni fenomeniche non cadiamo nel realismo naive, visto che le "cose esterne" pur non apparendo nella nostra esperienza vengono conosciute come causa (in senso improprio o lato) di essa da noi: cadremmo nel realismo naive se identificassimo le cose esterne alla nostra coscienza (noumeno) con i fenomeni ad essa interni.

Ok, posso concordare che non cadiamo nel realismo naive "classico". Ma se diciamo che l'analisi dei fenomeni materiali della nostra esperienza cosciente ci dà conoscenza della "realtà esterna" ci siamo molto vicini. Questo è vero, ovviamente, se noi avessimo anche la certezza che c'è una realtà esterna e che possiamo conoscerla tramite l'analisi della nostra esperienza cosciente. Noi, invece, siamo in uno stato di "ignoranza", per così dire, perché, in fin dei conti, non ne siamo certi. 

Ma se ne fossimo certi, non sarebbe nemmeno più "noumeno" nella mia accezione del termine. Perché? perché il "noumeno" è in realtà è stato introdotto come "congettura" e se diventiamo certi che l'analisi della nostra esperienza cosciente ci fornisce conoscenza della "realtà esterna", allora è come se avessimo una "conoscenza diretta" di tale realtà esterna - e quindi in ultima analisi non è nemmeno più esterna. In questo "divenir certi", prendiamo conoscenza (in qualche modo) anche della realtà esterna e della relazione tra essa e il fenomeno. Nel tuo gergo il noumeno resterebbe "noumeno".

CitazioneSe non ci fosse nulla (di in sé) dietro l'esperienza fenomenica allora, poiché i fenomeni, contrariamente al nopumeno,esisterebbero comunque come qualcosa di reale e non come "nulla", fenomeno e noumeno non coinciderebbero: sarebbe palesemente contraddittorio il pretenderlo!

Nell' ultimo periodo confondi la materia (che é fenomeni, contenuti di coscienza; accanto a quelli mentali) con il noumeno o cosa in sé.
Sono perfettamente materiali anche i muri sognati (i qualia che li costituiscono sono perfettamente identici in linea d principio a quelli dei muri visti da svegli; di diverso da questi hanno unicamente la mancanza di intersoggettività).
Ammettere l' esistenza di oggetti in sé delle sensazioni fenomeniche (da essi ben diversi, reali anche se e quando quelle non lo sono) é diversa cosa dall' ammettere (in realtà constatare empiricamente la materia; che é costituita da fenomeni).

Usando i termini come li usi tu, sono totalmente d'accordo  ;)



CitazioneMa tu continui a confondere la cosa in sé o noumeno con la materia, il cui "esse est percipi" esattamente quanto l' "esse" della mente, essendo non cosa in sé ma invece sensazioni (fenomeni).


Direi che questo equivoco è stato superato.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#78
CitazioneApeiron:
Personalmente, concepisco la "corrispondenza biunivoca" in modo differente. Secondo me, invece, la corrispondenza biunivoca semplicemente è da concepirsi a livello soggettivo, ovvero ammettendo la possibilità che un soggetto riesca a capire pienamente la relazione fenomeno-noumeno. Cosa intendo con ciò? Il noumeno è un concetto-limite che introduciamo quando capiamo la natura della realtà fenomenica. Tuttavia non sappiamo se noumeno e realtà fenomenica coincidono (ovvero non sappiamo se è vero il realismo naive, l'idealismo, il solipsismo o quant'altro). Quello che sappiamo, però, è che vi è una relazione tra i due. Quale? il fenomeno è in pratica il noumeno-visto-da-noi. Quindi vi è una corrispondenza tra noumeno e fenomeno. Ed è "biunivoca" nel senso che a causa della nostra struttura mentale noi percepiamo il fenomeno e dobbiamo introdurre il noumeno mentre la mente "infallibile", di cui parlavo, "vede" il noumeno (e sa che nella nostra limitata condizione dobbiamo distinguerli). Però, questo è il massimo che possiamo dire, in realtà. Ergo, tra fenomeno e noumeno in realtà, per così dire, non c'è vera distinzione "ontologica". In realtà è una distinzione creata a causa della limitatezza delle nostre menti. Quindi, in ultima analisi, la distinzione tra fenomeno e noumeno si riconduce alla distinzione tra le nostre menti e quelle eventuali che conoscono la relazione tra fenomeno e noumeno.
Dire "ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondo unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre" è secondo me dire troppo, nel senso che assumi che il noumeno abbia determinate caratteristiche basandoti sull'osservazione fenomenica delle stesse.

Sgiombo:

Il noumeno non é il limite asintotico sempre avvicinabile mai raggiungibile della conoscenza dei fenomeni.Il noumeno (se c' é) é tutt' altra cosa dei fenomeni, é qualcosa di reale anche se e quando, allorché i fenomeni (per quanto perfettamente conosciuti siano, per quanto la loro conoscenza sia assoluta e integrale, oltre ogni limite di ignoranza ipotizzabile) non sono reali.Perciò sappiamo benissimo per logica elementare che noumeno e fenomeni (realtà fenomenica) non coincidono e non possono coincidere: sarebbe mostruosamente contraddittorio il pretenderlo!

Concordo... Ma per me "noumeno" è una congettura. Nel senso: abbiamo i fenomeni. Ci chiediamo. Essi "derivano" da qualcosa di esterno? Se pensiamo di "sì" allora i fenomeni non sono il "noumeno". Altrimenti, se rispondiamo di "no" (come fanno solipsismi e idealisti alla Berkeley) allora fenomeno e noumeno per me coincidono. Ovviamente, in ambo i casi, una volta conosciuto il "noumeno" e la sua relazione col fenomeno, il noumeno non è più una congettura. E quindi è un concetto che non serve più a niente.

Nella tua accezione del termine "noumeno", quanto dici ha perfettamente senso  :)



Citazione Apeiron;
Concordo che vi è una relazione tra i due. Quale? il fenomeno è in pratica il noumeno-visto-da-noi. Quindi vi è una corrispondenza tra noumeno e fenomeno. Ed è "biunivoca" nel senso che a causa della nostra struttura mentale noi percepiamo il fenomeno e dobbiamo introdurre il noumeno.

Sgiombo:
Ma nessuna mente, nemmeno ipotetica, per quanto infallibile e divina, potrebbe vedere il noumeno per il semplice fatto che il noumeno non si vede (né si percepisce coscientemente in alcun altro modo). Al limite un ipotetico Dio onnisciente (ipotesi a mio parere assai cervellotica) potrebbe conoscere,(sapere com' é) il noumeno, mai percepirlo sensibilmente per definizione.La distinzione fra fenomeni e noumeno é ontologica e del tutto indipendente dai nostri limiti mentali, in quanto si tratta di due ordini di enti-eventi tali che l' uno é reale anche se e quando, anche allorché l' altro non lo é (indipendentemente dall' eventuale realtà dell' altro o meno.Ma tu continui a confondere il noumeno con la perfetta conoscenza dei fenomeni.Postulo che ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondono unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre, e non lo ricavo da alcuna osservazione delle caratteristiche dei fenomeni (i quali sono tutt' altro che il noumeno: non ha senso, é autocontradittorio pretendere di parlare di determinate caratteristiche del noumeno basandoti sull'osservazione fenomenica delle stesse").E lo postulo onde spiegare l' intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti mente-cervello.

Mondo fenomenico e realtà-così-come-è non possono coincidere in alcun modo e in alcun senso; non potrebbero nemmeno se conoscessimo illimitatamente, perfettamente i fenomeni, dal momento che il noumeno é altra cosa dai fenomeni, reale anche allorché, se e quando i fenomeni (anche se fossero perfettamente conosciuti senza limite alcuno) non sono reali (e dunque identificarlo con essi sarebbe una plateale contraddizione).


Questo è un punto più complesso, in effetti. Come fa una mente a conoscere il noumeno senza averne percezione diretta? Nel tuo modello, quando apro gli occhi e vedo un albero, vedo sempre l'"albero fenomenico". L'albero noumenico è un oggetto esterno, che non potrò mai veramente conoscere e non potrò mai essere certo che esista.
Ora, se il noumeno non può mai essere "conosciuto empiricamente", come potrà una mente essere certa della sua esistenza? In fin dei conti, l'analisi dell'esperienza cosciente non può portare alla conclusione che tale "realtà esterna" ci sia o meno. Non è possibile nemmeno un approccio "puramente intellettuale", perché esso darebbe solo una teoria (che può essere corretta). Però, per avere conoscenza, si deve anche riuscire a verificare che la teoria è vera.
 Quindi si deve avere conoscenza empirica della - e quindi "osservare" la - realtà-così-come-è. Ciò non implica necessariamente che tale "realtà-così-come-è" non possa esistere in modo indipendente dalla mente che ne ha conoscenza empirica...in fin dei conti il realismo naive assume che la materia (nella tua accezione del termine) coincida con il noumeno (nella tua accezione) e nel caso del realismo naive, i fenomeni materiali sono indipendenti dalla nostra esistenza  :) 



CitazioneSgiombo:
Ma la scienza reale di fatto nega (senza necessariamente rendersene conto) il solipsismo pretendendo (giustamente, secondo me) l' intersoggettività delle sue osservazioni, esperimenti, conoscenze.

Anche in sogno si possono fare verifiche-falsificazioni sperimentali, ma allora non si tratta di scienza (casomai di sogni "scientifici", sogni di scienza").

Sgiombo:
Si, ma non si tratta della scienza di fatto reale.


Ok, anche qui concordiamo.

Rimane un punto controverso. Se c'è una "realtà esterna" di cui non è possibile avere conoscenza empirica, come può esserci certezza della sua esistenza?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Citazione di: sgiombo il 06 Settembre 2018, 19:23:02 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Settembre 2018, 23:11:05 PMSgiombo:
Ma nessuna mente, nemmeno ipotetica, per quanto infallibile e divina, potrebbe vedere il noumeno per il semplice fatto che il noumeno non si vede (né si percepisce coscientemente in alcun altro modo). Al limite un ipotetico Dio onnisciente (ipotesi a mio parere assai cervellotica) potrebbe conoscere,(sapere com' é) il noumeno, mai percepirlo sensibilmente per definizione.La distinzione fra fenomeni e noumeno é ontologica e del tutto indipendente dai nostri limiti mentali, in quanto si tratta di due ordini di enti-eventi tali che l' uno é reale anche se e quando, anche allorché l' altro non lo é (indipendentemente dall' eventuale realtà dell' altro o meno.Ma tu continui a confondere il noumeno con la perfetta conoscenza dei fenomeni.Postulo che ad un' unica e sola certa determinata situazione in sé corrispondono unicamente e solamente certe terminate situazioni fenomeniche (una per ciascuna coscienza) e non altre, e non lo ricavo da alcuna osservazione delle caratteristiche dei fenomeni (i quali sono tutt' altro che il noumeno: non ha senso, é autocontradittorio pretendere di parlare di determinate caratteristiche del noumeno basandoti sull'osservazione fenomenica delle stesse").E lo postulo onde spiegare l' intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti mente-cervello.

Mondo fenomenico e realtà-così-come-è non possono coincidere in alcun modo e in alcun senso; non potrebbero nemmeno se conoscessimo illimitatamente, perfettamente i fenomeni, dal momento che il noumeno é altra cosa dai fenomeni, reale anche allorché, se e quando i fenomeni (anche se fossero perfettamente conosciuti senza limite alcuno) non sono reali (e dunque identificarlo con essi sarebbe una plateale contraddizione).

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Ciao sgiombo,

lasciami chiarire la mia obiezione. Se il realismo diretto fosse vero, allora noi percepiremmo direttamente la "realtà-così-come-è" e quindi avremmo una "conoscenza empirica" o "diretta" della "realtà-così-come-è". Ora, tu dici che è una posizione problematica e postuli una "realtà-così-come-è" (che tu chiami anche noumeno) che è inconoscibile dall'esperienza empirica.

Abbiamo inoltre detto che, oltre all'esperienza diretta, anche l'inferenza applicata alla nostra esperienza non può "dimostrare" l'esistenza di tale "realtà". Per quanto diceva Kant (e qui, credo, concordiamo) una teoria puramente intellettuale (ovvero, non basata in alcun modo sull'esperienza) non può "dimostrare" che tale "realtà" ci sia (può fare al massimo un'ipotesi e tale ipotesi magari è giusta. Ma non può "dimostrare" o "verificare" tale ipotesi...).

A questo punto, però, tu assumi la possibilità di una mente che abbia conoscenza del noumeno. Ora, io interpreto la cosa nel senso che tale mente abbia "conoscenza certa" del noumeno e delle sue proprietà. Ora, se abbiamo stabilito che né l'esperienza diretta, né l'inferenza basata sull'esperienza e nemmeno un puro approccio intellettuale possono dare tale conoscenza, come giustifichi che una mente possa avere conoscenza certa del noumeno e delle sue proprietà? 

Secondo me, invece, l'unico modo per tornare i conti è che tale mente possa avere "conoscenza empirica" della "realtà-così-come-è", altrimenti tale mente dovrebbe affidarsi o all'inferenza basata sull'esperienza di un fenomeno supposto diverso dal noumeno o al puro intelletto. Ma abbiamo detto che né l'inferenza né il puro esercizio intellettuale può arrivare a dare una conoscenza certa (e non meramente ipotetica, anche se eventualmente corretta). Vista la difficoltà, ritengo che per tale mente la "realtà-vista-da-tale-mente" coincida con la "realtà-così-come-è". In sostanza, per tale mente deve valere il realismo diretto.

Ciao!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Ovviamente un altro modo per conoscere il noumeno sarebbe ascoltare la testimonianza di chi lo conosce, ovvero per fede. Ovviamente, però, in questo caso si potrebbe affermare che non si ha conoscenza diretta (e ovviamente non si spiega come la mente che ha conoscenza, conosca  ;D) ... Ma la conoscenza per fede, però, non è molto diversa da quella ipotetica (nel caso in cui, l'ipotesi descriva correttamente il noumeno). Ergo, senza conoscenza empirica non capisco come si possa avere conoscenza certa ;) infatti, tutti gli altri metodi ci forniscono solo ipotesi a cui facciamo affidamento (così come la fede non è altro che dare fiducia all'ipotesi che tale mente sia effettivamente a conoscenza del noumeno...). Ma senza conoscenza empirica, non abbiamo conoscenza diretta e quindi rimaniamo nella non-conoscenza ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Ciao Apeiron,
 
 
cercherò di precisare i punti di reciproca divergenza e di criticare il molto in cui dissento il più sinteticamente possibile, evitando il confronto "punto per punto", assai defatigante (per tutti, anche ammesso, in uno slancio di ottimismo forsennato, che a qualcun altro interessi la nostra discussione; mi sembra fra l' altro perfino di aver commesso qualche errore "tecnico" nei miei precedenti interventi, con taglie  ripetizioni indebiti che ho rinunciato a correggere per la complicatezza estrema della situazione).
 
 
Coscienza é sinonimo di esperienza cosciente (e di insieme – successione di fenomeni).
Ma non di mente, dal momento che l' esperienza cosciente (in generale, considerata in toto) comprende sia i dati di coscienza mentali (la mente: pensieri, ragionamenti, "stati d' animo", desideri, ecc. che per l' appunto esperiamo o avvertiamo "interiormente"), sia quelli materiali (sensazioni visive, uditive, tattili-propriocettive, olfattive, gustative, enterocettive, ecc., che esperiamo, avvertiamo "esteriormente").
 
Queste distinzioni lessicali mi sembrano indispensabili per intendersi e non cadere in confusione.
 
 
La mia definizione di materia é "quella parte dell' esperienza fenomenica cosciente che é misurabile e postulabile -e non: dimostrabile né tantomeno constatabile!- essere intersoggettiva" (in sostanza la cartesiana "res extensa", intesa però, a là Berkley e Hume e non a là Kant, e cioè come meramente fenomenica: insieme-successione di "dati di coscienza" -e non: di mente- reale non in sé ma unicamente in quanto tale, se e quando e fintanto che gli insiemi-successioni di sensazioni fenomeniche stessi che integralmente ed esclusivamente la costituiscono realmente accadono).
Dunque la materia non va confusa con il noumeno o cose in sé, reali (se lo sono, dal momento che questo non é dimostrabile razionalmente né tantomeno -per definizione- constatabile empiricamente) anche allorché, se e quando sensazioni fenomeniche (in generale e in particolare quelle materiali) non lo sono (il "materialismo", in quanto é "la posizione secondo cui la "realtà ultima" è materiale, nel senso di una realtà indipendente dall'esperienza cosciente" é falso, per il semplice motivo che la "realtà ultima -noumeno o cose in sé; se realmente esiste- per definizione non é fenomenica, non appare alla coscienza, né come pensiero -anche l' idealismo é altrettanto falso!- né come materia).
Ed essendo la "materia" costituita (unicamente, nella sua integralità) da sensazioni coscienti o fenomeni (e nient' altro) e inoltre caratterizzata, in alternativa all' altrettanto fenomenico pensiero o mente, dalla misurabilità (oltre che postulabile ma indimostrabile e inconstatabile empiricamente intersoggettività) dei suoi "ingredienti" o "dati", allora anche la materia sognata e allucinatoriamente percepita ne fa parte a pieno titolo: é altrettanto misurabile e postulabile (ma indimostrabile e inconstatabile empiricamente) essere intersoggettiva di quella "autenticamente percepita", della quale sola peraltro di fatto postuliamo l' intersoggettività. Il fatto che non la postuliamo di fatto di quella onirica o allucinatoria é un elemento di diversità, ma non le impedisce di essere comunque postulabile altrettanto di quella "autenticamente percepita": la differenza che postuliamo é che nel caso di quest' ultima esistano reamente anche corrispondenti cose in sé che ne sono "oggetti" -e conseguentemente essa é da chiunque constatabile purché osservi adeguatamente, ovvero intersoggettiva- mentre nel caso della prima esistono solamente le determinate condizioni della cosa in sé "soggetto" corrispondenti all' esistenza di essa nell' esperienza cosciente ad esso "correlata", del tutto simili a quelle che accadono quando é in determinate relazioni con determinate cose in sé "oggetto di sensazione fenomenica", ma senza che lo sia: e infatti in questo caso (di allucinazioni o sogni) questa cosa in sé "soggetto" può manifestarsi a chiunque fenomenicamente, in qualità di "oggetto" di sensazioni fenomeniche materiali intersoggettive, come un determinato stato cerebrale -precisamente: corticale- del tutto identico a quello corrispondente alla sensazione "autentica" delle medesime "cose materiali" salvo il fatto di essere conseguente ad altri processi neurofisiologici -"endogeni"- diversi da quelli solitamente causati dalla sensazione di tali "cose materiali" stesse): la differenza nei due casi non riguarda minimamente la (materia fenomenica: sensazioni) ma solo le cose in sé o noumeno che ne sarebbe oggetto, realmente esistenti nel caso delle sensazioni "autentiche" ma non in quello delle sensazioni oniriche o allucinatorie.
Dunque i sogni e le allucinazioni dimostrano che non possiamo utilizzare la "tangibilità" delle cose materiali nella nostra esperienza per dedurre l'esistenza reale di cose in sé che ne siano "oggetto" (nel qual caso le sensazioni -o fenomeni- "autentiche" costituenti la materia sarebbero postulate essere intersoggettive).
Per il materialista noumeno e materia coincidono solo perché ipostatizza indebitamente le sensazioni materiali fraintendendole (falsamente) come cose in sé reali indipendentemente dal fatto che le si senta fenomenicamente nell'ambito di un' esperienza cosciente.
 
 
Il solipsismo non é superabile razionalmente (per deduzione analitica a priori né per constatazione empirica sintetica a posteriori), ma solo irrazionalmente, abbracciando una credenza arbitraria, per fede.
 
 
Il rapporto causa-effetto può essere utilizzato anche per i fenomeni mentali, limitatamente al fatto che, per esempio, possiamo descrivere l'insorgenza di tali fenomeni come causata da altri (per esempio, siamo arrabbiati a causa di...) solo in senso "lato", approssimativo, non rigoroso, non del tutto appropriato secondo me, dal momento che la non misurabilità dei fenomeni mentali stessi impedisce la formulazione di leggi del divenire espresse da equazioni algebriche attraverso le quali fare calcoli precisi e sicuri sui rapporti di coesistenza-successione causale fra tali eventi (fenomenici coscienti). Dunque questo ci dice che il fenomeno "mentale" rabbia tende vagamente, approssimativamente ad insorgere in determinate condizioni, ma non ci consente di calcolarle con sicurezza.
Le proprietà dell'aspetto materiale della nostra esperienza (ovvero dei fenomeni materiali), delle quali solo la scienza a priori (nel senso di "inevitabilmente per definizione", non di "per deduzioni analitiche") ci può parlare (ovvero: la materia) sono solo ed unicamente fenomeni e non cose in sé.
 
 
La coscienza ha cognizione (meglio: comprende i) sia dei contenuti mentali (ricordi, immagini mentali, emozioni, concetti...) che di quelli materiali (corpo, righelli...). Dunque se attribuiamo tutto ciò alla "mente" facciamo confusione identificando indebitamente anche i contenuti fenomenici coscienti materiali con "il mentale".
 
 
"L'oggetto della consapevolezza" (delle sensazioni coscienti, distinto da queste in quanto reale indipendentemente da esse) non può essere né materiale né mentale, dal momento che é cosa in sé o noumeno (casomai possono essere sia materiali che mentali i "contenuti" o "dati" -fenomenici!- della consapevolezza).
 
Il noumeno (se c'é) é per definizione integralmente indipendente dalla nostra coscienza: che vediamo l' albero o meno, la cosa in sé tale che allorché essa stessa -in qualità di "oggetto di sensazione cosciente"- é in determinati rapporti "estrinseci" con un' altra cosa in se "soggetto di sensazioni coscienti" in quest' ultima avvengono determinati eventi che corrispondono alla visione dell' albero nell' ambito dell' esperienza fenomenica cosciente che le corrisponde o "le é propria", é comunque reale (indipendentemente dall' eventuale caso che si trovi ad essere "oggetto di esperienza cosciente" o meno).
Chiaramente, per un "fenomenalista" siccome non c'è una realtà "dietro" (o meglio: oltre) ai fenomeni, noumeno e fenomeno non coincidono, il secondo essendo reale, il primo no: sarebbe contraddittorio il pretenderlo!
Per me (e credo per tutti) il fenomenalista non ammette noumeno.
 
 
Concordo che "Nessuno può negare che ci sono apparenze. Tuttavia, ci è naturale chiederci se queste apparenze "derivino" da una realtà esterna (alla coscienza di cui fanno parte) o meno. Ora, le apparenze le chiamiamo "fenomeno". Se c'è una realtà esterna, i fenomeni sono una sorta di "rappresentazione" di tale realtà (e non affatto: tale realtà). Si introduce quindi il noumeno, intendendo con questa parola la "realtà ultima" in sé, reale, indipendente dai fenomeni (di cui fosse eventualmente manifestazione cosciente o meno).
Ma Se è vero il il materialismo (e non: il realismo) allora (autocontraddittoriamente) il fenomeno è il noumeno, reale anche indipendentemente dalle eventuali sensazioni coscienti; invece se é vero il realismo, allora il fenomeno éuna mera rappresentazione del noumeno, il quale é reale in sé, anche indipendentemente da essa. Se, invece, è vero il fenomenismo il fenomeno non è (autocontraddittoriamente) il noumeno, visto che non c'è una realtà "ultima" dietro ai fenomeni, indipendente da essi, ovvero: non c' é il noumeno, mentre il fenomeno c'é.
Un "concetto-limite" perché di natura provvisoria non può riferirsi alla conoscenza empirica del noumeno, che per definizione non può mai darsi, né provvisoriamente né definitivamente, né parzialmente, approssimativamente, limitatamente, "imperfettamente", né integralmente, "perfettamente", ma solo alla conoscenza empirica (in generale, e in particolare scientifica) dei fenomeni (che la scienza non può assolutamente superare per attingere alle cose in sé).
 
 
l'analisi della nostra esperienza cosciente non può fornirci alcuna conoscenza della "realtà esterna" (cose in sé, noumeno), dunque non é possibile alcuna una "conoscenza diretta" di tale realtà esterna -che infatti non sarebbe -autocontraddittoriamente- nemmeno più esterna alla nostra esperienza cosciente.
E' dunque assolutamente impossibile "divenir certi", prendere conoscenza (in qualche modo) anche della realtà esterna e della relazione tra essa e il fenomeno (si possono solo fare congetture ed eventualmente crederle vere per fede).
 
 
Anche per me me "noumeno" è una congettura. Nel senso: abbiamo i fenomeni. Ci chiediamo. Essi "derivano" da qualcosa di esterno? Se pensiamo di "sì" allora i fenomeni non sono il "noumeno". Altrimenti, se rispondiamo di "no" (come fanno solipsismi e idealisti alla Berkeley) allora fenomeno e noumeno non coincidono affatto: infattiil primo é reale, il secondo no. Ovviamente, in ambo i casi il noumeno e la sua relazione col fenomeno (in quanto tali, per ciò in cui consistono: dunque in nulla nel secondo caso), non sono che congetture indimostrabili, credibili solo per fede. Ma non per questo è un concetto che non serve più a niente: serve (se si é realisti) egregiamente per comprendere l' intersoggettività dei fenomeni materiali e i rapporti coscienza- cervello.
 
 
Poiché il noumeno non può mai essere conosciuto empiricamente (né dimostrato logicamente), una mente (meglio: una coscienza; meglio ancora: un soggetto cosciente) non potrà mai essere certa della sua esistenza: potrà solo crederla arbitrariamente, per fede.
In fin dei conti, l'analisi dell'esperienza cosciente non può portare alla conclusione che tale "realtà esterna" ci sia o meno. Non è possibile nemmeno un approccio "puramente intellettuale", perché esso darebbe solo una teoria (delle ipotesi non provate; che può essere corretta: potrebbe essere vera o anche falsa).
Infatti per avere conoscenza certa, si deve anche riuscire a verificare che la teoria è vera.
Ma pretendere di avere conoscenza empirica della -e quindi "osservare" la - realtà-così-come-è é una patente autocontraddizione. Ciò non implica necessariamente che tale "realtà-così-come-è" non possa esistere in modo indipendente dalla mente che ne nonne ha conoscenza empirica ...in fin dei conti il realismo naive assume falsamente ed autocontraddittoriamente che la materia (nella tua accezione del termine) coincida con il noumeno (nella tua accezione) e nel caso del realismo naive, i fenomeni materiali sono  falsamente ed autocontraddittoriamente indipendenti dalla nostra esistenza.
Se c'è (come credo arbitrariamente, per fede) una "realtà esterna" (alla coscienza: cioè delle cose in sé o noumeno) di cui non è possibile avere conoscenza empirica, non può in alcun modo esserci certezza della sua esistenza (dal momento che nemmeno é è possibile averne dimostrazione logica).

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 08 Settembre 2018, 13:02:30 PM
CitazioneOvviamente un altro modo per conoscere il noumeno sarebbe ascoltare la testimonianza di chi lo conosce, ovvero per fede. Ovviamente, però, in questo caso si potrebbe affermare che non si ha conoscenza diretta (e ovviamente non si spiega come la mente che ha conoscenza, conosca  ;D) ... Ma la conoscenza per fede, però, non è molto diversa da quella ipotetica (nel caso in cui, l'ipotesi descriva correttamente il noumeno). Ergo, senza conoscenza empirica non capisco come si possa avere conoscenza certa ;) infatti, tutti gli altri metodi ci forniscono solo ipotesi a cui facciamo affidamento (così come la fede non è altro che dare fiducia all'ipotesi che tale mente sia effettivamente a conoscenza del noumeno...). Ma senza conoscenza empirica, non abbiamo conoscenza diretta e quindi rimaniamo nella non-conoscenza ;)

Ma come potrebbe mai sensatamente (non autocontraddittoriamente) darsi che qualcuno (ma non una "mente", bensì un soggetto di esperienza cosciente in generale e in particolare nel suo ambito di conoscenza) conoscesse il noumeno dal momento che quest' ultimo "assolutamente", per chiunque sia soggetto di coscienza e di conoscenza non é per definizione rilevabile empiricamente nell' ambito della coscienza stessa (propria di chiunque; cioé non lo é nella coscienza di nessuno), e nemmeno é dimostrabile esistere realmente per inferenza logica ? ? ?

Ma infatti ripeto ancora che la conoscenza dell' esistenza reale del noumeno non é e non può essere certa: non si constata empiricamente, non si inferisce logicamente, la si può soltanto credere arbitrariamente, infondatamente, letteralmente "per fede".

Apeiron

Ciao sgiombo,


Citazionecercherò di precisare i punti di reciproca divergenza e di criticare il molto in cui dissento il più sinteticamente possibile, evitando il confronto "punto per punto", assai defatigante (per tutti, anche ammesso, in uno slancio di ottimismo forsennato, che a qualcun altro interessi la nostra discussione; mi sembra fra l' altro perfino di aver commesso qualche errore "tecnico" nei miei precedenti interventi, con taglie ripetizioni indebiti che ho rinunciato a correggere per la complicatezza estrema della situazione).


Grazie per il tuo sforzo, l'ho molto gradito ;)



CitazioneCoscienza é sinonimo di esperienza cosciente (e di insieme – successione di fenomeni).

CitazioneMa non di mente, dal momento che l' esperienza cosciente (in generale, considerata in toto) comprende sia i dati di coscienza mentali (la mente: pensieri, ragionamenti, "stati d' animo", desideri, ecc. che per l' appunto esperiamo o avvertiamo "interiormente"), sia quelli materiali (sensazioni visive, uditive, tattili-propriocettive, olfattive, gustative, enterocettive, ecc., che esperiamo, avvertiamo "esteriormente").

Citazione

CitazioneQueste distinzioni lessicali mi sembrano indispensabili per intendersi e non cadere in confusione.

Citazione

Citazione

CitazioneLa mia definizione di materia é "quella parte dell' esperienza fenomenica cosciente che é misurabile e postulabile -e non: dimostrabile né tantomeno constatabile!- essere intersoggettiva" (in sostanza la cartesiana "res extensa", intesa però, a là Berkley e Hume e non a là Kant, e cioè come meramente fenomenica: insieme-successione di "dati di coscienza" -e non: di mente- reale non in sé ma unicamente in quanto tale, se e quando e fintanto che gli insiemi-successioni di sensazioni fenomeniche stessi che integralmente ed esclusivamente la costituiscono realmente accadono)


OK, mi piace la tua definizione di materia. Non sono d'accordo con quelle di mente e coscienza, come ho già spiegato. Ma cercherò di usare le tue definizioni per non fare confusione! Comunque, sono totalmente d'accordo sulla materia, dopo questa precisazione. 



CitazionePer il materialista noumeno e materia coincidono solo perché ipostatizza indebitamente le sensazioni materiali fraintendendole (falsamente) come cose in sé reali indipendentemente dal fatto che le si senta fenomenicamente nell'ambito di un' esperienza cosciente.


OK, concordo.  Penso per un motivo diverso dal tuo, però. 



CitazioneIl solipsismo non é superabile razionalmente (per deduzione analitica a priori né per constatazione empirica sintetica a posteriori), ma solo irrazionalmente, abbracciando una credenza arbitraria, per fede.

Citazione

Citazione

CitazioneIl rapporto causa-effetto può essere utilizzato anche per i fenomeni mentali, limitatamente al fatto che, per esempio, possiamo descrivere l'insorgenza di tali fenomeni come causata da altri (per esempio, siamo arrabbiati a causa di...) solo in senso "lato", approssimativo, non rigoroso, non del tutto appropriato secondo me, dal momento che la non misurabilità dei fenomeni mentali stessi impedisce la formulazione di leggi del divenire espresse da equazioni algebriche attraverso le quali fare calcoli precisi e sicuri sui rapporti di coesistenza-successione causale fra tali eventi (fenomenici coscienti). Dunque questo ci dice che il fenomeno "mentale" rabbia tende vagamente, approssimativamente ad insorgere in determinate condizioni, ma non ci consente di calcolarle con sicurezza.

CitazioneLe proprietà dell'aspetto materiale della nostra esperienza (ovvero dei fenomeni materiali), delle quali solo la scienza a priori (nel senso di "inevitabilmente per definizione", non di "per deduzioni analitiche") ci può parlare (ovvero: la materia) sono solo ed unicamente fenomeni e non cose in sé


Sono sostanzialmente d'accordo. 

Citazione
CitazioneIl noumeno (se c'é) é per definizione integralmente indipendente dalla nostra coscienza: che vediamo l' albero o meno, la cosa in sé tale che allorché essa stessa -in qualità di "oggetto di sensazione cosciente"- é in determinati rapporti "estrinseci" con un' altra cosa in se "soggetto di sensazioni coscienti" in quest' ultima avvengono determinati eventi che corrispondono alla visione dell' albero nell' ambito dell' esperienza fenomenica cosciente che le corrisponde o "le é propria", é comunque reale (indipendentemente dall' eventuale caso che si trovi ad essere "oggetto di esperienza cosciente" o meno).
CitazioneChiaramente, per un "fenomenalista" siccome non c'è una realtà "dietro" (o meglio: oltre) ai fenomeni, noumeno e fenomeno non coincidono, il secondo essendo reale, il primo no: sarebbe contraddittorio il pretenderlo!
CitazionePer me (e credo per tutti) il fenomenalista non ammette noumeno.


A questo punto, forse nemmeno per me esiste il noumeno per come lo intendi tu. Per me, infatti, l'inconoscibilita del noumeno è problematica visto che noi ipotizziamo il noumeno per spiegare le apparenze. Ma se ammettiamo che il noumeno sia in qualche modo legato al fenomeno allora, se conoscessimo esattamente la natura del fenomeno secondo me avremmo anche una parziale conoscenza del noumeno (se c'è). Nota che non è necessaria l'onniscienza ma una comprensione corretta del fenomeno per arrivare ad una comprensione parziale del noumeno. Il problema della tua teoria è che non ammette una verifica, nemmeno in linea di principio. Abbiamo concordato che l'unica conoscenza certa è data da quella empirica. Quindi una conoscenza anche parziale del noumeno (se c'è) che ci permette di comprendere in pieno il fenomeno è di natura empirica. Ovviamente, la conoscenza completa del fenomeno potrebbe anche dirci che non c'è noumeno. 

Tuttavia, non riesco a capire il motivo per cui una cosa che esiste indipendentemente dalla nostra coscienza non può essere oggetto di conoscenza empirica (seppur parziale). Mi dirai: se lo fosse, sarebbe un fenomeno perché i fenomeni formano la nostra esperienza cosciente... Non mi convince, in realtà. Ma nemmeno con una trasformazione della coscienza? Capisco che per la tua definizione, il noumeno non può essere oggetto di conoscenza empirica. Ma la mia posizione è che dall'indipendenza ontologica non segue necessariamente l'inconoscibilita totale. 

Non sarai d'accordo. Ma forse dobbiamo concordare di dissentire :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 09 Settembre 2018, 09:43:21 AM
A questo punto, forse nemmeno per me esiste il noumeno per come lo intendi tu. Per me, infatti, l'inconoscibilita del noumeno è problematica visto che noi ipotizziamo il noumeno per spiegare le apparenze. Ma se ammettiamo che il noumeno sia in qualche modo legato al fenomeno allora, se conoscessimo esattamente la natura del fenomeno secondo me avremmo anche una parziale conoscenza del noumeno (se c'è). Nota che non è necessaria l'onniscienza ma una comprensione corretta del fenomeno per arrivare ad una comprensione parziale del noumeno. Il problema della tua teoria è che non ammette una verifica, nemmeno in linea di principio. Abbiamo concordato che l'unica conoscenza certa è data da quella empirica. Quindi una conoscenza anche parziale del noumeno (se c'è) che ci permette di comprendere in pieno il fenomeno è di natura empirica. Ovviamente, la conoscenza completa del fenomeno potrebbe anche dirci che non c'è noumeno.

Tuttavia, non riesco a capire il motivo per cui una cosa che esiste indipendentemente dalla nostra coscienza non può essere oggetto di conoscenza empirica (seppur parziale). Mi dirai: se lo fosse, sarebbe un fenomeno perché i fenomeni formano la nostra esperienza cosciente... Non mi convince, in realtà. Ma nemmeno con una trasformazione della coscienza? Capisco che per la tua definizione, il noumeno non può essere oggetto di conoscenza empirica. Ma la mia posizione è che dall'indipendenza ontologica non segue necessariamente l'inconoscibilita totale.

Non sarai d'accordo. Ma forse dobbiamo concordare di dissentire :)

Credo anch' io che dobbiamo concordare di dissentire.

Se ammettiamo che il noumeno sia in qualche modo legato al fenomeno allora, se conoscessimo esattamente la natura del fenomeno (anche senza che sia necessaria l'onniscienza ma solo una limitata comprensione corretta del fenomeno) secondo me non avremmo affatto alcuna conoscenza, nemmeno parziale del noumeno, che é tutt' altra cosa.
Dunque una conoscenza anche parziale del noumeno (se c'è) innanzitutto é impossibile per via empirica per definizione; inoltre, anche ammesso e non concesso, non ci ci permetterebbe affatto di comprendere in pieno il fenomeno.
E parimenti la conoscenza completa del fenomeno non potrebbe assolutamente anche dirci se c' é o non c'è noumeno.

Dall'indipendenza ontologica non segue necessariamente l' inconoscibilita totale (e infatti se parliamo del noumeno qualcosa ne dobbiamo pur sapere); ma dall' essere (per definizione) qualcosa di reale indipendentemente dalle sensazioni fenomeniche, che esiste-diviene realmente anche se e quando le sensazioni fenomeniche non sono reali, e dunque é diverso -altra "cosa"-da qualsiasi (insieme - successione di) sensazione fenomenica segue necessariamente la sua inconoscibilità empirica (ne é ammissibile una eventuale limitata conoscibilità puramente congetturale)

Il fatto che la mia teoria non ammette una verifica, nemmeno in linea di principio, non é per niente un problema: si tratta di filosofia, non di scienza empirica!

Secondo me la sua forza sta nel fatto che non si trovano a mio modesto parere soluzioni migliori (per forza ipotetiche) delle questioni dei rapporti cervello-coscienza e dell' intersoggettività delle sensazioni fenomeniche materiali.

Apeiron

#85
@sgiombo,

anche se rimaniamo su due posizioni diverse abbiamo varie convergenze. Inoltre, è stato un vero piacere per me questa discussione  :)

Scrivi:
CitazioneIl fatto che la mia teoria non ammette una verifica, nemmeno in linea di principio, non é per niente un problema: si tratta di filosofia, non di scienza empirica!

Certo! Era solo che:

CitazioneSe ammettiamo che il noumeno sia in qualche modo legato al fenomeno allora, se conoscessimo esattamente la natura del fenomeno (anche senza che sia necessaria l'onniscienza ma solo una limitata comprensione corretta del fenomeno) secondo me non avremmo affatto alcuna conoscenza, nemmeno parziale del noumeno, che é tutt' altra cosa.
Dunque una conoscenza anche parziale del noumeno (se c'è) innanzitutto é impossibile per via empirica per definizione; inoltre, anche ammesso e non concesso, non ci ci permetterebbe affatto di comprendere in pieno il fenomeno.
E parimenti la conoscenza completa del fenomeno non potrebbe assolutamente anche dirci se c' é o non c'è noumeno.

se, ad esempio, diciamo che il fenomeno "appare" (perdona la rindondanza, ma voglio fare il pignolo  ;D ) in dipendenza da una "realtà" indipendente dalla nostra coscienza (noumeno), allora secondo me se fosse possibile una conoscenza completa del fenomeno, tale conoscenza ci darebbe una conoscenza parziale anche del noumeno (visto che tra le varie "proprietà" del fenomeno, vi è quella che appare in dipendenza da una realtà indipendente dalla nostra coscienza). Inoltre, visto che l'inferenza applicata all'esperienza, la "fede" e la speculazione intellettuale non ci danno alcuna conoscenza del noumeno, risulta necessariamente (secondo me) che non è nemmeno conoscere in modo certo totalmente il fenomeno (visto che sapere "che appare in dipendenza dal noumeno" implica che si conosca anche il noumeno)  ;)  A meno che, tale conoscenza non venga in modo empirico. Ma questo ci porta al "paradosso" (?) che il noumeno (se c'è) possa essere conosciuto empiricamente (ammetto che non sono sicurissimo che sia possibile!). Ovviamente, anche la posizione secondo cui non c'è una realtà indipendente (fenomenalismo) è da "verificare" (per avere la certezza che sia vera). E nuovamente, l'unica verifica possibile è data da una conoscenza completa (che in questo caso escluderebbe il "noumeno"). La mia posizione è che una conoscenza completa dei fenomeni sia in linea di principio possibile. Ma è un'assunzione abbastanza arbitraria. E sono dell'idea (e anche qui forse sbaglio) che per quanto detto sopra, tale conoscenza ci potrebbe dare informazioni sul "noumeno" (anche in senso "negativo", ovvero confermando la sua eventuale non-esistenza).

CitazioneIl fatto che la mia teoria non ammette una verifica, nemmeno in linea di principio, non é per niente un problema: si tratta di filosofia, non di scienza empirica!

Secondo me la sua forza sta nel fatto che non si trovano a mio modesto parere soluzioni migliori (per forza ipotetiche) delle questioni dei rapporti cervello-coscienza e dell' intersoggettività delle sensazioni fenomeniche materiali.

Capito! Rispetto la tua teoria  ;)

P.S. Ah, perdona la formattazione orrenda del mio post precedente. L'ho scritto con il telefono e abbastanza frettolosamente  :)

Modifica: ad essere pignoli l'eventuale conoscenza completa del fenomeno non dimostrerebbe, nel caso in cui si stabilisse che il fenomeno non "appare" in dipendenza di una realtà indipendente ("noumeno"), strettamente parlando " la posizione secondo cui non c'è una realtà indipendente (fenomenalismo)" ma solo che i fenomeni appaiono senza il "supporto" di tale "realtà indipendente". Ovviamente, ciò non toglie che ci possa essere una realtà indipendente ma completamente slegata dai fenomeni (e quindi anche dalle coscienze ecc) - ovvero senza alcuna relazione con fenomeni e coscienze ecc.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 09 Settembre 2018, 19:14:10 PM
@sgiombo,

anche se rimaniamo su due posizioni diverse abbiamo varie convergenze. Inoltre, è stato un vero piacere per me questa discussione  :)
CitazioneAnche da parte mia.

CitazioneSe ammettiamo che il noumeno sia in qualche modo legato al fenomeno allora, se conoscessimo esattamente la natura del fenomeno (anche senza che sia necessaria l'onniscienza ma solo una limitata comprensione corretta del fenomeno) secondo me non avremmo affatto alcuna conoscenza, nemmeno parziale del noumeno, che é tutt' altra cosa.
Dunque una conoscenza anche parziale del noumeno (se c'è) innanzitutto é impossibile per via empirica per definizione; inoltre, anche ammesso e non concesso, non ci ci permetterebbe affatto di comprendere in pieno il fenomeno.
E parimenti la conoscenza completa del fenomeno non potrebbe assolutamente anche dirci se c' é o non c'è noumeno.

se, ad esempio, diciamo che il fenomeno "appare" (perdona la rindondanza, ma voglio fare il pignolo  ;D ) in dipendenza da una "realtà" indipendente dalla nostra coscienza (noumeno), allora secondo me se fosse possibile una conoscenza completa del fenomeno, tale conoscenza ci darebbe una conoscenza parziale anche del noumeno (visto che tra le varie "proprietà" del fenomeno, vi è quella che appare in dipendenza da una realtà indipendente dalla nostra coscienza). Inoltre, visto che l'inferenza applicata all'esperienza, la "fede" e la speculazione intellettuale non ci danno alcuna conoscenza del noumeno, risulta necessariamente (secondo me) che non è nemmeno conoscere in modo certo totalmente il fenomeno (visto che sapere "che appare in dipendenza dal noumeno" implica che si conosca anche il noumeno)  ;)  A meno che, tale conoscenza non venga in modo empirico. Ma questo ci porta al "paradosso" (?) che il noumeno (se c'è) possa essere conosciuto empiricamente (ammetto che non sono sicurissimo che sia possibile!). Ovviamente, anche la posizione secondo cui non c'è una realtà indipendente (fenomenalismo) è da "verificare" (per avere la certezza che sia vera). E nuovamente, l'unica verifica possibile è data da una conoscenza completa (che in questo caso escluderebbe il "noumeno"). La mia posizione è che una conoscenza completa dei fenomeni sia in linea di principio possibile. Ma è un'assunzione abbastanza arbitraria. E sono dell'idea (e anche qui forse sbaglio) che per quanto detto sopra, tale conoscenza ci potrebbe dare informazioni sul "noumeno" (anche in senso "negativo", ovvero confermando la sua eventuale non-esistenza).
CitazioneNon vedo alcuna consequenzialità logica fra l' ammettere che il fenomeno appare  in dipendenza da una realtà indipendente dalla nostra coscienza (noumeno), e la pretesa che allora se fosse possibile una conoscenza completa del fenomeno, tale conoscenza ci darebbe una conoscenza parziale anche del noumeno; (che tra le varie "proprietà" del fenomeno, se realmente esiste, vi è quella che appare in dipendenza da una realtà indipendente dalla nostra coscienza già lo sappiamo a priori, indipendentemente da quale che sia la completezza della nostra conoscenza dei fenomeni). 



Modifica: ad essere pignoli l'eventuale conoscenza completa del fenomeno non dimostrerebbe, nel caso in cui si stabilisse che il fenomeno non "appare" in dipendenza di una realtà indipendente ("noumeno"), strettamente parlando " la posizione secondo cui non c'è una realtà indipendente (fenomenalismo)" ma solo che i fenomeni appaiono senza il "supporto" di tale "realtà indipendente". Ovviamente, ciò non toglie che ci possa essere una realtà indipendente ma completamente slegata dai fenomeni (e quindi anche dalle coscienze ecc) - ovvero senza alcuna relazione con fenomeni e coscienze ecc.
Citazionel'eventuale conoscenza completa del fenomeno non consentirebbe di stabilire se il fenomeno non "appare" in dipendenza di una realtà indipendente ("noumeno") (fenomenalismo) né il contrario: i fenomeni potrebbero anche apparire (0 essere reali) senza il "supporto" di tale "realtà indipendente (la cui esistenza credo per fede, non perché sia dimostrata né dimostrabile né tantomeno -per definizione- constatabile empiricamente.

Concordo che Ovviamente, ciò non toglie che ci possa essere una realtà indipendente ma completamente slegata dai fenomeni (e quindi anche dalle coscienze ecc) - ovvero senza alcuna relazione con fenomeni e coscienze ecc. (é un' ipotesi non autocontraddittoria, dunque pensabile sensatissimamente).

Apeiron

@sgiombo,


Citazionel'eventuale conoscenza completa del fenomeno non consentirebbe di stabilire se il fenomeno non "appare" in dipendenza di una realtà indipendente ("noumeno") (fenomenalismo) né il contrario: i fenomeni potrebbero anche apparire (0 essere reali) senza il "supporto" di tale "realtà indipendente (la cui esistenza credo per fede, non perché sia dimostrata né dimostrabile né tantomeno -per definizione- constatabile empiricamente.

Credo che qui ci sia il nostro punto di dissenso. Per me, una completa e certa conoscenza del fenomeno significa sapere con certezza tutte le sue proprietà. Tra queste vi è, secondo me, l'apparire (o meno) in dipendenza dal "noumeno". Ergo, credo che se ammettiamo che possiamo conoscere completamente il fenomeno dobbiamo anche ammettere che è possibile conoscere se esso appare (o meno) in dipendenza dal noumeno. 

Visto che tale "conoscenza certa" del fenomeno implica anche una conoscenza certa (può anche essere parziale ma deve essere certa) del noumeno (in particolare, come minimo, o si constata la sua presenza o la sua assenza) e siccome l'inferenza dall'esperienza, la "fede" e la speculazione non possono dare tale conoscenza, l'unica via è l'esperienza diretta. 

Se non si ammette che empiricamente non si può sapere se vi è il noumeno o meno, allora secondo me non è possibile avere una conoscenza completa del fenomeno.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 11 Settembre 2018, 18:39:14 PM
@sgiombo,


Citazionel'eventuale conoscenza completa del fenomeno non consentirebbe di stabilire se il fenomeno non "appare" in dipendenza di una realtà indipendente ("noumeno") (fenomenalismo)né il contrario: i fenomeni potrebbero anche apparire (0 essere reali) senza il "supporto" di tale "realtà indipendente (la cui esistenza credo per fede, non perché sia dimostrata né dimostrabile né tantomeno -per definizione- constatabile empiricamente.

Credo che qui ci sia il nostro punto di dissenso. Per me, una completa e certa conoscenza del fenomeno significa sapere con certezza tutte le sue proprietà. Tra queste vi è, secondo me, l'apparire (o meno) in dipendenza dal "noumeno". Ergo, credo che se ammettiamo che possiamo conoscere completamente il fenomeno dobbiamo anche ammettere che è possibile conoscere se esso appare (o meno) in dipendenza dal noumeno.
Citazione
Ma questo lo sappiamo già a priori, per definizione, anche conoscendo poco o nulla del fenomeno (non é mai stato in dubbio).

Quello che mi sembra evidente che tu pretendi e che io nego recisamente é che il noumeno possa identificarsi col (concetto-limite di) fenomeno "perfettamente conosciuto", il che é un' evidente contraddizione, cioé la pretesa di identificare ciò che non é reale (il fenomeno sia pur "perfettamente conosciuto" allorché non accade in quanto tale) con ciò che é reale (il noumeno anche allorché il fenomeno, fosse pure "perfettamente conosciuto, non accade).

Visto che tale "conoscenza certa" del fenomeno implica anche una conoscenza certa (può anche essere parziale ma deve essere certa) del noumeno (in particolare, come minimo, o si constata la sua presenza o la sua assenza) e siccome l'inferenza dall'esperienza, la "fede" e la speculazione non possono dare tale conoscenza, l'unica via è l'esperienza diretta.
CitazioneQualsiasi certezza e qualsiasi conoscenza sul noumeno può aversi unicamente per fede; pretendere di conseguirla per esperienza diretta significa cadere in una platealissima contraddizione (vedi sopra).

Se non si ammette che empiricamente non si può sapere se vi è il noumeno o meno, allora secondo me non è possibile avere una conoscenza completa del fenomeno.
CitazioneMa nessuno che non sia affetto da delirio di onniscenza ha mai preteso di avere una conoscenza completa dei fenomeni (a parte il fatto che che non si possa empiricamente sapere se vi è il noumeno o meno non lo devo certo "ammettere", dal momento che é quanto ho sempre sostenuto).

Apeiron

#89
Ciao @sgiombo,


CitazioneMa nessuno che non sia affetto da delirio di onniscenza ha mai preteso di avere una conoscenza completa dei fenomeni (a parte il fatto che che non si possa empiricamente sapere se vi è il noumeno o meno non lo devo certo "ammettere", dal momento che é quanto ho sempre sostenuto).

Intendevo dire che una conoscenza completa è "logicamente possibile", non che "pretendo di averla".

CitazioneQualsiasi certezza e qualsiasi conoscenza sul noumeno può aversi unicamente per fede; pretendere di conseguirla per esperienza diretta significa cadere in una platealissima contraddizione (vedi sopra).

Va bene... come dicevo, non tutto ciò che è indipendente dalla nostra coscienza, secondo me, è inconoscibile. Ovvero, credo che il tuo concetto di "noumeno" sia troppo restrittivo. Ma ovviamente "secondo me"  ;)

Però, non penso di portare argomentazioni a mio favore migliori di quelle che ho portato...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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