La coscienza degli animali.

Aperto da Socrate78, 20 Aprile 2021, 23:01:03 PM

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Socrate78

Secondo voi gli animali hanno un grado di consapevolezza nelle loro azioni e nei loro atteggiamenti e comportamenti o sono più che altro puro istinto? A mio avviso la coscienza è presente, sia pure ad un livello meno evoluto rispetto al nostro, anche negli animali, i loro versi che a noi sembrano puri versi senza significato in realtà hanno un ben preciso senso nelle dinamiche di branco, hanno il significato di attacco, obbedienza al capobranco, divisione in gruppi, solidarietà di gruppo, ecc. Quindi è come se il verso animale fosse l'equivalente di una "parola" meno evoluto e l'animale a suo modo pensasse nella sua testa in versi, senza la parola, ma con un significato. L'animale che marca il territorio non pensa sicuramente le parole "Questo è il mio spazio", ma comunque elaborerebbe a mio parere a suo modo un pensiero equivalente all'idea di possesso. Così pure quando un animale si prepara ad attaccare, a difendersi con atteggiamenti mirati, anche lì ci sarebbe un pensiero legato ad idee di attacco, difesa, resa, ecc. Il branco dimostra inoltre empatia e solidarietà verso i membri sofferenti che vengono aiutati, quindi è come se l'animale comprendesse che sta accadendo qualcosa di grave e cerca di porvi rimedio.
Di conseguenza è corretto dire che anche nell'animale esiste una forma di "ragione" (meno evoluta dell'umana) che sostiene l'istinto e lo guida?



Ipazia

Direi proprio di sì e se potessimo comunicare con loro, abbattendo un altro muro della nostra ignoranza, chissà quante cose ci insegnerebbero sui loro mondi per noi inaccessibili.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

#2
Il termine coscienza è un termine polisemantico. Occorre prima definire questo termine. Se ho inteso bene, il senso che vuoi dargli è quello di una "intelligenza" in qualche modo appartenente alla categoria dell'intelligenza umana, ma con meno quantità. In questo senso si potrebbe allargare il discorso anche alle piante, che attraverso le radici comunicano tra loro attraverso neurotrasmettitori simili a quelli che usiamo noi, ad esempio per avvertirsi reciprocamente di un pericolo. Le scimmie superiori (bonobo, scimpanzè, gorilla ed urang-tang) si esprimono in versi ma ogni verso ha un significato preciso, c'è un verso che significa "predatore dal cielo" e quindi tutti a guardare in alto, un altro verso invece significa "predatore da terra" e quindi tutti scappano sugli alberi. E' stato perfino osservato che in presenza di una carcassa, qualche scimmia furba emettesse il verso "predatore da terra", per sbafarsi il pranzo senza concorrenti, ma senza l'effettiva presenza di predatori. Un comportamento davvero "molto umano". Del resto una razionalità finalizzata alla sopravvivenza della specie, intesa in senso filogenetico ed ontogenetico (gruppo e individuo) è necessaria, altrimenti la specie si estingue.
Quello che ci differenzia in modo specifico dal mondo animale è in realtà il "logos", quello che facciamo in un modo un pò strampalato in questo forum. Le domande su chi siamo, da dove veniamo, perchè siamo, dove andremo, perchè siamo proprio così e non altrimenti, cosa c'è nello spazio, e cosa dopo lo spazio, sono tutte domande riflessive ed autoriflessive che gli animali ancora non si pongono e che noi ci poniamo per una serie piuttosto lunga di circostanze, riassumibili nella combo micidiale "evoluzione della tecnica" + "Sistema nervoso centrale e periferico estremamente complesso e sofisticato". Non si può escludere che allo stesso traguardo possano giungere anche altre specie fra alcune centinaia di migliaia di anni. E' solo l'interazione fra tecné (τεχνική) ed encefalos (γκέφαλος) ad averci permesso questo salto in avanti, che in tanti modi continuiamo a raccontarci, con le religioni, i miti, la cultura, la scienza, la filosofia, la spiritualità.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#3
Ciao Socrate.
Concedimi la battuta.
Come potrebbe esserci inferiore un animale che pensa in versi?
Più seriamente mi pare che progrediamo nel riscontrare continuità fra noi e la natura cui apparteniamo, o regrediamo verso la natura , dopo aver progredito marcando le differenze.
La coscienza stessa necessità di fittizie differenziazioni , se si vuol prendere coscienza di qualcosa, le quali in se' però diversamente non sembrano essere necessarie, ma caratterizzano certamente chi ne fa' uso e ne segnano nel bene e nel male la strada.
Assumendo forte coscienza di noi possiamo affermare qualcosa di forte su di noi, di essere un esempio nella natura, da seguire o da fuggire , secondo le mode e gli umori dei tempi, come noi fossimo altro dalla natura, cui invece apparteniamo, coscienza compresa , seppur diversamente diffusa, per caso o per necessità di specie.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#4
@ Jacopus.
Concordo con te.
In effetti esistono animali che ci superano in materia grigia, senza però superarci in intelligenza.
Gran parte del loro cervello infatti è delegato a gestire sensi di gran lunga superiori ai nostri, quindi a funzioni che invece noi abbiamo delocalizzato grazie alla tecnica.
In cosa altro consiste infatti la scienza se non nel vedere il mondo con occhi nuovi?
Non è un caso quindi che si tenda ad associare tecnica ad alienazione, ma si può vedere questa anche in senso positivo, specie quando dopo le prime inevitabili difficoltà, riusciamo a coordinare ciò che sta dentro e fuori di noi.
Siamo in un certo senso un animale "diffuso", ma non ne abbiamo ancora piena coscienza, seppur oggi privarci dello smartphone è come tagliarci una mano.
A dimostrazione di ciò l'avversione per la tecnologia è riferita sempre all'ultima moda tecnologica che contingentemente ci scombussola la vita, ma non è mai retroattiva.
La forte coscienza di se' ha come conseguenza inevitabile la possibilità di poter negare questo se', divenendo così altro da noi.
È pur vero che ogni animale diventa altro da se', ma la coscienza, nel bene e nel male , è un modo diverso di farlo, percorrendo scorciatoie evolutive.
Si cresce imparando a dire di no a tutto ciò che la nostra coscienza ci propone.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve Socrate78. Citandoti : "Secondo voi gli animali hanno un grado di consapevolezza nelle loro azioni e nei loro atteggiamenti e comportamenti o sono più che altro puro istinto?"

Per rispondere è sufficiente stabilire quale sia il significato dei termini "coscienza"........ma soprattutto "CONSAPEVOLEZZA".

La consapevolezza la si possiede quando si è in grado (attraverso il possesso della RAGIONE) di prevedere gli effetti che avranno le cause che ci circondano e le cause delle nostre proprie azioni.

E' perciò perfettamente ovvio - A MIO PARERE - che gli animali privi di ragione non possiedano in alcun modo tale consapevolezza.

La coscienza è funzione più sfumata perchè implicante il sapere discernere (cioè saper modulare i propri comportamenti) la propria individualità dalla alterità, gestendo i rapporti di utilità/nocività tra noi ed il resto del mondo.


Nel mondo animale esiste la coscienza collettiva, sotto forma istintuale, la quale domina quasi completamente le esistenze individuali.


Nel mondo umano, grazie all'emergere della ragione la quale permette appunto di raggiungere delle consapevolezze individuali, la coscienza individuale TENDE ad affiancarsi e poi persin quasi ad affermarsi sulla istintuale coscienza di specie. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Socrate78

Secondo me Viator non è proprio vero ciò che dici, ad esempio spesso mi è capitato di vedere documentari in cui i cani salvano altri cani in difficoltà, li aiutano, e quindi significa che sono a loro modo in grado di percepire l'effetto negativo che una precisa causa (un annegamento, un incidente, ecc.) ha su di loro. E' come se il cane prevedesse che l'altro cane si troverà in pericolo e quindi lo aiuta. Non è forse così?

Eutidemo


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viator

Citazione di: Socrate78 il 21 Aprile 2021, 22:40:32 PM
Secondo me Viator non è proprio vero ciò che dici, ad esempio spesso mi è capitato di vedere documentari in cui i cani salvano altri cani in difficoltà, li aiutano, e quindi significa che sono a loro modo in grado di percepire l'effetto negativo che una precisa causa (un annegamento, un incidente, ecc.) ha su di loro. E' come se il cane prevedesse che l'altro cane si troverà in pericolo e quindi lo aiuta. Non è forse così?

Salve Socrate78. Certo è come dici tu. Hai colto nel segno puntando sulla ridicola irrealtà DI UN MIO RAGIONAMENTO ETOLOGICO DEL TUTTO GENERALISSIMO, demolendolo, riducendolo a polvere logica.........attraverso l'esempio costituito da simpaticissime, nobilissime, sentimentalissime, altruistiche e verissime casistiche le quali - però - rappresentano solamente delle ECCEZIONI tratte dalla cronaca del più pittoresco dei buonismi. Io non ho mai negato chegli animali possano affezionarsi ad altri animali oppure all'uomo. La vera e sincera abnegazione (negazione della propria esistenza a favore di altri) tra l'altro e infatti è proprio rappresentata dalla fedeltà canina, non certo dal (finto, perchè psichicamente solo egoistico) altruismo umano. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

daniele22

Ho letto il problema posto da Socrate. Secondo me gli animali sanno benissimo quel che fanno. Certo, agiscono d'istinto, ma nessuno ha mai dimostrato che noi non lo facciamo. Potrebbe benissimo essere che noi d'istinto ci si rivolga alla ragione, e questa, di conseguenza, moduli nei modi più convenienti l'istinto selvaggio. Se si prova a immaginare un mondo senza regole orali o scritte, probabilmente anche noi vivremmo di puro istinto.

Jacopus

#10
Daniele 22. Talvolta possiamo agire d'istinto, cioè impulsivamente, ma non lo facciamo sempre. Proprio il mondo con regole orali e scritte è uno dei motivi per cui non lo facciamo sempre. L'altro motivo risiede nella morfologia del nostro cervello, che ha una neocorteccia molto più sviluppata di tutti gli altri animali, compresi quelli più vicini a noi, i primati superiori. E nella neocorteccia vi sono le funzioni dell'autocontrollo, ovvero il "freno a mano" di tutte le impulsività ed istintualità che invece risiedono nelle zone più antiche del cervello, il sistema limbico e il cosiddetto cervello rettiliano. Si tratta di una tripartizione un pò semplicistica, ma rende ancora l'idea di come il cervello umano sia una costruzione stratificata, sviluppatasi in questo modo, nel corso di almeno un milione di anni, a partire dai primati ancestrali, dai quali discendiamo.
Inoltre, neppure gli animali superiori agiscono sempre d'istinto. I cani sono in grado di capire gli ordini che gli vengono dati e si potrebbe disquisire sul significato da dare a questa obbedienza. Altri animali, di solito primati, in condizioni sperimentali, apprendono comportamenti nuovi che non sarebbero comprensibili se ci rifacessimo, per loro, solo all'istinto. Insomma non c'è differenza qualitativa fra noi e gli animali, se pensi che anche il più piccolo moscerino condivide con noi non solo una buona percentuale di dna, ma anche la struttura corporea, il cosiddetto bauplan (infatti è strutturato in modo speculare con al centro una spina dorsale, come noi e a differenza di altri bauplan più remoti, come quello delle seppie o delle meduse). La differenza è quantitativa, nel senso che un cervello più sviluppato, come il nostro, ha permesso di raggiungere degli obiettivi, che, a cascata, ci hanno reso quello che siamo oggi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve. Citando da jacopus : "E nella neocorteccia vi sono le funzioni dell'autocontrollo, ovvero il "freno a mano" di tutte le impulsività ed istintualità che invece risiedono nelle zone più antiche del cervello, il sistema limbico e il cosiddetto cervello rettiliano".




Autocontrollo, volontà, ragione, coscienza, "freno a mano" sono tutte funzioni che possono venir esplicate alla condizione di non intralciare funzione ed effetto dell'istinto fondamentale, quello di sopravvivenza. Diversamente la psiche (struttura ospitante e funzione madre di tale ISTINTO........porrà il proprio veto e quindi le nostre bellissime  funzioni "superiori ma subordinate" saranno costrette a subire le scelte istintuali automatiche, le quali rappresentano appunto una reazione automatica di autotutela che DEVE  avere la precedenza su ogni e qualsiasi FACOLTA' di scelta individuale e circostanziale.


Se la mano entra in contatto con del metallo rovente............sarà dura aspettare tempi e modi delle nostre "facoltà raziocinanti" le quali magari vorrebbero farci fare bella figura imponendoci di emulare le gesta di Muzio Scevola. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

daniele22

Ciao Jacopus. So qualcosa del cervello più o meno nei termini che tu descrivi, ma mi sembra che tu non abbia capito quel che volevo dire. Dico soltanto che il nostro istinto è quello di agire con la mente quando i valori e i costumi a cui siamo abituati ci obblighino in un certo senso a farlo. Quando parto al mattino e vado a lavorare, fintanto che non arrivo al lavoro non è che debbo pensare a quel che faccio, lo faccio d'istinto. Se trovo un intoppo nel tragitto, d'istinto agisco con la mente per trovare una soluzione. Immagino che gli altri, gli animali (quasi come noi non lo fossimo), facciano più o meno lo stesso. Quello invece su cui dissento è che tu attribuisca ad un maggiore sviluppo del nostro cervello il fatto che siamo quel che siamo

iano

Una differenza quantitativa oltre ad essere una ipotesi più semplice è più aderente ai fatti.
Le nostre società civili e religiose sono state fondate però sull'ipotesi qualitativa.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#14
Ciao Daniele e benvenuto.
Ma non è contraddittorio riferirsi alla mente relativamente all'istinto?
Certamente la realtà non corrisponde del tutto ai nostri schematismi semplificativi, che possono quindi sempre essere rivisti, e mi pare sia ciò che tu faccia, ma non mi è chiaro per qual motivo.
Mi pare infatti tu introduca complicazioni la cui necessità  andrebbe giustificata.
Una risposta ragionata negli schematismi che usiamo è ben distinta da una risposta istintiva, e per ogni tipo di risposta possiamo trovare un buon motivo nel fatti noti.
Come fa' l'istinto a rivolgersi alla ragione?
In un certo senso possediamo diversi cervelli individuabili in diverse zone abbastanza distinte fisicamente e questo sembra confermare la bontà delle nostre schematizzazioni.
Ma la differenza sostanziale direi che la fa' il modo in cui comunicano queste parti, e se mente e istinto avessero fra loro l'intima  confidenza che tu sembri attribuirgli, allora potremmo considerarli una cosa sola.
Non sono esperto della questione però e mi fermò qui.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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