La conoscenza nasce dal focalizzarsi sulle somiglianze tra gli enti?

Aperto da Socrate78, 05 Novembre 2017, 15:35:59 PM

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Socrate78

Mi chiedo se la conoscenza, cioè l'insieme di tutti i concetti che la mente umana ha creato per comprendere la realtà, non sia nata da un pregiudizio del pensiero, e cioè l'aver dato molta importanza alle somiglianze tra gli oggetti a discapito delle differenze. Infatti il concetto di "albero" come tutti gli altri concetti astratti deriva sostanzialmente dal mettere da parte tutte le differenze esistenti tra i singoli enti accomunati nell'insieme "ALBERO": siccome gli enti hanno molti aspetti in comune ecco che li si mette tutti nel medesimo calderone. Tuttavia dietro a questo meccanismo vi è un pregiudizio della mente, è come se si dicesse: "Non è importante ciò che differenzia questi oggetti, ma ciò che li accomuna", ma a ben guardare niente garantisce che dietro tali somiglianze vi sia un'essenza comune e che al contrario le differenze non siano sostanziali, non nascondano un'essenza diversa dell'oggetto esaminato. Sembra quasi una sorta di pigrizia della mente, secondo cui focalizzarsi sulle differenze sarebbe troppo faticoso e dispendioso, e si preferisce ripiegare su ciò che unisce.
Ne deduco che la visione del filosofo Hobbes, secondo cui i concetti sono solo dei nomi (nominalismo), delle convenzioni che non hanno rapporto con l'essenza del reale, sia valida. Secondo voi è corretta la mia analisi?

Angelo Cannata

A me sembra che ci siano conseguenze ancora più importanti di quelle che trova Hobbes: l'abitudine mentale a considerare ciò che accomuna, ciò che è in qualche modo ravvicinato, fa perdere di vista le trasversalità, quindi tutti quegli aspetti dell'esperienza che ci risultano meno evidenti perché rispondenti a collegamenti più complessi, ma non per questo meno operativi.

Trasversalità non evidenti sono per esempio le idee, che si fanno strada tra le menti umane e funzionano come se fossero organismi, a volte virus, in grado di padroneggiarci mentre pensiamo di essere noi a padroneggiare loro.

Un'altra trasversalità poco evidente sono i moti, i movimenti, le dinamiche, poco evidenti proprio perché cambiano in continuazione e noi preferiamo invece occuparci dell'essere, molto più comodo da tentare di padroneggiare.

In questo senso i nomi vengono a risultare non solo convenzioni senza rapporto col reale, ma come ulteriori realtà in grado di far concorrenza al reale, tentare di sostituirsi ad esso, confondersi con esso.

In mezzo a questo intrecciarsi di dinamiche di ogni genere si tratta solo di scegliere di quali può essere più fruttuoso interessarci. Per questo mi appare ben poca cosa, mi appare un affare molto limitato e restrittivo continuare a discutere oggi dell'essere, di come è fatta la realtà intesa come oggettività statica, se esiste il surreale o non esiste: sono tutti modi di ragionare che trascurano completamente le trasversalità dinamiche a cui ho fatto riferimento e si concentrano solo su quella parte limitatissima della nostra esperienza che chiamiamo "essere".

Si potrebbe ribattere che anche le trasversalità di cui ho parlato non sono altro che parte o aspetti dell'essere, ma secondo me non è così, perché la mentalità filosofica basata sull'essere presuppone implicitamente una considerazione della realtà come insieme di oggetti statici e associati e non considera adeguatamente i dinamismi di relazioni in continua evoluzione e trasformazione. Infatti, tener conto di questi dinamismi significherebbe includere nella ricerca sull'essere la consapevolezza che tali dinamismi agiscono proprio sul nostro riflettere sull'essere e quindi lo mettono in questione, in crisi. Questo non piace a mentalità che preferiscono soffermarsi, adagiarsi su metodi di riflessione più rassicuranti e seducenti per la sensazione di potere che fanno percepire.

Se io guardo una pietra, è comodo fermarsi e dire che è una pietra: è confortante, rassicurante. Ma se comincio a tener conto che la pietra non è ferma, ma è in continuo divenire, sono costretto a pensare che allora anche il mio cervello, che sto usando per considerare la pietra, è in continuo divenire, e allora quest'idea di pietra che mi faccio serve solo per po', alla fine va buttata via o almeno aggiornata, non si può affatto considerare un'idea di essere vero e proprio.

iano

Citazione di: Socrate78 il 05 Novembre 2017, 15:35:59 PM
Sembra quasi una sorta di pigrizia della mente, secondo cui focalizzarsi sulle differenze sarebbe troppo faticoso e dispendioso, e si preferisce ripiegare su ciò che unisce.
Ne deduco che la visione del filosofo Hobbes, secondo cui i concetti sono solo dei nomi (nominalismo), delle convenzioni che non hanno rapporto con l'essenza del reale, sia valida. Secondo voi è corretta la mia analisi?
E se si trattasse solo di fare di necessità virtù?
Se dessi ad ogni albero il suo nome avrei reso giustizia alla loro singolarità unica e irripetibile ma non uscirei in questo modo dal nominalismo , sprecando tutte le mie risorse per cosa ?
La scoperta di Hobbes l'abbiamo fatta tutti crescendo , quando abbiamo scoperto che il tavolo e la parola "tavolo" non hanno quell'intimo è ovvio legame che credevamo.
Fino a un certo punto ci è sembrato che tavolo non potesse chiamarsi altrimenti che tavolo e che la parola che lo designava fosse parte integrante della sua natura.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve. Secondo me l'aspetto qui trattato nasce dal fatto che noi e la nostra mente - enti relativi e limitati - esistono, sono contenuti e devono confrontarsi con l'assoluto. Ricordo che - sempre secondo me - il concetto di Assoluto è rigorosamente sinonimo di di quelli di Uno, di Tutto, di Mondo, di Essere (come verbo) e di Dio.

Mentre l'assoluto (che è il completo insieme di tutti i relativi senza tuttavia consistere in alcuno di essi, poiché è il contenitore distinto dai propri contenuti) è totalizzante, unico ed univoco, monistico, singolare e non presenta quindi alcun confine, alcuna categoria ed alcuna individualità, la nostra mente nella propria limitatezza è costretta a ragionare per "blocchi" di argomenti (le categorie) ed a soffermarsi sui singoli ingredienti (le individualità).

Ma questa è la nostra soggettiva percezione del mondo, non la vera forma del mondo.

Ciò che porta a dare un nome ad ogni cosa ed a costruire degli steccati tra le categorie è la funzione cerebrale analitica, cioè la capacità di "soppesare" le analogie tra i messaggi sensoriali che riceviamo ed accumuliamo per formare l'esperienza (tutti i contenuti cerebrali sono frutto dei sensi, i quali sono l'unica porta che collega la nostra mente all'esterno di noi). L'analisi consiste nella ricostruzione della catena di cause ed effetti trascorsi che hanno portato alla condizione attuale. Si tratta di una funzione proiettata interamente nel passato (qualcuno ha mai fatto analisi del futuro? quelle si chiamano infatti previsioni). La funzione analitica serva a raccogliere dati (con tanti bei nomi e tante belle categorie usate come promemoria) per capire il presente onde potersi poi dedicare all'altra e complementare funzione del nostro raziocinio: quella della sintesi.
Mentre l'analisi opera in profondità nel passato, la sintesi deve operare in ampiezza nel presente per poter appunto prevedere il futuro.
Le previsioni del tempo consistono in tutta una serie di vertiginose analisi matematiche delle condizioni meteorologiche trascorse che hanno generato le condizioni attuali. Ma di tutto questo bisognerà ben fare una sintesi credibile per sapere che tempo farà domani !!

Quindi il percorso della  nostra mente sarebbe: osservazione del mondo - delimitazione dell'argomento da esaminare - catalogazione di quanto viene osservato (attraverso i nomi) - ricostruzione cause/effetti di quanto è stato osservato (analisi) - descrizione mentale delle conclusioni in merito - sintesi - previsione (almeno tentata) degli effetti futuri di quanto abbiamo osservato.
Naturalmente ho fatto appunto una estrema SINTESI del percorso interiore delle informazioni. L'argomento andrebbe svolto al minimo in centinaia di pagine (e io non lo farò mai perché sono appunto portato alla SINTESI !).
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

green demetr

Socrate78 certamente la discussione intorno a realismo e nominalismo non è ancora stata risolta.
E penso che nemmeno possa mai esserlo.

Vedi io leggo la tua provocazione della indolenza mentale, come invece la funzione fondante il soggetto.

Se vuoi posso anch'io provocare e dire che l'indolenza mentale è il soggetto tout court.

Nel forum recentemente abbiamo spesso parlato di intelligenza artificiale, proprio perchè l'uomo sente questo bisogno di realismo.
Invece psicanaliticamente si tratterebbe del rifiuto del soggetto di vedersi come parziale, ossia del blocco, e della proiezione di vedersi come un Deus ex Machina, anzi oggi come oggi la proiezione è di essere la Macchina.

In questo senso rileggo più approfonditamente Cannata, che giustamente fa notare come vi sia un problema fra onticità e dinamicità, che poi riassumendo è il problema della vecchia metafisica (e a cui ho dedicato per il superamento, il 3d, tutt'ora in stallo, sul problema del superamento gerarchico).

Nello specifico i modi di essere di cui si lamenta Cannata, non sono forse proprio quelli equiparabili all'uomo macchina? (tema centralissimo della filosofia moderna)

E il dinamismo a cui si riferisce non è forse un tentativo di uscire da un paradigma?

Il paradigma è come dici tu Socrate78 il nominalismo, certo, ma il nominalismo del potere.

La filosofia del liguaggio è in fin dei conti un appannaggio del 900 (sebbene vi siano stati contributi notevoli anche in passato, penso al citatissimo Vico).

Io penso che una delle domande a cui sono più legato sia proprio quella che costituisce la questione della libertà umana rispetto al suo linguaggio (ai suoi nominalismi).

Eppure noto che la ricerca, non ha ancora il suo pubblico e i suoi addetti ai lavori.

E certo per tornare alla tua provocazione, forse è proprio perchè nessuno vuole ammettere di essere indolente.
Per non parlare del problema psicanalitico e filsofico  sopratutto, del mettere in discussione il soggetto stesso.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

baylham

Dipende da due caratteristiche della mente. La prima è l'effetto soglia dei sensi: i sensi possono rilevare, registrare le differenze tra le cose fino ad un certo livello, misura. La seconda dipende dalla capacità di memoria: l'aumento delle differenze comporta un aumento della capacità di memoria della mente. Infatti oggi ci si affida sempre più a memorie esterne alla mente.

Il_Dubbio

Citazione di: Socrate78 il 05 Novembre 2017, 15:35:59 PM
 Sembra quasi una sorta di pigrizia della mente, secondo cui focalizzarsi sulle differenze sarebbe troppo faticoso e dispendioso, e si preferisce ripiegare su ciò che unisce.


Non ho idea del lavoro intelletuale e filosofico che sta dietro la domanda (e la supposizione citata) che poni. Quindi potrei dire castronerie, ma ci provo.

La mente io credo lavori autonomamente fino ad una certa soglia di (chiamiamola) disattenzione. Egli segue (suppongo) un suo criterio in base al minor dispendio di energie e al tipo di analisi dei dati ricevuti dai sensi. Poi esiste un'analisi superiore di attenzione che è rivolta all'analisi delle differenze.

La pigrizia quindi non è dovuta alla mente autonoma, la quale fa il suo "sporco" dovere istituzionale, ma a quella superiore.

Gli uomini sono tutti uguali? Sotto un certo dipo di attenzione si, ma con un po' di attenzione notiamo una piccola differenza fra uomini e donne. Nonostante questa differenza per uomini si intende (sotto una certa soglia di attenzione) comunque la globalità continua fra uomini e donne.
Andrea è un uomo?
Non è possibile stabilire se Andrea sia un uomo poiche, sopra una soglia di attenzione e di conoscenza, il nome Andrea è usato per chiamare senza distinzioni uomini e donne. Ma sotto questa attenzione conoscitiva certamente Andrea è un uomo, sempre che Andrea sia un pappagallo a cui il proprietario ha voluto dare un nome da uomo. E quali saranno i nomi da pappagallo?  :-\

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