La conoscenza come rito eucaristico.

Aperto da Carlo Pierini, 24 Settembre 2018, 13:43:31 PM

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Carlo Pierini

Nella doppia relazione della coscienza umana - da un lato con le cose sensibili e dall'altro con le entità metafisiche dello spirito - l'intermediario è sempre il simbolo.
Da una parte, per conoscere le cose l'uomo deve prima trasformarle in linguaggio, in concetto, in numero, cioè in simbolo; dall'altra, il regno dello spirito si è sempre presentato all'uomo sotto forma di simbolo (miti, leggende, simboli sacri, ecc.) e da sempre egli vi si è relazionato attraverso il rito, la cui natura essenziale è, ancora una volta, squisitamente simbolica. Il rito è gesto simbolico, o simbolo incarnato nel gesto. Il gesto simbolico è un atto immanente che allude ad un significato trascendente.
In tal senso la conoscenza è un rito, poiché amministra simboli per conoscere il mondo fisico così come il sacerdote amministra i simboli rivelati per conoscere Dio. Da una parte i sacerdoti dell'immanenza, gli scienziati, e dall'altra i sacerdoti della trascendenza, i teologi, entrambi nella comune ricerca della verità.

Le ragioni dell'esistenza e i fini di un rito - come, per esempio, quello della messa, o del sacramento eucaristico (comunione) - non sono rintracciabili né nel mondo oggettivo né nella sua storia, poiché fanno parte dell'"altra" storia, quella della dimensione psico-spirituale e dei simboli che la caratterizzano. L'assunzione dell'ostia è un simbolo ritualizzato, la metafora di qualcosa che non appartiene al mondo delle cose, ma a quello mentale-spirituale. In particolare, simbolizza l'accoglienza del significato di Cristo nell'intimità psichica personale (l'ostia è una figurazione del "Corpus Christi") ma, più in generale, è una metafora della conoscenza intesa nel suo senso più alto e universale.
Infatti, l'ostia, nella sua accezione di "pane", cioè di "alimento", ribadisce ancora una volta - come nel già citato detto: "Non si vive di solo pane..." - l'analogia esistente tra le funzioni del corpo e quelle dell'anima, in particolare tra l'assunzione di cibi e l'interiorizzazione, la com-prensione di significati (com-unione). In alcune tradizioni arcaiche si mangiava letteralmente il corpo del defunto (in alcune il cuore, in altre il cervello, ecc.) con il fine di assimilarne "il significato", cioè le qualità spirituali; ma anche Cristo, nell'eucarestia, si offre come "pasto eucaristico" e invita a mangiare il suo corpo e bere il suo sangue nelle specie del pane e del vino. Fin dalle origini della cultura l'uomo ha associato la conoscenza con la funzione alimentare, poiché la conoscenza non è che l'interiorizzazione e l'assimilazione profonda dei significati essenziali dell'oggetto, poi tradotti in concetto astratto, in simbolo, e trasformati in Sapere. Il termine stesso di "assimilazione" presenta la doppia accezione di "digestione" e di "comprensione".

"Si trovarono le tue parole e io le mangiavo". (Ger. 15:16);

"E mi diceva: "Figlio dell'uomo, ...mangia questo rotolo, e va, parla alla casa d'Israele". ...E io lo mangiavo, e nella mia bocca fu per dolcezza come il miele".  (Ezech. 3:1, 2)

"C'è conoscenza - diceva Plotino - quando l'anima si unifica profondamente con l'oggetto conosciuto"; Platone definiva il conoscere come un "rapporto di identificazione" con l'oggetto; Shelling e Hegel consideravano il sapere come l'unione profonda del soggetto con l'oggetto; e con S. Tommaso la conoscenza diventa una vera e propria interiorizzazione eucaristica dell'oggetto: "L'oggetto conosciuto è nel conoscente secondo la natura del conoscente stesso".
Ma pur senza scomodare l'alta simbologia, lo stesso linguaggio quotidiano presenta molti segni di questo parallelismo: si parla di "sete di conoscenza", "fame di giustizia", di "idee difficili da digerire", di parole "dolci", "amare", parole "che feriscono", ecc..
Quindi l'eucarestia non è solo un invito alla conoscenza (Cristo è il Logos), ma anche una indicazione sul modo universale di conoscere: l'interiorizzazione dell'oggetto da parte del soggetto, in una sorta di trasmutazione dell'uno nell'altro, come il cibo si trasforma in corpo vivente.
Nel linguaggio più comune diciamo, per esempio, che per comprendere una persona, dobbiamo "metterci nei suoi panni", "immedesimarci" in lei.
Ciò riconferma, tra l'altro, la legittimità della nostra suddivisione iniziale della totalità nei tre livelli di trascendenza (mondo, coscienza, inconscio-spirito), autonomi e reciprocamente separati ma "comunicanti" grazie alla coscienza e al suo abile uso dell'utensile "simbolo" (che sia numero, concetto o simbolo sacro) per fini conoscitivi in entrambe le direzioni dell'esperienza: spirito e materia. I simboli delle Scritture e dei miti per comprendere il Disegno Divino di Redenzione e i simboli logico-numerici per comprendere l'altro Disegno Divino, quello della materia e della vita.
Tuttavia, la cosa curiosa è che questa metafora eucaristica della conoscenza sembra contraddire frontalmente quella scientifica che è improntata, invece, alla massima separazione dell'oggetto dal soggetto osservatore, al massimo distacco, alla massima oggettivizzazione del sapere, fino alla ideale esclusione assoluta del soggetto stesso dalla conoscenza. Quando apriamo un libro di fisica vogliamo trovarci una descrizione oggettiva dei fenomeni fisici, non l'opinione soggettiva dell'autore su di essi, e su questa logica si è costruita la Scienza. Perché, dunque, i simboli insistono, come anche Tommaso, su un aspetto di consustanzialità-unità tra soggetto e oggetto?
Ebbene ciò è possibile solo in un caso: che esista un Principio superiore che governa entrambi senza assorbirne la diversa identità nel proprio essere uno. Solo in questo caso la consustanzialità può convivere con una compiuta distinzione tra i due. L'unità esiste su un piano diverso da quello in cui esiste la dualità-distinzione. E' la complementarità ad un medesimo principio ciò che li rende consustanziali senza tuttavia con-fonderne l'identità.
Come gli amanti, o i duetti musicali: sono due, ma nell'armonia amorosa o musicale, i due sono uno.

Carlo Pierini

P.S.
Rileggendo questo post, mi rendo conto che l'ultima parte potrebbe apparire come una "stroncatura" del sapere scientifico nella sua estromissione del soggetto dalla conoscenza del mondo fisico. Ma non è così.

Quello che intendevo dire è che pur nella massima oggettivizzazione operata dalla scienza, il soggetto non è affatto estromesso, ma è pienamente presente nella specie dei simboli matematici e logico-filosofici che egli impiega per trasmutare gli oggetti fisici in scienza. Come dice Tommaso: "L'oggetto conosciuto è nel conoscente secondo la natura del conoscente stesso". La "natura del conoscente" è presente nel suo "verbo", nell'<<ordo et connexio idearum>> che consente il trasferimento dell'oggetto dalla realtà fisica, dall'<<ordo et connexio rerum>> al "libro della conoscenza". Un "verbo" soggettivo, cioè, fatto originariamente a "immagine e somiglianza" della realtà fisica oggettiva.
 
"In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste". (Giovanni, 1:1-4)

E' in questo senso che il Principio superiore unifica soggetto e oggetto nella loro consustanzialità col Verbo (Logos) originario. E' la natura originaria di "Verbo" sia del soggetto che dell'oggetto ciò che suggella la loro unità ultima pur nella loro distinzione dialettica di "fenomeno fisico" e di "rappresentazione del fenomeno". Torniamo cioè all'idea leibniziana di "armonia prestabilita", cioè di complementarità ontologica tra tra parola e mondo, tra matematica e realtà sensibile, tra Metafisica e Fisica.

Carlo Pierini

 
<<L'anima umana è per Marsilio Ficino la parte centrale nella serie graduata delle sostanze, il che non significa solo che per la sua qualità oggettiva sta in mezzo tra l'eterno e il temporale, ma anche che è rivolta nel suo atteggiamento consapevole in su e in giù e unisce così fra di loro le due metà dell'universo.  All'anima viene quindi assai logicamente attribuito un doppio affetto e una doppia inclinazione per cui essa è ugualmente rivolta verso il divino e verso il sensibile. [...] Rispetto a questo suo duplice indirizzo il Ficino paragona qualche volta l'anima a una testa di Giano le cui faccie guardano in due direzioni opposte>>.    [P.O. KRISTELLER: Il pensiero filosofico di M. Ficino - pp.209-10]
 
<<Nella tradizione estremo-orientale (...) se il Wang è effettivamente il Re, nel senso proprio della parola, è in pari tempo anche qualcos'altro.  Ciò del resto risulta dal simbolismo stesso del carattere wang:
https://1.bp.blogspot.com/-MMeXBndxzYA/WZXZ2hUX4-I/AAAAAAAAAHM/WQ2ZSG-Jp38FvZt13gogcxypVhdmlJaagCLcBGAs/s1600/Triade%2BWang.jpg
composto di tre tratti orizzontali che raffigurano rispettivamente, come quelli di altri trigrammi (...), il Cielo, l'Uomo e la Terra, e sono inoltre uniti, nel loro punto di mezzo, da un tratto verticale: infatti, dicono gli etimologisti, "la funzione del Re è quella di unire", e con questo, data la posizione del tratto verticale, si deve intendere innanzitutto unire il Cielo e la Terra. Propriamente, tale carattere designa perciò l'Uomo in quanto termine mediano della Grande Triade, l'Uomo specialmente considerato nel suo ruolo di « mediatore »; per essere più precisi, aggiungeremo che qui esso deve essere inteso non soltanto come l'«uomo primordiale», bensì come lo stesso «Uomo Universale», perché il tratto verticale altro non è se non l'asse che unisce effettivamente fra loro tutti gli stati di esistenza, mentre (...) l'intersezione tra questo e il tratto mediano orizzontale (i due tratti superiore e inferiore rappresentano il Cielo e la Terra), forma la croce, cioè a ppunto il simbolo dell'«Uomo Universale». (...)
Avendo sviluppato tutte le proprie possibilità sia in senso verticale che in senso orizzontale, egli è perciò il «signore dei tre mondi», i quali possono essere rappresentati anche dai tre tratti orizzontali del carattere wang".   [R. GUÉNON: La grande triade - pp. 141/145]
 
<<Nelle concezioni estremo-orientali, l'Essenza e la Sostanza universale sono rispettivamente il polo superiore e il polo inferiore della manifestazione, e possiamo dire che l'una si trovi propriamente al di sopra  e l'altra al di sotto di ogni esistenza. [...] La manifestazione dunque si situa interamente tra questi due poli; e lo stesso vale naturalmente anche per l'Uomo, il quale non soltanto fa parte di tale manifestazione, ma ne costituisce simbolicamente il centro stesso e, per questo motivo, la sintetizza nella sua integralità. Così l'Uomo, posto com'è tra il Cielo e la Terra diventa il  «mediatore» che li unisce, il  «ponte» gettato tra loro>>.   [R.GUÉNON: La grande triade - pp.30/31]

Ipazia

Siamo animali dialettici. Il διάλογος comporta l'assunzione dell'oggetto nel soggetto, che metaforicamente può avere un carattere alimentare, eucaristico. Il medium potente di questo processo è il λογος, Verbo, la cui incessante attività produce episteme, conoscenza, dall'evidente carattere trascendentale. Ma la cui forma assume aspetti assai diversi, alcuni dei quali si materializzano in contenuti fantastici quali le religioni, mentre altri mantengono un rapporto più rigoroso con l'oggetto realizzando tecnoscienza. Nulla osta che anche queste realizzazioni diano origine a proprie mitologie. Perchè siamo pure animali mitopoietici. Rimanere nella traccia di un rapporto non mitologico tra oggetto conosciuto e soggetto conoscente è percorso stretto come il filo del rasoio di Occam e come le crune d'ago dei passaggi cruciali. Con i simboli e corrispettivi logici che necessitano. Perchè il logos è un destino da cui non si sfugge.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Vi sono due Filosofie, e vi sono 2 Cristi.

La prima è quella gnostica, per cui l'universo è una manifestazione corporea, reale, indagabile.
Ad essa si rifà mi pare sempre più evidentemente la filosofia di Platone, Aristotele. etc...

La seconda è quella cristiana, per cui l'universo è la manifestazione della volontà di Dio, fantasma, non indagabile.
AD essa si rifà l'idealismo tedesco, che faccio partire già da Kant, che spezza la filosofia in 2. Fra modernità e antichità.
Cartesio è ancora troppo addentro alla gnosi.

Io sposo la seconda.

Quale è tecnicamente la differenza sostanziale? Per noi idealisti, è scambiare il sembiante, per reale.
Il sembiante non è il simbolico. Il simbolico per noi rientra nel reale.
Fare una dicotomia, come fa Pierini, o Ipazia tra reale e simbolico, è un controsenso, che si rivela appunto nella contraddizione, che l'uno è presente nel due. Ossia che Dio e l'Uomo coincidano.
E' una filosofia cannibale quella antica, un orrore, che si dilata fino ai campi di concentramento, in nome di Dio.
Il nome è sempre un rimando, una fantasmatica, un soggiogamento dell'io che si crede Dio.
Il simbolo non testimonia che della realtà. E la realtà non è nient'altro che il simbolo stesso. E' perciò una delle infinite nominazioni.
L'assunzione dell'oggetto all'interno del soggetto, come molto giustamente dice Ipazia, è di fatto un atto cannibalico. Infatti il soggetto non è l'ogetto! Il soggetto si determina dall'oggetto, non lo ingloba affatto.
Ma l'assunzione che ha fatto ipazia, è esattamente il problema della tecnica, è solo grazie ad una presunzione, un delirio di onnipotenza, che l'uomo si sente in diritto di mangiare l'altro.

Di modo che non vi è alcuna distanza, alcun fantasma originario, alcun due di relazione.

Vi è invece una ricerca compulsiva di aver ragione sull'altro, di entrare nell'altro, addirittura di determinare l'altro come nei sogni proibiti delle psico-scienze.
Il fantasma originario è ignorato, e viene sostituito da quello di padronanza, il fantasma del padre, come Lacan ha tentato invano di spiegare. Il fantasma del padre, è la fantasmatica della presunzione di dominio.
La fantasmatica è la tecnica del padre. E corrisponde alle malattie contemporanee, a partire da quelle base scoperte da Freud. Isteria, Paranoia, Ossessione, Schizofrenia. Tutte forme complicate della nevrosi di base. Che si forma laddove il soggetto non risponde alle aperture originarie, Dio, e destinali, la Morte.
Le aperture sono il sembiante, ossia le infinite nominazioni che regolano il soggetto, in relazione a Dio.
(corrispondono alla grande e forse unica tematica Nietzchiana, della Grande Salute).

La nominazione è il principio del padre (non il nome del padre, il nome del nome) e corrisponde al principio di infinito significante. (quando la nominazione si blocca, quando si pensa che l'originario si possa nominare, e non continuare a nominare, come è chiaro destinalmente competenza dell'uomo).
Il sembiante è il luogo privilegiato della scambio tra origine e soggetto. E' il daimon. Che corrisponde ugualmente al principio infinito di ospitalità. E' l'apertura stessa.

Il simbolo è la chiusura, il sigillo, il serpente che si mangia la coda, la paranoia stessa.
Nietzche ci insegna a schiacciare quella testa!

La filosofia di Nietzche è una lunga lotta contro questo essere immondo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Il serpente per me non è quello che si mangia la coda!

Al contrario! Il serpente è quello della Pizia, quello del mio avatar, esso è l'originario! sepolto dall'apollineo.

Il serpente diventa per la grecia patriarcale, la cannibale di Troia, la maledetta della veggente.

Un simbolo di potere. Un potere voluto fortemente. Un potere che serpeggia in tutta la cultura greca, che si sposa con l'orfismo. Con le infinite significazioni, le nominazioni del più grande poeta mondiale, Rilke, i suoi sonetti ad Orfeo. Inarrivabili, forma suprema della resistenza di GEA.

E' Gea che parla tramite il potere tombale del serpente. Un potere divinatorio, fantastico, inestinguibile persino nella sconfitta.

Non la nominazione di Gea, che mi pare sostenga i deliri degli illuminati, del pensiero Zeitgeist, del nuovo ecologismo filosofico (delirante, ossessivo, orripilante alle mie orecchie e al mio cuore), fino alle proposte dei 5stelle (non dico quelle superficiali politiche, che hanno anche un senso, intendo proprio la filosofia che lo anima, e che si rifà sempre allo gnosticismo).

Dio o Natura, diceva Spinoza, in quella frase che nega la libertà. Che nega il cristianesimo più vero.
Non il cristianesimo attuale, con il suo giusnaturalismo bigotto e asservito.

Il serpente sono le forme infinite della nominazione consapevole al sembiante. Non è nient'altro che la dialettica Hegeliana, come pure aveva (per metà) capito Kojeve.

La morte non è quella reale, come per Kojeve, vi è un gran confusione in questo. Neppure Heidegger intende la morte così, la morte è la morte delle nominazioni provvisorie. Le nominazioni, i simboli, NON i soggetti.

E' solo chi pensa che il simbolo è per sempre, che può fare un errore così grave.  Dopo Heidegger la filosofia è morta, in questo sua presunzione, talmente ingenua e grave, che non ho mai avuto parole, per bestemmiarla abbastanza.

Ci vuole tutta la sapienza del maestro Sini. Tutto il suo disprezzo per le filosofie contemporanee, liquidate con un "chi parla?" quale soggetto sta parlando? da quali prassi egli viene? etc...

In fin dei conti i tempi moderni sono una eclissazione del soggetto. Laddove il soggetto emergeva sempre più problematico, sempre meno definibile dalle forze del positivismo, in contrapposizione al modernismo (cartesiano, duale), sempre più la scienza ha tentato di eliminarlo. Fino ai tempo buj che vediamo. L'inizio del tunnel del nichilismo non è la caduta di tutti i valori, ma la loro falsificazione. La scienza è il nemico. Ahimè!
La scienza come monismo, come riduzionismo, come assoggettamento, non come prassi di adattamento alla natura matrigna terribile. La scienza arrogante. La scienza lobotomizzante (nel senso reale della parola).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Carlo Pierini

Citazione di: green demetr il 01 Ottobre 2018, 15:54:24 PM
Vi sono due Filosofie, e vi sono 2 Cristi.

La prima è quella gnostica, per cui l'universo è una manifestazione corporea, reale, indagabile.
Ad essa si rifà mi pare sempre più evidentemente la filosofia di Platone, Aristotele. etc...

La seconda è quella cristiana, per cui l'universo è la manifestazione della volontà di Dio, fantasma, non indagabile.
AD essa si rifà l'idealismo tedesco, che faccio partire già da Kant, che spezza la filosofia in 2. Fra modernità e antichità.
Cartesio è ancora troppo addentro alla gnosi.

Io sposo la seconda.

Quale è tecnicamente la differenza sostanziale? Per noi idealisti, è scambiare il sembiante, per reale.
Il sembiante non è il simbolico. Il simbolico per noi rientra nel reale.
Fare una dicotomia, come fa Pierini, o Ipazia tra reale e simbolico, è un controsenso, che si rivela appunto nella contraddizione, che l'uno è presente nel due. Ossia che Dio e l'Uomo coincidano.
E' una filosofia cannibale quella antica, un orrore, che si dilata fino ai campi di concentramento, in nome di Dio.
Il nome è sempre un rimando, una fantasmatica, un soggiogamento dell'io che si crede Dio.
Il simbolo non testimonia che della realtà. E la realtà non è nient'altro che il simbolo stesso. E' perciò una delle infinite nominazioni.
L'assunzione dell'oggetto all'interno del soggetto, come molto giustamente dice Ipazia, è di fatto un atto cannibalico. Infatti il soggetto non è l'ogetto! Il soggetto si determina dall'oggetto, non lo ingloba affatto.
Ma l'assunzione che ha fatto ipazia, è esattamente il problema della tecnica, è solo grazie ad una presunzione, un delirio di onnipotenza, che l'uomo si sente in diritto di mangiare l'altro.

Di modo che non vi è alcuna distanza, alcun fantasma originario, alcun due di relazione.

Vi è invece una ricerca compulsiva di aver ragione sull'altro, di entrare nell'altro, addirittura di determinare l'altro come nei sogni proibiti delle psico-scienze.
Il fantasma originario è ignorato, e viene sostituito da quello di padronanza, il fantasma del padre, come Lacan ha tentato invano di spiegare. Il fantasma del padre, è la fantasmatica della presunzione di dominio.
La fantasmatica è la tecnica del padre. E corrisponde alle malattie contemporanee, a partire da quelle base scoperte da Freud. Isteria, Paranoia, Ossessione, Schizofrenia. Tutte forme complicate della nevrosi di base. Che si forma laddove il soggetto non risponde alle aperture originarie, Dio, e destinali, la Morte.
Le aperture sono il sembiante, ossia le infinite nominazioni che regolano il soggetto, in relazione a Dio.
(corrispondono alla grande e forse unica tematica Nietzchiana, della Grande Salute).

La nominazione è il principio del padre (non il nome del padre, il nome del nome) e corrisponde al principio di infinito significante. (quando la nominazione si blocca, quando si pensa che l'originario si possa nominare, e non continuare a nominare, come è chiaro destinalmente competenza dell'uomo).
Il sembiante è il luogo privilegiato della scambio tra origine e soggetto. E' il daimon. Che corrisponde ugualmente al principio infinito di ospitalità. E' l'apertura stessa.

Il simbolo è la chiusura, il sigillo, il serpente che si mangia la coda, la paranoia stessa.
Nietzche ci insegna a schiacciare quella testa!

La filosofia di Nietzche è una lunga lotta contro questo essere immondo.

CARLO
La tua è una lettura molto poco attenta di quanto ho scritto. Non c'è alcuna dicotomia tra reale e simbolico, né una fusione tra "io" e Dio, ma una analogia-complementarità ontologiche dei tre livelli Mondo, Uomo e Dio. E' la complementarità che salva dalla contraddizione il concetto di uni-trinitarietà dell'Essere trasformandolo in una paradossalità risolta.

green demetr

Citazione di: Carlo Pierini il 01 Ottobre 2018, 17:54:59 PM


CARLO
La tua è una lettura molto poco attenta di quanto ho scritto. Non c'è alcuna dicotomia tra reale e simbolico, né una fusione tra "io" e Dio, ma una analogia-complementarità ontologiche dei tre livelli Mondo, Uomo e Dio. E' la complementarità che salva dalla contraddizione il concetto di uni-trinitarietà dell'Essere trasformandolo in una paradossalità risolta.

Vedi quello che mi frena sempre nell'aprire ad una onesta discussione intellettuale è proprio quel valore ontologico.

Infatti mi sembra che passato un anno, continui a perseverare sulla tua strada, in equilibrio tra una metafisica interessante, e la necessità di salvare la fisica.

La metafisica non può essere quella ontologica di aristotele. La metafisica deve essere quella che vede nell'oltre della fisica, non l'essere, ma l'essente in quanto manifestazione.

In una sola parola deve essere fenomenologia, come aveva già capito Kant, passando per Hegel fino alle distorsioni in senso cartesiano di Husserl, poi ricorretto da Heidegger.

L'essente però non può essere il soggetto come nella visione di Jung.

L'essente è quella che Jung chiama l'ombra. Da bravo gnostico, egli crede che l'ombra sia il male.

Ora possiamo anche dire che Bene e Male sono complementari, ed effettivamente possiamo leggere Jung così.

Ma non vi è riflessione fra il bene, l'al di qua, junghiano e il male, l'aldilà.

Una lettura proficua di Jung deve partire da queste riflessioni. Sul valore morale a cui Jung relega questa complementarità. Complementarità è solo una parola, bisogna capire come influisce nel ragionamento sul Mondo.

Solo allora possiamo capire come questa ontologia a cui tanto tieni è solo la figlia del Diavolo.

Anima e Mondo, e Dio. Sono senz'altro parole che hanno una semantica lontana da quella ontologica, che si lega strettamente a quella scientifica.

Il problema è diffuso e non riguarda solo Pierini, ma riguarda anche Sgiombo, Davintro e pur appartenendo alla stessa sponda riguarda in maniera minore anche Paul.

O almeno sono queste le utenze che mi vengono in mente quando si parla di ontologia. In maniera seria, compiuta.

PS
Ovviamente anche nel panorama universitario assistiamo a questo cambio di paradigma, figlio delle spinte produttive capitaliste, alienanti ed oggettivizzanti. E insomma il forum è figlio del suo tempo. tranne alcuni coraggiosi che resistono, come me.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Carlo Pierini

#8
Citazione di: green demetr il 01 Ottobre 2018, 21:09:43 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 01 Ottobre 2018, 17:54:59 PM
CARLO
La tua è una lettura molto poco attenta di quanto ho scritto. Non c'è alcuna dicotomia tra reale e simbolico, né una fusione tra "io" e Dio, ma una analogia-complementarità ontologiche dei tre livelli Mondo, Uomo e Dio. E' la complementarità che salva dalla contraddizione il concetto di uni-trinitarietà dell'Essere trasformandolo in una paradossalità risolta.

GREEN DEMETR
L'essente però non può essere il soggetto come nella visione di Jung.
L'essente è quella che Jung chiama l'ombra. Da bravo gnostico, egli crede che l'ombra sia il male.
Ora possiamo anche dire che Bene e Male sono complementari, ed effettivamente possiamo leggere Jung così.
Ma non vi è riflessione fra il bene, l'al di qua, junghiano e il male, l'aldilà.
Una lettura proficua di Jung deve partire da queste riflessioni. Sul valore morale a cui Jung relega questa complementarità. Complementarità è solo una parola, bisogna capire come influisce nel ragionamento sul Mondo.

CARLO
Hai travisato non solo i miei scritti, ma anche il pensiero di Jung, per il quale l'"essente", non è l'Ombra, ma il , cioè l'unità armonica di corpo-coscienza-inconscio/Dio (l'uni-trinitarietà dell'Essere). E  non è vero nemmeno che egli identifichi l'Ombra con il male, né che consideri il bene e il male come opposti complementari. ...Insomma, non ne hai azzecata nemmeno una!  :)
Scrive, infatti, Jung:

"Se le tendenze dell'Ombra che vengono rimosse non rappresentassero altro che il male, non esisterebbe alcun problema. [...] L'Ombra comprende invece anche delle qualità inferiori, infantili e primitive, che renderebbero l'esistenza umana più vivace e più bella; ma urtano contro regole consacrate dalla tradizione". [JUNG: Psicologia e religione - pg.84]

"Il decorso del processo terapeutico comincia di regola con la presa di coscienza dell'«Ombra». In questa personalità "inferiore" è contenuto tutto ciò che non si adatta alle leggi della vita cosciente. Essa è composta di disobbedienza e perciò è riprovata non solo per ragioni morali, ma anche per ragioni di opportunità. [...] Essa è alla base di ogni dissociazione nevrotica.  [...] Come il nevrotico non è conscio dell'altro lato di se stesso, della sua ombra, l'individuo normale non scorge la sua ombra che sul corpo del suo prossimo, e cioè su chi sta al di là del fossato".    [JUNG: Psicologia e religione - pg.192/197]           


ROSSINI: Come un'ape ne' giorni d'aprile, op. Cenerentola
https://youtu.be/H3-miucC_28?t=10

Ipazia

Citazione di: green demetr il 01 Ottobre 2018, 15:54:24 PM
Vi sono due Filosofie, e vi sono 2 Cristi...
Riguardo ai numi, gnostici o cristiani, ho già detto che non li sposo. Per cui il mio discorso si sposta tutto sul reale che, qualunque cosa esso sia, per essere spiegato non ha bisogno di loro, ma incombe sulle nostre viscere che di esso si devono nutrire. E non solo loro. "Non si pasce di cibo mortale chi si pasce di cibo celeste" rammenta il Commendatore a Don Giovanni. E dall'oltretomba gli fa eco l'Ulisse dantesco: "Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". Che non si tratti di cannibalismo ce lo spiega anche Newton: "Se io e te abbiamo una mela e ce la scambiamo, alla fine abbiamo sempre una mela; se invece ci scambiamo una buona idea, alla fine abbiamo entrambi due buone idee". L'Eucarestia epistemica moltiplica i pani e i pesci e getta via solo quello che non funziona neppure per narrare una favola.

Il che a volte è controproducente, perchè quando le favole acquistano vita propria, finisce che troppo spesso si raccontano dentro un campo di concentramento. Ma tant'è, e bisogna conviverci con le miriadi di miriadi che hanno continuato a partorirle nella totale sospensione della ragione. Del resto si evolvono anche loro e prima o poi ... Prima o poi che non è facile perchè nella terra di mezzo incombe l'impudicizia dell'ultimo uomo, di fronte al quale anche il cadavere di dio riacquista la sua nobiltà. Ma per poco, perchè, come tutti i cadaveri comincia a puzzare (la grande narrazione storica è impietosa con le narrazioni fallite) ed è buona pratica igienica seppellirlo prima che si decomponga del tutto.
 
E allora che cosa rimane ? Il serpente che si mangia la coda ? Un filosofo che nella forsennata lotta per schiacciare la testa dell'immondo trovò come unica soluzione effettuale la follia ? Rimane l'oltreumano, oltre la follia e i limiti del suo primo pensatore. Perchè è vero che l'eterno ritorno del ciclo vita-morte è ineluttabile, ma non è spezzandolo in frammenti immaginari che lo si supera, bensì nell'amor fati, temperato dall'ingegno che solo ne permette il transumanare a temperature antropologiche. Ingegno di cui dette prova il più fortunato nei favori dell'unica donna amata dal filosofo quando scrisse "Ich lebe mein Leben in wachsenden Ringen ..." Il cerchio non si può spezzare, ma si può dilatare e nel suo dilatarsi incontra altri mondi, individui, soggetti con cui realizza nuovi mondi, individui e soggetti. Il poeta si fermò lì, indeciso tra l'essere un'antica torre, un falco e un grando canto, avvinto dallo stupore della sua creatura poetica. (I poeti sono grandi geni del simbolico e del relativismo ontologico). Noi oltreumani scafati possiamo andare oltre. Grazie alla cano-scienza. Senza trascurare la sua sposa filosofia che ne tempera le velleità immaginifiche.

Un sassolino: Per quanto lo scientismo volgare dell'ultimo uomo sia rivoltante, come si fa a parlare dell'altrui lobotomia, partendo dall'esperienza teista ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

Citazione di: Ipazia il 02 Ottobre 2018, 10:09:11 AM
Citazione di: green demetr il 01 Ottobre 2018, 15:54:24 PM
Vi sono due Filosofie, e vi sono 2 Cristi...

IPAZIA
Riguardo ai numi, gnostici o cristiani, ho già detto che non li sposo. Per cui il mio discorso si sposta tutto sul reale che, qualunque cosa esso sia, per essere spiegato non ha bisogno di loro, ma incombe sulle nostre viscere che di esso si devono nutrire. E non solo loro. "Non si pasce di cibo mortale chi si pasce di cibo celeste" rammenta il Commendatore a Don Giovanni.

CARLO
...Ma forse il Commendatore - appena sceso dal regno dei numi - intendeva dire il contrario ("...altre cure più gravi di queste, altra brama quaggiù mi guidò. ...Pentiti, cangia vita!").



G. RUSSO: La Sua figura
https://youtu.be/NVKFl2tL2qw

Ipazia

Citazione di: Carlo Pierini il 03 Ottobre 2018, 17:11:31 PM
...Ma forse il Commendatore - appena sceso dal regno dei numi - intendeva dire il contrario ("...altre cure più gravi di queste, altra brama quaggiù mi guidò. ...Pentiti, cangia vita!").
Non mi interessa il seguito. Il commento è relativo alla metafora eucaristica o gastronomica di qualcosa che non è cibo per lo stomaco. Come da tema in discussione. Personalmente mi piace molto il concetto di cibo celeste riferito a tutto ciò che è cultura. Un prestito ateo da un personaggio religioso per un paradiso ateo: la cultura.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Carlo Pierini

Citazione di: Ipazia il 03 Ottobre 2018, 18:52:41 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 03 Ottobre 2018, 17:11:31 PM
...Ma forse il Commendatore - appena sceso dal regno dei numi - intendeva dire il contrario ("...altre cure più gravi di queste, altra brama quaggiù mi guidò. ...Pentiti, cangia vita!").

IPAZIA
Non mi interessa il seguito. Il commento è relativo alla metafora eucaristica o gastronomica di qualcosa che non è cibo per lo stomaco. Come da tema in discussione. Personalmente mi piace molto il concetto di cibo celeste riferito a tutto ciò che è cultura. Un prestito ateo da un personaggio religioso per un paradiso ateo: la cultura.
CARLO
Certo, una rosa è una rosa, dovunque affondino le sue radici.



VAN MORRISON: Have i told you lately
https://youtu.be/P3LunRWbhPM

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