La comprensione delle cose.

Aperto da iano, 02 Giugno 2021, 12:46:44 PM

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iano

La comprensione delle cose non sta' in  un accumulo di saperi comparati , ma nel riuscire a ritrovare fra quei saperi l'inizio della via per ripercorre il processo  le cose ha generato.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Eutidemo

Ciao Iano. :)
Virgilio scrisse: "Felix qui potuit rerum cognoscere causas" (Virgilio, Georgiche, lI, 489); e, in effetti, per comprendere davvero qualcosa, è necessario comprendere l'effettiva "catena delle cause" che l'ha generata.
Il che vale in particolar modo per le azioni umane.
***
Ad esempio:
a)
L'art. 85 comma 1° c.p.,  stabilisce, giustamente, che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non aveva la capacità di intendere e di volere; ed infatti, in tale ipotesi, la "causa" del fatto non è da imputare al soggetto, in quanto incapace, per cui tale fatto non è criminoso.
b)
L'art.87 c.p., però, stabilisce che l'art.85 cp non si applica a chi si è premeditatamente messo nello stato di incapacità di intendere o di volere al fine di commettere un reato o di prepararsi una scusa; in tal caso, infatti, definito "actio libera in causa", la "causa" del fatto criminoso,  non è da imputare alla incapacità del soggetto, bensì alla sua precedente libera e consapevole scelta di procurarsi a bella posta tale stato di incapacità.
***
Per cui, in base al principio "causa causae est causa causati", e, cioè, risalendo nella "concatenazione" delle cause, si può meglio comprendere la natura del fatto; e, cioè, se sia da considerarsi criminoso o meno.
***
Un saluto :)
***

daniele22

Citazione di: Eutidemo il 03 Giugno 2021, 14:10:49 PM
Ciao Iano. :)
Virgilio scrisse: "Felix qui potuit rerum cognoscere causas" (Virgilio, Georgiche, lI, 489); e, in effetti, per comprendere davvero qualcosa, è necessario comprendere l'effettiva "catena delle cause" che l'ha generata.
Il che vale in particolar modo per le azioni umane.
***
Ad esempio:
a)
L'art. 85 comma 1° c.p.,  stabilisce, giustamente, che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non aveva la capacità di intendere e di volere; ed infatti, in tale ipotesi, la "causa" del fatto non è da imputare al soggetto, in quanto incapace, per cui tale fatto non è criminoso.
b)
L'art.87 c.p., però, stabilisce che l'art.85 cp non si applica a chi si è premeditatamente messo nello stato di incapacità di intendere o di volere al fine di commettere un reato o di prepararsi una scusa; in tal caso, infatti, definito "actio libera in causa", la "causa" del fatto criminoso,  non è da imputare alla incapacità del soggetto, bensì alla sua precedente libera e consapevole scelta di procurarsi a bella posta tale stato di incapacità.
***
Per cui, in base al principio "causa causae est causa causati", e, cioè, risalendo nella "concatenazione" delle cause, si può meglio comprendere la natura del fatto; e, cioè, se sia da considerarsi criminoso o meno.
***
Un saluto :)
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Certo che il nostro c.p. è ben strano.
Che l'incapacità di volere o di dovere possa essere messa in discussione mi sembra cosa lecita. Per quel che mi riguarda sarebbe infatti la incapacità di dovere quella di cui si dovrebbe parlare. Di fatto se uno ammazza una persona, la capacità di intendere ce l'avrebbe di sicuro, anche se lo facesse durante un episodio di sonnambulismo. Dicasi lo stesso per il volere proprio perché se riesce a farlo significa che ha messo in pratica la sua capacità di intendere. Si potrebbe imputare all'imputato che abbia capito male, ma qui si ritorna al testo di Brecht "L'eccezione e la regola". In quel caso il padrone che ammazzò lo schiavo fu assolto

Eutidemo

Ciao Daniele. :)
Per il nostro diritto, in "estrema" sintesi, le "cause di non imputabilità" consistono:
1)
Nell'"incapacità di intendere", che può essere definita come "l'incapacità di comprendere il significato del proprio comportamento e di valutare le possibili ripercussioni negative sui terzi"; è questo, ad esempio, il caso di un soggetto affetto da vizio totale di mente, il quale non è in grado di comprendere che, premendo il grilletto di una pistola, parte un proiettile che può uccidere qualcuno.
2)
Nell' "incapacità di volere", che, invece, consiste nella "impossibilità di controllare i propri impulsi"; è questo, ad esempio, il caso di un soggetto completamente fuori di testa, il quale capisce benissimo che, premendo il grilletto di una pistola, può uccidere qualcuno, però, a causa della sua malattia mentale, non è assolutamente in grado di resistere all'impulso di sparare.
***
Non ci vedo niente di "strano"; ma, anzi, direi che è "ovvio"!
Ed infatti, tali "cause di non imputabilità" non compaiono soltanto nel nostro codice penale, bensì nei codici penali di tutto il resto del mondo.
***
Quanto all'"incapacità di dovere", secondo me, si tratta di uno "pseudo-concetto", che non ha alcun senso, nè logico, nè sintattico, nè giuridico; ed infatti, si può essere "capaci" o "incapaci" di "intendere" e di "volere", ma non certo di "dovere"!
Ed infatti, il "dovere" consiste nell'obbligo di fare (o non fare) qualcosa, per cui, semmai, si può parlare:
- della "capacità di intendere" quale sia il nostro dovere;
- della "capacità di voler" adempiere al nostro dovere.
Ma parlare di "capacità di dovere" è un "nonsenso" logico-sintattico.
***
Quanto al fatto che, se uno ammazza una persona in stato di sonnambulismo, secondo te "la capacità di intendere e di volere ce l'avrebbe di sicuro", per cui dovrebbe essere ritenuta imputabile, e, quindi, essere condannata alla reclusione, ringrazio il cielo che tu non faccia di professione il giudice.
***
Un saluto! :)
***

daniele22

Buongiorno Eutidemo, spesso mattiniero. Io giudico le persone, ma se loro non mi provocano difficilmente esterno dei giudizi da condividere con altri amici. Cerco infatti di guardarmi dall'abitudine umana di cercare alleanze per farsi forza contro qualcuno. Più che un giudice potrei essere semmai un buon carabiniere, ma essendo anarcoide i carabinieri rappresentano in un certo senso per me dei nemici naturali, come del resto lo sarei io per loro. Ti chiedo: se un selvaggio che non ha mai visto una pistola azionasse il grilletto e ammazzasse qualcuno, come verrebbe giudicato? Sarebbe accusato di omicidio preterintenzionale o verrebbe assolto per incapacità di intendere e volere? Infine, non mi sembra poi tanto un non senso l'incapacità di doversi (o potersi forse) fermare prima di compiere un gesto, ovvero di non saper dominare i propri impulsi. Spero di aver chiarito quanto intendevo affermare nel mio post precedente. Buon proseguimento di giornata

tiziano gorini

Se non ho compreso male per Iano la conoscenza del mondo dovrebbe essere un percorso a ritroso, in cui accade una liberazione dalle sovrastrutture culturali, intellettuali e cognitive. Punto d'arrivo, forse: l'esperienza antepredicativa, il "toccare" sensualmente le cose, la consapevolezza del qui, ora, questo.
Io la penso così, sono un realista: il mondo esiste, le cose esistono, a prescindere dalla mia esistenza. Per mia comodità intellettuale perciò distinguo tra "cosa" (ma su cosa sia una cosa ci sarebbe da discutere a lungo) e "oggetto", la cosa come la percepisco, esperisco io. Non è certamente una distinzione originale: sa molto di Kant e del Marx delle "Tesi su Feurbach".
Quale effetto avrebbe sulla mia psiche questo "contatto" primitivo ed ingenuo - posto che sia realizzabile - non saprei immaginarlo; forse sarebbe l'incubo di una dissoluzione precategoriale del mondo, come quello descritto da Sartre in "La nausea". O un'estasi mistica. Mah...

iano

#6
Ciao Tiziano.
Intanto grazie per essere tornato in tema.
No, non credo che le nostre visioni coincidono.
Io non credo che esistano cose in se', se non una generica realtà la cui vera natura possiamo solo indurre, e molto debolmente, dal fatto ad esempio che la conoscenza, ciò che deriva dalla nostra interazione con essa, sia possibile, dal che induco che essa sia coerente, ma poco altro e comunque con ampio margine di dubbio.
Le cose che a noi appaiono dalla interazione con la realtà dipendono dal particolare tipo di interazione ( la stessa cosa appare come onda o come particella a seconda di come la indago, appare cioè come cose diverse, quindi forse non è corretto dire che sia la stessa cosa, come se avesse una esistenza in se') , a cui però non è facile risalire essendo un percorso interindividuale ed esteso nel tempo. Questo è anche il motivo per cui tutti vediamo le stesse cose, dal che credo erroneamente si deduca la realtà di quelle cose.
Io percepisco soggettivamente , ma il sistema percettivo non è soggettivo.
Parimenti non è soggettivo il percorso che porta ad una teoria fisica, che è ancora un modo di "vedere" le cose tutti insieme.
La piena comprensione delle cose che percepiamo equivale quindi a ripercorrere, non a ritroso, ma ancora in avanti , a ripartire da un punto qualsiasi papabile come tale sul percorso che ha generato quelle percezioni.
Ammesso che ciò sia possibile, non è pensabile però  poterlo fare per ogni cosa che percepiamo o teorizziamo con successo.
Ma se si riesce a farlo almeno in un caso, se in quel un caso avremo piena comprensione, allora sapremo cosa significhi davvero capire.
I procedimenti matematici sono un poco una esemplificazione di quanto sopra detto. Essi per analogia ci suggeriscono infatti che un teorema, per quanto possa apparire complicatamente gratuito, possa farsi risalire a qualcosa di ancora gratuito se vuoi, ma logicamente più semplice.
Si può ben supporre credo che la nostra percezione delle cose, che derivano dall'interazione con la realtà, si sia evoluta dal semplice al complesso.
E a dimostrazione di ciò le nostre percezioni sembrano avere diversi gradi di consistenza .
Percepiamo la materia, come percepiamo il tempo, come percepiamo le idee, ma in diverso grado.
Il mondo come ci appare è un po' come tutti ci mettiamo d'accordo che ci appaia, detto grossolanamente.
È una illusione collettiva, ma non gratuita perché ha una relazione con la realtà, e in quanto collettiva ci permette di agire nella realtà come un solo individuo.
Allora si possiamo parlare con piena proprietà di soggettività, la soggettività dell'umanità.
Ma infine a cosa serve capire almeno una cosa, possedere almeno un esempio di come una cosa si sia generata?
Serve a capire come si generano le cose per, una volta noto il meccanismo, provare a generarne di nuove.
In effetti la scienza cio' fa' già da un po'. Genera , a volte con nostro disappunto, nuovi oggetti strani e improbabili , che prima non percepivamo e lo fa' con relativa coscienza, ma non piena coscienza. L'intuito nel processo scientifico gioca ancora un ruolo decisivo.
Capire come comprendiamo la realtà significa aumentare il grado di coscienza con cui interagiamo con la realtà, e da ciò forse potremo sperare di indurre ancora qualcosa su di essa, anche se questa ultima parte non è quella che mi appassiona.
Mi piace solo rompere i giocattoli per capire cosa c'è dentro.
Ma cosa c'è dentro al giocattolo?
Come ogni bambino ha sperimentato con delusione dentro il giocattolo non c'è nulla.
Per comprendere l'essenza del giocattolo devi provare a rimontarlo, il che , come ogni bambino sempre sa' , non è propriamente facile.


La natura stessa, a quanto pare condivide con noi questa difficoltà, secondo la legge per cui l'entropia non può diminuire.
Capire significa capire che ciò che stiamo distruggendo difficilmente riusciremo a ricomporre, se la natura stessa fatica a farlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#7
Riassumendo, la mia teoria è che la matematica non sia inspiegabilmente efficace nello spiegare la realtà ( infatti i matematici la creano apparentemente a nessuno scopo in particolare, se non per il piacere di farlo) perché essa in effetti non spiega la realtà , ma crea oggetti che possono mettersi in relazione con la realtà , quindi comprendere le cose significa ripercorrere il processo che le ha generate, posto che i matematici stessi non sanno dire completamente bene qual percorso abbiano seguito.
Solo a posteriori generano un percorso simile, ma quasi mai identico ( si può giungere allo stesso posto per diverse strade) che permetta a tutti di condividere ciò che hanno creato.
Tutto sembra essere stato sotto il loro controllo cosciente nell'atto creativo, ma così non è del tutto, e ciò rende conto del fatto che il percorso per il quale le cose si generano non richiede in se' uso di coscienza.
Possiamo dire che vediamo rosso quando ci colpisce un onda elettromagnetica entro un range preciso di frequenza, ma perché vediamo il rosso rosso e non giallo , questo probabilmente non lo sapremo mai, e in fondo non occorre saperlo, se non nella misura in cui vogliamo inventarci nuovi colori se servisse, cui magari non corrisponda alcuna frequenza.
Impossibile? No.
Il sistema percettivo gia' lo fa' , quando vede rosa, colore che non fa' parte dell'esclusivo club dell'arcobaleno.
Ma se possiamo inventarci il rosa allora possiamo inventarci ciò che ci pare, se serve, una volta compreso il meccanismo che genera le cose, e il miglior modo per capirlo è provare propriamente a generarle ex novo, ma più verosimilmente partire provando a rigenerare vecchie cose.
Ciò che gia' crediamo di sapere, ma non per questo possiamo dire di ben comprendere pienamente.
Ma non è la realtà che dobbiamo comprendere. Noi possiamo comprendere solo ciò che possiamo generare, e che abbiamo generato in relativa coscienza in combutta con la realtà.
Intendo dire per combutta, esperienza o  esperimento in ragione di quanta coscienza sia stata usata.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

tiziano gorini

Bè, a me pare che siamo abbastanza d'accordo (forse a te non sembra perché mi sono espresso in modo molto sintetico).
Aggiungo solo alcune considerazioni marginali: 1. comunque sia, esiste nel mondo uno stato della realtà, il cui livello minimo è rappresentato dall'indeterminatezza quantistica, che si esprime a diversi livelli, di cui noi ne sperimentiamo solo una parte (ad esempio non ci sperimentiamo come un'ammasso di atomi spersi nel vuoto, ma come oggetti corporei dotati di una certa consistenza e persistenza), 2. quindi il nostro mondo è determinato in un certo modo, a certi livelli di realtà (mi verrebbero  da usare i concetti del Cusano, ma eliminando Dio: X - la realtà, qualunque sia - è complicazione, il mondo è esplicazione; o, per rifarmi ad un filosofo a me caro, Giorgio Colli: il mondo è "espressione") e questo è l'importante, nel senso che noi il mondo non possiamo che esperirlo così; 3. lo possiamo esperire solo così perché - io credo, anche se in proposito ho molte imbarazzanti riserve intellettuali -  la nostra evoluzione biologica ci ha fornito di un determinato apparato percettivo-cognitivo (Lorenz dice "apparato-mondo")

viator

Salve iano. Citandoti : "se non nella misura in cui vogliamo inventarci nuovi colori se servisse, cui magari non corrisponda alcuna frequenza.
Impossibile? No.
Il sistema percettivo gia' lo fa' , quando vede rosa, colore che non fa' parte dell'esclusivo club dell'arcobaleno".


!!! Scusa......ma che dici ? Lo spettro del visibile ("arcobaleno") include tutte le frequenza comprese da......a......nanometri (limiti leggermente variabili in funzione del mezzo attraversato dalla luce) con perfetta gradualità, includendo perciò ogni altro "colore intermedio" o "sfumatura". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

Ciao Viator.
Digita su google , il rosa non esiste.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Citazione di: iano il 08 Giugno 2021, 21:43:20 PM
Ciao Viator.
Digita su google , il rosa non esiste.

Salve iano. Io non digito nulla. Mi piacerebbe - prima di farlo - sapere cosa hai digitato tu. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: iano il 08 Giugno 2021, 23:05:32 PM
Il rosa non esiste...
...nel fantastico mondo della cosa-in-sè. Nel mondo reale esiste perchè l'evoluzione ha fatto sì che una animale possedesse un'architettura visiva in grado di predicarlo e riprodurlo con sufficiente condivisione di giudizio tra i membri della sua specie.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Citazione di: Ipazia il 09 Giugno 2021, 07:25:30 AM
Citazione di: iano il 08 Giugno 2021, 23:05:32 PM
Il rosa non esiste...
...nel fantastico mondo della cosa-in-sè. Nel mondo reale esiste perchè l'evoluzione ha fatto sì che una animale possedesse un'architettura visiva in grado di predicarlo e riprodurlo con sufficiente condivisione di giudizio tra i membri della sua specie.
Certamente il rosa in tal senso condivide la sorte degli altri colori, ma sembra fare eccezione perché ad esso non corrisponde alcuna frequenza.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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