La compiutezza del tempo.Fine della utopia.Trionfo della religione, della morte.

Aperto da green demetr, 24 Febbraio 2021, 23:00:34 PM

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green demetr

Citazione di: paul11 il 26 Febbraio 2021, 23:13:32 PM
Non so se, come scrive Alexander, manchi la volontà di cambiare, penso che forse la frustrazione sia tale e accompagnata da mancanza di visoni, per cui la volontà se non cade nella rassegnazione, poco ci manca. E' come se ci trascinassimo, ci lasciassimo andare alla corrente senza più voglia di combattere.
E' vero che vista la situazione, si tende a rintanarsi nella propria nicchia di sicurezza confortevole.
Altrettanto vero che c'è poco o nulla di originale filosoficamente, e quel poco è particolare ed interessante, nulla a che fare con le "grandi visoni", le uniche che possono mutare il vento culturale odierno.


Jacopus, almeno per me ciò che dice Cacciari è ormai risaputo, ed è sintesi ,non certo analisi.
Come ho scritto nel post precedente, bisogna far capire cosa sia la tecnica dal punto di vista filosofico culturale, del perché avviene solo in Occidente , in determinate civiltà, quali sono gli strumenti teoretici che hanno promosso questo esponenziale sviluppo dalla modernità e quale cultura filosofica ha a sua volta voluto la tecnoscienza, che è anch'essa un'utopia al tramonto da tempo. Cacciari non poteva che fare sintesi , gli approfondimenti sono nei suoi scritti e di altri che seguono il canone "della potenza tecnoscientifica".
Platone non è utopista e nemmeno la filosofia greca in toto, ribadisco.
A meno che si voglia dire che la morale non c'entra più nulla anche nella politica, che il bene comune è un'utopia, che la comunità pacifica è un sogno, che la possibilità di convivenze di diversità sia irrealizzabile.
Il punto chiave della definizione di utopia è infatti credere, perché è una fede anch'essa, che sia possibile mettere in gioco la propria esistenza e il proprio essere nell'orizzonte della propria vita .
Questa è la "vera" utopia, in senso positivo, cioè pensare ad una società ad una cultura che permetta di vivere meglio . Le "false" utopie sono solo progetti che non mutano il senso della vita, il miglioramento umano della vita , sono progetti che toccano il mondo esterno umano, il sistema ambiente , inteso come meccanismi socio economici, leggi politiche.
La caduta della cultura positivistica del progresso intesa anche come "liberazione" negativa, cioè liberarsi dalla fatica, liberarsi dai condizionamenti , se da una parte ha promosso  e permesso che il sistema ambientale, inteso come cultura tecnoscientifica, abbia dato certamente strumenti, "doni", per "sopravvivere" meglio, dall'altra ha invece perso proprio sul fronte del miglioramento umano dell'uomo, perché ha prodotto l'uomo macchina, l'uomo stressato, l'uomo ansioso, l'uomo alienato ancor di più. La dicotomia, la discrepanza fra miglioramento dell'ambiente tecnoscientifico e peggioramento dell'uomo umano come orizzonte di senso umano compiuto, ha messo in luce proprio la fine dell'utopia positivista di un totale progresso .
Le utopie ,quelle vere, non è vero che debbano essere necessariamente "razionali", per essere rivoluzionari c'è ne cessità di una carica irrazionale costruita persino sull'ingenuità e illusione. Per questo i giovani sono più rivoluzionari dei vecchi rassegnati, e da sempre. Intendo dire che l'utopia si nutre della carica emotiva passionale accompagnata dall'idea di cambiamento che deve essere "forte", sentita come realizzabile, per quanto quasi impossibile.
Tutte le utopie moderne sono tecnoscientifiche e volontà di potenza, dal capitalismo al nazismo, dal fascismo al comunismo , questo ben pochi lo hanno capito . Quando Marx attribuisce alla sua teoria
"scientifica" ,anche lui crede al progresso tecnoscientifico , non crede alla divisone delle classi sociali . Le ideologie anti positivistiche sono le due facce dell'identica medaglia, perché cercavano nello stesso progresso positivistico tecnoscientifico ,solo strutturato politicamente e governato in maniera diversa. L'errore è credere che un sistema culturale che ha radicato l'idea di tecnica come potenza ,sia governabile altrimenti dal capitalismo o comunque da una certa idea di progresso .
E' la tecnoscienza che produce l'uomo macchina, che sia a New York, Mosca, o Pechino :questo dobbiamo mettercelo in testa.
Per governare la tecnoscienza, non bisogna più affidarsi a lei come incarnatrice del progresso, ma solo come strumento  al servizio, ribadisco al servizio dell'uomo.


Ha ragione Cacciari quando dice del "superumanesimo" quando pensiamo che l'uomo distrugge il pianeta Terra. Ho già scritto sul rapporto con la natura. La modernità ha esaltato lo scontro natura cultura, seppur ambiguamente abbia sostenuto l'uomo naturale costruendone stereotipi culturali falsi. L'uomo ha paura della natura e cerca in tutti i modi di controllare il suo potere , l'uomo può estinguersi cos' come l'intero bios sul pianeta Terra, ma come Marte che si suppone non abbia più bios, è lì nella sua interezza a fare rivoluzioni e rotazione attorno al Sole.


Niko,  notevole post. Infatti molti pensano ormai che il prodotto della cultura, che è umana, funzioni come la natura....che è indifferente al nostro destino, al modo in cui la rappresentiamo .
In questo errore di tecnica come destino sono caduti in parecchi ,come se la tecnica non fosse  stata una scelta ,una volontà di una cultura che ha promosso la sua espansione. In quanto tale, e non come la natura, ma come cultura, così come fu promossa, è possibile quanto meno gestirla, riprenderla in mano. Lo scontro è interpretativo, perché molti filosofi, fra cui Cacciari, avendo vissuto le utopie, ed essendo stati " sconfitti " hanno battezzato come ineluttabile, come un destino naturale la tecnica, ed è un errore.
Direi quindi questo sulla falsariga da quanto da te scritto. In politica non esiste mai un terreno neutrale, nel senso che c'è sempre e da sempre qualcuno vince e qualcun altro perde, a prescindere dall'esitenza o meno di utopie, c'è chi avanza e chi arranca . La fine dell' utopia, la distopia, il disincanto ,se creano aridità per molta della popolazione che poco o niente spera, per altri è invece terreno fertile per sopravanzare. Su questo sono perfettamente d'accordo. L'errore è pensare che le sconfitte divengano  disfatte, Le sconfitte spesso insegnano più delle vittorie , e non è retorica. Se si sa analizzare teoretica e prassi. Infatti a mio parere, ribadisco, i filosofi hanno smesso di pensare in grande e scrivono piccole cose spesso cadendo involontariamente nella retorica "fatalistica", quando non trovano analiticamente la profondità del perché sono accaduti detrminati avvenimenti storici , quando non conoscono il perché sia sia strutturato un mod di pensare, un modo di vivere, un modo di sperare e fare utopie.
Detto stringatamente, poco mi importa che Nietzsche abbia scritto nella seconda metà dell'Ottocento che "Dio è morto"...non l'avevano avvertito che i funerali c'erano già stati da tempo,  o che Heidegger quasi un secolo dopo  a sua volta dica "ci vorrebbe un Dio....." perché la SUA filosofia si era avvitata su se stessa...
Pur credendo in Dio, ritengo che il destino umano su questo pianeta sia di propria mano degli umani ,che giustizia e iniquità sia il prodotto dell'ignoranza o sapienza umana, dell'indole umana, della natura umana, del genio o stoltezza umana. Sono gli umani che hanno voluto promuovere la tecnica prima come strumento da gestire e governare ai propri fini , ma mantenendo le eterne contraddizioni della storia intera umana. Il vero problema culturale è sovvertire quindi gli opposti , la futura utopia è costruire la società giusta a prescindere dal livello tecnico e solo dopo sarà allora possibile gestire la tecnoscienza . Se l'uomo prima non toglie la propria decadenza, la propria alienazione dal mondo , non promuove se stesso e ne accetta i limiti fisici e naturali come destino e i limiti di conoscenza, smettendo questa volontà di potenza finalizzata al potere, allora può ricostruire luna vera utopia come possibilità in cui immetterci la propria carica passionale emotiva, quella volontà di cambiamento come possibilità . Ma allora bisogna mutare le prassi, e personalmente lo si fa a partire dal sistema giuridico economico che ha costruito privilegi per alcuni e sottomissione per molti , ma non come spirito di rivalsa, ma come spirito di giustizia, per vivere tutti meglio, umanamente meglio e quindi creare le condizioni di pace, sicurezza, tranquillità. In questo mi sento l'ultimo utopista ancora esistente , credo nonostante tutto ancora possible l'emancipazione umana, ma è una questione morale.........e quindi politica.


Ma Cacciari non dice che è ineluttabile, dice che è fede. E infatti lo ammetti anche tu. Non dice che devi smettere di progettare secondo una tua fede.
Non è filosofia però. A meno che tu intenda dire che esista una filosofia-esoterica, ma appunto se vai avanti nel video Cacciari ti  spiega che ANCHE questo tentativo è fallito. O è religione o è Scienza, non può esistere un ibrido.
Certo questa cosa la puoi negare. Ma non vedo come. La religione Platonica è quella gnostica, tanto per capirci. Il sole dietro al sole della caverna platonica. Bisogna stare attenti, è una china pericolosa. Buon lavoro comunque. Nella mia prospettiva leggerò i contributi, ben accetti, sempre, come quelli di antiche idee morte, ma non per questo non ravvivabili nella utopia morta. Ed è con quell'utopia morta, che voglio proseguire a capire Nietzche. Nel dialogo come abbiamo sempre fatto. (non su Nietzche però  ;)  per carità  ;) )
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Alexander il 27 Febbraio 2021, 00:49:06 AM
Buona notte a tutti gli insonni



C'è un male profondo che scorre, neanche tanto sotterraneo. Il primario di pediatria dell'ospedale Bambin Gesù ha detto che ormai, ogni benedetto giorno, si presenta al pronto soccorso un bambino o un ragazzino con ferite da autolesionismo. La media è di uno al giorno. Solo in un ospedale. I tentativi di suicidio tra i giovani sono aumentati di circa il 30%.C'è qualcosa di perversamente malato in una società in cui i bambini si fanno del male da soli. Era questo il mondo che sognavano i nostri vecchi? Più giustizia, più speranza, più giorni di sole? E invece vien giù una pioggia torrenziale che lava via le speranze, i sogni stessi.
Molti diventano "complottari", ma lo fanno per urlare:"Ehi! Guardate che anch'io esisto e questo mondo non mi va bene. Non vi credo più." Dubitano di tutto, anche di quello che non si dovrebbe dubitare. Tanti sono giovani, anche istruiti. Ormai è l'unica forma di ribellione che è rimasta, ma verrà normalizzata presto. Dubitare per sopravvivere dentro. Anche nei sentimenti (eh, già Green Demetr), nelle passioni, magari con un elmo cornuto sulla testa. Farsa e tragedia nello stesso tempo. Non resta molto altro, ma tranquilli, viene presto un mondo dove questi stupidi rideranno della loro rivolta sterile e indecorosa. E' l'irrazionalità vitale che cerca di resistere alla normalizzazione, al fisicismo imperante. Presto però sarà pronta la pillola del "giorno prima", non abbiamo nulla da temere. Saremo "ristorati". E per finire non può mancare l'"andrà TUTTO bene", ovviamente.


Ma no dai, i sentimenti li proteggeremo, dobbiamo solo lavorare su come.


E comunque sia ANDRA' TUTTO BENE  :D :D :D


Buona notte anche a te.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Citazione di: green demetr il 24 Febbraio 2021, 23:00:34 PM
PS
Hai notato Ipazia, che ci lancia una frecciatina, con quell'accenno al ludens?

E' ora di lavorare. Ciao.

Si, è proprio ora di lavorare perchè Ipazia non riduce l'antropologico ad edonismo ma, come ho ben precisato, alla sacra triade faber, ludens, sapiens che messa insieme edifica il ludus serissimo dell'avventura antropologica.

Avventura costellata di utopie in cui, molto opportunamente, Cacciari pone F.Bacon a snodo di passaggio dall'antico al moderno, ovvero dalla certezza deduttiva dell'antica metafisica incentrata su agathè/bonum all'incertezza induttiva della nuova che procede per augmentum scientiarum, nel quale è già implicita la provvisorietà di ogni utopia e pure del suo antipode che oggi va per la maggiore, la distopia (tecnoscientifica anzichè no).

Rispetto alle quali, marxianamente, prendo le mie distanze, riducendo pure le velleità dell'augmentum scientiarum (progresso) alla dimensione, come insegna Cacciari, del progetto più o meno riuscito del quale successo o fallimento solo a posteriori possiamo giudicare *. Peraltro solo provvisori e sempre rinascenti dalle loro ceneri. Il che autorizza ogni genere di fede inclusa la mia nelle contraddizioni del sistema capitalistico, di marxiana memoria.

E' in tale indeterminatezza, fatta di fratture redentive che rilanciano il logos antropologico, il grande gioco della storia, non riducibile alla felicità, dice Cacciari (e pure Nietzsche), e alle volgarizzazioni (neo)pietiste di essa, che si rivelano miseria filosofica al pari di quanto osservò Marx rispetto alla "filosofia della miseria" di Proudhon a cui contrappose la sua "miseria della filosofia".

Che ultimamente assistiamo ad una "miseria della scienza" non tragga in inganno. La storia procede per progetti (era così anche al tempo di Platone solo che i tempi erano più lenti per la miseria della tecnica disponibile) soggetti a falsificazione. Sono le regole del grande gioco. Regole stabilite dalla grande madre che si diverte a confondere le pretese dei padri metafisici, fisici e ideologici. Del resto: mater semper certa. Ce lo rammentano Nietzsche e pure Cacciari.

* A tal proposito, in un suo libro degli anni ruggenti, quando non doveva tingersi i capelli, Cacciari citò liberamente, forse da Nietzsche o Wittgenstein o qualcun altro finis Austriae, questo aforisma: "merita di essere signore del suo tempo colui che si limita ad anticiparlo". Parole profetiche da porre ad epigrafe della postmodernità, al netto di ogni demonizzazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Tra i tanti assist del video di Cacciari ce n'è uno che va sottolineato: la globalizzazione della koinè tecnoscientifica europea che per almeno cinque secoli ha dato fiato alle trombe della primogenitura occidentale su scala planetaria. E' un dato reale che però enfatizza oltre misura il crollo, anche a livello di immaginario utopico, di tale leadership, scippata prima dal Nordamerica ed ora pure dall'Asia, che sta mettendo in seria difficoltà tutto il complesso militare-industriale-ideologico Occidentale integrato. E' pur vero che la finanziarizzazione (parola orribile anche da scrivere e pronunciare) del potere politicoeconomico ha le sue solide basi ancora in occidente e nelle sue monete, ma è un vantaggio di corto respiro che, come spiega Green nel topic sicurezza, si sta diluendo nella tecnologia blockchange che genera un equivalente generale del denaro apolide. Marx docet anche nella sempre maggiore globalizzazione della forma denaro.

E quindi ? Si ritorna tutti ai blocchi di partenza. Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, scurdámmoce 'o ppassato... Ma non il presente e il futuro in cui, più che le topgun, conta la materia grigia dei bookmaker politici a cui , forse, la pazienza e riflessività asiatica offrono, non solo sul piano filosofico, una marcia in più. Soprattutto nella capacità di assecondare e governare gli eventi piuttosto che, trumpianamente, contrastarli col petto in fuori. In particolare quando hanno la forza di un uragano, come le nuove tecnologie dimostrano di avere.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

Citazione di: green demetr il 27 Febbraio 2021, 00:50:47 AM
cit Niko
"Cacciari sembra parlare di se stesso da uomo vecchio e stanco che è, ed esprimere il suo personale disincanto verso le utopie; ma in realtà io direi che le utopie moderne saranno pure esaurite come dice lui, ma quelle contemporanee sono più vive che mai."


E ma quello è il problema! non è certo la soluzione.

cit Niko
"Il mondo contemporaneo è una continua crisi, e le utopie dei potenti, che sostanzialmente si avverano sempre di più e/o sono vere da sempre, sono le distopie della stragrande maggioranza delle loro vittime: la mia generazione ha visto le contestazioni no-global, poi l'undici settembre, poi questo disastro del virus (zero virgola cinque per cento di mortalità) strumentalizzato politicamente per costruire un totalitarismo del consenso, l'avvento dell'uomo-virus: ad ogni supposta "emergenza", si è risposto comprimendo i diritti della stragrande maggioranza dei cittadini occidentali e creando facile consenso intorno a una politica e a una comunicazione mediatica del terrore, quindi io ci vedo una rottura della linearità del progresso verso un qualcosa, un sistema-mondo, che è sempre meglio per l'infima minoranza dei dominanti e sempre peggio per i dominati, l'utopia dell'uno è la distopia dell'altro, e in questo non c'è nessun compimento dell'occidente, ma un disvelamento del meccanismo -potrei dire della natura- che vi sta alla base, meccanismo e natura che mi sento facilmente di identificare con il capitalismo in senso marxiano e con la decadenza in senso nietzschano, sappiamo che l'uno inizia da circa l'ottocento, l'altra dai tempi di Socrate, ma strutturalmente hanno molto in comune."


Si ma appunto l'utopia rivoluzionaria è evaporata.
Io non credo che si possa parlare di utopia dei ricchi, ma di destino incrementale della tecnica. "Che ne sanno della vita i ricchi? al massimo possono tentare a indovinare" (cit Celine)

cit Niko
"Ma senza andare troppo fuori argomento, direi che il punto è che la decadenza (che è un inversione del ruolo tra debole e forte e un sentimento della direzione entropica e tanatologica del tempo) non può di per se stessa decadere, e il capitalismo (che è un sistema economico, non un Moloch omnicomprensivo) non può finire se non con la rivoluzione o con la rovina comune delle classi in lotta (socialismo o barbarie), quindi il concetto di attimo e di crisi/rivoluzione, sono stati più che mai presenti nella storia recente, solo che non ne è seguita l'utopia per i più, ma per i pochi."


I ricchi non hanno utopia, solo noia. Appunto non esiste felicità umana, ma loro che ne sanno? Sotteso sempre al video di Cacciari.

cit Niko
"La realtà dell'utopia è molto simile alla posizione del soggetto rispetto alla natura, quindi al discorso che si faceva in precedenza sul dovere, di amare la natura o no."


Ma il discorso sulla natura come ti ha spiegato Cacciari nelle risposte che ha dato nel finale, è una ideologia, instaurata dalla tecnica e dal suo bisogno incrementale, che ad oggi spinge le scienze dell'IT (industria tecnlogica) e della comunicazione, e che Sloterdijk chiama Sfera, e io sulla scorta di Baudrillard chiamo Ipersfera, e di cui la green ecology, con la letterina della Greta a Draghi (cioè è già avvenuto, quello che prospettavo ironicamente, ma appunto la velocità del cambiamento si mangia anche qualsiasi possibile ironia), è semplicemente solo una delle infinite mimesi. Ovvero la potenza della Realtà Virtuale.
La capacità dell'intero sistema industriale di convertirsi in un immensa produttrice di bolle virtuali, come i giovani ventenni oggi le chiamano, nella più totale tranquillità.
Insomma non è un problema. E' un problema di chi insiste nel voler vedere l'utopia.

cit Niko
" Insomma la società è una "seconda natura" rispetto alla natura nel senso tradizionale del termine, alla natura "selvaggia"; ma la posizione di amore, odio, ignoranza o indifferenza del singolo verso la società attuale in cui questo si trova a vivere non è, non costituisce, di per sé, una terza natura, per questo le utopie "buone" raramente si realizzano... esattamente come chi ama, odia, ignora o è indifferente alla natura, non per questo è salvo dai suoi problemi, e dai suoi "doni".


Ma vedi riproponi ancora la questione ideologica come problematica (non lo è per le nuove generazioni dai millenials in su). In realtà è la questione sentimentale ad essere sotto-attacco. O distinguiamo, o rimarrai sempre nel tuo discorso fatalista. E allora ha ragione Ferraris a parlare di "piangina".

cit Niko
"fenomeni sociali, come il denaro, la legge, la morale, hanno potere vincolante come se fossero, leggi della natura, pur senza realmente essere, leggi della natura: possiamo maneggiare il denaro, amministrare la legge, rispettare al morale eccetera, solo obliando, in una certa qual misura, che tutto ciò sia del tutto artificiale, che le regole di scambio e di utilizzo dei dispositivi e delle conoscenze generazionalmente tramandate siano puramente convenzionali, quindi alla base del "gioco" della tecnoscienza e del sapere come potere, visto come un gioco proattivo, manipolatore, simulativo, incrementabile all'infinito, c'è sempre il gioco del fare finta che non sia un gioco, l'eterna natura dissimulante dell'umano, che non è mai cambiata nemmeno con il passaggio alla modernità, l'oblio dell'artificiale che ri-manifesta il paesaggio naturale; è questa la vera posta in gioco delle utopie e delle distopie"


si infatti, vedo che capisci benissimo la questione dell'infosfera (dell'antropocene, come è alla moda dire), della sfera, dell'ipersfera etc..

Ma poi in coda mi dici che questa è la posta dell'utopia?
Non capisco proprio.

Se il fenomeno (supposto naturale, non essendo mai naturale) si conforma come quello dell'apparire dell'immagine all'interno dell'infosfera (Ossia dei simulacri come diceva Baudrillard), è chiaro che è di nuovo un simbolo (e rientra nella tradizione magica, incantatoria, ingenua). Se le utopie rivoluzionarie e messianiche sono morte, che sono le più recenti, quella magica a maggior ragione, è morta da tempo.
(e nell'antropocene, quali volevi che fosse l'utopia? se non quella utopica magica, che tra l'altro è quella dei ricchi, appunto illusioni!)

cit Niko

"il velo di maya che ci fa accettare l'ingiustizia sociale non durerebbe neanche un secondo se si mostrasse l'artificialità della maggior parte di quello che consideriamo come "naturale", e per fondare una nuova utopia funzionante, che si contrapponga in qualche modo allo stato di cose presente, bisogna ri-tessere il velo di maya e obliarne la fondazione, il contrario esatto di una concezione giuridica o associativa del concetto di fondazione."


Esatto, e per togliere il velo magico, cosa c'è di meglio che seguire con attenzione il disvelamento fenomenico storico?
L'antropocene, non come ricerca spirituale (figuriamoci) ma come apparire dei morti discorsi del passato (gnosi e compagnia bella).
Discorsi di morte, che velano il discorso di morte della tecnica.
Sembra proprio una schisi nella vita nevvero? E infatti è così, isteria all'interno dell'orizzonte paranoico.

La risposta sarebbe trovare il discorso morto di vita (l'utopia certo), che sia mimesi del discorso di morte reale (come nel caso dell'utopia magica contemporanea), ovvero che si contrappone alla vita reale. Cioè al sentimento. O lo diciamo o giriamo a vuoto! Non è questione del sapere e basta quindi!
Noi sappiamo che queste utopie sono sintomi di un discorso di morte, che fa finta di essere di vita. Ha il volto magico di Greta (al di là di Greta).
E' la telepatia. Si sintonizzano tutti su quel discorso.
Le domande che fanno a Cacciari sono le domande di Greta.
Capisci Niko? Ma Cacciari sorride, amaramente.

Cit Niki
"A ben vedere, anche in senso psicologico, la promessa stessa di felicità per come essa può essere significativa per l'uomo, non si riferisce mai a un indefinito futuro di felicità, volto all'accumulazione indefinita di qualcosa o tanto meno alla trasformazione indefinita di qualcosa, ma al desiderio e al bisogno di saturare lo "spazio" del futuro con una felicità in qualche modo esperita, quindi passata:"


Si, dannazione si.
infatti è così vedo che anche tu intuisci qualcosa nella direzione giusta. Passata, dunque morta.
Non passata dunque futura. Non esiste felicità, lo dice Cacciari no?
E' il dialogo che ci porta oltre. Lo spazio futuro va riempito col dialogo coi morti. E' ora di prendere commiato da loro.
Il viandante e la sua ombra di Nietzche, mi capisci?

cit Niko
" nessun uomo può "insegnare" a nessun altro uomo come essere felice, e nessun uomo può auto-rappresentarsi la sua felicità, senza implicare in qualche modo il passato, e questo implica il fallimento delle utopie di progresso eterno, e l'insufficienza delle utopie di crisi: bisogna sempre in qualche modo fare un uso non scontato della storia in vista della propria e altrui felicità, come se la manifestazione improvvisa di futuri alternativi, la scelta, implichi sempre, in qualche modo, un desiderio verso il passato remoto."


Un desiderio verso il presente (non verso il passato come scrivi) che si nutre nel dialogo con gli amici morti. L'archeologia del sapere intesa da Agamben.
Se è un desiderio verso il passato per il passato, è ancora una volta un sotterrarsi.

Ci sei quasi, ma lo sviamento finale, potrebbe essere il sintomo di un discorso paranoico ben più vasto di quel che credi (forse).
Buon lavoro.




Molto rapidamente: io sarò pure su una posizione paranoide, ma tu mi sembri su una posizione abbastanza per così dire "romantica" se pensi che i ricchi provino noia come sentimento prevalente e non lottino per i loro interessi, costruendo, vittoria per vittoria, le loro utopie.


La tecnica implica per sua principale conseguenza storica, direi, che i ricchi solo ricchi tendenzialmentenon esistono, o, al limite, sempre meno possono esistere all'avanzare della tecnica: più la tecnica "incrementa" più necessariamente i ricchi sono anche-potenti, quindi vivono tutto il dramma e la gamma completa delle emozioni nel detenere e cercare di mantenere il potere e il controllo, come vedi la mia posizione posizione "paranoide" si contrappone alla tua posizione romantica: il modo determinato in cui i ricchi hanno cambiato il mondo, dal mio punto di vista e per quello che ho potuto vedere nella mia generazione, non è certo per la noia, ma per il potere.

Poi non capisco io, come fai a dire che il discorso sulla natura è ideologia? Banalmente, io volevo dire che si può dissimulare verso il bene o verso il male, quindi una futura società utopica sarà basata lo stesso sull'oblio dell'artificiale che genererà una seconda (e non mai una terza) natura, penso che questo aspetto dell'uomo non cambierà mai, forse così sarà per l'individuo post umano, ma a te da altre cose che hai scritto altrove mi sembra che non piace la categoria del bene, e nemmeno del post umano, quindi la metto nel modo in cui la mettete tu e Cacciari:

la felicità non esiste!

questo è un po' il punto chiave, quindi la felicità terrena promessa delle utopie moderne è stata criticata principalmente in due modi.

1 perché banale e squallida, 2 perché impossibile.

Cacciari faceva l'esempio di Leopardi e Schopenhauer come esempi di autori che hanno mosso simili critiche, ma tanti altri ce ne potrebbero essere.

Quello che è importante notare, è che per entrambi questi problemi, quello per cui la felicità è impossibile, e quello per cui la felicità quando collegata a beni materiali o a definizioni della felicità stessa massificate, è falsa e squallida, la soluzione possibile è una misura della felicità: infatti la felicità terrena se "misurata", ovvero considerata, dal suo interno si polarizza in un meglio e in un peggio, per cui sarà pure vero che non si può essere completamente felici, ma ci possono essere modi sensati di quantificare, o meglio di calcolare, la felicità, al fine di per preferire un quanto maggiore di felicità piuttosto che un quanto minore, insomma un'arte del vivere che venga dalla mensura intesa più che in senso greco classico, in senso in senso ellenistico ed epicureo, e su tale arte del vivere potrebbero fare presa le utopie "riscuotendosi" così dalla critica che in precedenza avevamo visto, soprattutto dalla critica numero 2, impossibilità della felicità terrena; ma non è tutto, perché se invece consideriamo la felicità terrena come misurata nel suo complesso, non quindi una misura delle articolazioni interne della felicità terrena ma una misura della felicità terrena stessa come entità unica rispetto ad altro, ne risulta che questo uno della felicità terrena, si coniuga con i vari altro della felicità intesa nei modi considerati tradizionalmente più "nobili", come felicità in senso religioso, spirituale, estetico, artistico, erotico eccetera, insomma la mensura è anche misura del trascendibile rispetto alla trascendenza, o, in parole, più semplici, è il prima vivere e poi filosofare di aristotelica memoria, che se preso sul serio, è il presupposto, cognitivo e psicologico, e non il vano fronzolo, di tutte le altre forme di felicità, e così le utopie contemporanee potrebbero risollevarsi dalla critica numero 1, quella secondo cui la felicità terrena è squallida e intrinsecamente insufficiente: sia in risposta ad una critica che all'altra insomma, bisogna avere misura per avere relazione, quindi l'utopia non contende allo stato di cose presenti l'incremento all'infinito della tecnica, ma il momento propriamente creativo, che in negativo si può vedere anche come un oblio dell'artificiale che genera la natura, cosa di cui parlavo prima. Il fatto è che per Cacciari l'utopia é, di per se stessa, l'incremento all'infinito della tecnica e del sapere, è questo che la caratterizza, e quindi la distingue dalle forme chiuse delle scorrettamente dette "utopie" antiche, come la Repubblica di Platone eccetera, ma io sono su una posizione più barbosamente marxista per cui quello che davvero caratterizza la modernità è l'incremento all'infinito del denaro-capitale e la tecnica è al servizio, è ancella di questo scopo, scopo che non deriva dalla noia, ma semmai dalla lotta per il potere con tutta la conseguente gamma delle emozioni umane al seguito.
Quindi secondo me abbiamo, incremento all'infinito del denaro, da cui solo consegue, l'incremento all'infinito della tecnica, e il concetto di capitale è l'unione di lavoro vivo con lavoro morto, di "macchine" in senso lato e forza lavoro, quindi accanto alla tecnica come evento e fenomeno di cui parliamo da un po', non c'è l'uomo nella sua presunta libertà, ma l'uomo in una relazione sociale e di produzione ben determinata, quella del lavoro salariato: è per questo che la tecnica poi viene spesso recepita e descritta come un destino. Quindi è ovvio che io veda l'utopia come la rottura di questa relazione determinata che incatena l'uomo alla macchina e l'inizio di relazioni altre (tra uomini e uomini, macchine e uomini e macchine e macchine) al momento presente solo supponibili e immaginabili, e non come un competere di un modo di produzione su un altro, o di un' "idea" su di un altra, sul piano dell'incremento all'infinito della tecnica. Non dovrebbe essere una rottura della linearità del tempo, ma della relazione, quindi non qualcosa che riguardi i rapporti tra padri e figli o tra vivi e morti, ma tra fratelli, tra persone che in qualche modo si possano guardare negli occhi nella stessa generazione.
Ma penso anche che inevitabilmente, o almeno io da una prospettiva umana immagino questo come inevitabile, che, qualsiasi utopia seguirà al presente, il fondamento giuridico, o mitico, di tale utopia, sarà sempre meno importante dell'oblio del fondamento stesso e dell'assunzione della società umana come natura, questo finché l'uomo sarà uomo, insomma.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

Salve. Piacevole sonata. Io sono il cavernicolo che la fa semplice semplice.

Esiste la natura la quale esprime l'uomo, il quale pensa di adattare a sè ciò che l'ha generato. Ma in realtà riesce solo a pervertire sè stesso credendo di poter pervertire la natura.

In pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che vorrebbe mostrare al genitore nuovi modi di fare sesso. Ma pensa tu !!. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

Apprezzo Cacciari, così come Galimberti e Severino. Con tutti e tre ho avuto modo d'interloquire di persona, percependone la sostanziale onestà intellettuale.

Tuttavia, la grande cultura, la brillante intelligenza, non sono loro sufficienti per comprendere davvero in che cosa consista la tecnica.

Quando discettano sulla tecnica non parlano di un proprio vissuto, ma solo di una congettura, di un sentito dire.
La loro è una conoscenza prettamente intellettuale, non derivata dall'esperienza.

Ma vi sono cose, nel mondo, che occorre vivere in prima persona per poterne avere un'idea almeno un po' adeguata.

La tecnica altro non è che il fare dell'uomo.
E il fare, se lo viviamo con intensità, se ci immergiamo in questo nostro stesso agire che cambia il mondo, è autentica meraviglia. Che inevitabilmente coglie chi fa, se solo osserva se stesso nella propria azione.

Questa meraviglia ci ha condotto lungo la strada della volontà di potenza.
E non poteva che andare così.

La volontà di potenza aspira a dominare il mondo, ma in realtà cerca solo il proprio annichilimento.

Ed è proprio in quella meraviglia l'annuncio, la promessa della beatitudine.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

CitazioneIn pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che vorrebbe mostrare al genitore nuovi modi di fare sesso

Correggerei nel seguente modo: "in pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che mostra al genitore nuovi modi di fare sesso (come ad esempio la clonazione della pecora dolly o la ricomposizione genetica dei virus indeboliti a scopo vaccinale)."
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2021, 19:54:37 PM
...

Questa meraviglia ci ha condotto lungo la strada della volontà di potenza.
E non poteva che andare così.

La volontà di potenza aspira a dominare il mondo, ma in realtà cerca solo il proprio annichilimento.

Ed è proprio in quella meraviglia l'annuncio, la promessa della beatitudine.

Condivido tutto ciò che precede, ma il Wille zur Macht come deus ex machina non mi ha mai convinto fino in fondo. Sarà la mia formazione marxista, ma lo trovo una risposta ingenua alla complessità antropologica e un atteggiamento infantile di fronte alla Macht reale, la natura.

Il delirio tecnoscientifico non è l'unica obbligata strada dell'evoluzione antropologica e basta un granello di sabbia, o un piccolo virus, perchè tutte le velleità vadano in frantumi e si torni alle alchimie dentro un vaso di Pandora.

Come dice Green, c'è da lavorare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Citazione di: Jacopus il 27 Febbraio 2021, 21:06:32 PM
CitazioneIn pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che vorrebbe mostrare al genitore nuovi modi di fare sesso

Correggerei nel seguente modo: "in pratica stiamo assistendo allo spettacolo del figlio che mostra al genitore nuovi modi di fare sesso (come ad esempio la clonazione della pecora dolly o la ricomposizione genetica dei virus indeboliti a scopo vaccinale)."
Salve jacopus. Scherzando circa le reciproche pedanterie, ti faccio notare che tu hai parlato di nuove modalità riproduttive (quella dei virus, tra l'altro, non si chiama neppure riproduzione ma replicazione).....non di nuovi modi di fare sesso. Saluti.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

Citazione di: Ipazia il 27 Febbraio 2021, 21:13:43 PM
Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2021, 19:54:37 PM
...

Questa meraviglia ci ha condotto lungo la strada della volontà di potenza.
E non poteva che andare così.

La volontà di potenza aspira a dominare il mondo, ma in realtà cerca solo il proprio annichilimento.

Ed è proprio in quella meraviglia l'annuncio, la promessa della beatitudine.

Condivido tutto ciò che precede, ma il Wille zur Macht come deus ex machina non mi ha mai convinto fino in fondo. Sarà la mia formazione marxista, ma lo trovo una risposta ingenua alla complessità antropologica e un atteggiamento infantile di fronte alla Macht reale, la natura.

Il delirio tecnoscientifico non è l'unica obbligata strada dell'evoluzione antropologica e basta un granello di sabbia, o un piccolo virus, perchè tutte le velleità vadano in frantumi e si torni alle alchimie dentro un vaso di Pandora.

Come dice Green, c'è da lavorare.

Ma è proprio in quella meraviglia che occorre scavare.

Solo quando l'agire nel mondo suscita finalmente meraviglia, possiamo iniziare a scavare.

Voglio aprire la mia mano e questa si apre...

Avrei potuto non aprirla, ma invece così ho voluto.
E il mondo è cambiato a causa della mia volontà!
Agisco sul divenire!

Metto un mattone sopra l'altro e costruisco un muro.
Prima il muro non c'era, e ora la mia mano lo fa essere. Per mia volontà.
Avrei potuto non volerlo, e il muro non sarebbe.

Meraviglia!

Perché ciò che avviene può sembrare davvero ovvio, ma se lo osservo con attenzione, se riesco ad avvertire in cosa consiste per davvero quello che avviene davanti a me... posso rendermi conto che questa mia interpretazione non sta in piedi.

È impossibile che io possa agire sul divenire!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

baylham

Citazione di: bobmax il 27 Febbraio 2021, 22:49:08 PM


Perché ciò che avviene può sembrare davvero ovvio, ma se lo osservo con attenzione, se riesco ad avvertire in cosa consiste per davvero quello che avviene davanti a me... posso rendermi conto che questa mia interpretazione non sta in piedi.

È impossibile che io possa agire sul divenire!


Perché pensi che il divenire sia impossibile.
Un'interpretazione alternativa è possibile: l'io, il potere, l'azione, il pensare, il conoscere, il divenire sono possibili.

baylham

Citazione di: paul11 il 26 Febbraio 2021, 23:13:32 PM
A meno che si voglia dire che la morale non c'entra più nulla anche nella politica, che il bene comune è un'utopia, che la comunità pacifica è un sogno, che la possibilità di convivenze di diversità sia irrealizzabile.

Il bene oltre che essere un termine morale è anche economico, per cui si comprende l'importanza dell'economia, dell'analogia e dei doppi sensi.
Il bene comune non è un'utopia. Tutti o molti vogliono il bene comune, perciò il bene comune è privato: tutti o molti vogliono il denaro, la ricchezza, il reddito, l'utile, il benessere, la felicità, perciò sono privati.

baylham

La compiutezza del tempo è la sua incompiutezza; la fine dell'utopia è l'inizio del luogo, il trionfo della religione, della morte è il trionfo dell'ateismo e della vita.
Nuovamente il doppio senso, l'identità degli opposti di Eraclito, l'eterno ritorno, che tanto piace a Nietzsche e ai suoi estimatori.

iano

Citazione di: Kobayashi il 25 Febbraio 2021, 10:31:10 AM


Si tratta però di capire se l'uomo sia fatto per questo tipo di minimalismo filosofico o se al contrario sia, per sua natura, costretto a spingersi sempre verso visioni utopiche nonostante il tempo presente.
Devo dare merito a Cacciari,  ed anche a te, di chiarezza espositiva.
Una specie di reset di troppe analisi con poche sintesi.
La mia personale utopia, che asseconda la mia pigrizia nel leggere manuali di filosofia, spinto comunque dalla mia natura a produrla, consiste nell'illusione che la mia ignoranza aiuti a vedere ciò che si nasconde dietro alla giungla di analisi.
Avendo poche analisi da esibire infatti è più facile per me giungere a sintesi.
Per gli altri il mio invito, se posso permettermi il suggerimento, è semplificare.
Sfrondare il superfluo. Operazione non facile per chi possiede ampia cultura, ma non impossibile da farsi come dimostra Cacciari potersi fare.


Nella mia semplificazione il singolo, come l'umanità intera, procedono per tentativi ed errori, cosa propria di tutti gli animali, ma con il plus di pesante apporto di coscienza per il singolo, che nell'umanita' si fa' scienza.
Queste, scienza e coscienza, comportano di mettere a frutto le proprie esperienze in termini di previsioni per il futuro.
Un futuro che però come dice Cacciari non ha fine ed è di fatto imprevedibile, ma che non possiamo fare a meno di prevedere, per nostri motivi strutturali di animali coscienti.
Non possiamo fare a meno di fare previsioni provandole sul campo.
Si può dire anche che viviamo di utopie deluse, laddove utopia è la scommessa sul futuro che trascende il singolo, e che quindi chiama in causa scienza e tecnologia industriale.
L'unica pecca che rilevo nel discorso di Cacciare è la distinzione, come vi fosse un punto di discontinuità, fra industrialita' e artigianalita', come una analisi di troppo, in base alle premesse che ho fatto.
Perché dunque ci appare che le utopie siano giunte a termine? Forse per una analisi di troppo spinti da impazienza?

Credo perché nel nostro progresso, che tale resta storicamente, anche se non si può sapere dove vada nel bene e nel male, viviamo una crisi storica di proporzioni insolite dove ogni utopia , ogni previsione, rimane sospesa da sembrar morta.
La fine di questa crisi ,perché ogni crisi ha una fine, sarà segnata dalla nascita di una nuova, in proporzione perfino grande ,utopia, la quale sarà,in un ripetersi storico, messa alla prova dei fatti, verificata e cestinata probabilmente come le precedenti.
La storia delle utopie in sostanza ci dice, che va' bene sbagliare nel nostro procedere umano, ma che conviene farlo tutti insieme
Può essere piacevole esercizio filosofico provare ad indovinare le nuove utopie che si profilano, cercandone gli indizi, ma sicuramente la nostra urgenza attuale è quella di capire come fare a ricompattarci.
Ciò può sembrare frustrante, specie nella prospettiva del singolo, che non vede un fine alle sue fatiche.
E per fortuna, aggiungo io, perché l'utopica fine delle sue fatiche equivaleva al suo annullamento.
No si sarebbe esso liberato, ma ci si sarebbe liberati di lui.
Ma, finché la scienza rimane l'arte collettiva delle previsioni e delle prove, il singolo può stare tranquillo.
Ci sarà sempre bisogno del suo apporto in quanto latore di diversità.
A cosa servirebbero infatti i singoli se fossero tutti uguali?

Allora si che finirebbe ogni progresso, ovunque vada, e con esso ogni utopia a corollario.
Come singoli dovremmo chiederci non cosa la scienza può fare per noi, ma cosa noi...etc...etc...
E questo magari ci aiuterebbe a farci sentire ancora vivi.
A cercarci la nostra fatica vitale, piuttosto che fuggirla, anche se detto da un pigro strutturale come me, questa frase trasuda pesante autoironia.
Ho esagerato nel semplificare?
Può darsi. Ma la semplificazione è la necessaria benzina del nostro procedere, nel bene e nel male.
Credere nelle utopie significa credere nelle nostre inevitabili semplificazioni, e questo ci consente di andare avanti insieme, compatti, forti delle nostre diverse individualità.
Forse dovremmo saggiamente imparare a vivere stabilmente sul confine fra illusione e disillusione invece di saltare continuamente di qua' e di la' dal confine.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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