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Che cos'è la "vita"?

Aperto da Eutidemo, 07 Dicembre 2019, 13:46:36 PM

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Sariputra

La vita è quell'intervallo di tempo, passato perlopiù a reagire, tra una morte e l'altra.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

davintro

#16
Citazione di: Ipazia il 07 Dicembre 2019, 15:13:25 PMForse, in base alla premessa, era meglio postare la discussione nelle tematiche scientifiche: unico ambito da cui è sensato attendersi risposte non ariafrittologiche sul passaggio dalla materia inorganica a quella organica e da questa a organismi autoriproducibili. Non vedo proprio cosa la filosofia possa dire su una questione ontologica ormai completamente al di fuori del suo ambito epistemico giurisdizionale.

non esiste alcuna questione su cui la filosofia debba rinunciare a elaborare le sue visioni, per il semplice motivo che la filosofia e la metafisica non sono di per sé tesi, opinioni, che possono nel tempo superarsi in favore di tesi e opinioni che si mostrerebbero più valide. La filosofia è una prospettiva, un piano di questioni specifiche, e per questo non può mai divenire inattuale. Inattuale diventa una risposta che viene smentita da fatti successivi, riconosciuta falsa, insufficientemente esplicativa, ma non ha senso che si consideri inattuale un complesso di questioni miranti a investigare lati del reale, diversi da quelli oggetto di ricerca delle altre scienze. Delle risposte possono essere sbagliate, superate, mai delle domande. Domandare è sempre lecito, al massimo si può dire che l'ambito verso cui orienta la ricerca PERSONALMENTE non interessa, ma si tratta di una preferenza del tutto soggettiva, che non si può generalizzare sostenendo che tale ambito non abbia ragion di essere tematizzato, per tutti e in assoluto. Si può legittimamente scegliere di non interessarsi e occuparsi di filosofia e metafisica, ma mai affermare che sono prospettive inattuali, in quanto ciò per cui a ragion veduta si potrebbe sostenere ciò sarebbe l'assumere lo stesso punto di vista di questi saperi, per criticarli dal loro interno, finendo così per continuare a fare della filosofia e della metafisica.

E la questione specifica del topic in questione, la vita, è un altro segno dell'irriducibilità delle questioni atte a essere affrontate dalla filosofia, rispetto a quelle di cui si occupano tutte le altre scienze. La filosofia indaga ogni fenomeno nei suoi princìpi fondamentali, universali, oltre la contingenza spaziotemporale, la sua essenza, cercando di rispondere alle questioni inerenti tale ambito, e quindi la sua autonomia epitemologica rispetto alle scienze che indagano i caratteri contingenti ed empirici dello stesso fenomeno riguarda la prospettiva formale, la "forma mentis". Se si parla del fenomeni "vita", l'autonomia del filosofia non è più solo formale, ma anche contenutistica, l'essenza non riguarda solo la forma prospettica tramite cui si indaga il fenomeno, ma è il contenuto stesso del fenomeno in questione. Infatti la filosofia può cogliere il tratto distintivo dell'essere vivente rispetto all'essere non vivente, definendo appunto "vita" come condizione per cui ente è dinamico sulla base di un principio interno, cioè costitutivo della sua identità, l'essenza, che lo spinge in un movimento finalistico, in cui la meta è già predelineata fin dall'inizio. Questa definizione è squisitamente filosofica, in quanto ogni sapere empirico coglie il reale nel "qui e ora", dovrebbe cogliere una fase del processo vitale nella sua singolarità isolata, mentre l'inserimento della singola fase temporale nell'unità globale del processo, implica l'individuzione dell'essenza come trade union, come lo sfondo orientativo che scandisce le varie fasi. Ma i sensi non mostrano questa unità, ma solo di volta in volta le immagini riflettenti la realtà attuale, e non possono cogliere l'unità dinamica, per coglierla è necessario assumere la realtà attuale come provvisoria all'interno di un processo riferito a un ente che rimane lo stesso in ogni fase del divenire, e che quindi può essere riconosciuto solo trascendendo i molteplici "qui e ora" a cui i sensi si fermano, per riferirli alla durata di una sostanza che resta stabile, e che, trascendendo le molteplici fasi, è coglibile in un'ottica intellegibile e metafisica, cioè filosofica. Quindi il biologo che studia la vita nelle sue molteplici manifestazioni temporali, può farlo nella misura in cui non è soltanto un empirico, ma anche persona che si serve di categorie filosofiche, anche se lasciate implicite nei suoi meccanismi di pensiero, tramite cui "bambino", "adulto", "anziano" sono riconosciute come fasi della vita, perché in ogni momento sono percepite come fasi parziali e provvisorie di un'essenza sempre operante "dietro le quinte", ma che trascende il variare delle singole fasi oggetto dei sensi, e dunque attiene all'ambito sovrasensibile, tipicamente filosofico

viator

Salve Eutidemo : Citandoti : "- oppure la diatomea realizzata in laboratorio, essendo materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, riesce a vivere come quella naturale (cioè, si muove, si nutre e si riproduce allo stesso modo), ed allora vuol dire che che sia lei che quella in natura sono esclusivamente composte di osservabili e misurabili "materia" ed "energia bioettrica", e di niente altro!".
Secondo me purtroppo non saremmo affatto di fronte ad una prova risolutiva : non esiste la perfetta identità tra due oggetti o viventi. L'analisi ed il confronto tra la diatomea naturale (che andrebbe comunque scelta tra una moltitudine di altre solo IMPERFETTAMENTE identiche) e la diatomea sintetica rivelerebbe comunque - se spinta ad adeguato profondissimo livello di dettaglio - una qualche differenza che molti (tutti i creazionisti, ad esempio) rivendicherebbe come eventuale oppure certa dimostrazione che "....c'è dell'altro" oltre a ciò che abbiamo dimostrato identico.

C'è poi il concetto di artificialità, il quale esclude che l'uomo possa attribuire a ciò che produce degli ingredienti che non provengano comunque - indirettamente - dal mondo naturale.

Il discorso è fideistico-filosofico, quale che sia la concretezza material-scientifica che si voglia cercare di dargli.

Esso è speculare a quello sull'anima : molti (i fideisti anzitutto) sostengono che, quali che siano le diversità apparenti e formali che appaiono tra due esseri umani, TUTTI gli esseri umani (e, guarda caso, SOLO gli esseri umani !) possiedono un'anima (la cui esistenza però nessuno ha mai dimostrato).

Sono il credere e la fede ciò che rende esistente ("vero") ciò che ci circonda.

Se io mi credessi una divinità e costruissi e diffondessi una mia descrizione e dei miei attributi la cui falsità risulti scientificamente indimostrabile ? Si potrebbe non credermi ma non si potrebbe darmi torto. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

Ciao Eutidemo
 
Citazione di: Eutidemo
Sebbene, alle più approfondite analisi scientifiche, in un essere vivente null'altro appaia, se non quantificabile "materia" e misurabile "energia bioettrica", che, se colpite da un colpo di pistola, si "disorganizzano" e "destrutturano" diventando "materia inerte", questo, pur essendo un indizio molto consistente che in un un essere vivente c'è solo "materia" ed "energia bioettrica" (la quale, nelle rane, permane pure dopo morte), tuttavia, secondo me, non è una prova decisiva.
***
Quest'ultima prova, invero, secondo me, si avrà definitivamente soltanto quando un essere vivente verrà "duplicato" in tutto e per tutto, sequenziando in modo completo il suo codice genetico; cosa a cui pian piano si sta arrivando, perchè l'unico problema per realizzare tale progetto, non è affatto di carattere concettuale, bensì soltanto di carattere di "strumentazione nano-tecnologica".

Non sono d'accordo, per due ragioni.
 
Una si riferisce a quel "soltanto quando"
L'altra a quel "in tutto e per tutto"
 
Che bisogno vi è di "duplicare" un essere vivente? Non sarebbe sufficiente realizzare, con materia e energia, un essere che corrisponda, nelle sue funzionalità, a ciò che noi consideriamo un "essere vivente"?
Perché di "funzioni" stiamo parlando quando diciamo che un qualcosa è vivo piuttosto che no.
 
E se anche provassimo a duplicarlo, quel "in tutto e per tutto" avrebbe invece difficoltà di carattere concettuale. Una difficoltà a mio parere insormontabile.
Perché mai potremo affermare di conoscere definitivamente quel "tutto" che quell'essere vivente è.
Sempre rimanendo nell'ambito della materia-energia intendiamoci... Ossia in termini fenomenologici...
Cioè, anche senza tirare in ballo altro, il problema resta insolubile.
Perché anche ammesso di poter verificare la perfetta corrispondenza di ogni mattoncino della nostra creatura "artificiale" con quella naturale, non potremo mai essere certi di aver considerato davvero "tutto".
 
 
Citazione di: Eutidemo
Una volta realizzato questo, i casi sono due:
- la diatomea realizzata in laboratorio è materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, però non riesce a vivere (cioè, non si muove, non si nutre e non si riproduce), allora vuol dire che quella in natura è composta di "qualche altra cosa" oltre alla "materia" ed alla "energia bioettrica" realizzabili, prima o poi, in laboratorio.
- oppure la diatomea realizzata in laboratorio, essendo materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, riesce a vivere come quella naturale (cioè, si muove, si nutre e si riproduce allo stesso modo), ed allora vuol dire che che sia lei che quella in natura sono esclusivamente composte di osservabili e misurabili "materia" ed "energia bioettrica", e di niente altro!

Da quanto da me prima osservato, nel primo caso non avremmo comunque la prova definitiva, perché lo zombie che avremmo costruito, potrebbe essere tale soltanto per quel quid di materia o energia che non conosciamo ancora, ma che è invece componente indispensabile per la vita.
Avremmo perciò solo la mancanza di funzioni, non la prova che tali funzioni devono necessariamente derivare da un qualcosa d'altro rispetto alla materia-energia.
 
Quanto al secondo caso...
Premesso che non potremmo mai sapere quanto "identica" sia la diatomea del laboratorio, rispetto a quella naturale, avremmo però una simil-diatomea che si comporta come una diatomea naturale.
A questo punto, tutto il nostro discorso assume una valenza ETICA.
 
Perché, almeno per quel che riguarda ciò che intendiamo con "vita", essa risulta essere nient'altro che un'emergenza del mondo materiale.
E se così è... anche noi stessi altro non siamo che una espressione di questo mondo!
 
Un mondo in cui vigono le leggi della necessità e, forse, del caso.
Un mondo in cui tutto ciò che accade dipende dal mondo stesso, nella sua totalità incommensurabile, e "mai" dalla libera volontà del singolo.
Perciò un mondo in cui non vi è alcuna libertà.
 
E soprattutto, un mondo in cui il Bene è una pia illusione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

#19
Citazione di: viator il 09 Dicembre 2019, 17:35:34 PM
Salve Eutidemo : Citandoti : "- oppure la diatomea realizzata in laboratorio, essendo materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, riesce a vivere come quella naturale (cioè, si muove, si nutre e si riproduce allo stesso modo), ed allora vuol dire che che sia lei che quella in natura sono esclusivamente composte di osservabili e misurabili "materia" ed "energia bioettrica", e di niente altro!".
Secondo me purtroppo non saremmo affatto di fronte ad una prova risolutiva : non esiste la perfetta identità tra due oggetti o viventi. L'analisi ed il confronto tra la diatomea naturale (che andrebbe comunque scelta tra una moltitudine di altre solo IMPERFETTAMENTE identiche) e la diatomea sintetica rivelerebbe comunque - se spinta ad adeguato profondissimo livello di dettaglio - una qualche differenza che molti (tutti i creazionisti, ad esempio) rivendicherebbe come eventuale oppure certa dimostrazione che "....c'è dell'altro" oltre a ciò che abbiamo dimostrato identico.

Non è questione di creare due cellule "identiche", ma di emulare la natura nei suoi processi metabolici ...

CitazioneC'è poi il concetto di artificialità, il quale esclude che l'uomo possa attribuire a ciò che produce degli ingredienti che non provengano comunque - indirettamente - dal mondo naturale.

... traendo quindi ipotesi fondate sul passaggio dall'inorganico, all'organico, al vivente. E' materialisticamente evidente che la materia prima la fornisce in ogni caso la natura. Infatti si lavora sul processo non sull'invenzione di materia ex novo. Il che competerebbe solo ad una divinità.

CitazioneIl discorso è fideistico-filosofico, quale che sia la concretezza material-scientifica che si voglia cercare di dargli

Mica tanto, perchè risolvere l'enigma del sorgere della vita a partire dalla materia inorganica supera lo stadio fideistico.

CitazioneEsso è speculare a quello sull'anima : molti (i fideisti anzitutto) sostengono che, quali che siano le diversità apparenti e formali che appaiono tra due esseri umani, TUTTI gli esseri umani (e, guarda caso, SOLO gli esseri umani !) possiedono un'anima (la cui esistenza però nessuno ha mai dimostrato). Sono il credere e la fede ciò che rende esistente ("vero") ciò che ci circonda.

Se io mi credessi una divinità e costruissi e diffondessi una mia descrizione e dei miei attributi la cui falsità risulti scientificamente indimostrabile ? Si potrebbe non credermi ma non si potrebbe darmi torto. Saluti.

Trovare il comune denominatore dei viventi è ben diverso che stabilire il denominatore comune: anima. La vita è un fenomeno oggettivamente riscontrabile, l'anima: no.

@davintro

Io stessa ho allargato il discorso del concetto di vita umana distinto dalla sopravvivenza. In tale distinzione si apre lo spazio ontologico della filosofia (etica a partire dalla etologia umana e dalla Bildung, "natura umana" edificante e costituente, che l'accompagna). Ma la vita, in quanto fenomeno evolutivo naturale, è esclusivamente ontologia scientifica in cui la filosofia, ribadisco, non può aggiungere nulla.

Nel tuo commento si riduce la sensorialità umana a mera sensorialità fisiologica, trascurando il sesto senso (mente, autocoscienza) che dalla modalità percettiva sensoriale umana è inseparabile. Senso di confine, convengo, tra scienza e filosofia. Da qui a oltre, però. Non da qui a prima. Prima c'è solo il passaggio cruciale dalla materia inorganica al snc, lo sviluppo della cui funzionalità ha permesso il prodursi di un vivente autocosciente. Fin qua è solo la scienza in grado di dire cose fondate. Non semplicemente narrate.

Citazione di: bobmax il 09 Dicembre 2019, 18:48:27 PM

A questo punto, tutto il nostro discorso assume una valenza ETICA.

Perché, almeno per quel che riguarda ciò che intendiamo con "vita", essa risulta essere nient'altro che un'emergenza del mondo materiale.
E se così è... anche noi stessi altro non siamo che una espressione di questo mondo!

Un mondo in cui vigono le leggi della necessità e, forse, del caso.
Un mondo in cui tutto ciò che accade dipende dal mondo stesso, nella sua totalità incommensurabile, e "mai" dalla libera volontà del singolo.
Perciò un mondo in cui non vi è alcuna libertà.

E soprattutto, un mondo in cui il Bene è una pia illusione.


Da qui (vita biologica) a oltre si risolve la questione ETICA. Con tutto il Bene e la Libertà possibili e necessari.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Perchè, semmai, c'è necessità di vita ?
La vita non è una tecnica che l'uomo copia dalla Natura. Un conto è l'originale e un conto e copiare clonando la pecora Dolly. La manipolazione genetica è da decenni che è gestita, e Darwin chiedeva a gli allevatori come si potesse migliorare il fenotipo e il genotipo dei capi di bestiame.
Il problema non è copiare un genoma nelle sue sequenze, le pratiche ben prima delle teorie sapevano già degli innesti, ibridazioni, ma nessuno nulla sapeva della vita.

Quindi la problematica non è nella statica fotografia mappata di un genoma, ma come da materia inorganica si passi al bios; di come una cellula con solo RNA sappia come riprodursi e come e cosa procacciarsi come cibo con un clock, un orologio interno che ne determina tempi metabolici ed età, fino a morire. Questo è il grande mistero della vita.

La domanda è prima filosofica che scientifica. Perchè è necessario che l'Universo abbia una teleologia interna, una finalità, uno scopo ,ancestrale e recondito o che-dir-si-voglia, demandato aldominio Naturale in quanto avente a sua volta regole.
Non è pensabile di sfuggire a questa domanda: L'Universo, la Natura "pensano"?
Perchè fin dalla prima cellula comparsa c'era già la possibilità di riprodursi e metabolismo intrinseco, un sistema a sé ,ma allo stesso tempo aperto per procacciarsi energia (cibo) esterno.

Sarebbe del tutto casuale la vita, e già questo non supera il problema di come carbonio-azoto- idrogeno-ossigeno, ecc, come per magia creano un sistema vivente che non può essere banalizzata ad emergenza, occorrenza, ma addirittura ha istinti e stimoli primordiali come un protozoo che cerca cibo. Se così non fosse stato ,ogni vita originaria era già segnata. Tanti tentativi casuali e nessuna possibilità di vivere in continuità per sé per poi prolificare.
E' più facile clonare un umano, e chissà...se in qualche laboratorio... in gran segretezza...., che capire le dinamiche della vita.

davintro

Ipazia scrive:
"@davintro

Io stessa ho allargato il discorso del concetto di vita umana distinto dalla sopravvivenza. In tale distinzione si apre lo spazio ontologico della filosofia (etica a partire dalla etologia umana e dalla Bildung, "natura umana" edificante e costituente, che l'accompagna). Ma la vita, in quanto fenomeno evolutivo naturale, è esclusivamente ontologia scientifica in cui la filosofia, ribadisco, non può aggiungere nulla.

Nel tuo commento si riduce la sensorialità umana a mera sensorialità fisiologica, trascurando il sesto senso (mente, autocoscienza) che dalla modalità percettiva sensoriale umana è inseparabile. Senso di confine, convengo, tra scienza e filosofia. Da qui a oltre, però. Non da qui a prima. Prima c'è solo il passaggio cruciale dalla materia inorganica al snc, lo sviluppo della cui funzionalità ha permesso il prodursi di un vivente autocosciente. Fin qua è solo la scienza in grado di dire cose fondate. Non semplicemente narrate."



Proprio questo "sesto senso" è l'organo tramite cui accedere al sapere metafisico, in quanto consiste nell'intuizione intellettuale correlata all'ambito degli immateriali, tra cui le forme, appunto, le essenze, e questo la rende irriducibile ai 5 sensi "canonici", corporei, e dunque adeguate solo all'esperienza degli oggetti fisici nella loro accezione di materialità, tramite cui entrano in contatto con i campi percettivi corporei. E il sapere di queste essenze costituisce l'implicita premessa filosofica che rende possibile ogni scienza. Il biologo che studia le determinazioni empiriche in cui la vita si esistenzia non potrebbe procedere in alcuna direzione, se non partendo dall'intuzione dell'essenza della "vita" e delle relazioni logiche apriori che connettono i concetti inerenti con questa "regione ontologica". L'intuizione dell'essenza della vita, sulla base della quale della vita possiamo formulare una generale definizione, è ciò che consente di delimitare il campo di applicazione delle ricerche e della validità della particolare metodologia di ricerca. Questa intuizione dei significati generali e l'analisi delle relazioni logiche che li collegano, riguardando ciò che è universale, dunque oltre ciò che può essere appreso empiricamente e sensibile, fuoriesce dal materiale di esperienza delle scienze naturali. Il biologo che differenzia la materia organica dal sistema nervoso centrale può farlo perché parte dall'intuizione dell'essenza della vita, di ciò che la definisce universalmente come tale, e in base a cui può rendersi conto della differenza tra materia inorganica e materia, appunto, dotata di vita. Questo residuo trascendentale è il fondamento che rende possibile l'applicazione dei concetti nel suo discorso, come in tutti i discorsi di ogni scienza. Via il fondamento via tutto l'edificio teorico. L'empiria non sostituisce la filosofia, al contrario fa leva sui fondamenti di quest'ultima (anche quando non se ne rende conto) per aggiungerci le sue scoperte

Ipazia

La sfasatura di piano reale tra natura (physis) e conoscenza (episteme) non dovrebbe confluire in un dualismo epistemologico che confonde i piani del reale. Dal punto di vista ontologico l'inorganico viene prima dell'organico e questo dell'autocoscienza. L'autocoscienza permette di percorrere il cammino a ritroso attraverso l'attività conoscente, epistemologica, del pensiero (mente, coscienza, intelligenza,...), la quale è in grado di discernere e non confondere questi due livelli del reale, idealizzando in senso archetipico l'uno o l'altro a seconda del proprio ordinamento ideologico di pensiero.

Ciò che ha reso l'universo autocosciente è un suo prodotto evolutivo capace di pensarlo e ragionarci sopra, ma l'universo esiste prima e a prescindere da esso. Tale "verità", resa tale da miriadi di prove epistemologiche, non è falsificabile con una supposizione progettuale, teleologica, dell'universo che, al contrario, è ancora tutta da dimostrare e le cui "prove" deduttive hanno mostrato la cortezza, umana troppo umana, delle loro gambe e respiro.

Altrettando di corto respiro è il concetto deterministico dell'uomo-macchina, ridotto a processi fisico-chimico-biologici. Come diceva maral, quando avremo macchine talmente autocoscienti da autodeterminarsi non saremo noi ad essere riducibili a macchine (si fa anche questo sub specie capitalis ...), ma saranno loro a diventare "umane", scoprendo il tempo, le emozioni e la morte (Blade runner: "è tempo di morire").

Preso atto della differenza ontologica tra physis ed episteme, si può cominciare a ragionare serenamente sulla seconda, che è la parte che ci interessa di più perchè è una variabile relativamente indipendente su cui possiamo modellare il reale a nostro beneficio, sia materiale che spirituale.

Tale "interpretazione" del reale, intesa tanto in senso statico di descrizione (episteme) che dinamico di attività (ethos) è di piena pertinenza filosofica anche quando fa scienza. Ma questo fare deve sapersi sempre distinguere dall'essere scienza, dall'oggettività descrivente e predicente che noi esigiamo da ogni atto scientifico. Il meglio della cui attività "oggettiva" cui siamo pervenuti ci porta a ragionare su Bigbang, evoluzionismo darwiniano, cosmologie fondamentali di tipo fisico e astrofisico, biologia.

In aggiunta a ciò sta la partita delle scienze umane in cui tanto l'oggetto di conoscenza che il soggetto conoscente hanno notevoli margini indeterministici sui quali si rende possibile l'unica teleologia di cui abbiamo contezza. E' in questo ambito esclusivamente antropologico che hanno senso le domande sul senso della vita. E pure le risposte che a queste domande siamo in grado di dare. Appartenenti pur'esse all'ambito semantico "vita". Ma in termini e su un piano del reale nettamente distinti da physis. Il piano della progettualità umana.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Ipazia, non vi è alcuna prova che l'universo sia autocosciente.

Tra l'altro lo considero impossibile.

Perché la coscienza è coscienza di qualcosa. 
Senza il qualcosa, che è necessariamente altro da sé, non vi può essere coscienza.

L'autocoscienza nasce dalla coscienza di altro. 
Poiché sono cosciente di altro... io ci sono! 
Sono cosciente di me stesso. Ma solo di riflesso.

Se non ci fosse nessun altro io non ci sarei! Con buona pace dell'autocoscienza...

L'universo non può avere un "io", perché l'io nasce da ciò che non sono.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

La frammentazione individuale dell'autocoscienza dell'universo implica indubbiamente un gioco dialettico di riflessioni tra io e altro. Ma è un gioco che, imparate le regole (scienza), possiamo giocare. Ricavandoci pure il nostro (noi) significato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

L'autocoscienza non può essere frammentata. Perché ve n'è una sola: io.

Non vi è alcun noi autocosciente.
Almeno non v'è n'è alcuna prova.

Sempre che con "noi" si intenda una parte del tutto...
Perché se con noi si intende il tutto, allora non può esservi proprio alcuna coscienza.

La scienza si occupa dell'altro, dell'oggetto. Essendo fondata sul pensiero razionale deve necessariamente determinare, ossia distinguere.

Di modo che per la scienza la scissione originaria soggetto/oggetto è un non problema. 
S'immagina di porsi "fuori" valutando entrambi come oggetti!

Non può che fare così, perché per il pensiero razionale a monte della scissione vi è il nulla.

E tu questo non lo vuoi proprio accettare. Non puoi accettare di essere nulla.

Così ti aggrappi alla scienza. Che in questo modo invece di essere uno strumento utile per inoltrarti nel mondo, diventa per te superstizione.

Una superstizione non diversa dalla superstizione religiosa che tanto detesti.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Eutidemo

#26
Ciao Viator. :)
Sono perfettamente d'accordo con te sul fatto che ogni essere vivente, anche in natura, non è mai del tutto identico ad un altro; basti pensare alle "impronte digitali".
Però gli esseri viventi hanno tutti un minimo comun denominatore: cioè sono "vivi", così come rilevabile oggettivamente dal fatto che si nutrono, crescono, si riproducono e muoiono!
Pertanto, sebbene una diatomea "costruita" in laboratorio risulterà sicuramente diversa da tutte le altre (come anche tutte quelle naturali lo sono tra di loro):
- se si nutre, cresce e si riproduce come le altre, non sarà in alcun modo possibile negare che sia anche essa viva;
- se, invece, pur essendo stata materialmente ricostruita come le altre, resterà "inerte", allora vuol dire che nelle diatomee naturali c'è un elemento in più, non rilevabile materialmente o misurabile energeticamente (e, quindi, non replicabile), e, quindi, non riproducibile artificialmente!

***
La "perfetta identità" tra due oggetti inanimati o due esseri viventi, come giustamente scrivi tu, non esiste; ma questo non significa affatto che ciascuno di essi non possa essere classificato in un genere specifico, e "funzionare" di conseguenza!

***
Per esempio, se, con una macchina del tempo, potessimo portare indietro un ROBOT nell'antico Egitto, sicuramente lo considererebbero un essere vivente, o, addirittura, un dio; nell'epoca di Cartesio, invece, probabilmente, lui ed i suoi contemporanei, di primo acchito,  resterebbero alquanto perplessi, nel decidere se sia vivo o meno (almeno a suo modo).
https://www.youtube.com/watch?v=E8Ox6H64yu8
In ogni caso, a prescindere dal fatto che sia vivo o meno (essendo anche ai loro occhi alquanto differente dalle creature "naturali"), potrebbero comunque chiedersi se "agisca" solo a causa della sua struttura materiale o elettrica, oppure se in lui ci sia qualcosa che le trascende!
Ma, poichè la tecnologia dell'epoca non era ancora sufficientemente avanzata ed "attrezzata", anche potendolo smontare e cercare di duplicarlo pezzo per pezzo, probabilmente non sarebbero mai riusciti a montarne uno abbastanza uguale (sebbene non identico), tale da poter funzionare!
Di conseguenza, non sarebbero mai stati in grado di sapere "con certezza" se l'androide originale "agiva" solo a causa della sua struttura materiale o elettrica, oppure se in lui ci fosse qualcosa di trascendente!
Noi, invece, siamo ormai in grado di saperlo!

***
Per cui, per tornare alla nostra diatomea, se in laboratorio riuscissimo a costruirne una pressochè simile ad una naturale, se questa "funzionasse" allo stesso modo  (così come i raggi UVA artificiali funzionano come quelli naturali), pur non essendo la diatomea artificiale perfettamente identica alle altre, non potremmo però negare che essa sia viva esattamente come le altre.
Ed infatti, avere divisori o multipli diversi, non significa che non si possa avere un minimo denominatore in comune: in questo caso, l'essere vivi!

***
Una diatomea creata in laboratorio (che, per questo, non sarebbe necessariamente "sintetica") rivelerebbe senz'altro - anche ad una osservazione superficiale- più di una differenza rispetto alle altre; come anche queste altre tra di loro.
Il che, però, non dimostrerebbe affatto che nell'una o nelle altre si sia qualcosa in più o in meno oltre la materia che le compone, se esse, pur non essendo identiche, manifestassero comunque i caratteri tipici di tutti gli esseri viventi, ed ad essi comuni; dall'ameba all'elefante!
L'affermazione del creazionista che nell'una o nelle altre si sia qualcosa in più o in meno, sarebbe, quindi, solo una fallace congettura, destituita di prove!

***
Quanto al concetto di artificialità, non c'è dubbio alcuno che tutti gli ingredienti che l'uomo utilizza per realizzare oggetti o esseri artificiali, provengono comunque - direttamente o indirettamente - dal mondo naturale.
Ma questo, secondo me, non fa che suffragare la mia tesi.

***
Quanto a ciò che gli uomini di determinate culture e di epoche diverse, "credono" o "non credono" senza averne alcuna prova diretta, secondo me, è "fenomenologicamente" da considerare "TAMQUAM NON ESSET"!
Ed infatti, se, come dici tu, fossero il "credere" e la "fede" ciò che rende esistente ("vero") ciò che ci circonda, allora sarebbero stati "esistenti" e "veri" anche gli dei dell'Olimpo; gli stessi dei che, per la successiva "credenza" e "fede" cristiana", sarebbero stati in qualunque epoca, invece, del tutto "inesistenti"!

***
Ciò, invece, che rende sul serio esistente ("vero") ciò che ci circonda, sempre parlando a livello "fenomenico", è ciò che noi possiamo verificare e constatare sperimentalmente e razionalmente; e che, una volta comunicato agli altri,  e sufficientemente spiegato e dimostrato, gli altri non potranno  mai più mettere in discussione.

***
Ad esempio, anticamente, limitandosi alle prime osservazioni, tutti gli uomini opinavano, non senza fondamento, che la terra fosse piatta; perchè, effettivamente, è così che essa appare, senza ulteriori più approfondite osservazioni  e riflessioni.
Secondo Diogene Laerzio, "Pitagora fu il primo greco ad accorgersi che la terra era rotonda; anche se Teofrasto attribuisce ciò a Parmenide, e Zenone ad Esiodo"
Chiunque sia stato, una plausibile spiegazione di tale  "scoperta", è che, riflettendo su più approfondite osservazioni:
- da terra si vedono apparire prima le vele, e solo dopo qualche tempo gli scafi;
- l'esperienza di viaggiatori che suggerì una tale spiegazione per le variazioni osservate nell'altitudine e nell'area delle stelle circumpolari, una variazione che era abbastanza netta negli insediamenti greci" attorno al Mar Mediterraneo orientale, in particolare quelli tra il delta del Nilo e la Crimea.

***
Per cui, se tu ti credessi una divinità e costruissi e diffondessi una tua descrizione dei tuoi attributi la cui "falsità" risultasse scientificamente "indimostrabile", poichè, però, non è scientificamente "dimostrabile" neanche la loro "verità", il tuo assunto non risulterebbe logicamente sostenibile.
Ed infatti, quello della "falsa isostenia", è un vecchio e fallace sofisma paralogistico, che ormai ha fatto il suo tempo; esso si basava sul trucchetto di equiparare la "dimostrazione di di ciò che è", con la "dimostrazione di di ciò che NON è"...il che è ovviamente impossibile!
Facciamo un esempio.
Immagina di essere stao trascinato in Tribunale con l'accusa di essere un ladro; al che, tu, ovviamente, pretenderesti di avere le prove di tali accuse.
Come reagiresti se il Pubblico Ministero replicasse: "Noi non abbiamo alcuna prova che tu sia un ladro, va bene; ma tu sei forse in grado di dimostrarci che, in vita tua, non hai mai rubato niente? Provacelo!"?
Ovviamente non puoi esserne in grado, per cui ti sbattono dentro!
Non so se ho reso l'idea!

Un saluto. :)

Ipazia

Citazione di: bobmax il 10 Dicembre 2019, 11:28:35 AM
L'autocoscienza non può essere frammentata. Perché ve n'è una sola: io.

Non vi è alcun noi autocosciente.
Almeno non v'è n'è alcuna prova.

Sempre che con "noi" si intenda una parte del tutto...
Perché se con noi si intende il tutto, allora non può esservi proprio alcuna coscienza.

Certo che la coscienza è individuale. L'evoluzione nè ha nè è prodotto di una coscienza cosmica. Sarei superstiziosa a pensarlo, hai ragione. La "coscienza collettiva" è la risultante gnoseologica (scienza, filosofia, sapere) di tante coscienze individuali di una specie che la coscienza individuale ce l'ha.

CitazioneLa scienza si occupa dell'altro, dell'oggetto. Essendo fondata sul pensiero razionale deve necessariamente determinare, ossia distinguere.

"omnis determinatio est negatio". Ottimo principio epistemologico che permette di agire su sistemi "isolati" escludendo l'interferenza del ricercatore...

CitazioneDi modo che per la scienza la scissione originaria soggetto/oggetto è un non problema.
S'immagina di porsi "fuori" valutando entrambi come oggetti!

...non proprio ridotto ad oggetto, ma che solo grazie a questo espediente può restare soggetto.

CitazioneNon può che fare così, perché per il pensiero razionale a monte della scissione vi è il nulla.

Mentre a valle c'è l'operari ...

CitazioneE tu questo non lo vuoi proprio accettare. Non puoi accettare di essere nulla.

... che edificando (Bildung) si eleva dal Nulla e lo riempie di significato.

CitazioneCosì ti aggrappi alla scienza. Che in questo modo invece di essere uno strumento utile per inoltrarti nel mondo, diventa per te superstizione.

Una superstizione non diversa dalla superstizione religiosa che tanto detesti.

Così mi aggrappo, come molti di noi, al sapere che rende la vita un gioco, che tanto amo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Eutidemo : "Facciamo un esempio. Immagina di essere stao trascinato in Tribunale con l'accusa di essere un ladro; al che, tu, ovviamente, pretenderesti di avere le prove di tali accuse.
Come reagiresti se il Pubblico Ministero replicasse: "Noi non abbiamo alcuna prova che tu sia un ladro, va bene; ma tu sei forse in grado di dimostrarci che, in vita tua, non hai mai rubato niente? Provacelo!"? Ovviamente non puoi esserne in grado, per cui ti sbattono dentro!
Non so se ho reso l'idea!!.

Beh, non esageriamo ! Forse nell'ex Unione Sovietica o dintorni (ideologici) si usava così, ma vorrei ben vedere un P.M. che mi chiedesse di produrre delle prove di non aver mai infranto la Legge !! Si renderebbe responsabile di "abuso in atti di Ufficio" e comunque io ribatterei immediatamente a lui di fornire a me le prove di non essere mai venuto meno alla propria fedeltà coniugale !! Saluti.

Tornando comunque alla "vita", continuiamo pure a parlarne (come pure di tutti gli altri concetti ed argomenti concernenti la filosofia) convinti di venire un giorno a capo di tale fenomeno.

Solo un'ultimo questito da parte mia : ma quando un batterio si suddivide spontaneamente in due metà..........................quella è la visione di una morte oppure la visione del sorgere di due vite ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

bobmax

Penso, Ipazia, che la coscienza sia solo uno strumento. Uno strumento che alla fine si abbandona una volta giunti alla meta.

Di modo che, di coscienza ce n'è una sola ed è quella... 
che hai tu! :)
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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