La "cosa in sé": una truffa filosofica a scopo di lucro.

Aperto da Carlo Pierini, 29 Giugno 2018, 19:25:21 PM

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Carlo Pierini

#75
Citazione di: sgiombo il 08 Luglio 2018, 21:31:19 PM
X Carlo Pierini (in particolare in riferimento all' intervento #58 della presente discussione)

C' é una bella differenza fra "scetticismo", cioé dubbio ritenuto razionalmente insuperabile -e conseguente sospensione del giudizio (per lo meno in teoria, prescindendo da quanto eventualmente sottinteso nella pratica)- circa qualsiasi (eventuale, per l' appunto) conoscenza di come é/diviene la realtà effettiva, indipendentemente dal fatto che sia eventualmente anche (realmente) oggetto di pensiero, giudizio, eventualmente conoscenza o meno da una parte, e "relativismo" (per lo meno quel che correntemente oggi si intende per "relativismo", credo di poter dire "a là Angelo Cannata"; il quale purtroppo si é autoimposto di non potermi più replicare qui nel forum), cioé la pretesa che ogni e qualsiasi predicato o giudizio (compresi quelli reciprocamente contraddittori) che si desse circa la realtà effettiva sia ugualmente vero.

Il primo secondo me é la massima espressione del razionalismo, il secondo dell' irrazionalismo.

CARLO
Un <<dubbio ritenuto razionalmente insuperabile>> sulla verità di una certa affermazione, non è più un dubbio, ma un ritenere non-vera (o relativa) quella affermazione.

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 09 Luglio 2018, 14:45:17 PM
Citazione di: sgiombo il 08 Luglio 2018, 21:31:19 PM
X Carlo Pierini (in particolare in riferimento all' intervento #58 della presente discussione)

C' é una bella differenza fra "scetticismo", cioé dubbio ritenuto razionalmente insuperabile -e conseguente sospensione del giudizio (per lo meno in teoria, prescindendo da quanto eventualmente sottinteso nella pratica)- circa qualsiasi (eventuale, per l' appunto) conoscenza di come é/diviene la realtà effettiva, indipendentemente dal fatto che sia eventualmente anche (realmente) oggetto di pensiero, giudizio, eventualmente conoscenza o meno da una parte, e "relativismo" (per lo meno quel che correntemente oggi si intende per "relativismo", credo di poter dire "a là Angelo Cannata"; il quale purtroppo si é autoimposto di non potermi più replicare qui nel forum), cioé la pretesa che ogni e qualsiasi predicato o giudizio (compresi quelli reciprocamente contraddittori) che si desse circa la realtà effettiva sia ugualmente vero.

Il primo secondo me é la massima espressione del razionalismo, il secondo dell' irrazionalismo.

CARLO
Un <<dubbio ritenuto razionalmente insuperabile>> sulla verità di una certa affermazione, non è più un dubbio, ma un ritenere non-vera (o relativa) quella affermazione.
Citazione
Ma, caro Carlo Pierini, capiterà mai che tu capisca quello che scrivo???

Innanzitutto non é affatto vero che dubitare di qualcosa == ritenere non vera tale cosa, ma casomai non sapere se sia vera oppure non vera, non ritenerla sicuramente vera né sicuramente falsa: c' é una bella differenza ! ! !

Inoltre Non vero == falso =/= relativo.

Ma soprattutto con tutta evidenza non ho parlato di un determinato dubbio (ritenuto razionalmente insuperabile) circa una certa particolare verità o affermazione, ma invece del "dubbio" (scettico) "circa qualsiasi (eventuale, per l' appunto) conoscenza" (solo le evidenziazioni in grassetto non erano nelle mie parole da te platealmente travisate); essendo riferito a qualsiasi eventuale verità o conoscenza, con tutta evidenzia si applica anche alla (eventuale, per l' appunto) particolare conoscenza costituita da quella stessa affermazione (e infatti si configura come sospensione del giudizio e non come affermazione dell' autocontraddittoria, paradossale affermazione per cui "tutto é falso" (compresa questa affermazione stessa).
Lo scetticismo non é predicazione che tutto é falso, ma dubbio  (sospensione del giudizio) su tutto (compreso lo scetticismo stesso).
Lo scettico dubita di tutto, anche del suo dubitare stesso e del dubitare del suo dubitare, e se hai tempo da perdere puoi continuare fin che credi in questo regresso all' infinito...

Carlo Pierini

CARLO
Un <<dubbio ritenuto razionalmente insuperabile>> sulla verità di una certa affermazione, non è più un dubbio, ma un ritenere non-vera (o relativa) quella affermazione.
Citazione
CitazioneMa, caro Carlo Pierini, capiterà mai che tu capisca quello che scrivo???

Innanzitutto non é affatto vero che dubitare di qualcosa == ritenere non vera tale cosa, ma casomai non sapere se sia vera oppure non vera, non ritenerla sicuramente vera né sicuramente falsa: c' é una bella differenza ! ! !

CARLO
Quello che dici tu vale per un semplice dubbio. Ma se lo consideri <<razionalmente INSUPERABILE>> significa che non considererai MAI vera la cosa di cui dubiti.

SGIOMBO
Ma soprattutto con tutta evidenza non ho parlato di un determinato dubbio (ritenuto razionalmente insuperabile) circa una certa particolare verità o affermazione, ma invece del "dubbio" (scettico) "circa qualsiasi (eventuale, per l' appunto) conoscenza" (solo le evidenziazioni in grassetto non erano nelle mie parole da te platealmente travisate); essendo riferito a qualsiasi eventuale verità o conoscenza, con tutta evidenzia si applica anche alla (eventuale, per l' appunto) particolare conoscenza costituita da quella stessa affermazione (e infatti si configura come sospensione del giudizio e non come affermazione dell' autocontraddittoria, paradossale affermazione per cui "tutto é falso" (compresa questa affermazione stessa).
Lo scetticismo non é predicazione che tutto é falso, ma dubbio  (sospensione del giudizio) su tutto (compreso lo scetticismo stesso).
Lo scettico dubita di tutto, anche del suo dubitare stesso e del dubitare del suo dubitare, e se hai tempo da perdere puoi continuare fin che credi in questo regresso all' infinito...

CARLO
Ripeto: finché dubiti, non consideri vera una certa cosa (sebbene non la consideri nemmeno falsa). Ma se il dubbio è per te insuperabile, vuol dire che non considererai MAI vera quella stessa cosa. Quindi non avrai voce in capitolo per contraddire né chi la ritiene vera né chi la ritiene falsa. E non mi sembra che è quello che hai fatto con i miei scritti.

Phil

Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Fenomeno, sensazione, percezione (empiriche) secondo me sono sinonimi.
Va benissimo, basta intendersi sulle definizioni che usiamo.
Ad esempio, nel buddismo si parla di cinque aggregati: forma della materia (siamo già "al di qua" della cosa in sé), sensazione, percezione, stati mentali e coscienza; Husserl parla invece di oggetto, noema, noesi, intenzionalità, appercezione, etc.
Questione di vocabolari...

Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Non ha senso cercare di stabilire se le sensazioni (materiali, non mentali) assunte essere intersoggettive mie e tue siano uguali o meno, dal momento che ciascuno di noi non può "sbirciare nella coscienza dell' altro" per verificarlo o falsificarlo
Certo, eppure (anche senza "sbirciare") entrambi sappiamo per esperienza che guardare da seduti un giornale che si legge, tenendolo in mano, e guardare un giornale che un'altra persona seduta tiene in mano, mentre ci avviciniamo a lei, sono due prospettive ottiche e due percezioni ben differenti (giornale visto all'interno da vicino vs giornale visto all'esterno da più lontano; se ognuno scattasse la foto dal/del suo punto di vista, sarebbero molto diverse).

Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
assumere (indimostrabilmente) che siano intersoggettive (ma si può solo di quelle materiali, non di quelle mentali) significa postulare che vi sia una corrispondenza biunivoca fra di esse, cosicchè si possono descrivere verbalmente allo stesso modo: quando tu descrivi il giornale che vedi e io descrivo il giornale che vedo, nell' esempio da te proposto, usiamo le stesse parole.
Mi sembrava utile poter distinguere fra fenomeno (il manifestarsi del giornale, il suo ex-porsi come un oggetto empirico che descriveremmo probabilmente allo stesso modo: colore, dimensioni, sembianze varie) e percezione (come io lo vedo, lontano e dall'esterno, e come tu lo vedi, vicino e all'interno), così da poter discriminare molteplici percezioni differenti del medesimo fenomeno (che fa capo al medesimo oggetto, che sarebbe solo ciò che possiamo cogliere dell'oggetto in sé).

0xdeadbeef

Citazione di: sgiombo il 08 Luglio 2018, 15:14:40 PM
Dunque credo che Se pensare è già "segnare", cioè è inserire l'oggetto pensato in un preciso riferimento interpretativo, non necessariamente deve comunque esistere realmente (indipendentemente dall' eventuale realtà pure del pensiero di esso) un "qualcosa" originario cui quel pensiero si è riferito.
Necessariamente, per definizione, deve esistere una connotazione o intensione (meramente concettuale, "cogitativa") del concetto pensato (la sua arbitraria, di fatto più o meno convenzionale definizione), ma non una sua estensione o denotazione reale (può esistere per esempio nel caso del pensiero di un cavallo, non in quello del pensiero di un da me amatissimo ippogrifo (ma che nostalgia delle discussioni con l' ottimo Maral in proposito!).

Salutoni!


Sulla questione del "giudizio sintetico a posteriori" concordo con te. In effetti quella tesi ritengo faccia
parte di quella "frattura" (che dicevo, non so se l'hai letto) fra Ragion Pura e Pratica che molti hanno
rilevato.
E concordo anche sulla successiva affermazione per cui si danno solo "giudizi analitici a priori", cioè non
"sintetici". Il "problema", se così vogliamo chiamarlo, è che Kant dà per certissime le tesi della scienza
e della meccanica newtoniana in particolare (certezza che è smentita dalla fisica relativistica - ma questo,
come giustamente rileva Carnap, paradossalmente non fa che rafforzare la tesi di fondo di Kant, cioè quella
della "cosa in sè").
Credo sia in ogni caso indispensabile definire il significato del termine "esistenza".
Per me è valida la definizione etimologica: "esistere" vuol dire "stare saldamente fuori", cioè stare al
di fuori di ogni interpretazione soggettiva, esistere "in sè", "saldamente", sulla roccia e non sulle sabbie
delle interpretazioni.
Ora, è chiaro che secondo questa definizione un pensiero non può esistere. Un pensiero, foss'anche quello
dell'ippogrifo, "c'è" ma non "esiste", come del resto qualunque altro pensiero (di cosa reale o immaginifica).
L'"esistenza", da questo punto di vista, è dunque solo degli oggetti "concreti"; ma essendo per noi gli oggetti
"pensati", cioè interpretati (e già dire "oggetti" li fa rientrare in questa categoria), ciò non può che risolversi
che nella "esistenza" della sola "cosa in sè" (da questo punto di vista, ad esempio, per Kant Dio non può esistere
in quanto mero pensiero - contro certe interpretazioni precedenti che volevano una esistenza "fisica" sulla base
del pensiero).
Allo stesso modo, l'ippogrifo non può in ogni caso "esistere", in quanto di esso non esiste un riferimento reale, tangibile.
saluti (ci ho preso?)

sgiombo

#80
Citazione di: Phil il 09 Luglio 2018, 23:09:40 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Fenomeno, sensazione, percezione (empiriche) secondo me sono sinonimi.
Va benissimo, basta intendersi sulle definizioni che usiamo.
Ad esempio, nel buddismo si parla di cinque aggregati: forma della materia (siamo già "al di qua" della cosa in sé), sensazione, percezione, stati mentali e coscienza; Husserl parla invece di oggetto, noema, noesi, intenzionalità, appercezione, etc.
Questione di vocabolari...
CitazioneSì, ma se é così, allora tutto ciò non può essere confuso con la cosa in sé o noumeno per la quale invece non vale l' "esse est percipi" (B. e H.) essendo reale anche allorché non accadono sensazioni o fenomeni, indipendentemente dall' accadere di essi.



Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Non ha senso cercare di stabilire se le sensazioni (materiali, non mentali) assunte essere intersoggettive mie e tue siano uguali o meno, dal momento che ciascuno di noi non può "sbirciare nella coscienza dell' altro" per verificarlo o falsificarlo
Certo, eppure (anche senza "sbirciare") entrambi sappiamo per esperienza che guardare da seduti un giornale che si legge, tenendolo in mano, e guardare un giornale che un'altra persona seduta tiene in mano, mentre ci avviciniamo a lei, sono due prospettive ottiche e due percezioni ben differenti (giornale visto all'interno da vicino vs giornale visto all'esterno da più lontano; se ognuno scattasse la foto dal/del suo punto di vista, sarebbero molto diverse).
CitazioneMa non é una questione di "prospettiva".
Anche qualora ci ponessimo ad osservare una certa scena esattamente dallo stesso luogo a brevissima distanza di tempo nella quale assumiamo nulla sia cambiato nella scena stessa, non avrebbe comunque senso dire che le nostre sensazioni siano uguali o diverse (per esempio potrebbe aversi un "inversione cromatica" fra le mie e le tue), ma solo che sono biunivocamente corrispondenti (e dunque descrivibili con le stesse parole; anche se per esempio io chiamassi "rosso" quello che tu chiami "blu" e viceversa: dell' eventuale differenza -o meno- non potremmo in alcun modo accorgerci).



Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
assumere (indimostrabilmente) che siano intersoggettive (ma si può solo di quelle materiali, non di quelle mentali) significa postulare che vi sia una corrispondenza biunivoca fra di esse, cosicchè si possono descrivere verbalmente allo stesso modo: quando tu descrivi il giornale che vedi e io descrivo il giornale che vedo, nell' esempio da te proposto, usiamo le stesse parole.
Mi sembrava utile poter distinguere fra fenomeno (il manifestarsi del giornale, il suo ex-porsi come un oggetto empirico che descriveremmo probabilmente allo stesso modo: colore, dimensioni, sembianze varie) e percezione (come io lo vedo, lontano e dall'esterno, e come tu lo vedi, vicino e all'interno), così da poter discriminare molteplici percezioni differenti del medesimo fenomeno (che fa capo al medesimo oggetto, che sarebbe solo ciò che possiamo cogliere dell'oggetto in sé).
CitazioneVedi sopra circa il fatto che non ponevo la questione delle "diffenze prospettiche" ma invece dell' insensatezza della questione del' uguaglianza o diversità fra i fenomeni di diverse esperienze coscienti nel caso le medesime cose in sé costituissero l' oggetto di coscienza delle diverse esperienze fenomeniche coscienti di diversi soggetti (e dunque fosse postulabile una corrispondenza biunovoca fra i fenomeni ad esso corrispondenti (= loro intersoggettività) in ciascuna di esse.

La percezione particolare tua in un certo momento e mia in un altro momento del giornale sono due eventi particolari concreti appartenenti alla medesima classe generale astratta delle "percezioni".
Ma non c' é "completezza" reale o meno, possibile o meno di percezioni (particolari concrete)  "da diverse prospettive" e/o in diversi momenti che tenga: si tratterebbe sempre e comunque di fenomeni (dei quali l' "esse est percipi"!) e non di noumeno.

Phil

Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2018, 11:03:12 AM
Anche qualora ci ponessimo ad osservare una certa scena esattamente dallo stesso luogo a brevissima distanza di tempo nella quale assumiamo nulla sia cambiato nella scena stessa, non avrebbe comunque senso dire che le nostre sensazioni siano uguali o diverse (per esempio potrebbe aversi un "inversione cromatica" fra le mie e le tue), ma solo che sono biunivocamente corrispondenti (e dunque descrivibili con le stesse parole; anche se per esempio io chiamassi "rosso" quello che tu chiami "blu" e viceversa: dell' eventuale differenza -o meno- non potremmo in alcun modo accorgerci).
Certo, come è possibile che siamo solo una farfalla che sta sognando di essere un uomo (come dice Chuang Tzu) oppure siamo cervelli in vasca (Putnam, se non erro) o altro... tuttavia credo, per comodità e serenità, ci convenga, come "ipotesi di lavoro" (non certezza dogmatica assoluta), supporre che il mio rosso sia molto affine al tuo e non ci siano inversioni cromatiche fra i nostri apparati percettivi. Il senso di questo assunto intersoggettivo è che altrimenti la scienza (ma non solo) perderebbe buona parte del suo senso e si ridurrebbe a pragmatismo utilitaristico ("con la luce del semaforo posta più in alto ci si ferma, non conta di che colore è", "un sangue sano non ha quel colore; io lo chiamo verde, voi forse lo percepite come il mio azzurro, eppure lo chiamate verde e va comunque bene", etc.).


Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2018, 11:03:12 AM
Citazione di: Phil il 09 Luglio 2018, 23:09:40 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Fenomeno, sensazione, percezione (empiriche) secondo me sono sinonimi.
Va benissimo, basta intendersi sulle definizioni che usiamo.
[...] Questione di vocabolari...
Sì, ma se é così, allora tutto ciò non può essere confuso con la cosa in sé o noumeno
Se ti riferisci a me (e così sembrerebbe), non mi pare che questa confusione m'appartenga: ho sempre posto il noumeno come postulato e inconoscibile; non è che mi confondi con altri?

A scanso di equivoci, cerco di riepilogare (e Kant ormai non c'entra più), prendendo ad esempio il solito giornale e partendo da ciò che è meno "accessibile":
- noumeno (che non è nemmeno un giornale, essendo inconoscibile e privo di identità per l'uomo)
- oggetto empirico: il giornale come pensabile esist-ente, anche indipendentemente da qualunque soggetto
- fenomeno: il giornale come oggetto empirico manifesto, che è percepito da uno o più soggetti
- percezione: il giornale percepito da un soggetto in particolare, secondo i suoi sensi, le sue capacità, la sua prospettiva, etc. ecco che un unico fenomeno dà origine a tante percezioni quanti sono i soggetti che lo percepiscono
- identificazione logica: il cervello interpreta quegli input sensoriali e identifica concettualmente l'oggetto come "giornale" (le percezioni acquisiscono un "senso cognitivo", richiamando un'idea formale o formandone una nuova).
- interpretazione dell'oggetto nel contesto (quindi con altri fenomeni che il soggetto osservante coglie): il "giornale" (ormai identificato) è tenuto in mano da un uomo che sembra leggerlo, etc.
- ... e così via.

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 09 Luglio 2018, 19:32:07 PM
CARLO
Un <<dubbio ritenuto razionalmente insuperabile>> sulla verità di una certa affermazione, non è più un dubbio, ma un ritenere non-vera (o relativa) quella affermazione.
Citazione
CitazioneMa, caro Carlo Pierini, capiterà mai che tu capisca quello che scrivo???

Innanzitutto non é affatto vero che dubitare di qualcosa == ritenere non vera tale cosa, ma casomai non sapere se sia vera oppure non vera, non ritenerla sicuramente vera né sicuramente falsa: c' é una bella differenza ! ! !

CARLO
Quello che dici tu vale per un semplice dubbio. Ma se lo consideri <<razionalmente INSUPERABILE>> significa che non considererai MAI vera la cosa di cui dubiti.

SGIOMBO
Ma soprattutto con tutta evidenza non ho parlato di un determinato dubbio (ritenuto razionalmente insuperabile) circa una certa particolare verità o affermazione, ma invece del "dubbio" (scettico) "circaqualsiasi(eventuale, per l' appunto) conoscenza" (solo le evidenziazioni in grassetto non erano nelle mie parole da te platealmente travisate); essendo riferito a qualsiasi eventuale verità o conoscenza, con tutta evidenzia si applica anche alla (eventuale, per l' appunto) particolare conoscenza costituita da quella stessa affermazione (e infatti si configura come sospensione del giudizio e non come affermazione dell' autocontraddittoria, paradossale affermazione per cui "tutto é falso" (compresa questa affermazione stessa).
Lo scetticismo non é predicazione che tutto é falso, ma dubbio  (sospensione del giudizio) su tutto (compreso lo scetticismo stesso).
Lo scettico dubita di tutto, anche del suo dubitare stesso e del dubitare del suo dubitare, e se hai tempo da perdere puoi continuare fin che credi in questo regresso all' infinito...

CARLO
Ripeto: finché dubiti, non consideri vera una certa cosa (sebbene non la consideri nemmeno falsa). Ma se il dubbio è per te insuperabile, vuol dire che non considererai MAI vera quella stessa cosa. Quindi non avrai voce in capitolo per contraddire né chi la ritiene vera né chi la ritiene falsa. E non mi sembra che è quello che hai fatto con i miei scritti.
CitazioneContinui platealmente a confondere "dubbio" con "falso".

Se dubito insuperabilmente di un' affermazione non la considero certamente vera né certamente falsa insuperabilmente (cioé senza che possa darsi alcun modo per dimostrarla vera o falsa), ma forse vera e forse falsa insuperabilmente (cioé senza che possa darsi alcun modo per confutare la possibilità della sua verità o della sua falsità).

Ed é chi obietta a tutto ciò che, fino a prova contraria (che non hai mai portato), non ha voce in capitolo per contraddirlo.

sgiombo

Citazione di: Phil il 10 Luglio 2018, 19:07:12 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2018, 11:03:12 AM
Anche qualora ci ponessimo ad osservare una certa scena esattamente dallo stesso luogo a brevissima distanza di tempo nella quale assumiamo nulla sia cambiato nella scena stessa, non avrebbe comunque senso dire che le nostre sensazioni siano uguali o diverse (per esempio potrebbe aversi un "inversione cromatica" fra le mie e le tue), ma solo che sono biunivocamente corrispondenti (e dunque descrivibili con le stesse parole; anche se per esempio io chiamassi "rosso" quello che tu chiami "blu" e viceversa: dell' eventuale differenza -o meno- non potremmo in alcun modo accorgerci).
Certo, come è possibile che siamo solo una farfalla che sta sognando di essere un uomo (come dice Chuang Tzu) oppure siamo cervelli in vasca (Putnam, se non erro) o altro... tuttavia credo, per comodità e serenità, ci convenga, come "ipotesi di lavoro" (non certezza dogmatica assoluta), supporre che il mio rosso sia molto affine al tuo e non ci siano inversioni cromatiche fra i nostri apparati percettivi. Il senso di questo assunto intersoggettivo è che altrimenti la scienza (ma non solo) perderebbe buona parte del suo senso e si ridurrebbe a pragmatismo utilitaristico ("con la luce del semaforo posta più in alto ci si ferma, non conta di che colore è", "un sangue sano non ha quel colore; io lo chiamo verde, voi forse lo percepite come il mio azzurro, eppure lo chiamate verde e va comunque bene", etc.).
CitazioneAnch' io credo per pura fede, arbitrariamente di non essere un cervello in una vasca e nell' intersoggettività delle sensazioni materiali.

Che però significa solo che esse si corrispondono puntualmente e univiìocamente fra le diverse esperienze fenomeniche coscienti, non avendo senso chiedersi se siano uguali o diverse fra di esse.

Ma la scienza non perde nulla in caso di inversione cromatica.

Le posizioni delle luci dei semafori hanno hanno senso per i daltonici, ma in caso di inversione cromatica che faccia vedere verde la luce accesa sopra, che ne fosse affetto si fermerebbe perché la chiamerebbe "rossa" come quelli che la vedono rossa (e infatti mentre il daltonismo é diagnosticabilissimo, nessuno potrebbe stabilire se nell' esperienza cosciente di qualcuno ci fosse inversione cromatica o meno; id est: non ha senso porsi il problema dell' uguaglianza o diversità dei fenomeni assunti essere intersoggettivi (ovvero biunivocamente -o meglio poliunivocamente- corrispondenti fra loro) delle diverse esperienze coscienti.


Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2018, 11:03:12 AM
Citazione di: Phil il 09 Luglio 2018, 23:09:40 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Luglio 2018, 10:10:07 AM
Fenomeno, sensazione, percezione (empiriche) secondo me sono sinonimi.
Va benissimo, basta intendersi sulle definizioni che usiamo.
[...] Questione di vocabolari...
Sì, ma se é così, allora tutto ciò non può essere confuso con la cosa in sé o noumeno
Phil:
Se ti riferisci a me (e così sembrerebbe), non mi pare che questa confusione m'appartenga: ho sempre posto il noumeno come postulato e inconoscibile; non è che mi confondi con altri?

A scanso di equivoci, cerco di riepilogare (e Kant ormai non c'entra più), prendendo ad esempio il solito giornale e partendo da ciò che è meno "accessibile":
- noumeno (che non è nemmeno un giornale, essendo inconoscibile e privo di identità per l'uomo)
- oggetto empirico: il giornale come pensabile esist-ente, anche indipendentemente da qualunque soggetto
- fenomeno: il giornale come oggetto empirico manifesto, che è percepito da uno o più soggetti
- percezione: il giornale percepito da un soggetto in particolare, secondo i suoi sensi, le sue capacità, la sua prospettiva, etc. ecco che un unico fenomeno dà origine a tante percezioni quanti sono i soggetti che lo percepiscono
- identificazione logica: il cervello interpreta quegli input sensoriali e identifica concettualmente l'oggetto come "giornale" (le percezioni acquisiscono un "senso cognitivo", richiamando un'idea formale o formandone una nuova).
- interpretazione dell'oggetto nel contesto (quindi con altri fenomeni che il soggetto osservante coglie): il "giornale" (ormai identificato) è tenuto in mano da un uomo che sembra leggerlo, etc.
- ... e così via.
CitazioneSgiombo:
Il giornale come fenomeno é un inseme di sensazioni manifeste che non può esistere che nell' ambito dell' esperienza cosciente di uno o più soggetti (se e quando e fintanto che costoro le percepiscono), e dunque non può esistere indipendentemente da un (qualunque) soggetto: esse est percipi (in quelle di più soggetti possono esistere insemi di sensazioni reciprocamente corrispondenti -intersoggettive- che tutti -i parlanti la medesima lingua- denominano col medesimo.vocabolo).
Inoltre esso (il giornale come fenomeno) é percepito da ciascun soggetto in particolare, secondo i suoi sensi, le sue capacità, la sua prospettiva; un fenomeno non dà origine a percezioni ma é percezioni (esse est percipi).
Il cervello (che non contiene nessun "omino" in grado di farlo) non interpreta proprio nulla: in esso gli imput sensoriali danno luogo solo e unicamente a successioni di trasmissioni di impulsi (potenziali d' azione) lungo assoni che si concludono o in determinate contrazioni muscolari o in modificazioni dei circuiti cerebrali (creazione di nuove sinapsi, eliminazione di altre e/o potenziamento o depotenziamento di sinapsi già esistenti) foriere di di cambiamenti comportamentali, di diversità fra i comportamento futuri e i passati e presenti. E basta. Non vi accade nient' altro (men che meno alcuna identificazione logica o interpretazione di alcunché: non contiene nessun "omino che lo possa fare!).
Il noumeno invece é (se c' é, come credo senza poterlo dìmostare né tantomeno mostrare) per esempio qualcosa di non sensibile, non apparente, non fenomenico che continua ad esistere anche quando guardo dall' altra parte e dunque il giornale non c'é, (nella mia esperienza fenomenica cosciente) tale che se guardo nella parte giusta il giornate torna ad esserci (a mano che sia stato distrutto); cioé tale ce ogni volta che si danno determinati rapporti fra tale qualcosa del noumeno (che affinché ciò accada deve continuare ad esistere e non essere distrutto) e un' altra "cosa" del noumeno che sono io, persona cosciente, soggetto di sensazioni e di pensieri, allora nell' ambito dell' esperienza cosciente fenomenica correlata a me, persona cosciente, soggetto di sensazioni e di pensieri, esistono le sensazioni fenomeniche costituenti il giornale (se in analoghi rapporti ti trovi tu, altra persona cosciente, soggetto di sensazioni e di pensieri, allora nell' esperienza fenomenica cosciente correlata a te esistono sensazioni fenomeniche alle mie -e alla cosa in sé persistente anche in loro assenza che se in relazione con una "cosa in sé soggetto cosciente" da luogo ai fenomeni "giornale" nella coscienza fenomenica ad essa correlata biunivocamente- corrispondenti ma che non ha senso cercare di stabilire se uguali o diversi; entrambi le denominamo "giornale").
.

Phil

@sgiombo
Adesso ho capito meglio le differenze fra i nostri "vocabolari".
Su alcune questioni ("esse est percipi", il cervello, il senso della scienza) abbiamo altre differenze (non solo di vocabolario), ma preferisco non approfondirle qui (di qualcosa abbiamo già discusso in passato).

Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 10 Luglio 2018, 22:02:27 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 09 Luglio 2018, 19:32:07 PM
CARLO
Un <<dubbio ritenuto razionalmente insuperabile>> sulla verità di una certa affermazione, non è più un dubbio, ma un ritenere non-vera (o relativa) quella affermazione.
Citazione
CitazioneMa, caro Carlo Pierini, capiterà mai che tu capisca quello che scrivo???

Innanzitutto non é affatto vero che dubitare di qualcosa == ritenere non vera tale cosa, ma casomai non sapere se sia vera oppure non vera, non ritenerla sicuramente vera né sicuramente falsa: c' é una bella differenza ! ! !

CARLO
Quello che dici tu vale per un semplice dubbio. Ma se lo consideri <<razionalmente INSUPERABILE>> significa che non considererai MAI vera la cosa di cui dubiti.

SGIOMBO
Ma soprattutto con tutta evidenza non ho parlato di un determinato dubbio (ritenuto razionalmente insuperabile) circa una certa particolare verità o affermazione, ma invece del "dubbio" (scettico) "circaqualsiasi(eventuale, per l' appunto) conoscenza" (solo le evidenziazioni in grassetto non erano nelle mie parole da te platealmente travisate); essendo riferito a qualsiasi eventuale verità o conoscenza, con tutta evidenzia si applica anche alla (eventuale, per l' appunto) particolare conoscenza costituita da quella stessa affermazione (e infatti si configura come sospensione del giudizio e non come affermazione dell' autocontraddittoria, paradossale affermazione per cui "tutto é falso" (compresa questa affermazione stessa).
Lo scetticismo non é predicazione che tutto é falso, ma dubbio  (sospensione del giudizio) su tutto (compreso lo scetticismo stesso).
Lo scettico dubita di tutto, anche del suo dubitare stesso e del dubitare del suo dubitare, e se hai tempo da perdere puoi continuare fin che credi in questo regresso all' infinito...

CARLO
Ripeto: finché dubiti, non consideri vera una certa cosa (sebbene non la consideri nemmeno falsa). Ma se il dubbio è per te insuperabile, vuol dire che non considererai MAI vera quella stessa cosa. Quindi non avrai voce in capitolo per contraddire né chi la ritiene vera né chi la ritiene falsa. E non mi sembra che è quello che hai fatto con i miei scritti.
CitazioneContinui platealmente a confondere "dubbio" con "falso".

Se dubito insuperabilmente di un' affermazione non la considero certamente vera né certamente falsa insuperabilmente (cioé senza che possa darsi alcun modo per dimostrarla vera o falsa), ma forse vera e forse falsa insuperabilmente (cioé senza che possa darsi alcun modo per confutare la possibilità della sua verità o della sua falsità).

Ed é chi obietta a tutto ciò che, fino a prova contraria (che non hai mai portato), non ha voce in capitolo per contraddirlo.

CARLO
...Come riesci a farmi incazzare tu con le tue circonvoluzioni verbali non ci riesce nessuno.  >:(
Non ho scritto mai "falso". Chi dubita non sottoscrive la verità (non-verità), ma non sottoscrive nemmeno la falsità (non-falsità). Chi ritiene insuperabile il dubbio non sottoscriverà mai la verità né la falsità. Cioè rimarrà ebete in eterno riguardo a quel certo argomento.

sgiombo

#86
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Luglio 2018, 10:43:11 AM


Credo sia in ogni caso indispensabile definire il significato del termine "esistenza".
Per me è valida la definizione etimologica: "esistere" vuol dire "stare saldamente fuori", cioè stare al
di fuori di ogni interpretazione soggettiva, esistere "in sè", "saldamente", sulla roccia e non sulle sabbie
delle interpretazioni.
Ora, è chiaro che secondo questa definizione un pensiero non può esistere. Un pensiero, foss'anche quello
dell'ippogrifo, "c'è" ma non "esiste", come del resto qualunque altro pensiero (di cosa reale o immaginifica).
L'"esistenza", da questo punto di vista, è dunque solo degli oggetti "concreti"; ma essendo per noi gli oggetti
"pensati", cioè interpretati (e già dire "oggetti" li fa rientrare in questa categoria), ciò non può che risolversi
che nella "esistenza" della sola "cosa in sè" (da questo punto di vista, ad esempio, per Kant Dio non può esistere
in quanto mero pensiero - contro certe interpretazioni precedenti che volevano una esistenza "fisica" sulla base
del pensiero).
Allo stesso modo, l'ippogrifo non può in ogni caso "esistere", in quanto di esso non esiste un riferimento reale, tangibile.
saluti (ci ho preso?)

Un pensiero può esistere (realmente); è ciò che il pensiero intende che può non esistere (realmente), come nel caso del pensiero (il quale ultimo può darsi sia realmente esistente) di un ippogrifo, il quale ippogrifo -e non il pensiero di esso- non può darsi esista.
Ciò che il pensiero intende, di cui tratta, può essere costituito da concetti aventi unicamente una intensione o connotazione "cogitativa", teorica senza che realmente ne esista una estensione o denotazione reale di fatto.


Insisterei sulla differenza fra le questioni dell' "inseità" (o meno) nel senso del sentito (percepito sensibilmente) e nel senso del pensato (esistente per lo meno come intensione o connotazione di concetti pensati; o pensabili; essendo i pensieri insiemi e successioni di percezioni coscienti o sensazioni, di tipo mentale).

Ciò che é sentito é fenomeno (insieme e/o successione di percezioni o apparenze sensibili: fenomeni), reale solo ed unicamente se e quando e fintanto che le percezioni o apparenze sensibili stesse sono reali (accadono realmente), cioé non "in sé" nel senso di "indipendentemente dall' essere sentito (da un soggetto di sensazione)". Mentre invece il noumeno o cosa in sé (se reale, cosa non constatabile né dimostrabile) é per l' appunto "in sé" nel senso di "indipendentemente dall' essere sentito (da un soggetto di sensazione)": per esempio ciò che esiste realmente anche quando non vedo il famoso cedro del Libano o non sento i miei pensieri e sentimenti e fa sì che nonappena osservo "nel modo opportuno" fuori o dentro me stesso, allora puntualmente cedro e pensieri e sentimenti rispettivamente tornano ad esistere realmente).

Altra questione é quella per cui ciò che é pensato é innanzitutto e sicuramente, inevitabilmente intensione o connotazione di concetti (tanto nel caso dell' ippogrifo quanto nel caso del cavallo); ma mentre nel caso del cavallo esiste realmente anche un' estensione o denotazione reale del concetto, qualcosa di "in sé" nel senso di "reale indipendentemente dall' eventuale fatto che sia anche oggetto di pensiero -reale- o meno", ovvero "indipendentemente dall' eventuale esistenza reale di un soggetto di pensiero o meno", invece nel caso dell' ippogrifo una tale estensione o denotazione reale del concetto non esiste, ma esiste solo e unicamente un' intensione o connotazione cogitativa dipendente dall' esistenza reale di un soggetto di pensiero.

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 11 Luglio 2018, 02:55:30 AM


CARLO
...Come riesci a farmi incazzare tu con le tue circonvoluzioni verbali non ci riesce nessuno.  >:(
Non ho scritto mai "falso". Chi dubita non sottoscrive la verità (non-verità), ma non sottoscrive nemmeno la falsità (non-falsità). Chi ritiene insuperabile il dubbio non sottoscriverà mai la verità né la falsità. Cioè rimarrà ebete in eterno riguardo a quel certo argomento.
CitazioneOh, forse una volta tanto si riesce ad intendersi (e magari non ti faccio incazzare).

Però "scettico" molto ma molto =/= "ebete" (contrariamente a te ho molta pazienza non mi incazzo nemmeno quando mi si offende; specie se l' offesa é ridicola e squalifica unicamente chi le arreca e non certo chi la riceve); penso anzi che per lo più la consapevolezza scettica dei limiti delle proprie conoscenze é indice di intelligenza.



0xdeadbeef

#88
Citazione di: sgiombo il 11 Luglio 2018, 08:24:52 AM
Insisterei sulla differenza fra le questioni dell' "inseità" (o meno) nel senso del sentito (percepito sensibilmente) e nel senso del pensato (esistente per lo meno come intensione o connotazione di concetti pensati; o pensabili; essendo i pensieri insiemi e successioni di percezioni coscienti o sensazioni, di tipo mentale).

. Mentre invece il noumeno o cosa in sé (se reale, cosa non constatabile né dimostrabile) é per l' appunto "in sé" nel senso di "indipendentemente dall' essere sentito (da un soggetto di sensazione)":


Si certo (immaginavo questa tua nota), un pensiero esiste in quanto "trasmissione di dati neuronali fra le sinapsi del
cervello" (o qualcosa di simile; capirai bene che questo non è proprio il mio campo...), ma non esiste come contenuto.
Dunque esiste la "cosa in sè" che sottostà al pensiero dell'ippogrifo (e che interpretiamo come trasmissione neuronale),
non esiste l'ippogrifo in quanto contenuto di quella trasmissione.
Mi pare (scusami se mi riferisco ad esempi concreti, ma ho delle difficoltà a seguire il tuo ragionamento) che tu
distingua fra il Cedro del Libano nel momento in cui lo vedi presente e nel momento in cui esso è oggetto di un "ricordo".
Dal mio punto di vista (ma credo proprio di poter dire "dal punto di vista di Kant") questa distinzione non pone alcun
"problema".
La tua distinzione fra "sentito" e "pensato" trovo non abbia attinenza con i concetti di "cosa in sè" e di "fenomeno".
Il "sentito- cedro" (ad esempio quando vedi o tocchi il cedro) è "fenomeno" in quanto chiamato "cedro", ritenuto "magnifico"
etc. Ed è "cosa in sè" come "sostrato" dell'oggetto cui attribuiamo le qualità di "cedro", "magnifico" etc.
Il "pensato-cedro" (quando solo lo ricordi) è "fenomeno" in quanto tale pensiero è chiamato "pensiero del cedro"; pensiero
che sia magnifico etc. Ed è cosa in sè sempre come sostrato dell'oggetto-pensiero che chiamiamo "attività neuronale".
Non bisogna pensare alla "cosa in sè" come ad un qualcosa di "indipendente dall'essere sentito" (ho l'impressione che proprio
questo sia il punto "cruciale").
La "cosa in sè" è un concetto logico. Siccome è impossibile osservare gli oggetti da un punto di vista privilegiato, cioè
non relativo al soggetto che li osserva, si assume ipoteticamente l'impossibile, cioè che sia possibile osservare gli
oggetti da un punto di vista privilegiato. Gli oggetti in tal modo osservati (un modo impossibile) sono le "cose in se
stesse", e sono inconoscibili appunto perchè il modo di osservarle è impossibile.
Questo vuol dire che quel che è in questione è sempre e solo un "oggetto", sia esso un cedro o una attività neuronale.
Mai un "contenuto" di un pensiero ("Dio non è più reale dell'idea che io abbia cento talleri in tasca", dice Kant - che
sempre, sembra, fu alle prese con problemi economici...).
In questo senso non c'è differenza fra l'idea di un cavallo e quella di un ippogrifo: entrambe, dal punto di vista che qui
ci interessa, sono dovute ad una oggettiva attività neuronale (i talleri sono reali, ma l'idea, come contenuto, non come attività neuronale, che essi siano nella tasca di Kant
non è più reale dell'idea di Dio - sempre come contenuto).
saluti

Carlo Pierini

Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Luglio 2018, 11:18:21 AMLa "cosa in sè" è un concetto logico. Siccome è impossibile osservare gli oggetti da un punto di vista privilegiato, cioè
non relativo al soggetto che li osserva, si assume ipoteticamente l'impossibile, cioè che sia possibile osservare gli
oggetti da un punto di vista privilegiato. Gli oggetti in tal modo osservati (un modo impossibile) sono le "cose in se
stesse", e sono inconoscibili appunto perchè il modo di osservarle è impossibile.

CARLO
...E chi l'ha detto che il punto di vista soggettivo - combinato con la "capacita oggettivante" che ha il soggetto umano - non sia il punto di vista privilegiato?
Cosa intendo con "capacità oggettivante"? Quella, per esempio, che ci ha permesso di stabilire che il geocentrismo derivava da un punto di vista soggettivo e che, invece, l'eliocentrismo è il punto di vista DEFINITIVAMENTE oggettivo. In altre parole è la nostra capacità di studiare COMPARATIVAMENTE i fenomeni da diversi punti di vista soggettivi che ci permette di pervenire all'oggettività (la perfetta complementarità tra la legge gravitazionale di Newton e le tre leggi di Keplero).
Infatti, oggi siamo assolutamente sicuri che l'eliocentrismo è il paradigma DEFINITIVO dei moti planetari, semplicemente perché, se così non fosse, non avrebbero mai avuto successo le esplorazioni del sistema solare compiute con decine di sonde spaziali, la cui riuscita esige una precisione estrema dei moti previsti (vedi, per esempio, la "fionda gravitazionale" necessaria per accelerare "gratis" le sonde).
Quindi, sarebbe ora di abbandonare questa fissazione sul "punto di vista privilegiato". Se la scienza funziona a meraviglia, vuol dire che il nostro punto di vista "soggettivo", se ben lubrificato dall'intelligenza e dalla ragione, è quello più adeguato!


BABY K - Da zero a cento
https://youtu.be/XzuV0_cot-g

LUIS FONSI - Despacito
https://youtu.be/kJQP7kiw5Fk

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