L'uomo appartiene al regno degli animali?

Aperto da Jacopus, 28 Dicembre 2022, 19:50:05 PM

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Socrate78

L'uomo non appartiene al regno animale, ma lo trascende. La differenza non è quantitativa, ma qualitativa: l'animale vive solo nel presente e non riesce a proiettarsi nel futuro, l'uomo invece è in grado di progettare se stesso nel futuro e di vedersi in un progetto futuro, e quindi oltre ad ESSERE l'uomo ESISTE. Il filosofo e psichiatra Karl Jaspers aveva appunto notato che l'esistenza è una categoria che appartiene solo all'uomo e tutto il regno animale ne è privo, l'animale si limita ad esserci, mentre l'uomo esiste ed è in grado di scegliere.
Osserviamo il comportamento di un qualsiasi animale: in nessun suo atto si nota la presenza di una scelta consapevole, ma soltanto la mera risposta istintiva a stimoli esterni: il gatto o il cane vengono da noi se chiamati, ma non possono scegliere se rimane al loro posto, e se non si muovono è soltanto perché uno stimolo più forte li trattiene dal venire da noi. Un gatto o un cane (e ancor più un insetto) non hanno nessun merito morale per ciò che fanno perché non sono in grado di scegliere, ma sono determinati ad agire da impulsi esterni: anche quando sembrano liberi non sono altro che come robot che agiscono in base ad impulsi genetici e ambientali. Gli animali non si chiedono il perché della vita e il suo senso, essi vivono nel presente e muoiono senza chiedersi il perché della morte: l'uomo non accetta la morte perché ne vede l'ingiustizia, l'animale è semplicemente parte del ciclo della vita, pedina inconsapevole della natura. Gli animali non hanno il senso del bello, infatti non si emozionano di fronte a nessun opera d'arte, essi non hanno il senso del giusto e dell'etico, quando un ape si sacrifica per i propri simili non può scegliere di agire diversamente ed è determinata dalla natura a fare ciò che fa, un animale non può scegliere di non seguire il capobranco, e non si chiede mai se è giusto o sbagliato. L'uomo in sintesi, viste tutte queste facoltà, ha una Coscienza spirituale, mentre l'animale ne è privo, anche quello più evoluto.

Pio

Che io sappia nessun animale cucina il cibo. È un'azione fondamentale dell uomo che permette di digerire il cibo in maniera più efficiente, così da non dover addormentarsi dopo mangiato e avere tempo per pensare.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Ipazia

Quanto l'uomo trascenda gli altri animali siamo ancora troppo ignoranti della loro etologia e linguaggio per stabilirlo con certezza. La riduzione degli animali a macchine biologiche incapaci di pensare e prendere decisioni autonome e privi di preferenze di tipo estetico, non mi ha mai convinta.

https://rewriters.it/unestetica-bestiale-vi-spiego-il-senso-artistico-negli-animali/

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Zoomusicologia
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#18
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2022, 22:11:11 PMhttps://rewriters.it/unestetica-bestiale-vi-spiego-il-senso-artistico-negli-animali/


Traggo da questo link quanto segue:

''Come sottolinea Giorgio Celli nel saggio Arte e biologia: una scommessa evoluzionista il fatto che si possa parlare di una preferenza rispetto a forme, vale a dire di un'estetica animale, avvalora l'ipotesi di "un'emancipazione dall'utilità, di una percezione paga di se stessa".
 ''

Secondo me parlare di una percezione paga di se stessa dà man forte ai ''trascendentalisti'' della umanità.
Preferisco pensare che la percezione, che tutti gli animali praticano, non sia solo essa a formare il senso estetico, ma valga anche il viceversa, se è vero che il giudizio estetico è anche una funzione del tempo, per cui a furia di gardarle certe cose che appaiono belle diventano brutte e viceversa.
Un pensiero un pò confuso, lo ammetto, ma voglio dire che se il senso estetico dipende dalla pratica, e se questa pratica non è prerogativa umana, allora non c'è nulla di trascendentale nell'uomo.

A livello ancora intuitivo dico che l'estetica ha che fare con la capacità di manipolare simboli, nel senso che scegliere un oggetto fra tanti come bello, equivale ad elevarlo a simbolo, e ciò è vero indipendentemente dall'oggetto scelto, in quanto tale scelta può cambiare nel tempo.
Quando l'uomo delle caverne disegnava sulle pareti, lo dico sempre a livello intuitivo, ''non disegnava animali'', non essenzialmente, ma riproduceva l'atto della percezione degli animali, se è vero che quegli animali ci sembrano verosimiglianti ancora adesso, e l'estetica non è quindi esclusiva dell'uomo, ma comune a chi percepisce.
L'arte è cioè esplicitazione del meccanismo percettivo, esplicitazione che può modificare la percezione stessa.
La pratica dell'arte modifica il giudizio estetico.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

@Ipazia

Concordo che non sia affatto facile decifrare esattamente i vissuti interiori degli animali dalla sola osservazione esterna; tuttavia, pur non conoscendo prima della tua segnalazione la zoomusicologia né gli uccelli giardinieri, rilevo il rischio di proiettare criteri estetici umani su forme esteriori dell'agire animale: un nido addobbato secondo simmetria e monocromia (per mimetizzarlo meglio?) è prima di tutto un nido, quindi oggetto utile, anzi, vitale; diverso sarebbe stato se i volatili avessero appeso foglie per ornare un ramo senza poi dargli un uso (un po' come facciamo noi con i quadri). Usare tonalità musicali per comunicare può essere una forma di linguaggio, ma non troppo fine a se stessa se appartiene comunque al «ramo semiotico della musicologia»(cit.); in fondo anche la poesia è comunicazione, ma non una mera "comunicazione di servizio", dunque si tratta di verificare (semmai sia possibile), se la musica venga apprezzata dagli animali perché bella oppure solo riconosciuta perché capiscono cosa comunica, come fosse un comunicato in codice Morse (non proprio il massimo dell'estetica e dell'edonismo). Sul corteggiamento è ben noto che il fine non sia l'espressione di una bellezza estemporanea, quanto l'atto copulatorio a cui, istintivamente, si ambisce. Lo scimpanzé Congo è stato elogiato da Mirò e Dalì, ma lui vedeva davvero bellezza nei suoi dipinti (ed era consapevole che lo fossero)? Peccato non possa dircelo. Si tratta comunque di un filone di ricerca etologica evidentemente molto più fertile di quanto pensassi.

Jacopus

#20
Rispondo a Socrate. Che gli animali siano dei robot fu una definizione di successo di Cartesio, valida fino all'arrivo di un certo Darwin, che studió anche le emozioni degli animali. Se non bastano gli occhi dolci di un cane a convincerci, lo ha fatto l'etologia. Mammiferi ed uccelli soprattutto, hanno una struttura cerebrale del tutto simile alla nostra, hanno il midollo spinale, l'amigdala, l'ippocampo, i lobi frontali e parietali e quindi provano le nostre stesse emozioni, paura, affetto, capacità di prendersi cura della prole ed hanno anche le loro simpatie ed antipatie, al punto che ogni animale ha anche il suo carattere e la sua indole. I sistemi di neurotrasmissione sono gli stessi e quindi anche i mammiferi sono condizionati dagli ormoni che il loro organismo distribuisce in relazione alla situazione in cui si trovano. Ti stupirai ma gli animali più simili a noi, i mammiferi più evoluti hanno anche un senso morale e comprendono le ingiustizie perpetrate non solo su di loro ma anche sui loro simili, prova che i neuroni specchio e l'empatia non sono una prerogativa solo umana. Perfino l'omicidio non è un monopolio umano, visto che gli scimpanzé si battono fra gruppi nemici e qualche volta ci scappa il morto. Ovviamente gli animali sono sicuramente più organizzati a livello istintuale e procedurale ma non mancano i comportamenti che potremmo definire "umani" e che dovremmo in realtà definire come comportamenti "mammifero/uccelliani". Se poi vogliamo ancor più "epater le bourgeois", basti dire che sono state verificate le fasi rem, nel sonno dei ragni, ovvero un indizio molto solido sul fatto che probabilmente anche i ragni sognano. Per non parlare della così umana monogamia che è molto meglio praticata da alcune specie di uccelli, o dell'omosessualità, pratica diffusa oltre che dall'umanità anche da diverse specie animali, ed in modo sistematico, ad esempio, dai bonobo e dai cigni neri.

La grande trasformazione, che ci differenzia dai nostri "parenti" animali, è derivata dall'avvento della technè, che ha allargato non solo i nostri orizzonti ma la nostra stessa configurazione cerebrale. Il nostro cervello è così com'è perché addestrato da centinaia di migliaia di anni a confrontarsi con la tecnica. La tecnica è quasi diventata così una parte del nostro corredo genetico. Senza la tecnica (e con tecnica intendo "cultura" comprensiva di religioni, cacciaviti, costituzioni e vaccini), saremmo sicuramente dei primati un po' strambi e girovaghi, molto attenti a non finire fra le fauci di un leone.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

#21
@Phil

Lo è, e a scanso di bias antropomorfici troppo pacchiani, si testano musiche specifiche per animali basate sul loro spettro acustico:

https://www.lifegate.it/musica-per-gatti

... e non solo. Pare comunque che la nostra musica classica abbia un alto indice di gradimento zoomusicale. Soprattutto coi cani. Affinità elettiva. Devo dire che la scorsa estate ho duettato col flauto dolce con gli uccellini che colonizzavano la betulla del mio giardino in una competizione davvero sorprendente: loro rispondevano al tema da me proposto in durata, frequenza, e ritmo. Ovvero, mi imitavano. Solo utilitarismo ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#22
Citazione di: Phil il 29 Dicembre 2022, 23:00:03 PM@Ipazia

Concordo che non sia affatto facile decifrare esattamente i vissuti interiori degli animali dalla sola osservazione esterna; tuttavia, pur non conoscendo prima della tua segnalazione la zoomusicologia né gli uccelli giardinieri, rilevo il rischio di proiettare criteri estetici umani su forme esteriori dell'agire animale: un nido addobbato secondo simmetria e monocromia (per mimetizzarlo meglio?) è prima di tutto un nido, quindi oggetto utile, anzi, vitale; diverso sarebbe stato se i volatili avessero appeso foglie per ornare un ramo senza poi dargli un uso (un po' come facciamo noi con i quadri). Usare tonalità musicali per comunicare può essere una forma di linguaggio, ma non troppo fine a se stessa se appartiene comunque al «ramo semiotico della musicologia»(cit.); in fondo anche la poesia è comunicazione, ma non una mera "comunicazione di servizio", dunque si tratta di verificare (semmai sia possibile), se la musica venga apprezzata dagli animali perché bella oppure solo riconosciuta perché capiscono cosa comunica, come fosse un comunicato in codice Morse (non proprio il massimo dell'estetica e dell'edonismo). Sul corteggiamento è ben noto che il fine non sia l'espressione di una bellezza estemporanea, quanto l'atto copulatorio a cui, istintivamente, si ambisce. Lo scimpanzé Congo è stato elogiato da Mirò e Dalì, ma lui vedeva davvero bellezza nei suoi dipinti (ed era consapevole che lo fossero)? Peccato non possa dircelo. Si tratta comunque di un filone di ricerca etologica evidentemente molto più fertile di quanto pensassi.
Ma, alla fine, se ci riduciamo a legare la nostra superiorità specifica all'essere capaci di far cose inutili, cioè fini a se stesse, significa che siamo messi all'angolo del ring.
E magari inutili solo perchè ce ne sfugge l'utilità.
Secondo me la chiave per capirne l'utilità è vedere come queste pratiche apparentemente fini a se stesse modifichino la nostra percezione, posto che una evoluzione percettiva possa considerarsi cosa almeno potenzialmente utile.
Ora, se non vogliamo negare l'evidenza, e cioè che l'evoluzione della percezione sia un fatto animale, non possiamo andare a cercare nelle modalità in cui questa evoluzione avviene il discrimine fra noi e gli altri animali.
Quando io disegno il bue sulla parete della caverna, non sto a rigore riproducendo un bue, ma sto riproducendo la percezione che io ho del bue, e riprodurre la percezione del bue equivale a prender coscienza della percezione del bue, in quanto del bue possedevo già coscienza, e la percezione di ciò di cui prendiamo  coscienza muta in conseguenza di ciò.
in questo modo l'arte muta la nostra percezione, e quindi non è necessariamente fine a se stessa.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Phil

@Ipazia
Da profano (mi) chiedo: quei gatti hanno vissuto davvero un'esperienza estetica? Una melodia tarata ad hoc sullo stesso range di frequenze dei naturali vocalizzi del gatto, risulta certamente più felinamente amichevole dei Queen e dei Beatles, essendo, appunto, più simile alla voce di altri gatti (senza offesa per Mercury e Lennon). I gatti hanno trovato quella melodia bella, o semplicemente affine alla propria "voce", quindi non ostile, non allarmante né spaventosa? Mi pare resti in gioco il rischio della suddetta proiezione (come per i dipinti di Congo): facciamo partire la musica in "mi(cio) maggiore", il felino ne imita i toni (studiati per essere felini), si avvicina alla fonte sonora (come fosse un altro gatto) e concludiamo che gli piaccia... tuttavia ciò dimostra che il gatto prova piacere musicale, estetico, oppure solo che non percepisce quei suoni (che noi chiamiamo «musica») come avversi, bensì rasserenanti come la presenza di un proprio simile? 
Nel mio piccolo, ho ascoltato il brano linkato e, pur non essendo un gatto, sotto le note (capziose?) musicali, ho riconosciuto nitidamente prima il suono delle fusa e poi il suono di un gatto che lecca il cibo in una ciotola... sicuramente, anche togliendo le (pur minimali) melodie aggiunte, queste due sonorità sono ben note, ben apprezzate dai gatti e sufficienti per suscitare attrattiva; utilitaristicamente, non esteticamente.
Per gli uccellini amanti del flauto dolce, vale la stessa domanda: esperienza di piacere estetico, imitazione a pappagallo (pur non essendo tali), tentativo di comunicazione o suono non ostile?
Non fraintendermi, non ho certezze in merito, sono solo molto sospettoso degli umani e di come interpretino alcune  loro ricerche, sempre scivolando verso categorie (troppo?) antropizzate.

@iano
Non a caso, non ho parlato di «superiorità», bensì di differenza; l'arte è utile, a suo modo, per alcuni (non per tutti) gli umani, ma di quell'utilità, contingente ed autostimolatoria, che si basa sull'edonismo (di per sé non certo spiacevole), magari antidoto o catarsi per i dispiaceri della vita (per quanto la produzione dell'arte non vada confusa con la sua fruizione). Non è la percezione in sé a renderci, per me, differenti dagli animali, ma il fatto che siamo disposti ad usare la tecnica pur di provare percezioni piacevoli e non direttamente utili alla sopravvivenza; alienandoci, per brevi istanti, dalla schiavitù dei bisogni primari ci alieniamo dalla dittatura dell'animalità: ci impadroniamo di un istante che non è l'istante in cui vive l'animale sempre vigile e "focalizzato", ma l'istante in cui godiamo per qualcosa di cui potremmo anche fare a meno, ma nondimeno cerchiamo perché... ci piace

niko

Citazione di: Socrate78 il 29 Dicembre 2022, 18:28:07 PMOsserviamo il comportamento di un qualsiasi animale: in nessun suo atto si nota la presenza di una scelta consapevole, ma soltanto la mera risposta istintiva a stimoli esterni: il gatto o il cane vengono da noi se chiamati, ma non possono scegliere se rimane al loro posto, e se non si muovono è soltanto perché uno stimolo più forte li trattiene dal venire da noi. Un gatto o un cane (e ancor più un insetto) non hanno nessun merito morale per ciò che fanno perché non sono in grado di scegliere, ma sono determinati ad agire da impulsi esterni: anche quando sembrano liberi non sono altro che come robot che agiscono in base ad impulsi genetici e ambientali. 



Ennesima conferma dell'idiozia degli uomini, che, non solo sono anche loro robot determinati da impulsi genetici e ambientali, ma, a differenza dei "sereni animali", come li chiama un poeta, neanche sanno di esserlo....


Il bue che dice cornuto all'asino, e dell'uomo, naturalmente, qui, neanche l'ombra...





Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Tutto è riducibile ad una prospettiva utilitarista: il gioco, l'affettività, l'estetica, la ricerca scientifica e filosofica. 

Ma possiamo pure sondare altre prospettive, e chi ha un rapporto costante con animali solitamente lo sperimenta. E lo può fare soltanto uscendo da una logica antropocentrista e cercando, coi nostri limitati mezzi conoscitivi, di sintonizzarsi con la psicologia dell'animale. Il quale, a certi livelli evolutivi, fa altrettanto col bipede umano con cui si relaziona.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

atomista non pentito

Citazione di: Socrate78 il 29 Dicembre 2022, 18:28:07 PML'uomo non appartiene al regno animale, ma lo trascende. La differenza non è quantitativa, ma qualitativa: l'animale vive solo nel presente e non riesce a proiettarsi nel futuro, l'uomo invece è in grado di progettare se stesso nel futuro e di vedersi in un progetto futuro, e quindi oltre ad ESSERE l'uomo ESISTE. Il filosofo e psichiatra Karl Jaspers aveva appunto notato che l'esistenza è una categoria che appartiene solo all'uomo e tutto il regno animale ne è privo, l'animale si limita ad esserci, mentre l'uomo esiste ed è in grado di scegliere.
Osserviamo il comportamento di un qualsiasi animale: in nessun suo atto si nota la presenza di una scelta consapevole, ma soltanto la mera risposta istintiva a stimoli esterni: il gatto o il cane vengono da noi se chiamati, ma non possono scegliere se rimane al loro posto, e se non si muovono è soltanto perché uno stimolo più forte li trattiene dal venire da noi. Un gatto o un cane (e ancor più un insetto) non hanno nessun merito morale per ciò che fanno perché non sono in grado di scegliere, ma sono determinati ad agire da impulsi esterni: anche quando sembrano liberi non sono altro che come robot che agiscono in base ad impulsi genetici e ambientali. Gli animali non si chiedono il perché della vita e il suo senso, essi vivono nel presente e muoiono senza chiedersi il perché della morte: l'uomo non accetta la morte perché ne vede l'ingiustizia, l'animale è semplicemente parte del ciclo della vita, pedina inconsapevole della natura. Gli animali non hanno il senso del bello, infatti non si emozionano di fronte a nessun opera d'arte, essi non hanno il senso del giusto e dell'etico, quando un ape si sacrifica per i propri simili non può scegliere di agire diversamente ed è determinata dalla natura a fare ciò che fa, un animale non può scegliere di non seguire il capobranco, e non si chiede mai se è giusto o sbagliato. L'uomo in sintesi, viste tutte queste facoltà, ha una Coscienza spirituale, mentre l'animale ne è privo, anche quello più evoluto.
Tradisci il tuo nickname ....... quanta superbia . E' in questa ottica che l'homo sapiens ( ritenendosi l'eletto ) si levera' delle palle. Bravo

Alberto Knox

A ciò aggiungo la ricerca interiore (introspezione) ,le domande di senso , la consapevolezza di non essere pienamente consapevoli ,sapere di pensare e la ricerca Spirituale. 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Phil

Citazione di: Ipazia il 30 Dicembre 2022, 08:33:20 AMTutto è riducibile ad una prospettiva utilitarista: il gioco, l'affettività, l'estetica, la ricerca scientifica e filosofica.
Se per utilitarismo intendi finalismo, non ci sono dubbi: c'è sempre un perché e uno scopo, tanto nel cercare cibo quanto nell'ascoltare musica. Il discrimine, secondo me, è la "natura" di tale fine: i fini degli animali sembrano sempre fortemente connessi ai bisogni primari; anche il legame con l'uomo quale fornitore di cibo, tana e cure non è "amore animale" puramente disinteressato (fermo restando che anche gli animali, soprattutto in quanto tali, sappiano ben essere diffidenti verso gli sconosciuti di altra specie, per cui un umano non vale certo l'altro). L'edonismo umano ha invece come fine/utilità il piacere, quello non fondamentale per la sussistenza (non è il piacere di mangiare quando si ha fame) e l'impiego della tecnica per qualcosa di piacevole, ma non necessario, credo separi nettamente l'uomo dall'animale, aprendo una dimensione in cui anche il contingente ha valore (dimensione cognitivamente inaccessibile all'utilitarismo animale, secondo me, sempre profano in materia).

Spoiler del "doppio fondo" di questo approccio: quali sono i prerequisiti per poter usare stabilmente la tecnica per attività edonistiche? Astrazione concettuale (ingegno e creatività), sperimentazione manipolatoria (metodo e scienza), capacità di tramandare quanto appreso (dimensione storico-linguistica). Il bearsi in tale ricerca del piacere, ben oltre i bisogni primari, racchiude dunque tutti gli ingredienti che rendono vanitoso l'uomo e che costituiscono ogni cultura umana. Sto rovesciando il rapporto fra estetica ed humanitas, o è la nostra cultura a volersi prendere così sul serio da degradare l'estetica a frivolezza, perché la "missione" e la "dignità" dell'uomo nel cosmo sono ben altri? Questo è l'"antropocentrismo ermeneutico" di cui diffido; non "innalzo" gli animali a creature estetiche, ma "abbasso" l'uomo ad animale onanistico (se proprio vogliamo utilizzare i soliti parametri di "verticalità" cari all'uomo).
Perché un animale non potrebbe mai capire, ad esempio, la fame di denaro di un uomo che ha comunque la pancia piena e una tana? Perché l'animale non può capire il gusto, squisitamente umano, di trastullarsi con la tecnica, fatta di giocattoli costosi e di esperienze edonistiche. Ritornando all'inizio: qual è l'utilità/finalità della ricchezza, del potere, dell'avidità, del giocare la lotteria, dell'essere contenti di avere un buon conto in banca? Solo la prospettiva futura di basilari cibo e tana? Solitamente no, siamo onesti; se così fosse non saremmo umani/edonisti (e sì, anche la morale, la filosofia, la scienza, etc. ricadono in questa iperdeclinazione contemporanea della "natura estetica" dell'uomo, ma per intravvederla bisogna uscire da quell'antropocentrismo di matrice ideologica di cui, chi più chi meno, siamo tutti imbevuti sin dai tempi dell'umanesimo).

baylham

L'uomo è un animale. La differenza principale è qualitativa: gli altri animali immaginano, prevedono l'immediato futuro, l'uomo il lontano futuro. Daniel Gilbert ha evidenziato questa differenza in modo per me convincente in Stumbling on Happiness.

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