L' assurda negazione della Verità

Aperto da bobmax, 22 Febbraio 2024, 13:05:08 PM

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Ipazia

Citazione di: green demetr il 24 Febbraio 2024, 01:12:57 AM...
(si odia anche nietzche, perchè dice che nietzche ha capito benissimo cosa è la volontà, ma è poi finito per essere vittima di quella stessa volontà di potenza che si era auto-diagnosticato....non posso dargli torto.)
la volontà di distruggre il tempo, per impedire al tempo di renderci schiavi.
semplicemente porge le chiavi ad un altro un nuovo schiavista.
E lo stiamo vedendo nel contemporaneo che non ha MAI capito il moderno.

PER QUESTO IL MODERNO é un problema.
Perchè ritiene di aver capito, quando non ha capito un cavolo.

Quando la filosofia si inscrive nella carne la malattia diventa tutt'uno con la guarigione. E laddove perisce il maestro, della lezione si incaricano i postumi: di malattia e sapere.

Bello questo dibattito manicheo sulla V/verità tra metafisici. Basta non confonderlo col logos, mischiando il mistico col dicibile, inguaiando il povero LW, che invece li sapeva perfettamente distinguere e insegnò a farlo. Con la parola e col silenzio, in ossequio alla decenza epistemica e ai differenti piani del reale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Un'altra considerazione importante, sugli effetti della negazione della Verità, è che rende impossibile qualunque autentica comunicazione.

Chi nega la Verità, recide ogni canale comunicativo. Magari può sembrare che stia comunicando, ma in realtà sta producendo solo rumore.

Perché l'autentica comunicazione è la stessa esistenza, che va alla ricerca della propria Trascendenza.
Ciò che la anima è la fede nella Verità.

Rifiutando la Verità non vi può essere alcuna comunicazione.
In quanto la comunicazione non consiste nel trasferimento di "verità" da un polo ad un altro. Ma è invece un'azione di risveglio.
La Verità è infatti già ovunque.

Occorre soltanto aprire il nostro cuore.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

CitazioneLa negazione della Verità si ripercuote direttamente sulla giustizia.
Perché la giustizia ha necessariamente come faro la Giustizia.
Cioè fa riferimento a ciò che è assolutamente Giusto.
E il Giusto è Vero.
Questa è una certa concezione della giustizia, non la concezione tout court. Fortunatamente il diritto,fin dai tempi degli antichi greci non si fonda solo sulla verità. L'immagine simbolica della giustizia, ad esempio, non fa riferimento alcuno alla verità: è una giovane donna con una spada ed una bilancia ed è bendata (non mi dilungo su di essi anche se sarebbe interessante). Lo stesso termine Giurisprudenza ha in sè la doppia natura della Giustizia, nel momento in cui viene applicata. Adesione alle leggi (iuris) e giudizio secondo una valutazione del caso concreto, che ha sempre un margine di non allineamento con la legge (Prudentia o in greco Phronesis, che deriva da Phrein, mente, ovvero necessità di riflettere sul caso). La verita Applicata alla giustizia è il genotipo, ma occorre anche valutare il fenotipo attraverso la Prudentia.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: bobmax il 24 Febbraio 2024, 13:59:08 PMRifiutando la Verità non vi può essere alcuna comunicazione.
In quanto la comunicazione non consiste nel trasferimento di "verità" da un polo ad un altro. Ma è invece un'azione di risveglio.
La Verità è infatti già ovunque.

Occorre soltanto aprire il nostro cuore.

Occorre soltanto aprire gli occhi e la mente.

I sanfedisti del geocentrismo su basi religiose effettivamente imperdirono qualunque comunicazione con chi aveva uno strumento veritativo migliore quale l'osservazione, il calcolo e la coerenza logica.

Concordo che la verità non è una merce commerciabile (come la "verità" intorno al covax) e neppure una convenzione.

È lì, nel reale, spesso nascosta, da disvelare (a-letheia). A disposizione di chi abbia il sapere idoneo a disvelarla.

Talvolta basta poco ("il re è nudo"), altre volte necessita una preparazione specialistica.

Ma in tutti i casi il comune denominatore è l'onestà intellettuale, che non sempre porta alla "cosa giusta", ma spesso alla scommessa, e talvolta alla socratica sospensione del giudizio. In attesa di conoscenze più dirimenti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#19
La verità non può essere negata.
Ma non può essere negata solo se non è esprimibile a parole, o finché non trova espressione.
Questa verità, che non sia esprimibile a parole, o finché non trovi espressione, mette tutti d'accordo, perchè nessuno la può negare, perciò svolge una funzione sociale importante, perchè diviene il fattore comune di quelli che la possiedono.
Si può non essere d'accordo, ma per non essere d'accordo occorre poter dialogare, ma è possibile dialogare, comprendendo ciò che si dice, solo se si possiedo basi comuni indicibili, e perciò verità, in quanto essendo indicibili non possono essere negate.
Per essere ciò che non si può dire se ne parla fin troppo, e a sproposito di verità. verità che consentono il dialogo, ma che non dovrebbero farne parte.
Poi esistono le forti convinzioni che nascono da onestà intellettuale, le cui caratteristiche Ipazia ha ben delineato nel suo precedente post, convinzioni che si possono sempre cambiare, perchè ben esprimibili a parole, e quindi sempre negabili.
Infine per le verità comuni, che ci accomunano, si possono avere pareri diversi tutti rispettabili.
Chi dirà che sono cose umane, quindi proprietà intersoggetive, e chi no, e ogni parere è rispettabile.
In un caso o nell'altro parliamo di verità che sono dentro di noi, ma chi pretendesse di poterle esternare, creando una chiesa, non conti du di me.

In ogni caso, tutto ciò che può fondarsi su una verità assoluta, può parimenti fondarsi su una verità che duri la vita di coloro che la possiedono.
Quindi, al minimo, finché ci sarà umanità ci sarà tutto ciò che segue dalla verità  che caratterizza questa umanità come patrimonio comune dei suoi componenti.
Chi non ha fiducia in se, e quindi nell'umanità, si affiderà a una verità che è fuori di noi, che ci riguarda, ma che resta indipendente da noi.

Rimane un ultimo inghippo, ed è che le verità dentro di noi, essendo nostre, cambiano con noi, quindi cambiano non perchè le neghiamo, ma perchè noi cambiamo, quando ovviamente non  si considerino come  assolute.
Quando si considerano assolute, i cambiamenti umani possono erroneamente essere interpretati come negazione della verità, come una fase nichilistica, interpretazione errata, se è vero che la verità, assoluta o relativa che sia, non si può negare.
L'importante è non scambiare, cosa facile a farsi, le forti convinzioni, quando oneste, per verità.
Se poi non sono oneste è tutta un altra storia.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

#20
La formulazione migliore di verità, ripresa da koba è la tomistica "adaequatio rei et intellectus".

In base a ciò derivano molte conseguenze filosofiche che sanciscono la maggiore veridicità dell'approccio materialista sull'idealista, che persegue il percorso opposto: "adaequatio intellectus et rei".

Superiorità della forma aristotelica sulla forma ideale platonica ( mi spiace green, ma è cosi e rischi di infognarti con un altro, per quanto geniale, cattivo maestro !)

Il materialismo (non "scientista", detto dai classici: "volgare") non nega l'autonomia della dimensione psichica, ma sostituisce all'ideale, ipostatico e autocefalo, l'ideazione, che apporta un suo valore aggiunto alla realtà.

Idea-azione che ben si coniuga con il superamento della (vetero)metafisica nella filosofia della prassi, realizzazione del logos eracliteo sempre in divenire, senza nostalgie noumeniche e nichilistici blocchi, o angosce, per dirla alla green.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Pensarbene

Ponzio Pilato,il personaggio più onesto e umano della vicenda nota,dice a Gesù:"La verità....cos'è la verità?"
Proponendo Barabba e Gesù non ha forse chiesto la verità agli ebrei?

L'ha avuta dimostrando quanto la verità sia soggetta a variabili umane contraddittorie e tutte quante relative!

Scrive Berne,ideatore della analisi transazionale:"Rettitudine,Verità,
Giustizia...sono la moneta dei Tribunali,fantasmi persecutòri nella mente della gente e partorienti manicomi"

iano

#22
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 06:47:01 AMLa formulazione migliore di verità, ripresa da koba è la tomistica "adaequatio rei et intellectus".

In base a ciò derivano molte conseguenze filosofiche che sanciscono la maggiore veridicità dell'approccio materialista sull'idealista, che persegue il percorso opposto: "adaequatio intellectus et rei".
Il dizionario Treccani traduce i due virgolettati allo stesso modo, come ''adeguazione dell'intelletto alla cosa''.
Ma immagino volessi intendere un ''intelletto che si adegua alla cosa'' in alternativa a ''una cosa che viene adeguata all'intelletto''.
Che debba essere l'intelletto ad adeguarsi alla cosa sembra talmente ovvio che rischiamo di tralasciare il fatto del come  e perchè  possa avvenire anche il contrario.
Secondo me le due cose non si escludono ma sono due fasi successive dello stesso processo.
Il problema nasce quando li si vuole considerare come processi esclusivi.
Essendo infatti l'intelletto limitato non può adeguarsi a tutti i fatti, ma deve prenderne norma generalizzandoli, quindi effettivamente si ha una fase in cui le cose vengono adeguate all'intelletto.
E' con la generalizzazione, credo, che si entra nella fase metafisica, generando leggi fisiche, delle quali però generalmente si disconosce la natura metafisica.
Il problema quindi nasce quando si vuole escludere la metafisica, o in alternativa la fisica, per partito preso, che sia il partito degli idealisti o quello dei materialisti.
L'errore, correggimi se sbaglio, potrebbe essere stato ''suggerito'' da Platone , nel momento in cui dedica alle idee un mondo a parte, nel quale dunque esse si bastano da sole, con la conseguenza che poi gli idealisti tentano di adeguare questo mondo a quello, violentandolo.
Di ciò gli esempi tragici storici mi pare non manchino.
L'errore di Platone ha generato orrore?
temo di si, per quanto non fosse questa la sua intenzione, che immagino fosse quella di rendere conto del fatto che le idee sembrano venire da se, che abbiano cioè una esistenza indipendente.
In generale mi sembra che le sensazioni, rafforzate dal valore che l'uomo si autoattribuisce, sembrano giocare ancora un ruolo filosofico nell'idealismo ancora oggi,
Il materialismo invece le ha relativizzate, con le misure strumentali, per cui il mondo non è più solo come ci appare, ma diversamente può apparire.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Se si ha a che fare con qualcuno, che candidamente e ripetutamente nega la Verità, si può pure provare a farlo ragionare.
Magari mostrandogli l'assurdità intrinseca nel suo stesso dire.

Se però insiste e soprattutto mostra, con discorsi sconclusionati, slogan, arrampicate sui vetri e quant'altro, l'effettiva mancanza di fede nella Verità, allora non rimane che ignorarlo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#24
Per rendere conto dei mondi diversi in cui sembriamo vivere, se  non vogliamo arrenderci, escludendo il mondo in cui vivono gli atri, volendo purtuttavia mantenere  l'unicità del mondo, allora bisogna svincolare i diversi mondi che ci appaiono dalla realtà , che unica rimane, considerando i diversi mondi possibili prodotti della nostra diversa interazione con essa.
Per far ciò dovremo rinunciare al senso di realtà, il quale finora ha avuto tutto il tempo di svilupparsi in un mondo che apparendoci fino a un certo punto unico è stato possibile assimilare alla necessariamente unica realtà.
Dovremo quindi scegliere fra, ''diversi mondi'' che possono convivere nella stessa realtà, come la fisica dei nostri giorni sembra dimostrarci, oppure vivere ognuno in una sua realtà, ignorando, quando va bene, gli altri.
Ma è davvero possibile limitarsi ad ignorare gli altri?
La storia sembra dirci di no.
Perchè se ci troviamo di fronte a diverse realtà non potremo mai scongiurare il rischio di una loro collisione, perchè di esse solo  una può essere quella vera.

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Pensarbene

Ogni persona è un piccolo mondo,sulla terra ci sono otto miliardi di mondi, quindi il pianeta è come una piccolissima galassia.
Peccato che girino  troppi buchi neri sotto forma di buchi.....(omissis) umani e non umani,visibili e invisibili.
 

iano

#26
Citazione di: Pensarbene il 25 Febbraio 2024, 12:31:21 PMOgni persona è un piccolo mondo,sulla terra ci sono otto miliardi di mondi, quindi il pianeta è come una piccolissima galassia.
Peccato che girino  troppi buchi neri sotto forma di buchi.....(omissis) umani e non umani,visibili e invisibili.
 
Si, ma se uomini ci chiamiamo è perchè abbiamo in comune molto più di quanto appaia.
Questo significa che siamo otto miliardi di mondi che differiscono fra loro per un pelo, però essendo questo pelo l'unico a vista, sembra che sia lui a fare tutta la differenza.
Il grosso resta sommerso, ed è la ''verità'' che ci accomuna.
L'intersoggettività non certifica la verità, ma non potrebbe esserci intesoggettività senza quella ''verità'' sommersa.
Si può andare a pescare quella ''verità'' ,ma una volta pescata l'uomo non sarà più lo stesso, potendo essere adesso quella ''verità'' negata, quindi non più tale.
Le differenze allora iniziano ad essere qualcosa più di un pelo, e ci troviamo ad avere a che fare con mondi così diversi da essere fra loro in contraddizione, come la micro e la macro fisica.
Questo è quello che ha fatto la scienza, ma più in generale l'incremento di coscienza, che sembra essere la caratteristica della nostra attuale evoluzione.
Grazie alla tecnologia poi ciò che di noi viene esternato si trasforma in oggetti che facciamo fatica a ri-comprendere come ancora parte di noi, che sarebbe appunto un modo di riappropriarci di ciò che abbiamo esternato.
Grazie a ciò però, esternalizzandosi, l'intelletto ha allargato i propri limiti.
Quindi grazie agli apparecchi digitali, e all'IA il numero di fatti che possiamo considerare è meno limitato al punto che la loro generalizzazione , quando pur produce leggi che non permettono di fare previsioni a causa della incalcolabilità di fatto che comportano (situazione caotica) , ciò non è più un problema.
Dove non si può calcolare esattamente si approssima, e la potenza di calcolo di cui disponiamo permette approssimazioni sempre più ottimali.
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iano

Rimane solo un altro aspetto da considerare, caro Pensarbene. :)
I limiti del nostro intelletto, e in generale i nostri limiti sono determinati da una ''economia di sussistenza''.
Possiamo sopravvivere cioè solo dentro una economia sostenibile, e se non ci siamo estinti è perchè questa economia si è verificata.
Adesso però, tutto ciò che di noi abbiamo esternalizzato, dovremo curare in prima persona che resti dentro ad una economia di sostenibilità.
Questo è l'ulteriore step di presa di coscienza che dobbiamo incamerare, sapendo comunque che le strade che prende l'evoluzione sono tentativi casuali, che possono andare bene come male.
Ma di sicuro andranno male se lasciamo fare al caso oltre le necessità in cui esso interviene.
La parola d'ordine dunque è presa di coscienza, si, ma con annessa assunzione di responsabilità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Ipazia

Citazione di: iano il 25 Febbraio 2024, 10:10:23 AMIl dizionario Treccani traduce i due virgolettati allo stesso modo, come ''adeguazione dell'intelletto alla cosa''.
Ma immagino volessi intendere un ''intelletto che si adegua alla cosa'' in alternativa a ''una cosa che viene adeguata all'intelletto''.
Che debba essere l'intelletto ad adeguarsi alla cosa sembra talmente ovvio che rischiamo di tralasciare il fatto del come  e perchè  possa avvenire anche il contrario.
Secondo me le due cose non si escludono ma sono due fasi successive dello stesso processo.
Il problema nasce quando li si vuole considerare come processi esclusivi.
Essendo infatti l'intelletto limitato non può adeguarsi a tutti i fatti, ma deve prenderne norma generalizzandoli, quindi effettivamente si ha una fase in cui le cose vengono adeguate all'intelletto.
E' con la generalizzazione, credo, che si entra nella fase metafisica, generando leggi fisiche, delle quali però generalmente si disconosce la natura metafisica.
Il problema quindi nasce quando si vuole escludere la metafisica, o in alternativa la fisica, per partito preso, che sia il partito degli idealisti o quello dei materialisti.
L'errore, correggimi se sbaglio, potrebbe essere stato ''suggerito'' da Platone , nel momento in cui dedica alle idee un mondo a parte, nel quale dunque esse si bastano da sole, con la conseguenza che poi gli idealisti tentano di adeguare questo mondo a quello, violentandolo.
Di ciò gli esempi tragici storici mi pare non manchino.
L'errore di Platone ha generato orrore?
temo di si, per quanto non fosse questa la sua intenzione, che immagino fosse quella di rendere conto del fatto che le idee sembrano venire da se, che abbiano cioè una esistenza indipendente.
In generale mi sembra che le sensazioni, rafforzate dal valore che l'uomo si autoattribuisce, sembrano giocare ancora un ruolo filosofico nell'idealismo ancora oggi,
Il materialismo invece le ha relativizzate, con le misure strumentali, per cui il mondo non è più solo come ci appare, ma diversamente può apparire.

Hai ragione. In effetti "et" pone rei ed intellectus sullo stesso piano. Spetta all'epistemologia, la venerabile "filosofia della scienza", stabilire chi si deve adeguare a cosa. L'idealismo platonico vorrebbe adeguare le cose al modello geometrico ideale, il "realismo" aristotelico, che ispirerà la parte migliore della scolastica, pone l'intelletto a servizio, nel comprenderle, delle cose. E tutta la scienza moderna, da Galileo in poi seguirà questa strada.

Con un lascito platonico nella "mathesis universalis" che figura come eterno gol della bandiera dell'intellectus, con metafisica al seguito, più o meno ridondante, secondo il livello di inafferrabilità delle cose. Fase epistemica in cui le finzioni ipotetiche si sprecano, a compensare il buio pesto dell'episteme.

Ma il granaio è sufficientemente pieno da permettere di ripristinare le corrette gerarchie epistemologiche, separando il grano novello dal loglio.

Con uso pure di tecniche strumentali che oltrepassano il fragile schermo dell'apparenza, non per relativizzare, ma per sapere.

(semmai il relativo arriva dopo, delimitando il campo di esistenza di uno specifico sapere, con riduzione delle sue pretese universalistiche).
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Jacopus

Ripeto quello che ho detto altrove e che trova la sua origine nella visione duale della realtà. In campo fisico non credo sia possibile una adeguazione della materia all'intelletto. Può esserci solo una infinita ricerca di sempre maggiore precisione descrittiva ed esplicativa. In campo sociale, invece esiste sempre una azione duplice di reciproco influsso fra la "materia sociale" è la capacità di pensarla, sia a livello collettivo che individuale. La grande aspirazione della scienza è stato ed è ancora tuttora, quella di trovare, anche a livello "sociale", delle leggi simili a quelle fisiche, che possano in qualche modo permettere lo stesso straordinario mutamento, come quello avvenuto con la tecnologia. Peccato (o meno male) che l'umanità non sia così facilmente manipolabile. Tutto ciò al netto di ogni metafisica o ente superiore.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

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