L'origine della diseguaglianza

Aperto da InVerno, 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM

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Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:59:35 PM


Certamente lo sono. L'esperienza etica è troppo importante perchè ci limitiamo a percepirla come fossimo topi da laboratorio. Il compito magistrale della filosofia è trovare le origini delle cose e anche l'etica ha una sua origine. E' poco filo-sofico limitarsi a prendere atto dei fenomeni senza indagarne le cause. E' anche poco marxista. L'origine della disuguaglianza si intreccia continuamente con l'origine dell'etica e per capire la prima bisogna sporcarsi con la seconda. Sporcarsi le mani. Non basta la biblioteca.
.


Ciao Ipazia
Non sto dicendo che non è importante indagare la causa dei fenomeni etici; sto dicendo che è praticamente
impossibile, in essi, distinguere la causa, diciamo, naturale da quella culturale.
Del resto non intendo con questo mettere in discussione l'esistenza di criteri soggettivi e criteri
oggettivi.
Quando, rispondendo all'amico Phil, dicevo che le condizioni dei pensionati al minimo, la loro
difficoltà a mettere d'accordo il pranzo con la cena o il loro dover spesso rinunciare alle visite
mediche specialistiche, non sono frutto di una percezione (come lui mi pareva sottintendere) ma sono
condizioni oggettive, intendevo appunto distinguere fra la percezione e l'oggettività.
Solo che credo non vi sia una netta linea di demarcazione, per cui possiamo dire: "fin lì c'è la
percezione, oltre lì c'è l'oggettività. No, la faccenda è, per così dire, "sfumata".
Mi pare del resto che se volessimo fare un discorso veramente "serio" sull'etica bisognerebbe per
prima cosa intenderci sul significato di questo termine (e la cosa è meno scontata di quel che sembra).
Se infatti per "etica" assumiamo il significato di "condotta verso il bene", vediamo che il "bene"
può assumere due significati fondamentali (il bene come "in sè", tipico della filosofia continentale,
e il bene come oggetto di desiderio, quindi come relativo al soggetto, che è il concetto tipico
dell'utilitarismo della filosofia anglosassone).
Prima di discutere, si tratta dunque di scegliere la lingua con la quale si vuol discutere...
saluti

Phil

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
... dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).

Affermare la neutralità delle chiavi di lettura è assai poco relativistico  :P  ;D Il relativismo etico è una chiave a bias che apre anche porte etiche e ideologiche.
Il relativismo non è, secondo me, una chiave di lettura neutrale: il fatto che non sia valutativo, non implica sia neutrale, anzi, la neutralità sarebbe comunque una valutazione, quindi contraddittoria (sempre la solita questione dei livelli logici  ;) ). Il relativismo suggerisce che la valutazione è sempre immanente e interna ai criteri di ogni etica, non che «un'etica vale un'altra», né che un'etica non possa giudicare un'altra (pur potendolo fare solo inevitabilmente con i suoi propri criteri).

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Il piano inclinato tra relativismo etico e etica relativistica purtroppo non è una fallacia logica.
Per me, è insensato parlare di «etica relativistica»: proprio come l'ateismo dichiara in cosa non crediamo, ma non in cosa crediamo, parimenti etica relativistica allude a ciò che non è il suo contenuto (valori assoluti, trascendenti, etc.), ma non a ciò che essa identificherebbe come «bene», «giusto», etc. che è un requisito indispensabile per poter essere definita come «etica».
Provo con un esempio: di fronte ad un vecchietto che esita ad attraversare la strada (tanto per essere originali  ;D ), chi ha un'etica utilitaristica magari cercherà di dargli una mano sperando in una ricompensa; chi ha un'etica di tipo religioso o umanistico si sentirà spinto ad aiutarlo senza sperare in una mancia; chi ha un'etica edonista lo riterrà una perdita di tempo e proseguirà oltre; chi ha un'etica relativistica... si limiterà a raggiungere l'anziano e sussurrargli "tutto è relativo"?  ;D 
La centralità della prassi (che conoscerai meglio di me) dimostra che non ha senso parlare di «etica relativistica», ma solo (su un altro livello logico) di relativismo etico.

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Come osserva Apeiron, la Storia e l'Antropologia dimostrano che vi sono dei denominatori comuni etici che vale la pena di indagare perchè è su questi che si possono ampliare le coordinate della convivenza umana. Del resto lo si è sempre fatto altrimenti saremmo già estinti. Ma per questo prezioso compito filosofico una impostazione assolutamente - nel suo negazionismo - relativistica è del tutto inadatta.
Qui rispondo anche al vacanziero sgiombo: il fatto che tutte le comunità ripudino l'omicidio (pur rendendolo giustificato e legittimo in alcuni casi: guerra, pena di morte, legittima difesa, etc.) non è dovuto alla assolutezza etica del non-uccidere, ma solo dalla sua utilità (si tratta quindi di un'etica utilitaristica) per la stabilità del contesto sociale. La comprovata funzionalità di tale principio etico non lo rende retroattivamente assoluto ed universale, ovvero non universale come lo sono i bisogni primari. Si è già discusso su natura/cultura: è per arbitraria convenzione che uccidere è sbagliato (prima di essere legalmente «reato╗); il fondamento di tale etica è scritto sulla carta (o sulla tradizione orale, per coloro che non scrivono), non nella natura. Non si tratta quindi di un «imperativo etico derivante dalla natura umana» (cit. da sgiombo), bensì dalla cultura umana. Per quanto riguarda la biologia, non confonderei istinti gen-etici e valori etici (nonostante l'assonanza).
Non colgo perché il relativismo dovrebbe essere inadatto a rapportarsi a denominatori comuni interculturali; si tratta solo di un contesto più ampio (tanto per continuare con i motti dell'"apofatismo relativistico": il relativismo non è nazionalismo ;D ).

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
I meltingpot culturali sono la critica vivente dell'impostazione teorica relativistica: le figli islamiche sgozzate dai padri ne sono la più evidente, e dolorosa, falsificazione. Immagino che il topo relativista avrà le sue belle gatte teoretiche da pelare di fronte a simili eventi. Ma può sempre derubricarli a errore sperimentale e continuare la sua sterile, e sterilizzata, ricerca.
Au contraire, mon amie... proprio nell'incontro fra paradigmi culturali differenti, il relativismo può essere strumento fruibile (ma non l'unico possibile, come dimostrano gli integralismi, i conflitti ideologici, etc.).
Di fronte a un padre che uccide la figlia, lo sfidante "lavoro" del relativista (solo il suo?) è di calibrare le coordinate del contesto del gesto: l'ha uccisa perché lo prescrive la legge di quel popolo? L'ha uccisa perché è un criminale? L'ha uccisa per quali moventi? Qui l'antropologo, lo storico e gli altri "migliori amici del relativista", possono anche uscire con lui dalla biblioteca, indagare (ci vuole pazienza, dote in estinzione) e tratteggiare il quadro dell'evento (forse anche prima che qualcuno da fuori contesto reclami istintivamente di uccidere il padre per "pareggiare i conti").
Al relativista (almeno per come lo dipingo io) interessa più comprendere e contestualizzare adeguatamente un gesto, piuttosto che giudicarlo «giusto» o «sbagliato».

Ipazia

I miei fondamenti laici del "bene" li ho elencati qui . In ordine di importanza causale, eziologica, che si incarna in comportamenti etici. Ho pure posto la linea di demarcazione tra etica (prescrittiva: giuridica e comportamentale) e gusto (discrezionale, libero). Cambiano le forme fenomeniche di questo ordine, ma non la sostanza. Ciò che lo nega non è il vaso di pandora relativistico, ma comportamente non etici. Facilmenti dimostrabili pure loro.

L'intrecciarsi tra etica e uguaglianza non è casuale. Dimentichiamoci la "voce della coscienza", la percezione, che ci sono, ma sono puri epifenomeni psicologici e non ci permettono di capire nulla se non percorriamo a ritroso tutto il percorso di educazione etica che inizia con le primissime cure parentali finalizzate a salvaguardare l'alfa di ogni discorso etico: la vita del vivente. Persino quando la nega, in situazioni che non a caso vengono definite come il massimo sacrificio. Capace perfino di mettere d'accordo due visioni etiche distanti come teismo e ateismo. E neppure questo accordo è un frutto arbitrario del caso.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. Mi inchino alla tua dialettica. Per forma e per contenuti. Ed anche se ti condanna alla minoretarietà. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Saluti viator. Vedo che ti hanno aperto una discussione su misura. Dacci dentro. Non ti assicuro di essere d'accordo su tutto ciò che hai scritto. Ma potrei sbagliarmi io. Se ne discuterà.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 17:09:32 PM
I miei fondamenti laici del "bene" li ho elencati qui . In ordine di importanza causale, eziologica, che si incarna in comportamenti etici. Ho pure posto la linea di demarcazione tra etica (prescrittiva: giuridica e comportamentale) e gusto (discrezionale, libero). Cambiano le forme fenomeniche di questo ordine, ma non la sostanza. Ciò che lo nega non è il vaso di pandora relativistico, ma comportamente non etici. Facilmenti dimostrabili pure loro.

L'intrecciarsi tra etica e uguaglianza non è casuale. Dimentichiamoci la "voce della coscienza", la percezione, che ci sono, ma sono puri epifenomeni psicologici e non ci permettono di capire nulla se non percorriamo a ritroso tutto il percorso di educazione etica che inizia con le primissime cure parentali finalizzate a salvaguardare l'alfa di ogni discorso etico: la vita del vivente. Persino quando la nega, in situazioni che non a caso vengono definite come il massimo sacrificio. Capace perfino di mettere d'accordo due visioni etiche distanti come teismo e ateismo. E neppure questo accordo è un frutto arbitrario del caso.

Ciao Ipazia
Ci vuol però qualcuno che decida quando l'aria può dirsi salubre (magari coniugando questo con il
diritto al lavoro, cone nel caso di Taranto...); quando il cibo basta ed è da considerarsi di qualità;
quando la tana è da considerarsi confortevole e così via.
E' chiaro che il tuo concetto di "bene" è quello della tradizione europeo-continentale, cioè quello di
un bene inteso come "in sè", e questo ti contrappone frontalmente
con l'altro concetto, quello relativistico e utilitaristico della tradizione anglosassone (che è dell'
amico Phil, naturalmente).
Bene, potrei dire anche di essere d'accordo con te, ma questo non ti toglie affatto le castagne dal
fuoco, perchè l'individuazione di quel qualcosa o qualcuno che dicevo in apertura di risposta pesa
come un macigno sulle tue considerazioni.
E allora: come lo individui? Forse sulla base di non meglio precisate "evidenze"? Forse sulla base
di una "naturalità"; di una "oggettività" che attibuisci a quelli che chiami "fondamenti laici del
bene"?
E se il relativista/utilitarista ti dicesse (magari l'amico Phil te lo dice - non ho sempre letto
tutte i suoi interventi) che per dare da vivere a sei-sette miliardi di persone dobbiamo per forza
scendere a pesanti compromessi sulla salubrità dell'aria, sulla quantità e qualità del cibo e sul
confort della tana?
In altre parole (e parafrasando C.Schmitt); chi o cosa decide nella situazione di emergenza? Chi è,
ovvero, che comanda?
Il relativismo/utilitarismo anglosassone ha una "ricetta" tutta sua (che è a mio parere riassumibile
nella visione filosofica di Von Hayek): il "mercato".
E noi? Noi (mi ci metto pure io, se permetti...) che, voglio dire, non condividiamo nulla di quella
visione cosa proponiamo? Forse il Soviet supremo? Un sovrano "illuminato"? Cosa?
saluti

Ipazia

Le evidenze sono scientifiche a livello di rigore simile, e forse superiore, a quello che serve a far funzionale il pc. Senza cibo si muore, l'aria tossica e il cibo adulterato uccidono o producono gravi patologie. Il relativismo qui toppa alla grande. Se siamo ridotti a scegliere tra salute e profitto l'etica ha  perso la sua battaglia e siamo precipitati in un piano non-etico. Che lascio ai relativisti.

Che fare ? Individuati i fondamentali umani, bisogna imparare a distinguere i comportamenti etici dai non-etici. Anche il comunismo reale ha avuto comportamenti non-etici. Alcuni giustificabili sulla base del contesto storico, altri del tutto no. Perfino in contrasto con la dottrina. Direi che in campo etico, soprattutto nella sua declinazione politica, siamo all'anno zero. L'utilitarismo capitalistico (inumano) e l'integralismo religioso (alieno) hanno fatto tabula rasa. 
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Apeiron

#157
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.
Per me è invece il fondamento del relativismo: se dico che «fare x è giusto», allora «chi non fa x, o fa non-x, sbaglia» (a prescindere da latitudine ed epoca); se invece dico che «fare x è giusto solo nel contesto y», significa che «non fare x nel contesto k, non è sbagliato».
Ciò che si "perde" passando dall'una all'altra è l'universalità, l'assolutismo, l'assiomaticità (e non mi pare cambiamento da poco  ;) ). La conseguenza è che non avrò motivi assoluti né alibi etici per fare guerra contro chi «non fa x», o «fa non-x» (e si ritorna al suddetto «magari» di Sariputra).


















Ciao Phil,

Per te è il fondamento del relativismo. Lo sapevo già. Per me no. Non vedo alcuna implicazione logica per cui contestualizzare implica il relativismo.
Nella 'Relatività Generale', per esempio, si dice "le leggi della fisica sono le stesse in ogni sistema di riferimento" oltre a dire che i valori di distanze spaziali e durate temporali variano a seconda del riferimento. E, onestamente, considero la Relatività come un perfetto esempio di saper contestualizzare e al tempo stesso non essere 'relativisti' (a dispetto della sfortunata coincidenza tra i nomi). Quindi, in realtà si perderà pure l'universalità su certe cose. Ma non necessariamente su tutte.

Al massimo, tu puoi dire che la lettura relativista è una possibile lettura della contestualizzazione. Ma nei tuoi argomenti difficilmente trovo una vera dimostrazione che sia l'unica  :)


Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre.
PHIL
Lieto di essermi fatto comprendere  
:)
Bene. Ciononostante, tu hai preferenze. Dici per esempio https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'origine-della-diseguaglianza/msg28142/#msg28142:

CitazioneSarebbe anomalo se dicessi che secondo il relativismo ciò è un bene o un male (ovviamente quando dico «magari», non lo dico in nome del relativismo, ma del mio personale punto di vista; sono un tipo pacifico   ).

Quindi tu sei un tipo pacifico. Eccellente! ;)

Un altro potrebbe non esserlo, però  :(  Quindi alla fine dei conti, il relativismo si dimostra per quello che è: un'etica individualista (dove con 'individuo' posso intendere singola persona o singola società) dove alla fine vale il principio 'de gustibus'.  Così si scopre che, per esempio, Martin Luther King non aveva 'ragione' a combattere contro le discriminazioni visto che la cultura dell'America di allora non può dirsi né migliore né peggiore di quella meno discriminatoria di oggi. Più precisamente, ora che condividiamo il pensiero di King diciamo che ha 'ragione'. In una società razzista invece ha 'torto'. Se accettiamo il relativismo, dunque, dobbiamo riconoscere che una società razzista ha le sue ragioni, magari è figlia del suo tempo e quindi non possiamo considerarla 'ingiusta'...a me onestamente, sembra una conclusione assurda. Ma di certo non sarò io ad obbligarti di cambiare idea  ;D

E se uno è relativista e non è 'un tipo pacifico' come puoi fargli cambiare idea? :o potrebbe proprio usare il relativismo per dire di non aver fatto niente di 'male'. Col relativismo si può avere anche una giustificazione dei peggiori crimini, secondo me!
Dovresti saper dimostrare che la lettura 'relativista' genera veramente la pace. Non credo che ciò sia possibile...anche perché altrimenti, dovresti dire che tutti desiderano la pace o che tutti se accettano il relativismo diventano pacifici. Il che mi sembra un'ipotesi assurda.

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.

PHIL
Perché nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad
Ipazia: su cosa si fonda?).
Il riferimenti «a tentativi ed errori» va contro tali constatazioni poiché esprime già un giudizio di valore, e quindi presuppone un meta-criterio valutativo (che farà parte di storia e antropologia, essendo contestualizzato, e il cerchio si chiude  ;) ).

Il cerchio non si chiude affatto. In fin dei conti, dopo aver eliminato ogni 'autorità' (dove la parola 'autorità' va intesa sia in senso letterale che figurativo...) non rimangono che i gusti personali o delle singole società. Che sono arbitrari.



Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se ci vuoi convincere della superiorità del relativismo,
PHIL
Non sono affatto qui per questo
:)
Punto discutibile. Visto che, secondo te, l'assolutismo produce etiche 'da gatto' e a quanto pare a te non piacciono  ;)



Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PMdevi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
PHIL
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (
Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).


Il tuo 'relativismo' certamente è una chiave di lettura. Però, fare valutazioni è necessario e, quindi, in ultima analisi non vedo l'utilità del relativismo.

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PMInoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
PHIL
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (
re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).
E come spieghi le analogie tra etiche prodotte in contesti differenti? Come spieghi, per esempio, il fatto che l'etica di M.L.King era basata su quella Cristiana che si è originata circa 1900 anni prima? Concentrarsi solo sulle differenze è una lettura estremistica tanto quanto concentrarsi solo sulle analogie. Una via di mezzo, no?  ;)

Non si può negare che i contesti siano mutati! E qui concordo con te  ;) ma allo stesso tempo bisogna anche riconoscere che non siamo totalmente cambiati. Il contesto sarà pure evoluto e l'etica (definita splendidamente da Platone nella Repubblica "una cosa non da poco, ma come dovremmo vivere") sarà mutata in qualche aspetto. Ma ritenere che non ci siano cose che rimangono uguali nel tempo mi sembra abbastanza assurdo. Mi sembra una lettura completamente estrema. Per carità, una lettura possibile. Ma non certo l'unica possibile. E per quanto mi riguarda, una lettura molto insoddisfacente.  

Phil, non voglio veramente essere polemico con te. Ma appellarsi al mutamento dei contesti per dire che niente rimane uguale, mi sembra esagerato. Una lettura molto tendenziosa delle cose.

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
'Relativismo' significa che non ci sono verità universali.
PHIL
Questa è una definizione basata su una lettura assolutistica del relativismo, ovvero si cerca di rintracciare un assoluto nel relativismo (gesto che i relativisti non hanno motivo di fare  
;) ). Il relativismo dice semmai che anche questa affermazione è relativa al contesto di riferimento e quindi non è universale (ma vale solo qui ed ora) e, soprattutto, non è in conflitto con chi dice (sempre qui ed ora) che ci sono verità universali, trattandosi di due prospettive ognuna relativa, fondata e coerente con i propri assiomi di partenza (come saprai meglio di me  ;) ).
Per come lo leggo io, in chiave anche etimologica (come accennavo sopra), il relativismo non ha motti assolutistici, ma si limita a ri-portare (re-ferre da cui re-latus) ogni giudizio (di valore, di verità o altro) al suo relativo contesto.

Non credo di conoscere la logica meglio di te, anzi  ;)


Il punto che voglio sollevare, Phil, è che l'etica è una necessità umana. Ognuno di noi, in fin dei conti, vive in un certo modo e ha un senso personale di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato magari influenzato dal suo contesto culturale, sociale ecc ma al tempo stesso, è necessario per noi comportarci in un certo modo. E pensare che gli insegnamenti, per esempio, di Confucio possano avere qualche 'utilità' (di varia natura) è un argomento a favore del fatto che c'è qualcosa di 'invariante' nell'etica (così come c'è in Fisica...). Dire che l'etica è solo 'figlia' della Storia significa trascurare proprio il fatto che il mutamento che avviene nella Storia non è totale, ma parziale. Quindi, per quello che può valere la mia opinione, secondo me il tuo approccio è troppo 'estremo'.

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PMSe così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti
PHIL
Non possiamo dirlo senza usare una prospettiva etica; si tratta di una prospettiva relativa al nostro punto di vista oppure è assoluta? Parliamo di opinioni figlie del loro tempo o di Verità?

Credo che certe cose come schiavitù, repressione del diritto della parola ecc siano cose ingiuste. E credo che lo erano anche nelle società in cui sono state praticate (anche se, magari, la gente è stata educata fin dalla nascita ad accettare la 'schiavitù' come qualcosa di giusto). Ritengo che certe cose sono semplicemente ingiuste e per questo motivo spero che questo verrà insegnato anche nelle prossime generazioni. Quindi, sì, in questo caso ritengo che siano veramente ingiuste e che questo mio giudizio non è semplicemente 'figlio del tempo'. Nonostante ciò, riconosco che per altre cose, questo discorso non vale.
In sintesi, ritengo che alcune verità siano veramente 'valide universalmente' (e quindi in ogni tempo) anche se, per esempio, intere società possano  legalizzare la 'schiavitù'. Non posso dimostrarti che "la schiavitù è ingiusta". Siccome questo tuo relativismo nasce (secondo me) da un profondo scetticismo, capisco che la mia risposta non potrà soddisfarti. E che, in realtà, un accordo tra noi due non si raggiungerà. Però, secondo me tu sbagli nel ritenere che ogni cosa in campo etico sia valida solo in un determinato contesto e che una morale 'assolutistica' non possa contestualizzare  :) infatti, per quanto mi riguarda, ritengo che sia utile anche in campo etico parlare di 'ipotesi di lavoro' vista la limitatezza dell'uomo.

Secondo me, usando un'espressione usata in un altro contesto, tu ti concentri troppo sull'aspetto di 'rottura'. Dovresti tenere in considerazione sia l'aspetto della 'rottura' che quello della 'continuità' anche nel campo dell'etica :) 

Personalmente, l''invarianza' di certe cose in campo etico ha implicazioni molto profonde...Ma preferisco non parlarne  ;)

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PMTogliere 'gerarchie' di qualsiasi tipo tra le varie prospettiva è relativismo. Ma la semplice contestualizzazione non implica affatto il relativismo  :)
PHIL
Infatti il relativismo si basa sulla contestualizzazione, non coincide con essa.

Concordo in pieno  ;)



Citazione
P.s.
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 16:01:57 PM
E' una forma di 'passivismo' a questo punto...
«Attivismo» e «passivismo» sarebbero pertinenti se stessimo parlando di un'etica. Se parliamo invece di una chiave di lettura (non di azione, di mutamento, di intervento, etc.), non ha senso parlare di attività/passività. Lo storiografo che studia le sue fonti antiche o l'antropologo che osserva e indaga, sono passivi nei confronti del raggiungimento di un mondo migliore, o fanno il loro lavoro di analisi, i cui risultati forse impatteranno il mondo?
Vogliamo rimproverare ai medici di non andare pure a spegnere gli incendi? A ciascuno il suo  ;D


Phil, il punto è che comunque si agisce che ci possa piacere o no questo fatto. Quindi, è la necessità che ci impone di dover scegliere, di dover fare valutazioni. Quindi, potrai avere un approccio 'distaccato' e dire che la tua è una chiave di 'lettura' anziché di valutazione. Ma, al tempo stesso, ritengo impossibile che si possa fare a meno di valutare. Quindi se la necessità ci impone di fare valutazioni, ci impone di dover parlare di etica e di giudizi di valore. Per questo motivo, limitarsi ad una 'chiave di lettura' mi pare quasi una fuga nel senso che si rifiuta il fatto che si devono fare valutazioni, si deve cercare di scoprire come comportarsi e così via  :)


Detto ciò, non penso di averti convinto. Mi aspetto che mi dirai che io continuo a parlare di 'valutazioni' e la tua è una chiave di 'lettura'. D'altro canto, sarà pure un limite mio ma non vedo come si possa riuscire a vivere senza dover fare valutazioni (e ahimè devo riconoscere la mia enorme limitatezza anche in questo  :-[).


Ciao!

Auguri di buon 2019 a tutti :D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

Due cose. Quando ho scritto:

CitazioneAl massimo, tu puoi dire che la lettura relativista è una possibile lettura della contestualizzazione. Ma nei tuoi argomenti difficilmente trovo una vera dimostrazione che sia l'unica :) 
Avrei dovuto scrivere che non trovo un'argomentazione che mi fa concludere che sia quella esatta. 

E quando ho scritto:
CitazioneCosì si scopre che, per esempio, Martin Luther King non aveva 'ragione' a combattere contro le discriminazioni visto che la cultura dell'America di allora non può dirsi né migliore né peggiore di quella meno discriminatoria di oggi. 

Quindi quel 'meno' poteva sembrare troppo riduttivo visto che ai tempi di King le discriminazioni erano legali...
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Ipazia

Ubi maior, minor cessat. Posso mettera la gatta al caldo vicino alla stufa perche il gatto apeiron, con molto più garbo di lei, ha raccontato le contraddizioni della non-etica relativista. Naturalmente il topo Phil, dopo un passata in biblioteca, potrà arrampicarsi su queste contraddizioni e mostrarci il mondo dal suo "tetto". Sempre che questi comuni mortali, in odore di assolutismo etico, ritenga degni.

Invece vi racconto un'altra storia. Pascolando con sci da fondo sull'unica, bella e impossibile, pista dell'Altopiano innevata, mi è venuto un pensiero di quelli nicciani all'aria aperta coi muscoli, seppur arrancanti, in movimento: il principe illuminato, suggerito da Ox. Perchè no ?

Perchè non dare una chance alla morale dei signori di quell'altro bello e impossibile impazzito a forza di filosofare. Magari, facendo uno sgarbo a lui e a sgiombo, tirando l'acqua alle ragioni dell'ugualitarismo e al contempo spiazzando il relativismo e tirando infine la volata al diritto naturale. Perchè la natura, tra un casino evoluzionistico e l'altro, produce i geni. Dentro il DNA e dentro il cervello umano. Trascurando l'eventuale correlazione, resta il fatto che i geni del secondo tipo ci sono. E dobbiamo a loro se il mondo è più bello e vivibile di come sarebbe senza di loro. Ammettiamo pure che, di primo acchito, porterebbe acqua al mulino della disuguaglianza. Ma è davvero così ? Lo vediamo dopo.

Per ora dobbiamo prendere atto che la natura produce i geni e che questi in ogni epoca e tipo di società sono stati corteggiati ed hanno funzionato alla grande. Siamo quindi di fronte ad una costante antropologica disuguale, capace di fondare contenuti etici senza lasciarci influenzare dai nostri pregiudizi ideologici. Il genio sfonda pure i pregiudizi di classe delle società più classiste: il calderaio Lisippo, il pastorello Giotto, lo scalpellino Palladio. Ma quanti Lisippo, Giotto, Palladio ci siamo persi per strada a causa delle loro umili origini sociali ? Anche l'incontestabile disuguaglianza naturale, per esprimere compiutamente la sua potenza creatrice necessita di uguaglianza sociale. Di uguaglianza, almeno nell'età evolutiva, dei blocchi di partenza. Strano che l'Anticristo, il Dioniso dell'ottocento, non ci abbia pensato.

Il principe illuminato è un genio che ha dominato il suo tempo anticipandone i desideri. Purtroppo ce ne sono pochi e quando capitano coloro che li circondano spesso bastano e avanzano per mandare tutto a ...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 14:13:19 PMQuando ho scritto:
CitazioneAl massimo, tu puoi dire che la lettura relativista è una possibile lettura della contestualizzazione. Ma nei tuoi argomenti difficilmente trovo una vera dimostrazione che sia l'unica :)
Avrei dovuto scrivere che non trovo un'argomentazione che mi fa concludere che sia quella esatta.
Non la trovi, perché non è ciò che credo né che intendo argomentare  ;D
Che la lettura relativistica sia "esatta" è un non senso per il relativismo stesso (come ho spiegato in precedenza al post 135, confutando l'assolutizzazione del relativismo).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Per te è il fondamento del relativismo. Lo sapevo già. Per me no. Non vedo alcuna implicazione logica per cui contestualizzare implica il relativismo.
Certo, infatti per me contestualizzare non porta solo al relativismo (non credo di averlo mai affermato), ma il relativismo si basa sul contestualizzare (questo l'ho ripetuto forse troppo  :) ). 
Praticamente è la differenza fra (x=relativismo, y=contestualismo):
x->y; x;  ⊢ y (modus ponens; ovvero "se sono relativista allora sono contestualista", "sono relativista", dunque "sono contestualista")
e
x->y; -x;  -y (ovvero "se sono relativista allora sono contestualista", "non sono relativista", dunque "non sono contestualista") che è una fallacia logica detta «negazione dell'antecedente».
Quindi si può essere contestualisti senza essere relativisti (a memoria, non mi pare averlo negato), ma non si può essere relativisti senza essere contestualisti (e qui c'è il legame fra i due, basato su antropologia, storiografia, etc.).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Se accettiamo il relativismo, dunque, dobbiamo riconoscere che una società razzista ha le sue ragioni, magari è figlia del suo tempo e quindi non possiamo considerarla 'ingiusta'...a me onestamente, sembra una conclusione assurda.
«Assurda» sul piano (antropo)logico o su quello valoriale? Il relativismo (come l'assolutismo) è su un piano meta-valoriale.
Che il relativismo non sia un'etica l'ho già argomentato (v. post 151 con la domanda inevasa: chi ha un'etica relativista, che fa di fronte al vecchietto? Se non riusciamo a dirlo è perché equivale alla domanda: chi ha un'etica assolutistica che fa? Non c'è risposta perché siamo sul piano meta-etico, non etico).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Dovresti saper dimostrare che la lettura 'relativista' genera veramente la pace.
Come mai ancora questo «dovresti»? La mia tesi non è che il relativismo (com)porta sempre la pace, la pace è solo un mio personale «magari!» abbinato al relativismo (non immolarmi a "incarnazione umana del relativismo" solo perché non lo critico... distinguiamo i piani anche qui: diamo a Phil quello che è di Phil e al relativismo quello che è del relativismo  ;) )

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
In fin dei conti, dopo aver eliminato ogni 'autorità' (dove la parola 'autorità' va intesa sia in senso letterale che figurativo...) non rimangono che i gusti personali o delle singole società. Che sono arbitrari.
Più che «eliminato», semmai contestualizzato... non facciamo dei relativisti gli emuli dei rivoluzionari anarchici  ;D
Sul fatto che non siano qualunquisti (o menefreghisti), ne ho già parlato (perdona questi rimandi, ma capirai che sto ripetendo quello che ho già detto ad altri  :) ).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se ci vuoi convincere della superiorità del relativismo,

PHIL
Non sono affatto qui per questo
:)
Punto discutibile. Visto che, secondo te, l'assolutismo produce etiche 'da gatto' e a quanto pare a te non piacciono  ;)
Constatare che l'assolutismo ha prodotto gatti e il relativismo in sé è roba da topi, è ben diverso dal gerarchizzare il relativismo mettendolo "sopra" l'assolutismo: il relativismo contestualizza, non valuta! Solita questione dei piani logici... ormai mi avete fatto diventare architetto  :)  
Che poi io possa soggettivamente valutare (preferendo i topi ai gatti), è la conferma che Phil non è il relativismo, ovvero che un essere umano non si riduce a una posizione meta-etica.

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Il tuo 'relativismo' certamente è una chiave di lettura. Però, fare valutazioni è necessario e, quindi, in ultima analisi non vedo l'utilità del relativismo.
E vedi bene (sul piano dell'utilità): spesso viene demonizzato e individuato come "nemico di default", sopravvalutandone il valore e la portata esegetica... anche se fra un po' gli imputeremo persino l'estinzione dei dinosauri e la nascita dell'Hiv, per me resta solo una semplice chiave di lettura (da topo, non da gatto, quindi deludente per chi ha un animo felino).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
E come spieghi le analogie tra etiche prodotte in contesti differenti?
Perché il relativismo dovrebbe mal digerire il ripresentarsi di contesti e valori etici simili? Ad ogni contesto la sua analisi contestuale, non importa se è un dejà vu.
Chiedo di nuovo: conosciamo davvero il nostro "nemico"?

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Ma ritenere che non ci siano cose che rimangono uguali nel tempo mi sembra abbastanza assurdo.
Ti riferisci a un mio post? Affermare l'ovvietà che i contesti (storici, culturali, etc.) cambiano, non comporta logicamente negare la possibilità che alcuni, mutatis mutandis, si ripresentino o magari mutino più lentamente o ci siano denominatori comuni transculturali (ho già parlato molto dei bisogni primari universali, etc. della distinzione natura/cultura, etc. che non mi sembra il relativismo etico voglia rinnegare, anzi, con la complicità delle già citate discipline, li usa piuttosto come basi delle proprie argomentazioni...).
So che il tentare (almeno ci provo!  ;D ) di essere rigorosi logicamente talvolta espone alla sbrigativa accusa di sofismo... tuttavia resto fiducioso che chi muova l'accusa riesca poi a spiegare in cosa consiste il sofismo, così da poter risolvere l'eventuale malinteso (altrimenti è come dire a qualcuno che si sbaglia, senza aiutarlo a capire "dove").

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Ma appellarsi al mutamento dei contesti per dire che niente rimane uguale, mi sembra esagerato.
Non ti seguo: «niente rimane uguale» quando l'ho sostenuto? Cosa intendi per «niente»?

Sulla tua visione etica di valori e verità universali (quindi scendendo "giù" dal piano meta-etico), non ho nulla da obiettare: è la tua prospettiva e, essendo l'etica qualcosa di infalsificabile, ne prendo atto in quanto opinione comunque argomentata (pur non condividendola in toto).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Quindi, potrai avere un approccio 'distaccato' e dire che la tua è una chiave di 'lettura' anziché di valutazione. Ma, al tempo stesso, ritengo impossibile che si possa fare a meno di valutare. [...] non vedo come si possa riuscire a vivere senza dover fare valutazioni
Il relativismo è una chiave di lettura, ma io, in quanto uomo, ho ovviamente una prospettiva etica non di "sola lettura" ma valutativa (proprio come tu hai la tua, solo che la mia è differente e decisamente, ulteriormente, off topic  ;D ).

Sariputra

Citazione di: Ipazia il 30 Dicembre 2018, 15:08:31 PMUbi maior, minor cessat. Posso mettera la gatta al caldo vicino alla stufa perche il gatto apeiron, con molto più garbo di lei, ha raccontato le contraddizioni della non-etica relativista. Naturalmente il topo Phil, dopo un passata in biblioteca, potrà arrampicarsi su queste contraddizioni e mostrarci il mondo dal suo "tetto". Sempre che questi comuni mortali, in odore di assolutismo etico, ritenga degni. Invece vi racconto un'altra storia. Pascolando con sci da fondo sull'unica, bella e impossibile, pista dell'Altopiano innevata, mi è venuto un pensiero di quelli nicciani all'aria aperta coi muscoli, seppur arrancanti, in movimento: il principe illuminato, suggerito da Ox. Perchè no ? Perchè non dare una chance alla morale dei signori di quell'altro bello e impossibile impazzito a forza di filosofare. Magari, facendo uno sgarbo a lui e a sgiombo, tirando l'acqua alle ragioni dell'ugualitarismo e al contempo spiazzando il relativismo e tirando infine la volata al diritto naturale. Perchè la natura, tra un casino evoluzionistico e l'altro, produce i geni. Dentro il DNA e dentro il cervello umano. Trascurando l'eventuale correlazione, resta il fatto che i geni del secondo tipo ci sono. E dobbiamo a loro se il mondo è più bello e vivibile di come sarebbe senza di loro. Ammettiamo pure che, di primo acchito, porterebbe acqua al mulino della disuguaglianza. Ma è davvero così ? Lo vediamo dopo. Per ora dobbiamo prendere atto che la natura produce i geni e che questi in ogni epoca e tipo di società sono stati corteggiati ed hanno funzionato alla grande. Siamo quindi di fronte ad una costante antropologica disuguale, capace di fondare contenuti etici senza lasciarci influenzare dai nostri pregiudizi ideologici. Il genio sfonda pure i pregiudizi di classe delle società più classiste: il calderaio Lisippo, il pastorello Giotto, lo scalpellino Palladio. Ma quanti Lisippo, Giotto, Palladio ci siamo persi per strada a causa delle loro umili origini sociali ? Anche l'incontestabile disuguaglianza naturale, per esprimere compiutamente la sua potenza creatrice necessita di uguaglianza sociale. Di uguaglianza, almeno nell'età evolutiva, dei blocchi di partenza. Strano che l'Anticristo, il Dioniso dell'ottocento, non ci abbia pensato. Il principe illuminato è un genio che ha dominato il suo tempo anticipandone i desideri. Purtroppo ce ne sono pochi e quando capitano coloro che li circondano spesso bastano e avanzano per mandare tutto a ...

Voglio di nuovo gioia nel mio cuore...
Penso di capire come ti sei sentita...
Se tutti potessero godere di questa gioia è un desiderio "troppo assolutistico" ?... :(
Ieri , andando a passeggio sulle colline ghiacciate, mi sono imbattuto in una casa, piuttosto vecchia, la quale sul cancello aveva affisso un cartello: "Vietato lamentarsi" - e sotto- "Hai un tetto sopra la testa, del cibo per stasera e qualche spicciolo nel portafogli? Allora fai parte del 25% dell'umanità fortunata. Non lamentarti!"...
Pensare che, tra il rimanente 75% ci potrebbero essere i "migliori" di noi (ops!Scusa Phil, ho usato l'aggettivo migliori... ;D ) ma che mai avranno la possibilità di dimostrarlo, coprendoci occhi ed orecchi perché "tanto è tutto relativo"... e se lo è ben posso godermi i miei spiccioli...è terribile!...E che sia tutto relativo, escludendo ovviamente il proprio portafogli  ;) , purtroppo lo pensano coloro che governano 'sto mondo...


... dagli anni '70 del secolo scorso negli Stati Uniti la dinamica dei redditi del 90% meno ricco della popolazione è rimasta sostanzialmente stagnante, mentre i redditi dell'1% più ricco della popolazione sono cresciuti di oltre quattro volte. Stiglitz sottolinea che tale andamento non ha giustificazioni economiche (legate, ad esempio, ad aumenti di produttività), ma riflette posizioni di potere che hanno dato luogo a rendite immotivate. Un caso emblematico è rappresentato dall'esorbitante crescita dei redditi degli amministratori delegati di banche e società americane che sono poi risultate sull'orlo del fallimento.

Anche in Europa, nello stesso periodo, si assiste ad una dinamica analoga, sebbene emergano significative differenze tra Paesi. Ad esempio, l'aumento del divario tra i redditi dell'1% più ricco e del 90% meno ricco della popolazione è particolarmente accentuato nel Regno Unito, mentre in Italia, Francia e Spagna il fenomeno è più contenuto

La dinamica della disuguaglianza è ancora più eclatante se si considera la quota di reddito complessivo appropriata dall'1% più ricco della popolazione. ..a partire dagli anni '70 nella maggior parte dei Paesi avanzati si rileva un progressivo aumento della quota di reddito dell'1% più ricco della popolazione. Nel 2015, negli Stati Uniti il top 1% si appropria di circa il 18% del reddito complessivo, mentre tale quota è pari a circa il 13% in Regno Unito, Germania e Canada e a circa il 10% in Italia, Francia e Giappone.

Stiglitz evidenzia che la disuguaglianza dei redditi non implica solo ingiustificate sperequazioni di reddito, ma si traduce anche in disuguaglianze di opportunità. Contrariamente al mito del sogno americano, gli Stati Uniti sono il Paese avanzato in cui le prospettive di vita individuali sono maggiormente condizionate dal reddito dei genitori. Inoltre, le disuguaglianze nei redditi sono correlate ad inique condizioni di accesso a beni fondamentali, quali, ad esempio, la Giustizia e la Sanità. In particolare, tra gli americani appartenenti alle classi meno abbienti si sta osservando un preoccupante aumento della mortalità e una quota crescente di decessi è dovuta a suicidi e abuso di alcool e droghe.



Nella ricerca di modelli economici in grado di spiegare la disuguaglianza, Stiglitz segnala, innanzitutto, che la cosiddetta "trickle down economics", secondo la quale avvantaggiare le classi più abbienti avrebbe di per sé effetti positivi su tutta la società, non appare dimostrata. Al contrario, le economie che presentano livelli di disuguaglianza più contenuti hanno migliori perfomance. Inoltre, anche la legge di Kuznets, secondo cui nello stadio iniziale di sviluppo di un'economia si verifica un aumento delle disuguaglianze e successivamente, dopo aver raggiunto un certo sviluppo, le disuguaglianze si riducono, sembra smentita.

La spiegazione proposta da Stiglitz delle crescenti disuguaglianze fa dunque capo al processo di "riscrittura delle regole del gioco", iniziata tra gli anni '70 e '80, che ha consentito la creazione di rendite. In generale, abbiamo assistito ad una "finanziarizzazione dell'economia", a una cattiva gestione della globalizzazione e a una riduzione della concorrenza. Conseguenze rilevanti si sono quindi avute in termini di instabilità finanziaria ed economica e maggiore concentrazione delle risorse economiche. Una delle forme più evidenti di rendita creatasi in questo processo ha riguardato le grandi corporations, nelle quali il top management ha sfruttato il proprio potere per accaparrarsi vantaggi, spesso in nome di retribuzioni incentivanti che hanno sottratto risorse agli investimenti..

Al contempo, le modifiche dei sistemi fiscali e la deregolamentazione dei mercati hanno portato benefici soltanto ad una esigua minoranza, accrescendo le disuguaglianze e rallentando la crescita. In termini di coesione sociale, l'inasprirsi delle disuguaglianze ha condotto alla perdita di fiducia nelle istituzioni, nel sistema economico e politico.



tratto da:

"La disuguaglianza è una scelta politica" di  Alessandra Cataldi e Eleonora Romano



Namaste
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

baylham

Alle origini della disuguaglianza aggiungerei il caso, contro il quale non c'è politica o ideologia che tenga.

Sebbene condivida molte analisi e proposte di Stiglitz, la candida ingenuità dei tardo keynesiani sulla possibilità di controllo di un sistema economico, di stabilizzarlo e di ridurre le disuguaglianze è veramente stupefacente.
Infatti credono che i grandi capitalisti o le classi dirigenti abbiano questo potere, per cui basta un cambio di politica per risolvere i problemi.

0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 20:28:01 PM
Le evidenze sono scientifiche a livello di rigore simile, e forse superiore, a quello che serve a far funzionale il pc. Senza cibo si muore, l'aria tossica e il cibo adulterato uccidono o producono gravi patologie. Il relativismo qui toppa alla grande. Se siamo ridotti a scegliere tra salute e profitto l'etica ha  perso la sua battaglia e siamo precipitati in un piano non-etico. Che lascio ai relativisti.

Che fare ? Individuati i fondamentali umani, bisogna imparare a distinguere i comportamenti etici dai non-etici. Anche il comunismo reale ha avuto comportamenti non-etici. Alcuni giustificabili sulla base del contesto storico, altri del tutto no. Perfino in contrasto con la dottrina. Direi che in campo etico, soprattutto nella sua declinazione politica, siamo all'anno zero. L'utilitarismo capitalistico (inumano) e l'integralismo religioso (alieno) hanno fatto tabula rasa.

Ciao Ipazia
Senza cibo o con cibo di scarsa qualità si muore (prima), ma chi o che cosa stabilisce quando un
alimento è da considerarsi di qualità e quantità accettabile?
Stessa cosa dicasi per la qualità dell'aria o per il confort della "tana": chi o cosa dice quando
l'aria è da considerarsi sufficientemente pulita? Chi o cosa dice se è confortevole una "tana" da
50 metri quadrati o da 400?
No, da (estremo) critico dell'economia mercatistica dico che non possono esistere "evidenze",
"scientificità" e "assolutismi" in questi argomenti, e che il discorso politicamente affrontato in
questi termini è perdente in partenza.
Perchè, ritengo, il problema è essenzialmente un problema di "misura"...
Tempo fa, in un'altra discussione, citavo una storia curiosa di una coppia di anziani nell'URSS
ai tempi di Breznev.
Il marito, pluridecorato ed eroe della Seconda Guerra Mondiale, era letteralmente sepolto di
onoreficienze, e la moglie affermava che era per questo invidiata da tutto il vicinato.
Vivevano in un minuscolo appartamento, senza nessuno di quei "lussi" cui noi siamo abituati.
E allora dico: la ricompensa del "giusto merito" dev'essere una ventina di patacche placcate
d'oro o dev'essere un conto in banca con svariate decine di zeri?
Probabilmente, chissà, qualcosa nel mezzo, forse...
Perchè ha sommamente ragione l'amico Baylam qui sopra; questo "sistema" è ciò che si è venuto
a formare in secoli di mutamenti culturali e financo antropologici, e non è pensabile di
cambiarlo con un pò di politica "spiccia" (o perlomeno non è pensabile di farlo facilmente).
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: Sariputra il 30 Dicembre 2018, 18:35:52 PM

"La disuguaglianza è una scelta politica" di  Alessandra Cataldi e Eleonora Romano



Namaste


Ciao Sariputra
Mi limito a commentare il titolo del saggio di cui riporti interessanti brani...
"La diseguaglianza è una scelta politica": no, come dico sopra in risposta ad Ipazia il "sistema"
è prima di tutto un sistema culturale e, forse, perfino antropologico (per cui concordo con
Baylam sull'estrema difficoltà di cambiarne anche solo qualche aspetto marginale).
Ed è, come ovvio, un "sistema" improntato alla più profonda diseguaglianza ed ingiustizia.
Che dire (nel mare di cose che ci sarebbero da dire)? Già P.Sraffa letteralmente demolì i pilastri
della teoria dell'equilibrio perfetto dei mercati, che dal punto di vista economico reggono un
pò tutta l'impalcatura del "sistema". Ma Sraffa è stato presto dimenticato, ed il solo a
riconoscerne il valore scientifico fu, guarda caso, proprio quel P.Samuelson che della teoria
dell'equilibrio perfetto è stato fra i padri.
Il "sistema" ha fatto della scienza (non solo di quella economica) un articolo di fede; e un
articolo di fede non si può smentire (per cui Sraffa è finito all'inferno...).
Tutta la teoria del "mercato" ha fondamenti fideistici, a partire naturalmente dalla "mano
invisibile" del Reverendo A.Smith, che per magia sistema gli utili individuali in utile
collettivo...
Lo sanno tutti (quelli che lo vogliono sapere), ma tutti fanno finta di nulla...
saluti

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