L'origine della diseguaglianza

Aperto da InVerno, 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM

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Phil

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.
Per me è invece il fondamento del relativismo: se dico che «fare x è giusto», allora «chi non fa x, o fa non-x, sbaglia» (a prescindere da latitudine ed epoca); se invece dico che «fare x è giusto solo nel contesto y», significa che «non fare x nel contesto k, non è sbagliato».
Ciò che si "perde" passando dall'una all'altra è l'universalità, l'assolutismo, l'assiomaticità (e non mi pare cambiamento da poco  ;) ). La conseguenza è che non avrò motivi assoluti né alibi etici per fare guerra contro chi «non fa x», o «fa non-x» (e si ritorna al suddetto «magari» di Sariputra).

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre.
Lieto di essermi fatto comprendere  :)

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.
Perché nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad Ipazia: su cosa si fonda?).
Il riferimenti «a tentativi ed errori» va contro tali constatazioni poiché esprime già un giudizio di valore, e quindi presuppone un meta-criterio valutativo (che farà parte di storia e antropologia, essendo contestualizzato, e il cerchio si chiude  ;) ).

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se ci vuoi convincere della superiorità del relativismo,
Non sono affatto qui per questo :)

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
devi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
'Relativismo' significa che non ci sono verità universali.
Questa è una definizione basata su una lettura assolutistica del relativismo, ovvero si cerca di rintracciare un assoluto nel relativismo (gesto che i relativisti non hanno motivo di fare  ;) ). Il relativismo dice semmai che anche questa affermazione è relativa al contesto di riferimento e quindi non è universale (ma vale solo qui ed ora) e, soprattutto, non è in conflitto con chi dice (sempre qui ed ora) che ci sono verità universali, trattandosi di due prospettive ognuna relativa, fondata e coerente con i propri assiomi di partenza (come saprai meglio di me  ;) ).
Per come lo leggo io, in chiave anche etimologica (come accennavo sopra), il relativismo non ha motti assolutistici, ma si limita a ri-portare (re-ferre da cui re-latus) ogni giudizio (di valore, di verità o altro) al suo relativo contesto.

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti
Non possiamo dirlo senza usare una prospettiva etica; si tratta di una prospettiva relativa al nostro punto di vista oppure è assoluta? Parliamo di opinioni figlie del loro tempo o di Verità?

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Togliere 'gerarchie' di qualsiasi tipo tra le varie prospettiva è relativismo. Ma la semplice contestualizzazione non implica affatto il relativismo  :)
Infatti il relativismo si basa sulla contestualizzazione, non coincide con essa.



P.s.
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 16:01:57 PM
E' una forma di 'passivismo' a questo punto...
«Attivismo» e «passivismo» sarebbero pertinenti se stessimo parlando di un'etica. Se parliamo invece di una chiave di lettura (non di azione, di mutamento, di intervento, etc.), non ha senso parlare di attività/passività. Lo storiografo che studia le sue fonti antiche o l'antropologo che osserva e indaga, sono passivi nei confronti del raggiungimento di un mondo migliore, o fanno il loro lavoro di analisi, i cui risultati forse impatteranno il mondo?
Vogliamo rimproverare ai medici di non andare pure a spegnere gli incendi? A ciascuno il suo  ;D

Sariputra

#136
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione

Ma se è solo una chiave di lettura e non di valutazione perchè allora è preferibile all'assolutismo o all'idealismo? Tu dirai che infatti non lo è...( perchè se dici che lo è fai già una valutazione...) ma pur lo difendi a spada tratta! ;D
Spesso scrivi che così non vengono generate guerre e conflitti. E non è una valutazione etica questa?

La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).

Può però essere vero anche il contrario: ogni società umana è relativa e immanente, ma non l'etica che potrebbe invece essere assoluta (senza limitazioni o imperfezioni) a cui si "ascende" gradualmente con la consapevolezza (Theilhard de Chardin... ;D ). Pertanto ogni società relativa e immanente diventa un gradino di questa scala e così, ogni conquista etica di queste società relative e immanenti, mantiene intatto il suo 'valore'...
Tra l'altro questa teoria sarebbe supportata anche dall'evidente diminuzione di violenza ( o aumento della riprovazione morale..) che progressivamente si sta ampliando in popoli di ex culture (ormai) lontane...

Ciao
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 17:09:53 PM
Ma se è solo una chiave di lettura e non di valutazione perchè allora è preferibile all'assolutismo o all'idealismo? Tu dirai che infatti non lo è...( perchè se dici che lo è fai già una valutazione...) ma pur lo difendi a spada tratta! ;D
Secondo me, non è infatti preferibile ad altre prospettive.
Altrove (tu che sei veterano del forum te ne ricorderai  ;) ) ho difeso a spada tratta che l'Islam fosse una religione; per lo stesso motivo qui cerco di "dare al relativismo quel che è del relativismo"; Confucio lo chiamava «rettifica dei nomi» (altrove si chiama «non prendere fischi per fiaschi»  ;D ).

Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 17:09:53 PM
Spesso scrivi che così non vengono generate guerre e conflitti. E non è una valutazione etica questa?
Sarebbe anomalo se dicessi che secondo il relativismo ciò è un bene o un male (ovviamente quando dico «magari», non lo dico in nome del relativismo, ma del mio personale punto di vista; sono un tipo pacifico  :) ).

Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 17:09:53 PM
Può però essere vero anche il contrario: ogni società umana è relativa e immanente, ma non l'etica che potrebbe invece essere assoluta (senza limitazioni o imperfezioni) a cui si "ascende" gradualmente con la consapevolezza (Theilhard de Chardin... ;D ). Pertanto ogni società relativa e immanente diventa un gradino di questa scala e così, ogni conquista etica di queste società relative e immanenti, mantiene intatto il suo 'valore'...[/font][/size][/color]
Tra l'altro questa teoria sarebbe supportata anche dall'evidente diminuzione di violenza ( o aumento della riprovazione morale..) che progressivamente si sta ampliando in popoli di ex culture (ormai) lontane...
Non è da escludere, è infatti una teoria relativamente sensata ;)
Onestamente, non so cosa ne pensano storici e antropologi (non sono fra loro).

0xdeadbeef

Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 15:38:13 PM

Bingo! Anzi, visto il periodo, tombola!  ;D  Il punto è proprio questo: come dicevo a Ipazia, il relativismo non fonda etiche, ma è solo chiave interpretativa (e qui rispondo anche a 0xdeadbeef) del panorama etico; per questo non è semplicemente l'antitesi dell'assolutismo, che invece fonda e ha fondato molte etiche "da gatto"  ;)
Il relativismo è su un piano ermeneutico a cui non ha senso chiedere di aprire scenari etici per il futuro o combattere le oppressioni, proprio come non si chiede ai topi di andare a cacciare i gatti; viene quindi spesso tirato in ballo impropriamente (almeno secondo me).

Ciao Phil
Difficile dire chi fonda e chi invece è fondato...
A rigor di logica no, il relativismo non fonda etiche (nel senso hegeliano, poi, di sicuro). Sul fatto che
invece non fondi "morali" ritengo ci sia da fare qualche precisazione.
Per tutta la filosofia anglosassone infatti la morale coincide con il perseguimento dell'utile individuale
(che è il "bene"); la qual cosa significa solo che la morale è "relativa" all'individuo (che altro?).
Ora, non mi sfugge certamente la differenza che c'è fra uno che dice: "questa cosa qua è assolutamente vera"
ed uno che dice: "credo che sta cosa qua sia vera, ma se tu invece pensi sia falsa la tua opinione vale la
mia".
Bah, posso anche plaudere al secondo individuo, ma nel mondo reale questo "filosofo" non reggerà mai
le sorti di nulla se non di se stesso (con buona pace di Platone - e stessa cosa dicasi per gli "improvvisati
portavoce qui sul forum"...).
Nel mondo "reale" abbiamo piuttosto visto come all'interno della stessa filosofia anglosassone e del suo
"relativismo morale" sia sorta l'"evidenza" del diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà (U.Grozio) ed
altre "evidenze", che hanno ricondotto l'oroginaria visione relativistica ad un assolutismo certo meno evidente,
ma non per questo meno invasivo...
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 15:01:44 PM
cit. Oxdeadbeef: E.Levinas, che io considero uno dei più grandi filosofi del 900, diceva che l'Idealismo (che pure avversava
fieramente) ci ha lasciato una "Grande Verità": che fra una tesi e una antitesi avviene sempre una sintesi...
Insomma: ne resterà solo uno, diceva Highlander (mi pare).

E infatti è quello che sta avvenendo ed è disperante il vedere che gli unici ( a livello globale...) che si oppongono seriamente a "questa" sintesi sono... dei terroristi fanatici islamizzati  :o  ( che sospetto però siano pure essi funzionali alla sintesi stessa...)!...
Ricordo alcune pagine 'profetiche' di Y. Mishima, ma anche di tutta quella genrazione di scrittori giapponesi postsconfitta, da Dazai  a Tanizaki, che per primi vissero l'asservimento e l'annientamento di fatto della loro cultura, quasi come il 'primo vagito' dell'ordine nuovo che si andava dispiegando..."ti lascio il tuo tempio,o il tuo municipio, svuotato di ogni significato e valenza reale, e ti riempio le strade di lattine di Coca -Cola"...
Namaste

Ciao Sariputra
Se ciò che regge il nostro mondo (parlo in particolare dell'occidente) è la volontà di potenza, e se essa è
al medesimo tempo mezzo e scopo (come in Severino e, in un certo qual modo, in Max Weber), allora il
relativismo "esiste" solo fra i "topi da biblioteca"; fra i filosofi (vedi anche la mia precedente risposta a
Phil).
La volontà di potenza, per l'occidente (ma ormai per l'intero mondo, dice Severino), è senza ombra di dubbio
un mezzo: per raggiungere quale fine? L'occidente, con "Dio", ha visto la "morte" dello stesso concetto di
"fine", o scopo, per cui lo spazio che esso, il fine, occupava è stato preso dal mezzo: la volontà di potenza
ha per fine quello di incrementare ad infinitum se stessa.
Questo concetto è evidente, ad esempio, in certe manifestazioni della prassi come la finanza o l'economia in
generale. Già Weber, dicevo, lo notava (L'Etica Protestante) riguardo ai soldi, che da mezzo erano diventati
ANCHE scopo (che scopo ha la finanza, oggi, se non quello di far proliferare pezzi di carta?).
La stessa economia, con la legge cosiddetta "di scala", prescrive all'impresa di diventare sempre più grande
(nell'economia moderna o mangi o vieni mangiato).
Chiaramente non è argomento che si può svolgere in poche righe.
saluti (e complimenti, ti leggo sempre volentieri)

Ipazia

Citazione di: Phil
... nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad Ipazia: su cosa si fonda?


Te l'ho già detto su cosa si fonda e l'ha detto anche sgiompo tra (). Si fonda sui denominatori comuni che da Mosè e Hammurabi fino alla DUDU l'umanità si è data. Alcuni più condivisi, altri meno. Fondati sulla natura e sull'evoluzione sociale che come giustamente osserva sari tende ad essere sempre più unificata nei problemi epocali che si trova davanti. Un'etica degna di questo nome si deve porre il problema della gerarchia dei valori in atto. E confrontarsi con altre posizioni fino ad individuare i denominatori comuni che permettono la migliore convivenza umana possibile per tutti gli attori in gioco. Un'etica relativistica (che esiste sotto mentite meta-spoglie ed è assai gradita a chi sta alla plancia di comando) può limitarsi a dire: me ne frego.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 11:56:48 AM

Ciao Ipazia
Scusa ma cos'è l'etica se non "dover essere"? L'etica è forse un qualcosa di empiricamente verificabile?
Si può forse toccare o vedere in una estensione spaziale? Qual'è, insomma, la "realtà" dell'etica?

Il dover-essere si manifesta a posteriori, ma qui si tratta di trovare i fondamenti a priori dell'etologia umana. Per nulla arbitrari in quanto costituiti sui bisogni primari dell'uomo come individuo e come aggregato sociale per i quali l'etica costituisce lo strumento tecnico della convivenza presente in ogni comunità umana.

Citazione
Trovo si faccia un eccesso di distinzione fra natura e cultura, struttura e sovrastruttura, essere e dover essere e così via. Eppure già in Marx (del quale hai una conoscenza certamente superiore alla mia) erano presenti importanti "avvertimenti", che appunto superavano questo, chiamiamolo, rigore dicotomico di derivazione hegeliana.

Gli eccessi dicotomici esprimono una sfasatura tra idea e azione. Non solo ignoranza, ma anche mistificazione consapevole dettata da interessi di parte. Postulare l'etica sui suoi reali fondamenti naturali e sociali significa anche eliminare tanta zavorra più o meno confessabile.

Citazione
Che vuol dire: "i postulati etici sono solo una percezione" (e se è così, rispondevi a Sgiombo, allora ha ragione chi sostiene il relativismo etico)? Una percezione è forse "nulla"? Io non credo...
Riprendendo Platone circa l'"essere": "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, posto che si dice che entrambe "sono"? (La Battaglia dei Giganti).
saluti

Questo lo sostiene sgiombo. Per me sono invece dimostrabili nel loro rapporto con la realtà materiale (natura+società) che li ha prodotti. Questa è anche la lezione del marxismo, che certo non esaurisce la ricerca, ma almeno propone una metodologia di indagine solida.

Protagora ?
saluti
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:08:25 PM
Te l'ho già detto su cosa si fonda e l'ha detto anche sgiompo tra (). Si fonda sui denominatori comuni che da Mosè e Hammurabi fino alla DUDU l'umanità si è data.
La domanda (ormai così vecchia da essere in prescrizione  ;) ) è su cosa si fonda/fonderebbe il relativismo etico, non l'etica.

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:08:25 PM
Un'etica relativistica (che esiste sotto mentite meta-spoglie ed è assai gradita a chi sta alla plancia di comando)
Se fossimo al «gioco dell'Oca» ti direi di tornare indietro di 10 caselle (circa al post #118), a quando si è iniziato ad argomentare sulla differenza fra «relativismo etico» ed «etica relativistica», sulla necessità logica di distinguere i piani, sul topo a cui si rimprovera di non essere gatto, etc.

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:08:25 PM
può limitarsi a dire: me ne frego.
Quando suggerivo che il «relativismo» non è «qualunquismo» non mi aspettavo un risvolto addirittura "menefreghista"... è davvero il bello della diretta  ;D  (ma Sun Tzu ne resta piuttosto deluso...).

sgiombo

#143
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.
Per me è invece il fondamento del relativismo: se dico che «fare x è giusto», allora «chi non fa x, o fa non-x, sbaglia» (a prescindere da latitudine ed epoca); se invece dico che «fare x è giusto solo nel contesto y», significa che «non fare x nel contesto k, non è sbagliato».
Ciò che si "perde" passando dall'una all'altra è l'universalità, l'assolutismo, l'assiomaticità (e non mi pare cambiamento da poco  ;) ). La conseguenza è che non avrò motivi assoluti né alibi etici per fare guerra contro chi «non fa x», o «fa non-x» (e si ritorna al suddetto «magari» di Sariputra).

Citazione
Concordo con quanto Apeiron ha ottimamente esposto.

Uccidere una persona umana nel contesto di un cosiddetto "femminicidio" o di una rapina a mano armata é eticamente (per un' etica -non relativistica-) diversissimo che uccidere una persona umana nel contesto della legittima difesa.
Intendo la legittima difesa autentica, non  non l' obbrobrio immorale salviniano di chi uccide un ladruncolo disarmato sparandogli alle spalle dopo averlo inseguito per il cortile di casa e magari in strada. A questo proposito che possano anche esservi maggioranze, ma sempre in determinati contesti, come potrebbe forse essere l' Italia odierna (ma é discutibile; soprattutto é discutibile quanto lo siano, se lo sono, in quanto autenticamente convinte di quanto sostengono o negano oppure in quanto ingannate dall' ideologia dominante; che nelle società classiste maggioranze votino contro -o comunque approvino leggi contrarie a- i propri autentici interessi é piuttosto la regola che l' eccezione) le quali violano o anche semplicemente negano l' etica -non relativistica- non é un' obiezione falsificante, tenuto conto degli aspetti culturali dell' etica.

L' infanticidio nel contesto di alcune culture é (ma spero piuttosto che fosse) eticamente accettabile; ma non l' omicidio in alcuna cultura (salvo contesti come la legittima difesa o la guerra, ecc.); semplicemente il neonato di pochi giorni (forse non a torto,) in quelle culture non é considerato una persona umana.

Quello dell' omicidio = soppressione di una persona umana) é l' esempio di imperativo etico universalmente derivante dalla natura umana, comunque da contestualizzare.

Esempi di imperativi etici condizionati in maniera prevalente dalla cultura e dunque varianti localmente e temporalmente nel corso della storia umana (e dunque anche non poco diversi fra diversi gruppi sciali) se ne potrebbero fare a iosa nel campo del comportamento sessuale e affettivo familiare.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre.
Lieto di essermi fatto comprendere  :)
Citazione
Se (ma non ne sono sicuro), ti proclami relativista, nel senso che non neghi un' etica non relativistica, ma ti limiti ad affermare un' "atteggiamento mentale" per così dire, che consente di comprendere tanto l' esistenza di un' etica non relativista quanto le sue intrinsecamente necessarie contestualizzazioni, quanto ancora le sue violazioni, allora sono d' accordo.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.
Perché nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad Ipazia: su cosa si fonda?).
Il riferimenti «a tentativi ed errori» va contro tali constatazioni poiché esprime già un giudizio di valore, e quindi presuppone un meta-criterio valutativo (che farà parte di storia e antropologia, essendo contestualizzato, e il cerchio si chiude  ;) ).
Citazione
A parte l' espressione "sacraleggiante" e assoluta (sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile) sono convinto della validità (verità scientifica; sia pure umana) del materialismo storico.
Dunque ritengo che l' etica (non relativistica) sia ben fondata (non in quanto deduttivamente dimostrata -che é impossibile: Hume!- ma in quanto constata a posteriori esserci; dalla biologia, l' etologia animale, l' antropologia, le scienze umane in generale).


Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
devi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).
Citazione
Sottolineo.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).
Citazione
Ovvio (e ripetitivo; mi scuso) che su questo dissento: vedi sopra gli accenni circa la mia convinzione della realtà di un etica -non relativistica- universalmente umana, in parte culturalmente declinata in vari modi.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
'Relativismo' significa che non ci sono verità universali.
Questa è una definizione basata su una lettura assolutistica del relativismo, ovvero si cerca di rintracciare un assoluto nel relativismo (gesto che i relativisti non hanno motivo di fare  ;) ). Il relativismo dice semmai che anche questa affermazione è relativa al contesto di riferimento e quindi non è universale (ma vale solo qui ed ora) e, soprattutto, non è in conflitto con chi dice (sempre qui ed ora) che ci sono verità universali, trattandosi di due prospettive ognuna relativa, fondata e coerente con i propri assiomi di partenza (come saprai meglio di me  ;) ).
Per come lo leggo io, in chiave anche etimologica (come accennavo sopra), il relativismo non ha motti assolutistici, ma si limita a ri-portare (re-ferre da cui re-latus) ogni giudizio (di valore, di verità o altro) al suo relativo contesto.
Citazione
Questa mi sembra una questione relativa piuttosto al relativismo gnoseologico che al relativismo etico.
Ne abbiamo già ripetutamente parlato (e dissentito, ritenendo io  irreprensibile [a-] logicamente lo scetticismo che sospende il giudizio negando la certezza a qualsiasi conoscenza circa la realtà -quale é indipendentemente dal pensiero- autocontraddittorio e assurdo il relativismo che afferma la verità di qualsiasi (pretesa) conoscenza, di tutte le reali ed eventuali affermazioni, anche quelle reciprocamente -non intrinsecamente- contraddittorie).




CitazioneCitazione da: Apeiron - Fri Dec 28 2018 15:14:29 GMT+0100 (Ora standard dell'Europa centrale)
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti
Non possiamo dirlo senza usare una prospettiva etica; si tratta di una prospettiva relativa al nostro punto di vista oppure è assoluta? Parliamo di opinioni figlie del loro tempo o di Verità?
Citazione
SEcondo me "la seconda che hai detto: i "dissensi" in proposito (non ovviamente sui singoli episodi, ma sulle complessive esperienze  storiche del secolo scorso) non sono autentici dissensi circa l' etica, ma casomai (per esempio nel caso del nazismo) violazioni dell' etica (non relativistica).




Essendo in partenza per una vacanza in cui sarò scollegato da internet saluto tutti, augurandovi buon anno.

Ci risentiamo, se tutto va bene, fra una settimana,



sgiombo

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:57:22 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 11:56:48 AM

Ciao Ipazia
Scusa ma cos'è l'etica se non "dover essere"? L'etica è forse un qualcosa di empiricamente verificabile?
Si può forse toccare o vedere in una estensione spaziale? Qual'è, insomma, la "realtà" dell'etica?

Il dover-essere si manifesta a posteriori, ma qui si tratta di trovare i fondamenti a priori dell'etologia umana. Per nulla arbitrari in quanto costituiti sui bisogni primari dell'uomo come individuo e come aggregato sociale per i quali l'etica costituisce lo strumento tecnico della convivenza presente in ogni comunità umana.
Citazione
Ma i fondamenti (etologici. latamente biologici, declinati in parte culturalmente) dell' etica umana "sono (a priori -?-)" reali.

Invece si conoscono a posteriori avvertendoli interiormente come tendenza coportamentali (e valutative dei comportamenti propri e altrui); e non si dimostrano con giudizi analitici a priori. (spero che finalmente ci si intenda sui significati delle parole che usiamo).




Citazione
Che vuol dire: "i postulati etici sono solo una percezione" (e se è così, rispondevi a Sgiombo, allora ha ragione chi sostiene il relativismo etico)? Una percezione è forse "nulla"? Io non credo...
Riprendendo Platone circa l'"essere": "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, posto che si dice che entrambe "sono"? (La Battaglia dei Giganti).
saluti

Questo lo sostiene sgiombo. Per me sono invece dimostrabili nel loro rapporto con la realtà materiale (natura+società) che li ha prodotti. Questa è anche la lezione del marxismo, che certo non esaurisce la ricerca, ma almeno propone una metodologia di indagine solida.
Citazione
Vedo che la reciproca comprensione é sempre difficile (sia fra me e Ox che fra me e Ipa: sarò io il problema? Alzheimer incombente?).


Contro Ox sostengo che "i postulati etici sono solo una percezione" [di fatto universalmente diffusa; per cause naturali ben comprese dalla biologia evoluzionistica] (e se è così [come infatti é], allora non ha ragione chi sostiene il relativismo etico.

Contro Ipa per me sono indimostrabili ma invece avvertiti a posteriori, e invece spiegabili nel loro rapporto con la realtà materiale (natura+società) che li ha prodotti.
Questa è anche la lezione del marxismo, che certo non esaurisce la ricerca, ma secondo me non si limita a proporre una mera metodologia di indagine solida.


Se tutto va bene ci si risente fra una settimana.
Di nuovo auguri a tutti (mi resta una mezz' oretta per cercare di rispondere al CarloPierini -che ovviamente non escludo dagli auguri- prima che moglie, figlio e compagna del figlio mi carichino in macchina di peso e un po' in malomodo. Conto sulle solite -e solitamente insopportabili- perdite di tempo delle due donne per pettinarsi).

0xdeadbeef

A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un
certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci
quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è
forse nulla? Io non credo").
Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili.
Sgiombo afferma: "i postulati etici sono una percezione di fatto universalmente diffusa; per cause naturali
ben comprese dalla biologia evoluzionista". Ipazia sostiene invece: "i postulati etici sono dimostrabili nel
loro rapporto con la realtà materiale che li ha prodotti".
Per me sono piuttosto un qualcosa di più, diciamo, "aleatorio"; sono in definitiva dei "pensieri" sui quali
non mi interrogo più di tanto circa le cause (per una mia mancanza di conoscenze scientifiche appropriate e
perchè, soprattutto, ritengo capziosa una troppo netta distinzione fra la sfera del naturale e la sfera del
culturale); ma pensieri che "sono" qualcosa, non che sono nulla...
saluti ed auguri

Ipazia

Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 21:49:36 PM

La domanda (ormai così vecchia da essere in prescrizione  ;) ) è su cosa si fonda/fonderebbe il relativismo etico, non l'etica.


Su un sollazzevole perditempo visto che ...

Citazione
Se fossimo al «gioco dell'Oca» ti direi di tornare indietro di 10 caselle (circa al post #118), a quando si è iniziato ad argomentare sulla differenza fra «relativismo etico» ed «etica relativistica», sulla necessità logica di distinguere i piani, sul topo a cui si rimprovera di non essere gatto, etc.


... ci sono i piani, ma manca il tetto.

Citazione
Quando suggerivo che il «relativismo» non è «qualunquismo» non mi aspettavo un risvolto addirittura "menefreghista"... è davvero il bello della diretta  ;D  (ma Sun Tzu ne resta piuttosto deluso...).

Non so quanto ai suoi tempi il topo giocasse solo a nascondino.

Un critico cinematografico è un tizio che passa molto tempo in biblioteca al cinema e il frutto di tale attività sono le recensioni dei film. Dall'alto della sua conoscenza specialistica egli giudica seguendo criteri abbastanza oggettivi e condivisibili: bravura degli interpreti, originalità della trama, scenografia, musica, abilità registica nel combinare il tutto. Alla fine trae le conclusioni e ci mette le stelline. Di un critico relativista che non sa mettere le stelline decisamente non so che farmene.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

#147
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 11:20:07 AM
A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è forse nulla? Io non credo").
Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili.


Certamente lo sono. L'esperienza etica è troppo importante perchè ci limitiamo a percepirla come fossimo topi da laboratorio. Il compito magistrale della filosofia è trovare le origini delle cose e anche l'etica ha una sua origine. E' poco filo-sofico limitarsi a prendere atto dei fenomeni senza indagarne le cause. E' anche poco marxista. L'origine della disuguaglianza si intreccia continuamente con l'origine dell'etica e per capire la prima bisogna sporcarsi con la seconda. Sporcarsi le mani. Non basta la biblioteca.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:46:14 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 21:49:36 PM

La domanda (ormai così vecchia da essere in prescrizione  ;) ) è su cosa si fonda/fonderebbe il relativismo etico, non l'etica.


Su un sollazzevole perditempo visto che ...
[...]
... ci sono i piani, ma manca il tetto.
Grazie per la pregnante e arguta risposta  :)

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:46:14 PM
Un critico cinematografico è un tizio che passa molto tempo in biblioteca al cinema e il frutto di tale attività sono le recensioni dei film. Dall'alto della sua conoscenza specialistica egli giudica seguendo criteri abbastanza oggettivi e condivisibili: bravura degli interpreti, originalità della trama, scenografia, musica, abilità registica nel combinare il tutto. Alla fine trae le conclusioni e ci mette le stelline. Di un critico relativista che non sa mettere le stelline decisamente non so che farmene.
D'altronde, il lavoro di storiografi, antropologi ed ermeneuti è mettere le stelline?
Nel mio piccolo, so cosa farmene, «non ti curar di loro» e... lasciali pure a me  ;)

Di questo passo nascerà un Tripadvisor per la filosofia: tutti che recensiscono, tutti giudici senza toga, orientati al voto rapido da opinionista e non all'approfondimento della comprensione (dalla filosofia alla filodoxia?), possibilmente senza diseguaglianze (nemmeno fra i piani logici... e il tetto ci sarebbe anche, purtroppo dal "primo piano" non sempre si vede :) ).
Chissà, alla fine magari il capitalismo verrà sovvertito e superato dallo "stellinismo"  ;D

Ipazia

Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
... dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).

Affermare la neutralità delle chiavi di lettura è assai poco relativistico  :P  ;D Il relativismo etico è una chiave a bias che apre anche porte etiche e ideologiche. Il piano inclinato tra relativismo etico e etica relativistica purtroppo non è una fallacia logica. E quanto sotto lo mostra:

Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).

Come osserva Apeiron, la Storia e l'Antropologia dimostrano che vi sono dei denominatori comuni etici che vale la pena di indagare perchè è su questi che si possono ampliare le coordinate della convivenza umana. Del resto lo si è sempre fatto altrimenti saremmo già estinti. Ma per questo prezioso compito filosofico una impostazione assolutamente - nel suo negazionismo - relativistica è del tutto inadatta.

I meltingpot culturali sono la critica vivente dell'impostazione teorica relativistica: le figli islamiche sgozzate dai padri ne sono la più evidente, e dolorosa, falsificazione. Immagino che il topo relativista avrà le sue belle gatte teoretiche da pelare di fronte a simili eventi. Ma può sempre derubricarli a errore sperimentale e continuare la sua sterile, e sterilizzata, ricerca.

Per quel che mi riguarda continuerò a ricercare quei denominatori comuni e indagherò le differenze etiche da entrambe le prospettive.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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