L'origine della diseguaglianza

Aperto da InVerno, 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM

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Phil

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 22:53:27 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
I diritti fondamentali non sono arbitrari perchè non sono negoziabili in quanto la loro alienazione comporta un danno irreversibile per l'individuo.
Intendi i bisogni primari? Se la risposta è «no», tale irreversibilità appartiene alla sfera del naturale oppure a quella sociale-culturale (quindi è inserita nelle convenzioni sociali che diamo ormai per inalienabili, ma restano, stando alla storia, convenzioni arbitrarie)?

Se la risposta è "sì" ?
Se è «si», mi spiazza un po' il fatto che li chiami «diritti» e non «bisogni primari»... l'incauta fusione politica / etologia può essere socialmente esplosiva.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Mi sovviene il sospetto che per "istinto" si spacci in certe correnti di pensiero quello che i pregiudizi meccanicistici nascondono. Laddove vi sono cure parentali e assetti sociali non vi è mero meccanicismo biologico.
Certo, vi è anche un vincolante e lampante contesto culturale e sociale; che tuttavia distinguerei dal meccanicismo biologico (proprio perché, secondo me, natura e diritto sono parenti, ma non così stretti come può sembrare).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Per tal motivo cerco di ancorare i miei blocchi di partenza ideologici a solidi argomenti naturali che mi permettano di discriminare l'arbitrario dal necessario. Senza farmi condizionare troppo dalle imperfezioni dell'agire umano e dalla urticante eterogenesi dei fini, che va analizzata e corretta.
Non ne dubito; suggerivo solo una distinzione fra argomenti naturali e argomenti culturali (distizione di cui non ho certo la peternità): osservare la natura dell'uomo nel suo agire in società, significa osservarne sempre anche la cultura (ammetto che qui il «sempre» mi piace  ;D ).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Neppure io spaccio tutto il diritto per naturale. Ma ci tengo a fissare i paletti etici e giuridici nella natura
Mi concederai che così facendo non diventano naturali... il fatto stesso che vadano fissati nella natura, significa che non vengono raccolti da essa.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
contrastare iperboli come il valore sub specie capitalis: se tutto è arbitrario lo è anche la vita di un umano.
Preventivo colpo di pedale del freno: chi ha detto che «tutto è arbitrario»? Deve essere lo stesso burlone impostore che (oltre a scrivere i biglietti dei Baci Perugina) ha detto «il relativismo dice che tutto è relativo», condannando il relativismo ad essere la barzelletta di se stesso (e nemico giurato di tutti, dal Papa ai filosofi, dai forumisti agli "speleologi").
Il mio suggerimento era proprio di distinguere l'arbitrario dal naturale: la vita umana, la morte, i bisogni primari, etc. non sono arbitrari (devo essere davvero uno scrittore poco chiaro...).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM
Era in risposta alla tesi di phil che un'etica non relativistica potesse essere basata solo su una metafisica teistica
Non scommetterei di aver usato quel «solo»; comunque, anche il pensiero laico può di certo ipostatizzare i suoi assoluti (notato il paradosso?  ;) ); le ideologie sono infatti piene di valori "assoluti" e la storia umana è costellata di lotte fra tali "assoluti" (chiaramente sono "falsi assoluti" sempre quelli altrui... ironico, proprio come succede nelle religioni  ;) ).

Ipazia

#91
Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM

Se è «si», mi spiazza un po' il fatto che li chiami «diritti» e non «bisogni primari»... l'incauta fusione politica / etologia può essere socialmente esplosiva.


Benvenga il momento in cui i bisogni primari, reclamando la loro primogenitura, si fondono coi diritti in una miscela socialmente esplosiva.

Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Neppure io spaccio tutto il diritto per naturale. Ma ci tengo a fissare i paletti etici e giuridici nella natura
Mi concederai che così facendo non diventano naturali... il fatto stesso che vadano fissati nella natura, significa che non vengono raccolti da essa.

Ma significa che in essa, e non in qualche metafisico arbitrio, essi si radicano e, quindi, legittimano. Ammetto che il concetto "diritto naturale" può essere fuorviante, ma il ponte di passaggio tra bisogni primari e diritto è assai stretto per cui quei diritti (fondamentali, inalienalibili,...) sono in risonanza con la loro matrice naturale.

Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM
... anche il pensiero laico può di certo ipostatizzare i suoi assoluti (notato il paradosso?  ;) ); le ideologie sono infatti piene di valori "assoluti" e la storia umana è costellata di lotte fra tali "assoluti" (chiaramente sono "falsi assoluti" sempre quelli altrui... ironico, proprio come succede nelle religioni  ;) ).

I paradossi sono tali se gli assoluti non vengono laicamente declinati nella loro contestualità. Radicando i diritti nei bisogni primari si crea una gerarchia trasparente di valori difficilmente confutabile. Anche coloro che uccidono la vita in nome di dio lo fanno in nome della vita, non certo della morte. Quindi, sì, resta sempre aperta la questione dei "falsi assoluti". Ma la si chiude solo trovando, con grande prudenza, quelli "veri", delimitando il contesto in cui possiamo ritenerli tali. Direi che la necessità è un'ottima pietra di paragone per questa ricerca, tale da escludere l'arbitrio.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM
Se è «si», mi spiazza un po' il fatto che li chiami «diritti» e non «bisogni primari»... l'incauta fusione politica / etologia può essere socialmente esplosiva.
Benvenga il momento in cui i bisogni primari, reclamando la loro primogenitura, si fondono coi diritti in una miscela socialmente esplosiva.
Non ho scritto che è la coppia bisogni-primari/diritti ad essere esplosiva, ma quella politica/etologia (alludevo all'eugenetica non al welfare). Il rapporto bisogni primari/diritti è di quelli che mi auspico  :)
Una società esplosa rischia di regredire ad un quasi stato di natura, cancellando proprio quei diritti che hanno innescato l'esplosione e lasciando solo gli incancellabili bisogni primari... proprio come per il nucleare: molta potenza in gioco, ma non sempre si produce energia benefica.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Ma significa che in essa, e non in qualche metafisico arbitrio, essi si radicano e, quindi, legittimano. Ammetto che il concetto "diritto naturale" può essere fuorviante, ma il ponte di passaggio tra bisogni primari e diritto è assai stretto per cui quei diritti (fondamentali, inalienalibili,...) sono in risonanza con la loro matrice naturale.
Per me (ma ho capito che non concordi) i diritti, in quanto convenzionali e non naturali, non possono andare oltre il metafisico arbitrio (e quindi l'autolegittimazione camuffata da "natura"), che ogni ideologia conficca nello sterminato campo dell'Assoluto e della Verità (ed ecco spiegate guerre, terrorismo, etc.), con la stessa enfasi epocale e destinale con cui ogni nazione poteva conficcare fieramente la sua bandiera sulla luna (non sono sicuro sia ancora possibile  ;D ).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Radicando i diritti nei bisogni primari si crea una gerarchia trasparente di valori difficilmente confutabile. [...] resta sempre aperta la questione dei "falsi assoluti". Ma la si chiude solo trovando, con grande prudenza, quelli "veri"
Sempre secondo me, «valori veri» e/o «assoluti veri» sono un altro non senso che mischia due piani teoretici (come «diritto naturale», «libero arbitrio» e, probabilmente altri modi di dire squisitamente metafisici e metaforici). Questione di vocabolari, come sempre  ;)

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Direi che la necessità è un'ottima pietra di paragone per questa ricerca, tale da escludere l'arbitrio.
Sulla problematica della necessità (concetto molto "sdrucciolevole") individuale rapportata a quella collettiva ci si potrebbe riempire una biblioteca; se la usiamo come «pietra di paragone» non potremmo dunque che farlo in modo parziale e ideologico (e rieccoci al punto di partenza dei tanti assoluti che confliggono e si autolegittimano; historia docet).

Apeiron

#93
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM


Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 11:34:30 AM

Scocciatura più, scocciatura meno (comunque non per far dispetto a una "radicalfighetta", quale mai ti ho considerato), da che ci sono ti chiederei:
per sentito dire, da deliberato ignorante in materia, mi sembrerebbe che Nietzche neghi l' esistenza di qualsiasi etica immanente, (universalisticamente) umana, laica (mi sembra che distingua fra una in qualche modo "superiore" etica dei "signori", prepotenti, oppressori, privilegiati e una in qualche modo "inferiore" etica delle da lui disprezzatissime "plebi" biologicamente inferiori, giustamente e meritatamente sfruttate e oppresse (ma non vorrei avere sparato delle grosse cazzate).
Se é così, mi pare che almeno in questo tu non segua affatto il Friederich.2, ma ne sia anzi agli antipodi.


FN è tutto il contrario di un relativista etico. Egli afferma il diritto assoluto degli aristoi (ἄριστοι) di prevalere sulla plebe. Su ciò fonda la sua etica aristocratica mischiando superiorità naturale, di sangue (con forte sfumatura sociodarwinistica), e intellettuale (philosophisch). La sua Umwertung è trasvalutazione, non negazione, dei valori. I suoi, contro quelli "degenerati" della morale degli schiavi che li trae dal mondo dietro il mondo. Mentre lui li tra(rreb)e dal mondo.

Ciao Ipazia,

ed è proprio questo il mio problema con Nietzsche. Dopo la 'morte dei valori' si ha il 'relativismo etico', che Nietzsche ha correttamente  (secondo me) considerato una forma di 'nichilismo' (dissento rispettosamente, per lo stesso motivo, anche dal 'relativismo debole' di Phil, che saluto ;) ...tale prospettiva mi sembra migliore di un relativismo più 'forte' alla Protagora, per capirsi). Tuttavia, la soluzione che lui ha proposto non è, secondo me, per nulla soddisfacente - anzi, volendo, è molto più problematica del problema che mirava a risolvere.
Infatti, dopo aver rigettato ogni forma di 'etica' (precedente alla sua), ha più o meno detto che l'unica 'etica' rimasta è, di fatto, la 'Legge della Savana' ereditando da Eraclito l'intuizione che il 'conflitto' è qualcosa di fondamentale nell'interazione tra le varie forme viventi (e anche da Darwin, visto che, di fatto, le specie lottano tra loro per la sopravvivenza - anche se, in realtà, Nietzsche (come Eraclito) è andato un po' oltre enfatizzando troppo l'aspetto 'conflittuale'. Non che questo non ci sia per Darwin e la Teoria dell'Evoluzione, ovviamente...ma il "darwinismo sociale" secondo me si basa su un travisamento della Teoria dell'Evoluzione nato da una tendenza a soffermarsi solo sull'aspetto 'di lotta' di tale teoria che pur essendo innegabile non è così importante come ritenevano tali pensatori).
Siccome il 'Conflitto' è qualcosa di molto 'naturale', Nietzsche ha pensato che dovesse applicarsi anche alle relazioni umane: i 'migliori' sono quelli che riescono ad 'affermarsi' con più forza. Tale deriva di Nietzsche però è ancora peggio del 'nichilismo' del relativismo etico (anche se, volendo, è una sua conseguenza) visto che un relativista può comunque scegliere di non 'assolutizzare' la 'Legge della Giungla' o il 'Conflitto' alle relazioni umane (ma può anche farlo - e qui sta tutta l'inadeguatezza del relativismo etico, ovvero pensare che, per esempio, va bene sia assolutizzare che non assolutizzare la 'Legge della Savana').

Riconosco la grandezza come filosofi di N. ed E.  ma detesto la loro 'glorificazione' del Conflitto seppur per motivazioni diverse* (confesso di avere un rapporto ambivalente con entrambi ma su questo aspetto li detesto), così come detesterei il pensiero di chi assume che l'etica umana dovrebbe essere equivalente alla 'Legge della Savana'. E, inoltre, il fatto per il relativismo non vi è una vera differenza tra lo scegliere come etica la 'Legge della Savana', il 'Conflitto' o quant'altro, ritengo erronea tale prospettiva (d'altronde, visto che secondo il relativismo la tendenza alla prevaricazione non può più essere davvero ritenuta ingiusta, mi pare chiaro che conoscendo la storia umana la diseguaglianza sociale non può essere evitabile in tale prospettiva ma anzi, che forse, può addirittura aumentare (d'altronde in tale prospettiva ognuno può (provare a) fare - o no - tutto quello che vuole)...).

*Per Eraclito, il Conflitto è 'la legge di Natura' (diceva "dobbiamo riconoscere che il conflitto è universale e che la giustizia è contesa" e che "il conflitto è padre e re di tutte le cose") per Nietzsche, invece, l''aspirazione ad affermarsi' (la cosiddetta volontà di potenza) era la 'vita stessa'.

Chiaramente, questa non è una critica rivolta a te ma era solo una riflessione su Nietzsche, il relativismo ecc che potrebbe interessarti (o non interessarti) e su cui potresti essere (o non essere) d'accordo  :)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM




L'arco temporale della vita umana (individuale), la nostra vulnerabilità e mortalità, pone un fondamento assoluto al discorso etico capace di superare ogni convenzionalismo e arbitrio nello stabilire il valore, non calcolabile in termini quantitativi, della vita umana. Su ciò si basa ogni umanesimo, compreso quello marxista. Sul sopravvivere della società umana si pone l'unico correttivo al fondamento della vita individuale, ma è di tipo trascendentale, non arbitrario-convenzionale. E sempre incarnato nella natura umana e nella sua evoluzione valoriale.
Citazione
Non comprendo.
Se non che la morte umana individuale é oggettivamente, reale e non certo qualcosa di convenzionale e arbitrario; dunque la perdita di una vita umana é qualcosa di incalcolabile quantitavamente (non é risarcibile in alcun modo, contrariamente a quanto pretenderebbe la "reificazione universale" -per così dire- capitalistica).
Nient' altro comprendo di queste parole (ma é tutto ciò che intendono dire o solo una piccola parte?).







FN è tutto il contrario di un relativista etico. Egli afferma il diritto assoluto degli aristoi (ἄριστοι) di prevalere sulla plebe. Su ciò fonda la sua etica aristocratica mischiando superiorità naturale, di sangue (con forte sfumatura sociodarwinistica), e intellettuale (philosophisch). La sua Umwertung è trasvalutazione, non negazione, dei valori. I suoi, contro quelli "degenerati" della morale degli schiavi che li trae dal mondo dietro il mondo. Mentre lui li tra(rreb)e dal mondo.
CitazioneMI sembra comunque si tratti di (pseudo-, per quanto mi riguarda) valori non compatibili con quella "etica non relativistica che è totalmente immanente, umana [da intendersi inevitabilmente come universalmente umana, mi sembra; non limitata agli uomini pretesi migliori (aristoi); altrimenti credo che dovrebbe essere "superumana"], laica di cui parli (e su cui concordo). 

Valori (transvalutati) comunque non "umani" ma dei soli "aristoi" e non affatto degli schiavi.

0xdeadbeef

Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 13:38:51 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 13:14:42 PM
Mi sembra che in un precedente intervento tu abbia affermato: "la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito
è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per
«oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui".
Perdonami ma trovo che le tue ultime affermazioni siano in netto contrasto con queste.
Per risolvere l'apparente contrasto, la chiave di lettura sono quello «spesso» e quel «talvolta», che non valgono «sempre».
Talvolta oppressione e diseguaglianza vanno a braccetto, non sempre; spesso, si considera per oppressione ciò che non le è, ma non sempre (speravo gli esempi aiutassero...).
Cerc(av)o di lasciare il discorso aperto anche alle differenze presenti nel tema, soppresse le quali, ne deriva una lettura parziale e generalista; ridurre tutto a «si» e «no» oppure a «sempre» e «mai», non fa per la mia logica "debole"  :)

Ciao Phil
Il contrasto fra le tue affermazioni che dicevo di rilevare riguarda proprio quella che chiami
"attualità sincronica".
In un intervento precedente affermavi la: "sensibilità dell'uomo post-moderno", mentre in quello successivo
dicevi, a proposito del "Von" (Mises o Hayek) da me citato, che egli confrontava epoche differenti ("nel mio
piccolo", dicevi, "resto invece sull'attualità sincronica").
Insomma, non mi sembra che laddove si parli di "oppressione nell'uomo post-moderno" (quindi implicitamente
facendo un confronto con uomini di altre epoche), poi si possa dire di limitarsi alla attualità sincronica.
Ma è tutto sommato una quisquiglia. Sulla sostanza discorso (sul "talvolta" e sul "sempre") invece in linea
di massima concordo.
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PMCome che sia, questo passaggio, come aveva genialmente compreso Karl Marx, coincide (temporalmente e per così dire "ontologicamente") con l' acquisizione della capacità da parte delle primitive società naturali umane di erogare un pluslavoro;


Ciao Sgiombo
Dunque, mi par di capire tu faccia coincidere l'"invenzione" del linguaggio con l'acquisizione della capacità
di erogare un plusvalore (diciamo più precisamente che il momento di passaggio fra natura e cultura vede,
contemporaneamente, il sorgere del linguaggio e la capacità di creare plusvalore)?
Embè insomma, tesi ardita (quantomeno da approfondire adeguatamente).
Credo non sia individuabile in alcun modo un momento di passaggio fra natura e cultura, così come credo non
sia individuabile un momento di "invenzione del linguaggio".
Al contrario, credo invece che un momento che vede l'acquisizione della capacità di creare plusvalore sia
individuabile (seppur non certo con netti contorni).
Più che di plusvalore però parlerei di "accumulo", visto che il plusvalore così come teorizzato da Marx
ha un preciso significato.
saluti

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 20:44:12 PM
Insomma, non mi sembra che laddove si parli di "oppressione nell'uomo post-moderno" (quindi implicitamente
facendo un confronto con uomini di altre epoche), poi si possa dire di limitarsi alla attualità sincronica.
Ma è tutto sommato una quisquiglia.
Parlando dell'uomo «(post)moderno» non intendevo implicitamente confrontarlo agli uomini di altre epoche, ma solo evidenziare il suo stato attuale (siamo nella postmodernità); se sia molto o poco diverso dalle epoche precedenti, onestamente non lo so: la questione di tale confronto è di una trasversalità proibitiva per le mie esigue conoscenze, anche perché richiederebbe adattamenti di categorie e scale di giudizio piuttosto cervellotiche (e, detto fra noi, anche piuttosto sterili: la storia è maestra, ma non consolazione  :)  ).

sgiombo

#98
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 20:57:10 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PMCome che sia, questo passaggio, come aveva genialmente compreso Karl Marx, coincide (temporalmente e per così dire "ontologicamente") con l' acquisizione della capacità da parte delle primitive società naturali umane di erogare un pluslavoro;


Ciao Sgiombo
Dunque, mi par di capire tu faccia coincidere l'"invenzione" del linguaggio con l'acquisizione della capacità
di erogare un plusvalore (diciamo più precisamente che il momento di passaggio fra natura e cultura vede,
contemporaneamente, il sorgere del linguaggio e la capacità di creare plusvalore)?
Embè insomma, tesi ardita (quantomeno da approfondire adeguatamente).
Credo non sia individuabile in alcun modo un momento di passaggio fra natura e cultura, così come credo non
sia individuabile un momento di "invenzione del linguaggio".
Al contrario, credo invece che un momento che vede l'acquisizione della capacità di creare plusvalore sia
individuabile (seppur non certo con netti contorni).
Più che di plusvalore però parlerei di "accumulo", visto che il plusvalore così come teorizzato da Marx
ha un preciso significato.
saluti


Ciao, Mauro!

Non faccio coincidere quella che (anticonformisticamente) ritengo sia stata l' invenzione (culturale) del linguaggio (sulla base naturale di una generica sviluppatissima "intelligenza" umana) con la produzione, attraverso il lavoro umano, di un eccesso di mezzi di sostentamento e riproduzione: fra l' una e l' altro intercorrono decine di migliaia di anni.
Piuttosto intendo sottolineare l' importanza (non esclusiva: col mio amatissimo Frederich Engels attribuisco grande importanza anche alla "manualità" umana) dell' una nel realizzarsi (metacrono) dell' altra.

Ardita é certamente (sono sempre stato piuttosto spericolato, non solo in moto ma anche nel ragionare) la mia convinzione del carattere acquisito culturalmente e non biologicamente-evolutivamente (acquisito filogeneticamente, innato ontogeneticamente) del linguaggio (ne abbiamo anche parlato in una lontana discussione nel forum).

Certamente fra natura e cultura, fra umano e non-umano non esistono confini netti e precisi (e dunque in termini etici é necessario un prudenziale "eccesso di cautela": aborto non oltre il terzo mese, "staccamento delle spine" non prima di qualche anno di coma, salvo devastanti distruzioni cerebrali documentate dalla TC o dell' RM, ecc.; ovvero necessità di permettere di interrompere una vita essendo sicuri di essere certamente un po' oltre l' assenza di umanità e non nel pur minimo dubbio che si potrebbe essere "al di qua del vago e inconoscibile confine" fra umanità e non-umanità).
Non si può stabilire un momento preciso in cui é iniziata la storia umana come sviluppo della storia naturale esattamente come Non si può stabilire un momento preciso in cui un feto (o quasi sicuramente un neonato di almeno alcuni mesi; ma per l' esigenza di prudenza di cui sopra nessuno oggi ammetterebbe l' infanticidio; almeno che io sappia) é autocosciente o in cui un organismo umano é in coma irreversibile (salvo evidenti "devastazioni anatomopatologiche").

Io ho parlato genericamente di "plusprodotto" (nel senso di "eccesso relativamente al necessario-sufficiente" per campare e riprodursi), come base della divisione dell' umanità in classi sociali e della nascita della diseguaglianza culturale ("nei blocchi di partenza").
Pur non essendo un cultore particolarmente fine di Marx (confesso che, contrariamente ad esempio a Engels e a Lenin, certi suoi testi li ho trovati chiarissimi e immediatamente condivisibili ma altri alquanto difficili: di qui la mia cautela terminologica), non credo di averne tradito il pensiero.

sgiombo

#99
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 21:34:02 PM

Ciao, Mauro!



Ardita é certamente (sono sempre stato piuttosto spericolato, non solo in moto ma anche nel ragionare) la mia convinzione del carattere acquisito culturalmente e non biologicamente-evolutivamente (acquisito filogeneticamente, innato ontogeneticamente) del linguaggio (ne abbiamo anche parlato in una lontana discussione nel forum).
Citazione

Ho trovato la discussione nell quale abbiamo accennato alla questione della natura congenità o acquisita del linguaggio: é "Homo faber" del settembrte dell' anno socrso.

Per qualche eventuale masochista che volesse approfondire -e auspicabilmente criticare- le mie opinioni in proposito, le ho sviluppate qui:

https://www.riflessioni.it/lettereonline/linguaggio-istinto-naturale-o-artifizio-culturale.htm

Certamente fra natura e cultura, fra umano e non-umano non esistono confini netti e precisi (e dunque in termini etici é necessario un prudenziale "eccesso di cautela": aborto non oltre il terzo mese, "staccamento delle spine" non prima di qualche anno di coma, salvo devastanti distruzioni cerebrali documentate dalla TC o dell' RM, ecc.;
Citazione
Prima che la Ipa mi bacchetti come cattocomunista mi affetto ad aggiungere che nell' "ecc." é compreso anche:

E salvo auspicabilissime disposizioni preventive del diretto interessarìto (testamentio biologico).

ovvero necessità di permettere di interrompere una vita essendo sicuri di essere certamente un po' oltre l' assenza di umanità e non nel pur minimo dubbio che si potrebbe essere "al di qua del vago e inconoscibile confine" fra umanità e non-umanità).
Non si può stabilire un momento preciso in cui é iniziata la storia umana come sviluppo della storia naturale esattamente come Non si può stabilire un momento preciso in cui un feto (o quasi sicuramente un neonato di almeno alcuni mesi; ma per l' esigenza di prudenza di cui sopra nessuno oggi ammetterebbe l' infanticidio; almeno che io sappia) é autocosciente o in cui un organismo umano é in coma irreversibile (salvo evidenti "devastazioni anatomopatologiche").

Ipazia

@apeiron

Concordo con entrambi i punti da te sottolineati. FN demolisce un assolutismo etico per fondarne un'altro. Operazione "arbitraria" per eccellenza, che però ha una sua utilità nel disvelare impudicamente le metafore proibite della visione del mondo classista. Il relativismo etico si fonda sul nulla, per cui diventa un attrezzo inutile per l'evoluzione etica. Al massimo ci fai antropologia culturale. Forse il giusto mezzo aristotelico per muovere la tecnica dell'ethos è un rigore etico che contestualizzi l'evoluzione etica senza nullificarla e che fondi i suoi paletti su qualcosa di solido (natura) e realmente unificante (etologia umana). In altri termini: qualcosa di uguale. (rendendo l'onore delle armi al memorabile "tutti gli uomini nascono uguali" laddove lo sono, almeno a spanne secondo le nostre acquisite conoscenze, aldilà di ogni ragionevole dubbio)
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
 FN demolisce un assolutismo etico per fondarne un'altro. Operazione "arbitraria" per eccellenza, che però ha una sua utilità nel disvelare impudicamente le metafore proibite della visione del mondo classista.
Citazione
Ma la visione di FN mi sembra con tutta evidenza essa stessa una delle più estremisticamente classiste in circolazione.

E comunque "assolutismo etico" per "assolutismo etico", quello del "nostro" (anzi, tutto tuo) personalmente lo trovo ben peggiore di per lo meno quasi tutti quelli che critica (ovviamente  questa é una convinzione indimostrabile dal momento che i doveri e più in generale i valori etici si avvertono, non si dimostrano).



Il relativismo etico si fonda sul nulla, per cui diventa un attrezzo inutile per l'evoluzione etica. Al massimo ci fai antropologia culturale. Forse il giusto mezzo aristotelico per muovere la tecnica dell'ethos è un rigore etico che contestualizzi l'evoluzione etica senza nullificarla e che fondi i suoi paletti su qualcosa di solido (natura) e realmente unificante (etologia umana). In altri termini: qualcosa di uguale. (rendendo l'onore delle armi al memorabile "tutti gli uomini nascono uguali" laddove lo sono, almeno a spanne secondo le nostre acquisite conoscenze, aldilà di ogni ragionevole dubbio)
Citazione
Su questo non posso che concordare (il "giusto mezzo" mi sembra il materialismo storico).

InVerno

#102
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 09:16:02 AM
Ma tutte queste disuguaglianze naturali si realizzano "a posteriori" a partire da "blocchi di partenza equamente allineati".
Ma non è vero, a parte il fatto che il ratto di cui stiamo parlando è stato cresciuto dal ricercatore con il preciso scopo di essere più grande di un altro, e quindi partiva decisamente da un blocco di partenza avvantaggiato (addirittura se fosse stato più piccolo non avrebbe partecipato all'esperimento). Ma il punto non è nemmeno questo, questo tipo di esperimenti servono per dimostrare che esistono meccanismi neurolobiologici antichissimi (se anche i crostacei li possiedono) che fanno si che gli animali siani "equipaggiati" per avere a che fare con la diseguaglianza, e per avere laute ricompense (in serotonina e altro) se scalano le gerarchie. Ma lasciando perdere gli animali "gregari" su cui il vantaggio di partenza è piuttosto casuale (ma comunque presente), per tutti gli animali socialmente organizzati il vantaggio di partenza esiste ed è gigantesco. Oppure vorresti negare che un ape nata in alveare vicino ad un fiorista, sta allo stesso blocco di partenza, di un ape cresciuta in un alveare ai confini del deserto ? Questa eguaglianza che vedi a mio avviso è solamente una semplificazione, più guardi il mondo animale nel dettaglio, più noterai che nessuno parte a blocchi di partenza allineati, a partire dal corredo genetico e da altre caratteristiche non manipolabili dall'animale, fino all'organizzazione sociale, che serve proprio per interagire coi blocchi di partenza. Finchè gli homo hanno avuto terre vergini e un impatto antropico limitato la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito del territorio, quando gli homo hanno conquistato il territorio, la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito di altri homo, ma sempre a sopravvivere è servita. L'idea che la diseguaglianza sia un semplice strumento di sopraffazione non è molto meglio dal pensare che l'eguaglianza equivalga il conformismo.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 08:47:23 AM

E comunque "assolutismo etico" per "assolutismo etico", quello del "nostro" (anzi, tutto tuo) personalmente lo trovo ben peggiore di per lo meno quasi tutti quelli che critica (ovviamente  questa é una convinzione indimostrabile dal momento che i doveri e più in generale i valori etici si avvertono, non si dimostrano).

Se i valori etici ci si limita ad avvertirli si cade inesorabilmente nella palude del relativismo etico o della voce della coscienza. I valori etici, come ogni valore, si postulano e tanto più il postulato è credibile quanto più solidi sono i suoi fondamenti. Cosa che si può, e deve, anche dimostrare. Io non trovo peggiore il "mio" in quanto ne riconosco, contrariamente ai sepolcri imbiancati che critica, l'onestà intellettuale dell'avversario veridico. Rispetto al quale adotto un atteggiamento della sapienza orientale:

Citazione di: Sun Tzu (Sunzi), L'arte della guerra - cap 3 Attacco strategico

31. Perciò dico: "Conosci il nemico come conosci te stesso. Se fari così, anche
in mezzo a cento battaglie non ti troverai mai in pericolo".

32. Se non conosce il nemico, ma conosci soltanto te stesso, le tue possibilità
di vittoria saranno pari alle tue possibilità di sconfitta.

33. Se non conosci te stesso, né conosci il tuo nemico, sii certo che ogni
battaglia sarà per te fonte di pericolo gravissimo.

Col valore aggiunto:

Citazione di: Sun Tzu (Sunzi), L'arte della guerra - cap 2 Preparazione della guerra

10. Il generale esperto si equipaggia in patria ma si approvvigiona a spese
del nemico. Così l'esercito non manca mai di cibo

Il "nemico" FN, nella sua sottile veridicità, di "cibo" ne offre a volontà. E non richiede neppure cotture troppo elaborate per essere usato contro il mondo dei signori da lui disvelato. L'unica accortezza è capire che di esso fa parte anche la morale degli schiavi, su cui c'è molto da riflettere anche in casa "nostra"
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: InVerno il 27 Dicembre 2018, 09:36:58 AM
Finchè gli homo hanno avuto terre vergini e un impatto antropico limitato la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito del territorio, quando gli homo hanno conquistato il territorio, la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito di altri homo, ma sempre a sopravvivere è servita. L'idea che la diseguaglianza sia un semplice strumento di sopraffazione non è molto meglio dal pensare che l'eguaglianza equivalga il conformismo.

L'uguaglianza va contestualizzata all'interno della comunità, non tra comunità diverse. Essa è strumento di coesione e forza sociale, quindi sopravvivenza, assai più del conflitto sociale, che porta a decadenza e assimilazione. Percio è un obiettivo imprescindibile anche per la classe dominante, pur nella sua evidente falsità, come dimostra la retorica farlocca strombazzata urbi et orbi: "siamo tutti sulla stessa barca".
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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