L'origine della diseguaglianza

Aperto da InVerno, 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM

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Ipazia

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PM
Le basi della disuguaglianza economica sono biologiche ed ecologiche.

Il primo elemento è la differenza biologica tra l'io e l'altro, gli altri.
Tuttavia questa differenza biologica è simile, se non uguale, per tutti gli uomini.

Così simile da non essere neppure una differenza. Poichè parliamo di biologia il riferimento è il branco. Ovvero una struttura in cui non ci sono differenze di classe: si caccia in comune e si spartisce il bottino.

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PM
Il secondo elemento è ecologico, la limitatezza delle risorse, la scarsità, il principio malthusiano, al centro della biologia e dell'economia, da cui la concorrenza, il conflitto sulle risorse. La scarsità rende inevitabilmente gli uomini diseguali tanto più essi sono biologicamente uguali perché aspirano alle stesse risorse.

Questo può giustificare lo scontro tra branchi diversi di umani, non le differenze all'interno del branco.

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PM
Questi due elementi sono talmente profondi, radicati, da essere ineliminabili.
Questa struttura originaria di disuguaglianza innesca ulteriori e successive disuguaglianze.Paradossalmente tanto maggiore è l'uguaglianza tra gli uomini tanto maggiori sono gli effetti di piccole differenze.

Non necessariamente. Tant'è che accanto a società classiste si sono evolute anche società solidali ed egualitarie. Ecologia umana e biologia c'entrano poco con l'avvento di caste e classi sociali. Anzi propendono per l'uguaglianza perchè siamo una specie sociale consapevole che deve a questa socialità il suo successo evolutivo. In altri termini la diseguaglianza è sovrastrutturale, pompata ideologicamente, non strutturale, biologicamente parlando. Se n'erano accorti anche i padri del liberalismo, prima di accorgersi che erano diventati essi stessi classe dominante.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: InVerno il 19 Dicembre 2018, 13:06:42 PM
Ciao Ipazia,
ci tengo a precisare che quando mi riferisco alla chiave di lettura marxista della "rivoluzione (involuzione?) neolitica", mi riferisco principalmente alle sue iterazioni più moderne che utilizzano a buon diritto i fondamentali ideologici del materialismo storico per interpretare i fatti di cui abbiamo nozione. Riguardo a quanto scrissero M&E che tempo fa mi andai a riprendere per rinfrescarmi la memoria, farei volentieri a meno, considerandole generalizzazioni buone per un ideologia con uno scopo ben preciso alla disperata ricerca di conferme genesiache..Seriamente, un sistema di rigide caste basate sul potere economico, rappresentate universalmente dall'oceania al sud america? Non si può seriamente asserire ciò, il prezzo da pagare è troppo alto, come ad esempio rinunciare ai più squisiti filoni di ricerca moderni, come ad esempio l'origine mesopotamica della democrazia, o per meglio dire del potere assembleare (millenni prima della vulgata che vorrebbe la loro origine in terre elleniche). Bisorebbe ragionare ed investigare sulla forma di cità antica, quella che ha già sviluppato il potere privato attraverso la "piazza del mercato", posizionata agli antipodi del palazzo regale, ove presumibilmente venivano ordite le congiure contro il re e il potere rappresentato, privato e pubblico già in loco. In ogni caso, il baricentro di questi siti è sempre il centro il religioso, mediano tra il palazzo del re e la piazza del mercato, centro di gravità permanente della cultura simbolica. Di stratificazioni sociali si può parlare, io però propendo per il fatto che le prime forme di esse fossero stratificazioni di tipo reputazionale, basate perciò sulla reputazione degli individui di fronte ai simboli, anzichè di stratificazioni economiche e\o funzionali, molto più tarde e presumibilmente reiterazioni delle prime. La disegugaglianza va prima pensata, e poi attuata.

Mi pare che la reputazione degli individui di fronte ai simboli sia ancora più spannometrica delle analisi di Engels basate sull'antropologia di Morgan (che quantomeno non faceva illazioni, ma si basava su studi antropologici sul campo). Che preti e aristocrazia ci abbiano marciato su simboli e apologhi è noto dalla storia, ma che queste cose siano stato sufficienti per incartare i lavoratori è una teoria risibile. Molto più affidabile il criterio della divisione delle funzioni sociali come motore dello sviluppo socioeconomico classista, combinato e rafforzato dalla schiavitù prodotta dai conflitti tra comunità diverse. La "democrazia" mesopotamica, come quella greca, era fondata sul lavoro servile degli schiavi e sul potere armato delle aristocrazie vittoriose. Di spazio per ironizzare sul materialismo storico ne resta veramente poco.
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baylham

Citazione di: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 18:00:59 PM
Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PMLe basi della disuguaglianza economica sono biologiche ed ecologiche. Il primo elemento è la differenza biologica tra l'io e l'altro, gli altri. Tuttavia questa differenza biologica è simile, se non uguale, per tutti gli uomini.
Così simile da non essere neppure una differenza. Poichè parliamo di biologia il riferimento è il branco. Ovvero una struttura in cui non ci sono differenze di classe: si caccia in comune e si spartisce il bottino.

Il branco, gruppo, è già l'effetto di una disuguaglianza, la competizione sulle risorse è trasferita dal livello individuale a quello del gruppo. All'interno del gruppo le disuguaglianze ci sono ugualmente, si formano gerarchie per l'appropriazione delle risorse, che sono e rimangono scarse anche a livello di gruppo. Si forma un ordine, una gerarchia.

Citazione di: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 18:00:59 PM

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PMIl secondo elemento è ecologico, la limitatezza delle risorse, la scarsità, il principio malthusiano, al centro della biologia e dell'economia, da cui la concorrenza, il conflitto sulle risorse. La scarsità rende inevitabilmente gli uomini diseguali tanto più essi sono biologicamente uguali perché aspirano alle stesse risorse.
Questo può giustificare lo scontro tra branchi diversi di umani, non le differenze all'interno del branco.

Se il numero del gruppo è 3 e la risorsa è 1 la disuguaglianza è inevitabile se la risorsa non è divisibile.


Citazione di: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 18:00:59 PM

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PMQuesti due elementi sono talmente profondi, radicati, da essere ineliminabili. Questa struttura originaria di disuguaglianza innesca ulteriori e successive disuguaglianze.Paradossalmente tanto maggiore è l'uguaglianza tra gli uomini tanto maggiori sono gli effetti di piccole differenze.
Non necessariamente. Tant'è che accanto a società classiste si sono evolute anche società solidali ed egualitarie. Ecologia umana e biologia c'entrano poco con l'avvento di caste e classi sociali. Anzi propendono per l'uguaglianza perchè siamo una specie sociale consapevole che deve a questa socialità il suo successo evolutivo. In altri termini la diseguaglianza è sovrastrutturale, pompata ideologicamente, non strutturale, biologicamente parlando. Se n'erano accorti anche i padri del liberalismo, prima di accorgersi che erano diventati essi stessi classe dominante.

Se mi indichi un esempio di società egualitaria e solidale, non ne conosco alcuna.
La biologia e l'ecologia sono il nucleo profondo, irriducibile, che sostiene la disuguaglianza: basti pensare alle implicazioni economiche e sociali della differenza sessuale o generazionale. A partire da questo nucleo si innescano e amplificano le disuguaglianze economiche e sociali.
La biologia e l'ecologia sono l'infrastruttura, l'economia è la struttura e la politica la sovrastruttura.

Ipazia

L'uguaglianza sociale è la conditio-sine-qua-non di qualsiasi strutture sociale per avere una coesione volontaria al suo interno. Se n'è accorto perfino FN che ha sbattuto il grugno per tutta la vita contro la morale degli schiavi divenuta dominante. Chissà come mai !!! Forse semplicemente egli non aveva capito che in una specie sociale è l'unione che fa la forza, mentre la forza isolata fa la debolezza. Al contrario di lui i signori veri hanno usato anche la morale degli schiavi per dominare e per tale scopo preti, filosofi, politici, economisti, intellettuali, cattedratici ...  - tutta la servitù ideologica - si sono rivelati - e si rivelano - indispensabili. Avendone pure i loro vantaggi.

Altro argomento contro l'ideologia della diseguaglianza su base giusnaturalistica è lo sviluppo di una società sempre più interdipendente da diversissime specializzazioni sociali. In tale situazione la migliore forma di coesione è quella solidale, decisamente più efficacie della coercizione militare e ideologica.

Società a forte impronta collettivistica le ho già elencate. Spazzate via dal colonialismo capitalistico fondato sull'ineguaglianza sociale e la rapina. La saturazione antropica del pianeta sotto il dominio del Capitale rende improbabile una società solidale su base locale. Quindi, sovranisti e globalisti, dovremo metterci d'accordo per non diventare tutti dannati della terra a servizio dei suoi autoproclamati padroni. La disparità di risorse, che oggi agisce a livello planetario, costringerà a elaborare strategie di liberazione su base globale, non escludendo anche forme di sovranismo laddove le comunità siano sufficientemente forti e autosufficienti per non soccombere alla piovra finanziaria. Senza però dimenticare che il processo di liberazione va gestito su base globale, con opportune alleanze con altre comunità ugualmente vessate. Avendo sempre come bussola il lavoro globale. Perchè è da lì che è iniziato tutto: uguaglianza cooperativa e diseguaglianza.
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0xdeadbeef

Citazione di: baylham il 20 Dicembre 2018, 09:49:59 AM

Se mi indichi un esempio di società egualitaria e solidale, non ne conosco alcuna.

Ciao Baylam
In genere tutte le comunità in cui vigevano (e parzialmente ancora vigono) le cosiddette "virtù guerriere".
Quindi da Sparta e dalla Roma repubblicana, passando per le tribù germaniche vittoriose sull'Impero, dalla
società Vichinga ai Sioux o ai Nambikwara descritti da Levi Strauss in "Tristi Tropici" fino ad arrivare, che so,
ai "moderni" Curdi. E potrei naturalmente continuare a lungo...
Chiaramente non "egualitarie" in senso stretto (o magari "marxiano"); ma comunque comunità e società nelle
quali la disparità e l'individualità sono decisamente attenuate (illuminante è il confronto con società
che hanno perso le suddette virtù, come appunto la Roma del tardo Impero, il Rinascimento o l'età a
noi contemporanea).
Perchè il problema non è tanto nel riconoscere la maggior forza o intelligenza di qualcun'altro (quindi
il suo "merito"), ma nel riconoscere il "quanto" questa forza, questa intelligenza, questo merito
debbano essere remunerati.
Come dicevo altrove, l'eccesso di disparità, oltre che chiaro segno di mollezza dei costumi, è non solo
eticamente ingiusto, ma anche economicamente irrazionale.
saluti

baylham

Una breve obiezione.

Non riesco a concepire un principio di uguaglianza autentico se la sua influenza è limitata al gruppo, clan, tribù', città, regione, nazione.
Il principio di uguaglianza o è universale, dove l'universo sta per l'umanità intera, o non è. 
Su questo orizzonte concordo pienamente con Marx, che infatti ha promosso la Prima Internazionale.

0xdeadbeef

Ciao Baylam
Beh, che dire...bisogna vedere se stiamo cercando di analizzare l'"essere" (inteso come ciò che è; il
reale) oppure se il discorso è volto al "dover essere" (l'ideale)...
saluti

Ipazia

Citazione di: baylham il 20 Dicembre 2018, 17:43:44 PM
Una breve obiezione.

Non riesco a concepire un principio di uguaglianza autentico se la sua influenza è limitata al gruppo, clan, tribù', città, regione, nazione.
Il principio di uguaglianza o è universale, dove l'universo sta per l'umanità intera, o non è.
Su questo orizzonte concordo pienamente con Marx, che infatti ha promosso la Prima Internazionale.

Il principio di uguaglianza non è riducibile ad astrazione, ma è storicamente determinato. La globalizzazione è un fenomeno recente. Prima si poteva parlare di uguaglianza anche all'interno di comunità locali. Non esiste neppure da sola, l'uguaglianza. Esso si coniuga pressochè biunivcamente col concetto di libertà. Nelle società classiste l'appartenenza di classe nega l'uguaglianza e di pari passo limita la libertà dei subalterni.

Inoltre l'uguaglianza va declinata nelle sue molteplici forme sociali: economiche, politiche, sessuali, religiose. Non si può fare di tutta l'uguaglianza un fascio. E questo permette di articolarne localmente il concetto (ad esempio nella sfera sessuale o religiosa esistono ancora differenze importanti per nulla equalizzate su scala globale). Anche se è vero che i vasi sono comunicanti e un principio etico generalizzato improntato all'uguaglianza favorisce la libera espressione di tutte le sue forme sociali, riducendo gli attriti che la diseguaglianza genera.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 21 Dicembre 2018, 21:55:06 PMIl principio di uguaglianza non è riducibile ad astrazione, ma è storicamente determinato. La globalizzazione è un fenomeno recente. Prima si poteva parlare di uguaglianza anche all'interno di comunità locali. Non esiste neppure da sola, l'uguaglianza. Esso si coniuga pressochè biunivcamente col concetto di libertà. Nelle società classiste l'appartenenza di classe nega l'uguaglianza e di pari passo limita la libertà dei subalterni.


Ciao Ipazia
Questo mi pare un concetto discutibile...
Se è infatti vero che la diseguaglianza limita la libertà del debole, è però altrettanto vero che la
libertà può essere intesa dal forte come quel qualcosa che gli rende lecito il dominio.
Non a caso, il movimento politico che nella storia ha fatto della diseguaglianza il proprio più
intrinseco carattere si chiama "liberalismo".
Personalmente concordo con Hobbes sulla necessità del "Leviatano" (perchè chiaramente ho della "natura
umana" un'opinione negativa) come forza suprema che, costringendo la libertà del forte entro dei limiti
ben precisi, permette sia esplicata anche la libertà del debole.
saluti

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Dicembre 2018, 18:33:09 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Dicembre 2018, 21:55:06 PMIl principio di uguaglianza non è riducibile ad astrazione, ma è storicamente determinato. La globalizzazione è un fenomeno recente. Prima si poteva parlare di uguaglianza anche all'interno di comunità locali. Non esiste neppure da sola, l'uguaglianza. Esso si coniuga pressochè biunivcamente col concetto di libertà. Nelle società classiste l'appartenenza di classe nega l'uguaglianza e di pari passo limita la libertà dei subalterni.


Ciao Ipazia
Questo mi pare un concetto discutibile...
Se è infatti vero che la diseguaglianza limita la libertà del debole, è però altrettanto vero che la
libertà può essere intesa dal forte come quel qualcosa che gli rende lecito il dominio.
Non a caso, il movimento politico che nella storia ha fatto della diseguaglianza il proprio più
intrinseco carattere si chiama "liberalismo".
Personalmente concordo con Hobbes sulla necessità del "Leviatano" (perchè chiaramente ho della "natura
umana" un'opinione negativa) come forza suprema che, costringendo la libertà del forte entro dei limiti
ben precisi, permette sia esplicata anche la libertà del debole.
saluti

Se parliamo di uguaglianza politico-sociale essa è presupposto della libertà per il semplice motivo che tra liberi non si può esercitare una violenza indiscriminata (si rischia la galera e la morte) come contro chi libero non è (vedi Aristotele e schiavismo). Quindi l'uguaglianza diventa anche garanzia per il più debole fisicamente, ma non socialmente in quanto uguale.

La libertà liberal/liberista è una bufala colossale visto che quegli ideologi si facevano servire non solo da schiavi salariati, ma pure da schiavi-schiavi. Parafrasando baylham: la libertà è per tutti o non è. Così come l'uguaglianza; fin dai blocchi di partenza. Solo in società isolate è possibile prescindere da ciò che sta intorno e circoscrivere i concetti di libertà e uguaglianza. Ma non ce ne sono più.

Hobbes è miope fin da homo homini lupus. Ignora del tutto la violenza di classe e vivendo in un'epoca di banditismo e prepotenza inarginabile cerca conforto nell'uomo forte. Molte società che i suoi connazionali distruggevano in giro per il mondo erano decisamente più civili della sua. L'unica cosa che egli dimostra è lo stato di barbarie europea del capitalismo nascente e del feudalesimo morente. Difficile dire chi dei due lo fosse di più: il colonialista borghese o il militare a servizio del re.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Ciao Ipazia
Si rischia la galera o la morte (laddove fra liberi si eserciti una violenza indiscriminata) appunto perchè
c'è un "Leviatano"...
Se non vi fosse un Leviatano è probabile che, essendo libero di agire, il forte sottometta il debole, non credi?
Dunque che cos'è questa "libertà" se non un qualcosa che una "autorità" (nel senso stretto del significato)
concede all'interno di una sfera al di sopra della quale, però, predominanti sono i concetti di "bene" e di "male"?
Come fai, ad esempio, a dire che: "la libertà è per tutti o non è"?
Su quale "diritto", voglio dire, affermi questo assioma etico? Lo affermi forse sulla convinzione di una natura
umana benigna? Una natura, in sostanza, che una volta liberata dalle "sovrastrutture ideologiche" maligne
sarebbe libera di esplicarsi nella sua, diciamo, "essenza benevola"?
Perchè, a mio modo di vedere, se non lo affermi sulla base di questa convinzione sei costretta ad ammettere
un potere politico superiore (appunto un "Leviatano") che lo impone d'autorità.
Non riesco a vedere un "tertium"...
saluti e Buon Natale

sgiombo

Per quanto mi riguarda, la natura umana é plastica, creativa, molto variamente declinabile.

E condizionata, per il tramite "complicatissimo" delle sovrastrutture giuridiche e in senso lato culturali, in ultima istanza dalle strutture economiche.

E' da queste e dalla loro relazione dialettica con lo sviluppo delle forze produttive* che dipende in sostanza il tendenziale prevalere, nelle diverse circostanze storiche, dei suoi aspetti più o meno conseguentemente benigni o maligni (a livello "macrosociale"). E' qui che si può e si deve soprattutto e in maniera decisiva agire per cambiare e far prevalere il meglio delle variegate potenzialità umane.
Ancor più inestricabilmente complicata essendo la dinamica materiale determinate a livello "microsociale", fatto che la rende a mio parere (almeno per quanto ragionevolmente prevedibile) oggettivamente non passibili di fatto di una conoscenza scientifica psicologica che vada oltre la sapienza antica di Stoici, Epicurei e tanti altri occidentali e non (vorrei richiamare su questo l' attenzione di Everlost).
Conoscenza scientifica sia pure "umana" (con i notevoli limiti che inevitabilmente la differenziano assai dalla conoscenza propria delle scienze naturali) quale é invece rappresentata dal materialismo storico; che so bene tu, Oxdeadbeef, conosci e non condividi; ma ovviamente ognuno espone all' attenzione degli altri le convinzioni sue proprie.

Il "tertium" é per me la straordinaria plasticità propria del comportamento umano, frutto naturalissimo della realtà biologica, su cui si fonda la cultura, lo sviluppo della storia umana dalla, "sulla" (e non in contraddizione in alcun modo con la) storia naturale (che non si limita a proseguire pedissequamente, senza ricavarne molto di nuovo e di importante, sia pure solo soggettivamente per noi uomini).
MI scuso per la contorsione dell' argomentare.

Ciao, vecchio amico Mauro, augurissimi per uno splendido nuovo anno!

________________________
* Concetto marxista "classico" fortemente caratterizzato in senso "quantitativo", che a mio parere ciò che nel XX secolo si é appreso circa i limiti inderogabili delle risorse naturali realisticamente (e non fantascientificamente o ideologicamente: ideologia scientista) disponibili al' umanità impone di superare in senso piuttosto "qualitativo", analogamente a come, nelle scienze naturali, la relatività ha imposto il superamento della concezione "classica" newtoniana della gravità.

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 13:07:56 PM
Ciao Ipazia
Si rischia la galera o la morte (laddove fra liberi si eserciti una violenza indiscriminata) appunto perchè c'è un "Leviatano"...
Se non vi fosse un Leviatano è probabile che, essendo libero di agire, il forte sottometta il debole, non credi?

Ma non è certo la monarchia assoluta di Hobbes. Anche in un branco di mammiferi i più turbolenti e attaccabrighe vengono isolati e ridotti ad apprendere le buone maniere. La convivenza pacifica appartiene all'etologia degli animali sociali anche non umani.

Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 13:07:56 PM
Dunque che cos'è questa "libertà" se non un qualcosa che una "autorità" (nel senso stretto del significato)
concede all'interno di una sfera al di sopra della quale, però, predominanti sono i concetti di "bene" e di "male"?

Il processo evolutivo diviene esattamente al contrario: i concetti di bene e male testati empiricamente producono un'autorità collettiva che garantisce libertà a tutti i componenti della comunità neutralizzando i comportamenti prevaricanti. Nessuna necessità di un monarca assoluto che favorirebbe soltanto determinate camarille.

Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 13:07:56 PM
Come fai, ad esempio, a dire che: "la libertà è per tutti o non è"?
Su quale "diritto", voglio dire, affermi questo assioma etico? Lo affermi forse sulla convinzione di una natura umana benigna? Una natura, in sostanza, che una volta liberata dalle "sovrastrutture ideologiche" maligne sarebbe libera di esplicarsi nella sua, diciamo, "essenza benevola"?
Perchè, a mio modo di vedere, se non lo affermi sulla base di questa convinzione sei costretta ad ammettere un potere politico superiore (appunto un "Leviatano") che lo impone d'autorità. Non riesco a vedere un "tertium"...
saluti e Buon Natale

(Difficile vedere un tertium nel sociodarwinismo imperante che occupa l'intero orizzonte antropologico peggio dell'occhio infuocato di Sauron).

Lo dico perchè sto parlando di polis, non di pizza. Certamente liberarsi da tutte le sovrastrutture ideologiche maligne libera spazi di libertà, ma questi non è poi conferita da qualche metafisica autorità fuori e al di sopra del gioco, ma da tutti i giocatori in condizioni di uguaglianza e libertà. Allora non è più una questione di dominio sulla, ma di amministrazione della comunità, che è cosa ben diversa. Ovvero politica come arte di governo della polis, non di sopraffazione (militare, poliziesca, economica, sessuale, religiosa,...)

saluti e buone vacanze
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

A Sgiombo
Sì, anche per me non c'è una "natura umana" definibile come buona o cattiva.
Però, dicevo, se non si ammette un uomo buono per natura è necessario uno stato (il "Leviatano")
che d'autorità imponga al forte di non esplicare la possibilità che esso ha di sottomettere il
debole (uno stato che cioè limita la libertà del forte).
Non è esatto dire che io non condivido il materialismo storico, anzi. Ritengo che ogni pensatore,
per così dire, dia il proprio apporto; ed in ciò l'apporto di Marx è stato fra i più importanti.
L'affermazione per cui è la struttura a determinare, in ultima istanza, la sovrastruttura è
stata una delle più importanti dell'intera storia del pensiero.
Il discorso è chiaramente molto lungo...
Un caloroso saluto anche a te, vecchio amico mio.

sgiombo

#44
Tutto quello che hai scritto mi fa molto piacere.

Con Ipazia (credo di poter dire) sottolineerei che lo Stato (considerando la questione del tutto astrattamente) non necessariamente deve essere autoritario (ma quando ci vuole ci vuole: viva Stalin! Mi scuso per l' intemperanza, mi é scappato di tastiera); e soprattutto, al di là delle superficiali apparenze, é sempre l' insieme degli organi e apparati -militarmente e anche economicamente coercitivi, e ideologici- coi quali una determinata classe (o comunque blocco sociale in senso gramsciano) conserva, cerca di rafforzare quanto più possibile, esercita il potere reale (indipendetemente dalla maggiore o minore "democraticità formale" delle sue istituzioni).

Un' altra questione sulla quale ci sarebbe molto e di molto interessante da discutere (ma purtroppo solo teoricamente, stante la lontananza reale delle circostanze pertinenti) é quella dell' estinzione (possibile o no? inevitabile -nel caso della dittatura del proletariato-? In che senso? Entro quali limiti?) dello Stato stesso, cui Ipazia mi sembra alludere quando parla di "politica come arte di governo della polis, non di sopraffazione (militare, poliziesca, economica, sessuale, religiosa,...)".

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