L'origine della diseguaglianza

Aperto da InVerno, 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM

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paul11

Per quanto mi  riguarda Inverno ha ben posto il problema e niente affatto ideologicizzato.

E' il contesto ambientale  e lo intendo non solo naturale, ma anche culturale che fa propendere l'uomo verso una soluzione egoistica o solidaristica.Alcuni indigeni sud americani vivono ancora in comunità su grosse palafitte.
Si tratta di capirci cosa intendiamo per  simile, eguale e identità. Se sono concetti sociali,come mi sembra dalla discussione ha ragione Inverno a distinguere un periodo protostorico e il periodo che soprattutto dall'età del bronzo, con l 'avvento della tecnica, mutano le organizzazioni umane.

Il problema è se la diseguaglianza individuale di nascita viene esaltata dalla società competitiva interna, oppure se viene in qualche modo mitigata.( ed è un grosso problema tutt'oggi).Nella protostoria, sono d'accordo con Inverno, viene mitigata, perchè il concetto identitario di parentela e tribù è molto forte e la cura parentale è sviluppata su più persone, proprio come nelle scimmie e altri mammiferi sociali.Il branco aiuta e corre in soccorso del debole, ovviamente se può, anche quando vine attaccato. Il maschio alfa ha dei privilegi sulle femmine ed è il primo a banchettare, ma è anche alla testa del branco quando si muovono tutti insieme, ha la responsabilità sociale di tutti Noi umani siamo ridotti alla deresponsabilizzazione ,ma mantenendo i privilegi,questo sembrerebbe non accadere nella protostoria o nelle società  indigene "residue"a tutt'oggi.
C'è da chiedersi il perchè, come avviene l'avvento delle conoscenze della metallurgia, dell'addomesticamento, delle tecniche colturali dei foraggi e cereali, si abbassa il solidarismo per emergere l'egoismo in seno alla società.
Forse, aggiungo un altro concetto, fu il primo uso della tesaurizzazione dell'oro e della moneta che avviene in concomitanza
con l'immagazzinamento dei cereali, dei surplus produttivi che permettono di avere persone che non lavorano direttamente i campi, sicuramente anche il passaggio dall'oralità alla scrittura.
Quindi, a mio parere, è il passaggio da uno stato di natura ad uno più culturale che costruisce diseguaglianze sociali?
Il problema a me caro ,è quali dispositivi culturali hanno innescato un nuovo processo socio-culturale che dura dall'età del bronzo ?

anthonyi

La diseguaglianza è necessaria, qualsiasi comunità organizzata di individui deve essere coordinata, si devono attuare delle scelte, che è conveniente siano prese da uno o pochi, e poi queste scelte vanno eseguite da tutti gli individui.
In assenza di questo la comunità è inefficiente e viene schiacciata da altre comunità.
Vi è poi la particolarità della funzione militare, qualsiasi esercito necessita di diseguaglianza interna, per un buon coordinamento, e poi la specificità del ruolo dell'esercito crea comunque una posizione di potere dell'esercito stesso rispetto ai non appartenenti. Oltretutto questa posizione di potere si abbina al potere economico dall'era dei metalli in poi, quando le armi, che sono costose, diventano sempre più importanti.

InVerno

Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Settembre 2018, 17:02:37 PMMa perchè, poi, cercare sempre l'origine delle cose come se da essa dipendesse interamente l'attualità?
Come se, in maniera speculare alla visione religiosa successiva, individuando l'origine si possa
individuare l'"errore" originario che dall'età dell'oro ha portato all'età del dissolvimento...

saluti
Capire il passato non offre risposte "dirette" ne verso il presente ne verso il futuro, ma aiuta a mettere nel giusto ordine le idee della propria visione del mondo, non a caso Marx si premurò di dare una propria versione degli eventi. Vedo molti interventi che si affannano a trovare immediate correlazioni con il presente, il mio argomentare era di tipo squisitamente storico, perchè penso che capire la storia sia un valore di per se al di la delle risposte che ci fornisce o la sua presunta "utilità" nel capire il presente.
La teoria del filone marxista non è nemmeno fondamentalmente sbagliata, semplicemente si riferisce ad un epoca storica di molto successiva in accordo con i reperti storici disponibili al tempo. Alcuni fenomeni potrebbero essere ricondotti a quel periodo e analizzati propriamente in un ottica del "plusvalore" altri no. Si tratta di considerazioni successive alla domanda originaria che ha come unico scopo trovare le motivazioni dietro allo stabilimento in situ di cacciatori raccoglitori, dopo 180mila anni di girovagare sul globo, alla fine dell'ultima glaciazione, e la successiva origine della civiltà.
L'evento che oggi è riconosciuto come l'inizio dell'antropocene, una differente era geologica del pianeta, chiamata così a ben vedere visto l'esplosiva capacità umana di modificare il territtorio che ne è succeduta. Appurato che non si tratta di una specie di "momento eureka" di qualche brillante "rivoluzionario" o "inventore" ma di un fenomeno vastamente più complesso, possiamo trarre un sacco di considerazioni su come essa possa esserci da monito per il futuro sotto diversi ambiti. Quindi il fatto che le cause di questo evento siano plurali, non fa altro che dirci che le risposte che possiamo trarne sono molteplici,.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2018, 18:27:08 PM
Il problema è se la diseguaglianza individuale di nascita viene esaltata dalla società competitiva interna, oppure se viene in qualche modo mitigata.( ed è un grosso problema tutt'oggi).

Stando a quanto afferma M.Liverani ("Antico Oriente") più il potere regale è debole più
marcati diventano l'individualismo e la diseguaglianza (tant'è che il potere regale ricostituito come suo
primo atto ha di norma la cancellazione della schiavitù per debiti).
Questo vale in misura maggiore per le comunità nomadi che non per le stanziali (nelle quali, probabilmente, la
specializzazione del lavoro agisce come ulteriore fattore di diseguaglianza).
Sicuramente le tecniche di conservazione del cibo, come del resto l'assegnazione in proprietà di terre,
determinano una progressiva disgregazione del monolitico tessuto comunitario originario, con il sorgere
di "clan" patriarcali sempre più distinti, nei quali la ricchezza viene trasmessa fra le generazioni (è questo
che, dice Liverani, produce il "culto degli antenati" - e delle relative sepolture).
Quella di Liverani, per ammissione dello stesso autore, è una ricostruzione molto "economicistica"...
Del resto, le medesime dinamiche sembrano verificarsi in Grecia (D.Musti), in India e in Cina (altri autori).
Ne parlavamo, mi pare, anche tempo addietro: laddove non vi è una "comunità" salda ed unita dai medesimi valori
etici l'individualismo prende il largo, e con esso prende il largo la diseguaglianza.
Non solo, a me sembra che la diseguaglianza (del resto solo "contenibile" in una misura eticamente accettabile)
sia favorita da periodi di scarse virtù (se così vogliamo chiamarle...) guerriere da parte dei membri della
comunità (o società, ma non è la stessa cosa). Così, almeno, mi pare ci dica la ricerca storica.
Questo è del resto facilmente intuibile, se pensiamo che la comunità unita e fortificata da vincoli assunti come
"sacrali" non può non agire da terreno di coltura per un'etica guerresca.
E' ad esempio noto come dall'"humus" costituito dalle comunità tribali germaniche (i "barbari") nacque quel mito
della "cavalleria" che vede il rapporto fra "forte" e "debole" non certamente all'impronta del sopruso (come d'altronde
ri-divenne non appena il mercantilismo tardo-medioevale obliò di nuovo la comunità in favore del multiculturalismo.
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: InVerno il 25 Settembre 2018, 20:43:39 PMCapire il passato non offre risposte "dirette" ne verso il presente ne verso il futuro, ma aiuta a mettere nel giusto ordine le idee della propria visione del mondo,
Concordo nel modo più assoluto (in realtà volevo dire una cosa che adesso risulterebbe di non troppo interesse
approfondire).
saluti

InVerno

#20
Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2018, 18:27:08 PMIl problema a me caro ,è quali dispositivi culturali hanno innescato un nuovo processo socio-culturale che dura dall'età del bronzo ?
E qui penso che si capisca la gravità del problema. La risposta del tuo quesito, in ottica da "libro di testo" (perlomeno scolastico) non sarà altro che... "più plusvalore!". L'età del bronzo non sarà altro che un accumulazione economica che renderà possibile un ulteriore sofisticazione della società, un ulteriore sofisticazione tecnica etc. Quindi Oxdeadbeaf dice che vado cercando "il peccato originale", si ma di interpretazione, che poi si ripete ad ogni "rivoluzione". Chiamiamo l'età del bronzo per questo motivo perchè crediamo che nell'invenzione del bronzo risieda un aumento tale di plusvalore da renderlo rivoluzionario. E' una rappresentazione realmente accurata? Ecco che l'errore di interpretazione si ripete e presume al di la della conoscenza storica, per esempio nel termine "invenzione".
Per quanto ne sappiamo il bronzo potrebbe essere stata un "involuzione" dovuta alla non reperibilità in loco di metalli più duttili, e la continua ricerca di risorse minerarie lontane dal centro città aver reso le società altamenti dipendenti dal bronzo e altamente instabili. L'era del bronzo collasserà in uno dei più repentini collassi antropologici mai registrati, di cui in ottica del plusvalore non si riesce a capire le cause. Non erano forse più ricchi, ora che maneggiavano il bronzo? Siamo alle origini del mito del progresso, della cultura della freccia ascendente.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

bobmax

Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2018, 13:47:58 PM
ciao Bobmax,
come ho scritto precedentemente ,la "regola della terra" vede vincente il più forte(egoista), piuttosto che il saggio e pacifico.
Ma questo non significa che l'uomo debba esser per forza un egoista, un cinico, un guerrafondaio, perchè non è nè nella regola della natura vegetale e nemmeno animale, diversamente sarebbero letteralmente sparite tutte le specie vegetali  meno una e tutte le specie animali, meno una.La regola della concentrazione della ricchezza, dimostra ,rispetto ai regni vegetali e animali, di quanto siamo "fessi" noi umani. Quando c'è una sovrappopolazione animale o vegetale, arrivano le malattie a riequilibrare i numeri ecologici e delle catene alimentari .
Noi non siamo  tanto egoisti, quanto sommamente ignoranti, perchè così non vive bene nè il ricco e nemmeno il povero.
il primo è povero "di spirito", il secondo di beni materiali per "tirare a campare".
E' vincente la cooperazione con regole "del gioco" che accettano la diversità come confronto, non come conflitto.io imparo qualcosa di te e tu impari qualcosa di me,dove ognuno dà quello che può e riceve in cambio secondo le proprie necessità nella regola che presiede la comunità, che deve essere armonica

La cooperazione fra un fungo ed un alga, forma il lichene
la cooperazione fra un fungo e le leguminose, arricchisce il terreno di sostanze azotate e infatti le leguminose  entrano nelle rotazioni colturali come arricchenti di nutrienti  del terreno oltre come base nutriente per gli animali allevati.
la natura ci insegna .....ci insegnava.......ci insegnò........

Ciao Paul11,
penso anch'io che l'egoismo non sia ineluttabile. Tuttavia ritengo pure che l'istinto egoista sia comunque necessario, fondamentale per diventare ciò che davvero siamo.

L'egoismo è infatti all'origine di ogni desiderio.
E' l'io che cerca di espandersi, con ogni mezzo, anche il più subdolo.
Al punto da allearsi con chiunque, pur di trarne vantaggio.

E tutto in natura pare muoversi seguendo l'egoismo. Su cui si fonda la sopravvivenza dell'individuo, della specie.
Questa almeno è a mio avviso la necessaria constatazione del nostro pensiero razionale, che osserva come funziona il mondo.

Il bene, l'altruismo, sono visti, dalla razionalità, semplicemente come delle forme di egoismo raffinate (faccio del bene perché così, un domani, potrò magari essere ricompensato...).
Il puro bene, l'autentico altruismo sono intese, dal pensiero logico/razionale, come delle sviste, delle illusioni.

Tuttavia l'egoismo ha in se stesso la ragione della propria dissoluzione.
Perché ogni desiderio diventa ben presto effimero, ciò che si desidera finisce per rivelarsi vano.
Ogni cosa, ogni realizzazione, non sono infatti che puro nulla.

E allora l'io si ritrova, per giungere alla pace, a dover rinunciare proprio a se stesso!
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

paul11

#22
ciao Bobmax,
penso ad un sano ego per amor proprio che non sconfini  in un patologico narcisismo fallico d'impronta megalomane.
il cosiddetto razionalismo moderno che contempla il principio edonastico nasce nella visione del calcolo, come ben ha scritto Socrate in un post precedente, e deriva dal principio di utilità, tutto deve essere agito per un tornaconto, mai per il piacere gratuito di far anche solo del bene altrui,non è piacere anch'esso?
Sostengo quindi anch'io che un ego che derivi da un istinto di sopravvivenza vi sia, ma deve essere educato o da noi stessi o  indotto dalle leggi delle comunità, clan, tribù, Stati.

ciao Mauro (Oxdeadbeaf) e Inverno.
Quando tempo fa si scoprì che l'homo di Neanderthal usava eseguire la sepoltura per i morti e conviveva, da ritrovamenti archeologici mi pare in Palestina o nei pressi, con il Sapiens, fin a pensare che si siano ...ibridati, ritengo che il culto della sepoltura sia di parecchio tempo anteriore alla comparsa della proprietà.
Molti, fra cui un famoso scritto di Engels, antepongono la protostoria con la società matriarcale e le prime proprietà ovviamente con le colture agricole, perchè si trattava di lavorare la terra, seminare, salvaguardare il campo coltivato per attendere la maturazione e quindi la raccolta. Così per la salvaguardia dei capi di bestiame.ma personalmente questo era ancora possesso e non proprietà vera e propria.Il patriarcato e il servilismo del genere femminile corrisponde proprio con la codificazione giuridica della proprietà con massi, sassi, rocce che segnavano i confini delle proprietà terriere.Con il patriarcato e le codificazioni legislative si passerà alle successioni ereditarie privilegiando il primogenito maschile.
C' è quindi anche una diseguaglianza forte sul genere,gender, femminile,sia come specializzazione procreativa e di accudire la casa,sia culturale.

Si tratta di capire come da una esigenza difensiva, di salvaguardare il proprio lavoro con il bestiame e per il raccolto si passa alla proprietà giuridica salvaguardata dallo Stato,fino a diventare istituto "insopprimibile" e quindi ideologico.
E' chiaro che la proprietà e la successione ereditaria cominciano ad essere accumulazione di ricchezza economica e quindi potere.
il culto dell'antenato avviene come ringraziamento dei privilegi ereditati.Spesso i dispositivi culturali , come ama dire Green, hanno una mimesi,soprattutto quelli religiosi, li definirei strumentalizzazioni ideologiche al fine di giustificare dei privilegi.

Se prima dello Stato un territorio era più allo "sbando",con lo Stato e le codificazioni legislative le figure giuridiche diventano stabili

InVerno

Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Settembre 2018, 20:45:03 PMSicuramente le tecniche di conservazione del cibo, come del resto l'assegnazione in proprietà di terre,
determinano una progressiva disgregazione del monolitico tessuto comunitario originario, con il sorgere
di "clan" patriarcali sempre più distinti, nei quali la ricchezza viene trasmessa fra le generazioni (è questo
che, dice Liverani, produce il "culto degli antenati" - e delle relative sepolture).
Quella di Liverani, per ammissione dello stesso autore, è una ricostruzione molto "economicistica"...
Del resto, le medesime dinamiche sembrano verificarsi in Grecia (D.Musti), in India e in Cina (altri autori).
E' curioso come Liverani si renda conto del "economicismo" della sua visione ma continui a preferirla. A parer mio i culti ancestrali sono ben più antichi del concetto di ereditarietà, ben testimoniato dal fatto che la maggior parte dei primi insiediamenti fungevano da necropoli. Alcuni siti presentano decine di decine di strati "distrutti" e ricostruiti successivamente, per via dell'uso di distruggere l'abitazione insieme al defunto, alla tomba del quale venivano sepolti anche diversi monili. Di quale eredità si sta parlando, visto che persino la casa veniva rasa al suolo con il defunto spesso e volentieri ?
E anche ammesso esistesse un eredità, se la famiglia biologica non era rispettata, chi sarebbero stati gli eredi se non la comunità stessa? Questo "trucco" sociale molto intelligente che è largamente documentato, ovvero di nascondere la parentela biologica in diversi modi per far si che i figli siano "di tutti" o di una "parte", come combacia con il concetto di ereditarietà e di una proprietà privata che viene passata da padre in figlio? Il culto dei teschi e il culto degli antenati è largamente più antico della proprietà privata, a mio avviso, al punto che può essere riscontrato persino nei Neanderthal. E questo è un altro esempio di come queste due opposte concezioni dei principi della neolitizzazione porti a conclusioni totalmente diverse, dove quella "economica" è una coperta sempre troppo corta che lascia sempre scoperti grossi pezzi di storia.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

0xdeadbeef

Ora, non vorrei ricordare male (lessi ormai molti anni fa certi testi di Liverani, Musti, etc.) ma mi sembra che
in questione non vi sia una generica "sepoltura" (certo pratica ben più antica che non la trasmissione ereditaria),
ma la sepoltura e la venerazione degli antenati della "propria" famiglia o clan.
Del resto, sempre se ben ricordo, molto antica è in Mesopotamia l'usanza di aggirare il divieto di vendere le
proprie terre con una finta adozione.
Ora, come nacque la proprietà vera e propria (cioè trasmissibile)? Mi sembrerebbe plausibile datare questo passaggio
ad una fase successiva la "stanzializzazione" (la cosiddetta "rivoluzione agricola"), anche se non si può escludere
che fra le generazioni dei nomadi vi possa essere stato passaggio di capi di bestiame.
Sembra certo (anche da fonti a noi più vicine, come l'economia romana e del primo medioevo) che inizialmente il
"possesso" venisse concesso dall'autorità come ricompensa per servigi prestati, e che tale possesso "privato"
convivesse con una ben più ampia proprietà "demaniale".
Fatto è che ben presto questo possesso diventa vera e propria "proprietà" (quindi trasmissibile e alienabile - forse
sul modello di quella che, con la stanzializzazione, viene sempre più sentita come la "terra patria" di un certo
popolo - e non di un altro).
Tuttavia, vorrei insistere un attimo su quello che a me sembra il nocciolo della questione (se è vero che il post si
intitola: "L'origine della diseguaglianza"...).
Dicevo nel precedente intervento che nei periodi di "vacanza" del potere regale sembra crescere (secondo Liverani)
la diseguaglianza. Con la diseguaglianza (forse anzi come causa di essa) crescono l'individualismo ed un "familismo"
inteso in maniera ristretta.
Quindi, dicevo, l'origine della diseguaglianza come disgregazione del potere regale (un potere regale che, non a caso
ama farsi chiamare "padre" dal popolo anche in tempi a noi vicinissimi); un potere regale che, ed è questo il punto,
incarna la "comunità" come aggregazione di individui legati gli uni agli altri da una precisa "cultura" (o etnia).
L'origine della diseguaglianza politica e sociale è allora da me individuato nella disgregazione della "comunità",
allorquando essa diventa "società" (e ciò si verifica in maniera evidentissima in Grecia con l'avvento della
democrazia e a Roma con la progressiva estensione del diritto alla cittadinanza.
Chiaramente, questo non risolve il problema inteso in una dimensione più ampia, che è quella dei rapporti fra
culture, popoli ed etnie diverse (anzi, a questo livello il problema della diseguaglianza sembra acuirsi, come
la storia tragicamente ci insegna).
saluti

Ipazia

Prendo atto del richiamo di InVerno. Sì è questa la discussione giusta  ;) Ma anche il senso etico della spesa pubblica, soprattutto quando l'interesse privato (capitalismo) è tutto lanciato verso la diseguaglianza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Engels ne ha parlato esaurientemente nell' Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato.

In una specie marcatamente sociale come l'uomo, con una precoce divisione del lavoro sociale, l'avvento di caste fu praticamente inevitabile. Eppure abbiamo esempi anche recenti di comunità umane come i nativi nord americani e gli aborigeni australiani in cui la comunità rimase sostanzialmente egualitaria fino a che venne spazzata via dai colonizzatori europei.

Il primo elemento di diseguaglianza fu probabilmente la guerra tra comunità diversa e la riduzione in schiavitù dei perdenti. Poi subentrò la divisione del lavoro all'interno della comunità con le alleanze tra caste al fine di sottomettere una parte della popolazione concentrando la ricchezza e il potere nelle caste superiori. Il processo avvenne quasi ovunque con grandi similitudini: Europa, Asia, popoli andini. Guerrieri, sacerdoti (e intellettuali vari) e masse di lavoratori. La coalizione di guerrieri (aristocrazia) e sacerdoti contro i lavoratori è la prima grande cesura che porta all'ineguaglianza sociale. La differenza la fa la mera violenza: la disponibilità di una forza armata. Su questa differenza si sono retti tutti gli imperi antichi fino ai nostri giorni.

Anche il potere economico, ma solo in quanto strumento di acquisizione di un potere militare, ha saputo svolgere funzioni di dominanza sociale. Oggi pare che possa permettersi di mantenere l'ineguaglianza sociale anche senza i militari. O, più precisamente, la borghesia compradora si è comprata eserciti e politici per cui, pur continuando ad aver bisogno della forza militare (Libia, Iraq, Siria, Palestina) è perfettamente in grado di gestirla in prima persona. Anche attraverso lo strumento già vincente in epoca rinascimentale dei mercenari (contractors e squadroni della morte).

Quindi direi che la diseguaglianza, nata con la primissima divisione delle funzioni sociali, gode tuttora di ottima salute.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

#27
Ciao Ipazia,
ci tengo a precisare che quando mi riferisco alla chiave di lettura marxista della "rivoluzione (involuzione?) neolitica", mi riferisco principalmente alle sue iterazioni più moderne che utilizzano a buon diritto i fondamentali ideologici del materialismo storico per interpretare i fatti di cui abbiamo nozione. Riguardo a quanto scrissero M&E che tempo fa mi andai a riprendere per rinfrescarmi la memoria, farei volentieri a meno, considerandole generalizzazioni buone per un ideologia con uno scopo ben preciso alla disperata ricerca di conferme genesiache..Seriamente, un sistema di rigide caste basate sul potere economico, rappresentate universalmente dall'oceania al sud america? Non si può seriamente asserire ciò, il prezzo da pagare è troppo alto, come ad esempio rinunciare ai più squisiti filoni di ricerca moderni, come ad esempio l'origine mesopotamica della democrazia, o per meglio dire del potere assembleare (millenni prima della vulgata che vorrebbe la loro origine in terre elleniche). Bisorebbe ragionare ed investigare sulla forma di cità antica, quella che ha già sviluppato il potere privato attraverso la "piazza del mercato", posizionata agli antipodi del palazzo regale, ove presumibilmente venivano ordite le congiure contro il re e il potere rappresentato, privato e pubblico già in loco. In ogni caso, il baricentro di questi siti è sempre il centro il religioso, mediano tra il palazzo del re e la piazza del mercato, centro di gravità permanente della cultura simbolica. Di stratificazioni sociali si può parlare, io però propendo per il fatto che le prime forme di esse fossero stratificazioni di tipo reputazionale, basate perciò sulla reputazione degli individui di fronte ai simboli, anzichè di stratificazioni economiche e\o funzionali, molto più tarde e presumibilmente reiterazioni delle prime. La disegugaglianza va prima pensata, e poi attuata.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

baylham

Le basi della disuguaglianza economica sono biologiche ed ecologiche.

Il primo elemento è la differenza biologica tra l'io e l'altro, gli altri.
Tuttavia questa differenza biologica è simile, se non uguale, per tutti gli uomini.

Il secondo elemento è ecologico, la limitatezza delle risorse, la scarsità, il principio malthusiano, al centro della biologia e dell'economia, da cui la concorrenza, il conflitto sulle risorse. La scarsità rende inevitabilmente gli uomini diseguali tanto più essi sono biologicamente uguali perché aspirano alle stesse risorse.

Questi due elementi sono talmente profondi, radicati, da essere ineliminabili.
Questa struttura originaria di disuguaglianza innesca ulteriori e successive disuguaglianze.Paradossalmente tanto maggiore è l'uguaglianza tra gli uomini tanto maggiori sono gli effetti di piccole differenze.

Per cui condivido parzialmente l'analisi marxiana che mette al centro della disuguaglianza le relazioni economiche, ma la contesto perché trascura la biologia e l'ecologia. Infatti sfocia in un utopico comunismo, un paradiso terrestre senza alcuna base reale.
Ovviamente la cultura, per quanto importante, è secondaria rispetto al quadro ecologico ed economico di fondo descritto. Su questo sono d'accordo con l'analisi marxiana.

viator

Salve Baylham. Perfetto. Naturalmente è più facile vedere quello chè vicino agli occhi (ciò che è stato scritto negli ultimi secoli) che riconoscere l'importanza inesorabile di ciò che esisteva prima della scrittura e della storia e che - illeggible e per alcuni invisibile - tuttora produce i fondamenti del nostro esistere. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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