L'origine del male e del bene

Aperto da Jacopus, 29 Luglio 2019, 22:20:15 PM

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Phil

Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Non capirò mai a cosa serva tutto questa necessità di verità.
Condivido, allargando l'incomprensione anche al concetto di «bene», che infatti proponevo di congedare (post n. 47 e seguenti) in favore di altre ("faticose" e potenzialmente fallimentari) categorie; meno vaghe, meno strumentalizzabili e più "analitiche".

Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Per questo sostengo che sia il referente anzitutto da decidere sulla questione del bene e del male.
Fondamentale, ancora prima, è secondo me capire se si tratta di «decidere» (che implica già un significato/paradigma) oppure di «trovare» (che implica ontologia, parusia/trascendenza).
Concordo dunque sul fatto che:
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Il referente, ossia l'oggetto (reale o immaginario che sia, perchè questo è una operazione successiva della filosofia) che costituisce la base per un discorso [...] è la base di una prima fase di critica.
Sarebbe per me interessante iniziare a vedere la questione del referente non come una fase di critica, quindi a posteriori, bensì di fondazione, quindi a priori (per quanto la deduzione metafisica abbia sensibilmente calcificato la forma mentis di noi continentali).

Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
A me Phil pare che ben poni la questione del referente dell'oggetto principale da cui inizia l'indagine filosofica, ma poi blocchi la stessa indagine filosofica, sui concetti tautologici, ossia blocchi l'analisi a livello linguistico, definendo il simbolo stesso come indecidibile, quindi non solo bene e male, ma anche ethos.
Il simbolo di per sé non è indecidibile, è piuttosto il rapporto con il suo sedicente (sé-dicente) referente ad esserlo, essendo già predeterminato dal suo stesso dire (pensiamo mai ad un simbolo senza referente, o meglio, senza significato? Certo, potremmo farlo, volendo; tuttavia, seriamente, lo facciamo?). Il bene è indecidibile nel senso che nel porlo già lo definisco, più o meno esplicitamente, fondandolo sul suo discorso stesso. Lo hanno detto/posto gli antichi, lo diciamo/poniamo noi, ognuno nel suo contesto e con il suo linguaggio. Giro di giostra che ha come perno l'interpretazione esistenziale del reale; l'interpretazione fisica, scientifica, ha come "freno di emergenza" una certa falsificabilità che scongiura il decollo indiscriminato (con rischio di sconfinare nel cielo dell'estetica), freno a cui non hanno potuto far ricorso (per fortuna?) né Nietzsche, né Heidegger, né i decostruzionisti, né tanti altri, con le conseguenze letterarie che sappiamo (Rorty docet). Probabilmente Wittgenstein e altri (in ambito linguistico) sono riusciti a controllarsi meglio, senza perdere l'aderenza con il reale, disincantandolo dalla metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).


P.s.
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Per questo forse ti interessava l'idea di ethos, come se questa potesse dire del referente qualcosa che superasse la tautologia.
Era la tesi che intravvedevo in Ipazia e, considerato il potenziale dell'effetto domino che ne sarebbe derivato, non potevo non cercare chiarimenti.

Ipazia

Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
...Probabilmente Wittgenstein e altri (in ambito linguistico) sono riusciti a controllarsi meglio, senza perdere l'aderenza con il reale, disincantandolo dalla metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).

Possiamo anche intenderla così: in effetti guerra, pestilenza, malattia, miseria, ignoranza sono anche brutti referenti e possono benissimo afferire ad un universo semantico non-etico, che l'etica cerca tecnicamente di superare.

Ma la serietà dei fondamenti rimane nelle condizioni etologiche che garantiscono la tutela e valorizzazione della vita umana. Questione del tutto sovraindividuale, sociale. Fuori portata dalla interpretazione dell'etica a fenomeno totalmente individuale.

Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Per questo forse ti interessava l'idea di ethos, come se questa potesse dire del referente qualcosa che superasse la tautologia.
Era la tesi che intravvedevo in Ipazia e, considerato il potenziale dell'effetto domino che ne sarebbe derivato, non potevo non cercare chiarimenti.

Se neghiamo aprioristicamente la componente physis di ethos riducendola a concetto senza referente è inevitabile che il logos ricada in se stesso, perdendosi in fenomenologico un-sinnig.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).

Possiamo anche intenderla così: in effetti guerra, pestilenza, malattia, miseria, ignoranza sono anche brutti referenti e possono benissimo afferire ad un universo semantico non-etico, che l'etica cerca tecnicamente di superare.
Non è esattamente quello che intendevo (v. cross-dressing fra etica ed estetica); quell'«in questo»(autocit.) è l'innesco fondamentale del senso del discorso, ovvero, parafrasando: «per quanto riguarda la consapevolezza di essere autoreferenziale, in questo l'etica è solo... etc.». Sarebbe a dire che l'estetica sa (e ammette) di essere autoreferenziale, mentre l'etica spesso se lo dimentica, anche a causa della sua eredità teologica (il cui universalismo viene fatto uscire dalla porta dalla laicità, ma viene poi talvolta fatto rientrare dalla finestra dal bisogno, psicologico prima che logico, di non scoprirsi "pensiero debole", che pare sia il vero Male per noi del vecchio continente; orfani delle teologie, mentre si aspetta che la scienza ci dia ulteriori risposte, bisogna pur aver un nemico, no? Ironicamente è lo stesso da cui mettevano e mettono in guardia le chiese...).

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Questione del tutto sovraindividuale, sociale. Fuori portata dalla interpretazione dell'etica a fenomeno totalmente individuale.
Senza dubbio; credo infatti d'aver insistito molto sul fatto che l'etica si pone soprattutto quando "si esce da casa propria", quando "le piramidi si scontrano", quando "i paradigmi sono divergenti", etc. e per questo ritengo l'appello a Maslow non pertinente (hai infatti chiarito che ti serviva solo come spunto tassonomico).

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Se neghiamo aprioristicamente la componente physis di ethos riducendola a concetto senza referente è inevitabile che il logos ricada in se stesso, perdendosi in fenomenologico un-sinnig.
Parlando di ethos, la componente physis non credo possa essere negata; per quanto Lou, scrutando la zona dei confini della teoresi antropocentrica (la stessa zona che mi ispira nel parlare di tautologia del senso, anche con green), ricordava giustamente che anche la physis è un concetto posto, un significato, ma qui, per non sfilacciare troppo il discorso, credo convenga restare a distanza di sicurezza da quei confini e prenderla per buona come se non fosse un concetto anch'essa (noumeno kantiano filtrato dal neopositivismo logico).
Che la physis sia una componente, anzi la prima componente che rende possibile il discorso etico (niente etica fra i morti, dicevamo), tramite il passaggio nell'ethos, mi pare non implichi che possa anche fungere da fondamento della normatività di tale discorso. Come dire: senza automobili non si dà codice della strada, ma i paradigmi normativi del codice della strada non sono fondati solamente sull'esser-auto di una automobile. Certo, il codice stradale tiene presente che le auto non volano, sono fatte di metallo, portano persone a bordo, etc. proprio come l'etica tiene presente che le persone hanno una loro physis, sono mortali, hanno differenti pulsioni, etc. Tuttavia il ruolo e l'utilità sociale del codice stradale (dell'etica) non è ricordarci cos'è un'auto (qual'è la physis di un uomo), quanto piuttosto regolamentarne la circolazione (la vita sociale). Qui entra in gioco l'arbitrarietà dei codici (della strada ed etici) proprio perché esulano da un fondamento incontrovertibile (capace di falsificare eventuali proposte indebite) che non sia la loro stessa convenzione. Si deve guidare a destra o a sinistra? Il limite in autostrada è 130, 150, o ad libitum? Quanto sanzionare una determinata infrazione? Le infrazioni sono uguali ovunque? Qui altri esempi (con il beneficio del dubbio sulla fonte). Le risposte a queste domande non sono fondata razionalmente su cosa è un'auto (presupposto del codice stesso), ma piuttosto su convenzioni (culture) e punti di vista dei legislatori (piuttosto differenti, come stigmatizzato nel link).
Plausibilmente ogni codice proibirà l'entrare in una strada contromano (data l'alta possibilità di causare un'incidente grave), così come ogni etica probabilmente proibirà di uccidere per il puro piacere di farlo (sarebbe difficile organizzarsi in società); tuttavia non mi sembra che le questioni etiche importanti per l'uomo (attuale e non) siano di questa "grossolanità", per la quale, concordo, probabilmente basta l'ethos animale.


P.s.
Una differenza pratica strada/etica è che il codice stradale ha appositi controllori e tecnologie (pattuglie, autovelox, telecamere, etc.) mentre l'etica, per la parte non normata dal diritto, non ha arbitri ma arbitrio (sulla cui libertà non voglio squarciare il velo di Maya scoperchiare il vaso di Pandora); considerando come "il tribunale della ragione" abbia i suoi circoli viziosi e non sappia suo malgrado trascendere la cultura su cui si è edificato, e data l'indecidibilità di una meta-etica, pare non ci siano vigili e giudici per l'etica... almeno non in questa vita, direbbe qualcuno.

Ipazia

#138
La risposta te la sei data da solo. Arbitrario può essere il senso di marcia, il colore dei semafori e i simboli della segnaletica, ma non è arbitrario il loro significato che rimanda al referente umano da salvaguardare mediante tali dispositivi teorici e tecnici resi vigenti e noti universalmente.

Il link/sequitur, c'è sempre. Se la rotatoria sostituisce il semaforo non è per assenza tautologica di senso del codice della strada, ma per evoluzione tecnica. Similmente per l'etica, il referente e i significati ci sono sempre, basta stanarli. Compresa la motivazione tecnica accessibile all'indagine ermeneutica. Si tiene aperto il cerchio seguendone l'evoluzione nei suoi aspetti antiquari e innovativi, senza finire in testacoda tautologici.

Il finale del tuo ragionamento piuttosto é circolare (pro domo sua relativista). Gli omicidi stradali e il sequitur tra etica e diritto dimostrano la non arbitrarietà di certi fondamenti etici, la gerarchia per nulla arbitraria dei valori in gioco e il fatto che non basta il buonsenso e un po' di cultura per salvarsi dalla non-etica. Postulabile anche in assenza di numi.

Quanto alle varianti fenomenologiche del nomos esse non inficiano il senso della loro necessità e sono riducibili a pochi, fondamentali, comuni denominatori etici.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 15:57:47 PM
La risposta te la sei data da solo. Arbitrario può essere il senso di marcia, il colore dei semafori e i simboli della segnaletica, ma non è arbitrario il loro significato che rimanda al referente umano da salvaguardare mediante tali dispositivi teorici e tecnici resi vigenti e noti universalmente.
Se non erro ho citato (usando quel link per brevità) anche le differenze di regole, quindi di nomos che dà significato alle azioni.
Sulla tutela della vita (referente-presupposto), come dicevo,
Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
ogni etica probabilmente proibirà di uccidere per il puro piacere di farlo (sarebbe difficile organizzarsi in società); tuttavia non mi sembra che le questioni etiche importanti per l'uomo (attuale e non) siano di questa "grossolanità", per la quale, concordo, probabilmente basta l'ethos animale.

Riguardo al famigerato sequitur, come si dice in altri contesti, l'onere della prova spetterebbe a chi afferma... e per prova si intende solitamente una dimostrazione, non una mera affermazione (ammetto che tra macchinette del caffè, animali e codici della strada, ti ho probabilmente distratta... sono ancora in attesa di sapere qual'è il sequitur, in "cosa" consiste).

Che le etiche siano molteplici, che spesso non ci sia falsificazione razionale fra etiche divergenti (v. scontro fra culture), che questioni etiche "evolute" (fuori dalle grotte) non siano risolvibili oggettivamente chiedendo all'ethos o alla physis, etc. credo siano ormai assodati dati di fatto (fino a prova contraria); il resto sono piacevoli interpretazioni (e su quella che è la loro circolarità, almeno secondo me, ti ho intrattenuta a sufficienza).

Sariputra

Un modesto intervento in questa dotta discussione...

E' impossibile, a parer mio, trovare una logica per l'etica, che non sia  solo ( si fa per dire..) la necessità di una convivenza pacifica , in quanto l'etica sfugge  ad una definizione intellettuale precisa, essendo essenzialmente esperienza viva. E' ciò che noi sentiamo con la nostra coscienza/interiorità in rapporto ad un determinato evento, più che a quello che noi pensiamo al riguardo. L'etica sarà sempre un processo di crescita personale, un discernere continuo con il cuore tra gli eventi che ci capitano nella vita. La differenza nel sentire fa sì che, già all'inizio, c'era l'uomo che abbandonava il figlio in pasto al leone, dandosela a gambe, e quello che per salvare il figlio si faceva sbranare dal leone. C'era chi tradiva il gruppo per l'interesse personale e chi moriva per l'interesse del gruppo...Tutto questo agli albori, prima di ogni cultura sviluppata, come la intendiamo oggi....Sostanzialmente le cose non sono cambiate. Sono cambiate solo le forme esteriori. Consapevolezza e compassione sono i cardini dell'etica. E non si può o non si riesce ad imporre a nessuno di essere consapevole o compassionevole...che è il problema della morale, quello di volersi imporre. L'etica ha più a che fare con la virtù, quindi con qualcosa di interiore e personale, che 'eleva', mentre la morale è l'abito esteriore, fatto di imposizioni o di adeguamenti che mutano nel tempo . Si può dire che, in assenza di virtù, sorge la morale e quindi la Legge...La virtù è la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso, senza cercare o attendersi alcun utile. Naturalmente allora nasce la domanda: cos'è il 'bene'? Una bella risposta, a parer mio, che è una domanda, la dà Yeoshwa: "Chi di voi, se un figlio che ha fame gli chiede del pane, gli dà invece una serpe?'" (a proposito dei serpenti che sono simboli sia negativi, di pericolo, che positivi, di conoscenza..).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Ipazia

Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 17:10:08 PM
Se non erro ho citato (usando quel link per brevità) anche le differenze di regole, quindi di nomos che dà significato alle azioni.

Sí, ma da bravo fenomenologo relativista hai guardato il dito e non la luna, che, nel caso specifico del c.d.s., é la tutela delle vita umana (luna) con aspetti prescrittivi e repressivi commisurati alle specificità ambientali (dito) che possono anche variare di molto in funzione della densità e "sportività" dei convitati. Certamente pure del valore che si dà alla vita umana in rapporto ad altri materici valori, ma qui la nottola deve volare più in alto per vedere la luna anche quando é avvolta dalle nebbie dell'ideologia. La luna delle condizioni strutturali di una società alla base delle sue ideologie...

Citazione
Sulla tutela della vita (referente-presupposto), come dicevo,
Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
ogni etica probabilmente proibirà di uccidere per il puro piacere di farlo (sarebbe difficile organizzarsi in società); tuttavia non mi sembra che le questioni etiche importanti per l'uomo (attuale e non) siano di questa "grossolanità", per la quale, concordo, probabilmente basta l'ethos animale.

... che ritengo grossolano, e indegno della nottola di Minerva, ridurre a "grossolanità", rinunciando ad indagarne il sottosuolo.

Citazione
Riguardo al famigerato sequitur, come si dice in altri contesti, l'onere della prova spetterebbe a chi afferma... e per prova si intende solitamente una dimostrazione, non una mera affermazione (ammetto che tra macchinette del caffè, animali e codici della strada, ti ho probabilmente distratta... sono ancora in attesa di sapere qual'è il sequitur, in "cosa" consiste).

Che le etiche siano molteplici, che spesso non ci sia falsificazione razionale fra etiche divergenti (v. scontro fra culture), che questioni etiche "evolute" (fuori dalle grotte) non siano risolvibili oggettivamente chiedendo all'ethos o alla physis, etc. credo siano ormai assodati dati di fatto (fino a prova contraria); il resto sono piacevoli interpretazioni (e su quella che è la loro circolarità, almeno secondo me, ti ho intrattenuta a sufficienza).

Il sequitur consiste nel rapporto struttura-sovrastruttura indagato da storici, filosofi, sociologi, psicologi, economisti, ... di cui si trova abbondante materiale in letteratura. Cherchet l'argent é un'ottima chiave ermeneutica per individuare anche i sequitur più nascosti nelle profondità dell'animo umano. Nummus, cantavano già i clerices vagantes medioevali.

Un tantino grossolana, ma già più sottile se si seguono i sentieri di misti(ci)ficazione e reificazione che la fervida psiche umana così fecondamente produce.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
L'etica sarà sempre un processo di crescita personale, un discernere continuo con il cuore tra gli eventi che ci capitano nella vita.
Parlando con Ipazia della complessità delle questioni etiche attuali, mi concessi una battuta riguardo al "cuore":
Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 18:48:39 PM
Quindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? Perdona la futile battuta, ma il passo successivo non sarà mica «ascolta il tuo cuore»?
Al di là del motto (eravamo in un contesto meno poetico e un po' più epistemologico), bisogna comunque riconoscere come sia proprio il "cuore" a differenziarci da un calcolatore:
Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
un elaboratore che, analizzando tutti i dati antropici, ci spiega che razionalmente dovremmo smetterla di procreare e persino di curarci perché il pianeta è sovraffollato, l'impronta ecologica è drammatica, etc. tuttavia se possiamo intimargli di tacere è perché lui non ha un cuore e, come noto solo agli umani, «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce...».
Se è vero che tutti abbiamo un "cuore", è anche vero che
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
La differenza nel sentire fa sì che, già all'inizio, c'era l'uomo che abbandonava il figlio in pasto al leone, dandosela a gambe, e quello che per salvare il figlio si faceva sbranare dal leone. C'era chi tradiva il gruppo per l'interesse personale e chi moriva per l'interesse del gruppo...Tutto questo agli albori, prima di ogni cultura sviluppata, come la intendiamo oggi....Sostanzialmente le cose non sono cambiate.
Concordo sul fatto che i cuori degli umani (e i rispettivi "sentire") siano differenti, che ognuno abbia le sue pulsioni.

Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
Consapevolezza e compassione sono i cardini dell'etica. E non si può o non si riesce ad imporre a nessuno di essere consapevole o compassionevole...
Possiamo tuttavia essere educati alla compassione e alla consapevolezza: om mani padme hum (mi piace ricordare la spiegazione del Dalai Lama: om = aum, tre lettere che rappresentano corpo-mente-parola; mani = gioiello-compassione; padme = loto-consapevolezza; hum = unione). Questo almeno sbirciando dentro il "cuore" del buddismo, tuttavia, abbiamo appena ricordato che ci sono tanti "cuori", sia intesi come uomini che, allargando il discorso alle comunità, come tradizioni (per alcune siamo tutti fratelli, per altre al massimo cugini; dimostrazione che i cuori fisiologici funzionano tutti allo stesso modo, ma quelli metaforici non sempre, e parlare della loro "salute" o "malattia" prevede spesso una discreta discriminazione, fondata su valori "autofondanti", etc.).

Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
L'etica ha più a che fare con la virtù, quindi con qualcosa di interiore e personale, che 'eleva', mentre la morale è l'abito esteriore, fatto di imposizioni o di adeguamenti che mutano nel tempo . Si può dire che, in assenza di virtù, sorge la morale e quindi la Legge
Questa frase, in cui la morale rimpiazza la virtù (pur intendendo poi tu la virtù in modo "greco" come «la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso») mi ha fatto venire in mente l'affinità con il pensiero taoista; ad esempio questo passo:
«La conoscenza degli antichi si spingeva lontano.
(Mitica età passata, tipico espediente per sostenere che non è utopia poiché è già successo realmente)
Fin dove si spingeva? Fino a ritenere che le cose non esistessero.
(qui la differenza fra "nichilismo" ontologico-occidentale/concettuale-orientale)
Questa è la conoscenza suprema, a cui non vi è nulla da aggiungere.
(la spoglia ma enfatica completezza tipica dei pensieri arcaici)
Poi vennero coloro che credevano all'esistenza delle cose,
ma non tracciavano confini fra di esse.
(concettualizzazione senza individuazione?)
Poi vennero coloro che tracciavano confini fra le cose,
ma non riconoscevano l'esistenza del giusto e dello sbagliato.
(individuazione secondo principio di identità ma senza annesso giudizio)
Quando sorsero il giusto e lo sbagliato, il Dao cominciò a declinare.
(la virtuosa spontaneità viene meno, si acuisce la ratio con le sue dicotomie valutative)
Quando il Dao cominciò a declinare, l'attaccamento divenne completo.
(attaccamento alle "cose", ormai distinte, quindi classificate, quindi con valore differente)
Ma vi sono veramente una completezza e un declino
(completezza e declino sono "cose" che esistono davvero?)
o non vi è né completezza, né declino?»
(come direbbero gli antichi di cui sopra)
(Chuang Tzu, 2, "Sull'uguaglianza di tutte le cose")

Selezionando la citazione con il mouse, fra le righe (se non ho impostato male il testo) sono leggibili i miei commenti, che ho preferito segnalare in un secondo momento per non "sporcare" la prima fruizione del testo originale.



P.s.
@Ipazia
Effettivamente la parola «grossolano» suona ambigua; non la intendevo come sinonimo di «volgare» o «di poco valore», ma piuttosto (etimologicamente) come macroscpico, evidente, palese (l'ho usata in modo descrittivo, non valutativo).
Nel link si dice che in Russia sia proibito girare con l'auto sporca, in Colorado niente auto nere di domenica, in Austria le infrazioni oltre i 30km/h vengono rilevate ad occhio, etc. non vedo come ciò sia fondato (e non semplicemente accostato) sul rispetto del valore della vita umana che, come ho già premesso, accomuna tutti i codici della strada (seppur, a considerare i differenti limiti sulle autostrade...). Differenze trascurabili, pur facendo parte di un nomos e non di altri? Certo, era solo un esempio, anzi una metafora, tuttavia... temo che la nottola preferisca volar (troppo?) in alto per mettersi al riparo dai cacciatori, con il risultato che, più va in alto, più si scorgono sono le questioni... macroscopiche (e, almeno che la nottola non voglia cibarsi di elefanti, dalla sua quota siderale non riuscirà a scorgere alcuna preda delle dimensioni adeguate per potersene cibare).
Se il sequitur è infatti quello del «rapporto struttura-sovrastruttura indagato da storici, filosofi, sociologi, psicologi, economisti»(cit.) mi pare che andiamo ben oltre l'autoreferenza di ogni disciplina, oltre la tautologia assiomatica, oltre il relativismo ermeneutico (interpretazioni di interpretazioni), siamo davvero così "in alta quota" da vedere solo la superficie globale dello scibile umano. Quindi temo che, data la superficialità della prospettiva, l'«incontrovertibilità del fondamento» sia, almeno per adesso, da accantonare fra i presupposti dell'etica, non fra i risultati di argomentazioni/dimostrazioni fondanti (ma forse m'inganno).

Ipazia

Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
Un modesto intervento in questa dotta discussione...

E' impossibile, a parer mio, trovare una logica per l'etica, che non sia  solo ( si fa per dire..) la necessità di una convivenza pacifica , in quanto l'etica sfugge  ad una definizione intellettuale precisa, essendo essenzialmente esperienza viva. E' ciò che noi sentiamo con la nostra coscienza/interiorità in rapporto ad un determinato evento, più che a quello che noi pensiamo al riguardo. L'etica sarà sempre un processo di crescita personale, un discernere continuo con il cuore tra gli eventi che ci capitano nella vita.

Sí, ma questo processo di crescita non è un'espansione nel vuoto, una lavagna vuota che ogni umano riempie di sana pianta, la sua. La logica del discorso etico parte dalla lettura di ció che sta scritto nella lavagna prima che ogni umano vi incida i suoi segni e successivamente nell'interpretazione del rapporto tra i segni arcaici e i nuovi.

CitazioneLa differenza nel sentire fa sì che, già all'inizio, c'era l'uomo che abbandonava il figlio in pasto al leone, dandosela a gambe, e quello che per salvare il figlio si faceva sbranare dal leone. C'era chi tradiva il gruppo per l'interesse personale e chi moriva per l'interesse del gruppo...Tutto questo agli albori, prima di ogni cultura sviluppata, come la intendiamo oggi....Sostanzialmente le cose non sono cambiate. Sono cambiate solo le forme esteriori. Consapevolezza e compassione sono i cardini dell'etica. E non si può o non si riesce ad imporre a nessuno di essere consapevole o compassionevole...che è il problema della morale, quello di volersi imporre. L'etica ha più a che fare con la virtù, quindi con qualcosa di interiore e personale, che 'eleva', mentre la morale è l'abito esteriore, fatto di imposizioni o di adeguamenti che mutano nel tempo . Si può dire che, in assenza di virtù, sorge la morale e quindi la Legge...La virtù è la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso, senza cercare o attendersi alcun utile. Naturalmente allora nasce la domanda: cos'è il 'bene'? Una bella risposta, a parer mio, che è una domanda, la dà Yeoshwa: "Chi di voi, se un figlio che ha fame gli chiede del pane, gli dà invece una serpe?'" (a proposito dei serpenti che sono simboli sia negativi, di pericolo, che positivi, di conoscenza..).

Distinguerei due aspetti nel discorso etico: ciò che rimane costante nel tempo e attraversa ogni cultura da ciò che è più mutevole e contingente. Sul primo ha senso la ricerca di fondamenti etici come da topic, il secondo appartiene invece alla categoria estetica del gusto: di una comunità o di singoli individui al suo interno.

Mentre il primo ha un carattere normativo vincolante, con eccezioni rigorosamente normate, il secondo appartiene al regno della libertà delle scelte comunitarie e personali e piuttosto che morale diventa questione moralistica (di cui non intendo occuparmi). Una società é tanto più evoluta eticamente quanto più allarga il regno della libertà e riduce quello della coazione che, nelle "grossolane" evidenze enunciate da Phil, dovrebbe trovare una condivisione comportamentale tale da poter perfino rinunciare ad ogni normazione etica ed ogni imperativo morale esterno, avendone interiorizzato i dettami al punto da collocarsi al di là del bene e del male. Utopia che condivido ma che richiederebbe molta rivoluzione materiale e culturale per essere, anche solo teoricamente, proponibile. Rivoluzione che rimanda alla questione dei fondamenti. E si torna alla vexata quaestio etica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Phil il 20 Settembre 2019, 13:22:29 PM
... temo che la nottola preferisca volar (troppo?) in alto per mettersi al riparo dai cacciatori, con il risultato che, più va in alto, più si scorgono sono le questioni... macroscopiche (e, almeno che la nottola non voglia cibarsi di elefanti, dalla sua quota siderale non riuscirà a scorgere alcuna preda delle dimensioni adeguate per potersene cibare).

La nottola vola alto per vedere la luna oltre le cortine fumogene dei cacciatori; ma per indagare le microscopiche miserie dei loro fondamenti e l'inconsistenza delle loro radici é senz'altro meglio un animale per molti versi ad essa complementare, la talpa.

Citazione
Se il sequitur è infatti quello del «rapporto struttura-sovrastruttura indagato da storici, filosofi, sociologi, psicologi, economisti»(cit.) mi pare che andiamo ben oltre l'autoreferenza di ogni disciplina, oltre la tautologia assiomatica, oltre il relativismo ermeneutico (interpretazioni di interpretazioni), siamo davvero così "in alta quota" da vedere solo la superficie globale dello scibile umano. Quindi temo che, data la superficialità della prospettiva, l'«incontrovertibilità del fondamento» sia, almeno per adesso, da accantonare fra i presupposti dell'etica, non fra i risultati di argomentazioni/dimostrazioni fondanti (ma forse m'inganno).

Forse sì, perché se il referente é unico (l'universo antropologico naturalmente immanente e culturalmente trascendentale), ogni disciplina lo analizzerà dalla sua prospettiva gnoseologica lasciando alla filosofia la sintesi etica dei risultati. Eventualmente criticandoli e chiedendo ulteriori approfondimenti. Quindi nessuna superficialità, ma collegialità d'indagine.

PS. Bella la citazione del Tao sui vari stadi dell'evoluzione metafisica e meritevole di riflessione. Interessanti anche le tue deduzioni, visibili però solo in "struttura" del post.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).

Possiamo anche intenderla così: in effetti guerra, pestilenza, malattia, miseria, ignoranza sono anche brutti referenti e possono benissimo afferire ad un universo semantico non-etico, che l'etica cerca tecnicamente di superare.
Non è esattamente quello che intendevo (v. cross-dressing fra etica ed estetica); quell'«in questo»(autocit.) è l'innesco fondamentale del senso del discorso, ovvero, parafrasando: «per quanto riguarda la consapevolezza di essere autoreferenziale, in questo l'etica è solo... etc.». Sarebbe a dire che l'estetica sa (e ammette) di essere autoreferenziale, mentre l'etica spesso se lo dimentica, anche a causa della sua eredità teologica (il cui universalismo viene fatto uscire dalla porta dalla laicità, ma viene poi talvolta fatto rientrare dalla finestra dal bisogno, psicologico prima che logico, di non scoprirsi "pensiero debole", che pare sia il vero Male per noi del vecchio continente; orfani delle teologie, mentre si aspetta che la scienza ci dia ulteriori risposte, bisogna pur aver un nemico, no? Ironicamente è lo stesso da cui mettevano e mettono in guardia le chiese...).

Autoreferenzialità rispetto a cosa ? Ad un assioma del tutto arbitrario che qualche camarilla si inventa ?
Penso non valga per l'etica e nemmeno per l'estetica. A meno che non evochiamo Protagora e allora tutto diventa autoreferenziale, scienza e pratiche animali di sopravvivenza incluse. Ma se tutto lo é, l'analisi si sposta sul peso specifico   di ogni disciplina e a quel punto si trovano comunque delle gerarchie in cui alcune autoreferenzialità ne contengono altre e non viceversa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
La nottola vola alto per vedere la luna oltre le cortine fumogene dei cacciatori; ma per indagare le microscopiche miserie dei loro fondamenti e l'inconsistenza delle loro radici é senz'altro meglio un animale per molti versi ad essa complementare, la talpa.
Eppure, come dicevo, se la nottola vuole nutrirsi dovrebbe scendere di quota, persino fino a terra se preferisce prede sostanziose (magari piccole talpe sprovvedute, perché no?); ovvero: se la filosofia (o l'etica), vuole fare davvero i conti con il reale, dovrebbe abbandonare le rotte aeree dello Spirito (seppur hegeliano) che, come hai condivisibilmente notato, servono più a guardare il cielo che a capire le dinamiche della terra toccandole con mano. Ricordo sempre volentieri che Talete non è solo il filosofo della buca, ma anche quello dei frantoi (da far scuola a Bezos) e oggi, a parer mio, più che in passato alla filosofia si chiede di stare con i piedi per terra (l'epistemologia è infatti roba da talpe).
Dal cielo, tutti (o quasi) vedono la sacralità della vita, ma intanto sulla terra ci si chiede: è a priori "sbagliata" qualunque guerra poiché elimina la vita altrui? La vita nasce con la fecondazione? La vita è tale anche quando si vive nel sonno grazie a macchinari elettrici? Quanto possiamo dobbiamo limitare la vita del singolo contro la sua volontà, ma per il bene presunto della vita della comunità? Etc.
Queste sono domande etiche a cui il macroscopico comandamento «non uccidere» (che arrivi dalla "voce rivelata" del Cielo o dal calcolo social-razionale) può dare poche direttive pratiche e, come insegna la storia della terra, ciascuno le interpreterà comunque a modo suo (ricordo ancora una volta la pluri-vocità dei dibattiti su questi e altri temi, a cui mi risulta manchi una soluzione incontrovertibile, oppure bisognerà andargliela a dimostrare...).

Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
Forse sì, perché se il referente é unico (l'universo antropologico naturalmente immanente e culturalmente trascendentale), ogni disciplina lo analizzerà dalla sua prospettiva gnoseologica lasciando alla filosofia la sintesi etica dei risultati. Eventualmente criticandoli e chiedendo ulteriori approfondimenti. Quindi nessuna superficialità, ma collegialità d'indagine.
Ammetto che questo ruolo aulico non mi ha mai convinto totalmente; la filosofia che raccorda i saperi, che fa da moderatore nel dibattito interdisciplinare, controlla e dirige i lavori altrui quasi fosse l'intellettuale-architetto che istruisce i tecnici (più spesso mi pare ormai sia il vecchietto che guarda gli operai in cantiere... perché lui un cantiere non ce l'ha più, c'è turn over anche fra i saperi e la filosofia mi pare abbia fatto "quota 100" da un pezzo). Potrei chiedere esempi concreti in cui la filosofia, oggi, tiene davvero le redini di discorsi interdisciplinari (più di quanto ne sia a sua volta imbrigliata), ma sarebbe off topic (a ciascuno lo sfizio di rispondere fra "se" e sé). D'altronde, se il sequitur c'è, lo si chiama per nome (e chiamarlo «struttura-sovrastruttura» è quasi come chiamarlo "derivazione": pseudo-tautologia di sinonimi che lascia trasparire... autoreferenzialità), altrimenti mi resta il sospetto che convocare le altre discipline sia una ricerca di appoggio superficiale (di superficie) che denota, manco a dirlo, un fondamento inadeguato o instabile (o autoreferenziale, ma non insisto).
Quello che, secondo me, ha da dire una filosofia ancora pensante, non è spiegare agli altri saperi come dialettizzarsi (non me ne voglia Hegel) quasi fosse davvero la "scienza prima" (non me ne voglia Aristotele), quanto piuttosto dare il suo apporto con i suoi "mezzi", talvolta non richiesti, talvolta fuorvianti, talvolta d'ispirazione, talvolta semplicemente non pertinenti.

Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 21:34:31 PM
Autoreferenzialità rispetto a cosa ? Ad un assioma del tutto arbitrario che qualche camarilla si inventa ?
Autoreferenzialità rispetto ai suoi stessi assiomi (Godel docet), il che non significa che qualunque asserzione possa diventare un assioma (questo non lo direbbe nessuno, credo; di certo né io né Protagora).


P.s.
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
PS. Bella la citazione del Tao sui vari stadi dell'evoluzione metafisica e meritevole di riflessione. Interessanti anche le tue deduzioni, visibili però solo in "struttura" del post.
Dovrebbero essere visibili anche tenendo premuto il tasto sinistro del mouse e scorrendo verso il basso, passandolo sopra la citazione, come se si dovesse selezionare il testo (sul mio pc funziona...).

green demetr

"Il simbolo di per sé non è indecidibile, è piuttosto il rapporto con il suo sedicente (sé-dicente) referente ad esserlo, essendo già predeterminato dal suo stesso dire (pensiamo mai ad un simbolo senza referente, o meglio, senza significato? Certo, potremmo farlo, volendo; tuttavia, seriamente, lo facciamo?). " cit phil

Ma infatti è da anni che lo vado dicendo.
Ma chi l'ha posto come problema?

Cartesio, con la sua rivoluzione copernicana, in cui il soggetto per la prima volta si dà.
E in cui come per contrapasso si formula anche quella del demone ingannatore.

Sul primo fronte lavoreranno meglio Kant e Hegel, e l'eredità è quella della fenomenologia, Husserl e Heidegger.

L'altro è quello a cui solo Nietzche perviene. (l'unico che scardina l'universalismo di cui parli).

______________________________________________________________________________________________________:

"La virtù è la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso, senza cercare o attendersi alcun utile. Naturalmente allora nasce la domanda: cos'è il 'bene'? Una bella risposta, a parer mio, che è una domanda, la dà Yeoshwa: "Chi di voi, se un figlio che ha fame gli chiede del pane, gli dà invece una serpe?'" (a proposito dei serpenti che sono simboli sia negativi, di pericolo, che positivi, di conoscenza..)." cit sariputra


"Che le etiche siano molteplici, che spesso non ci sia falsificazione razionale fra etiche divergenti (v. scontro fra culture), che questioni etiche "evolute" (fuori dalle grotte) non siano risolvibili oggettivamente chiedendo all'ethos o alla physis, etc. credo siano ormai assodati dati di fatto (fino a prova contraria); il resto sono piacevoli interpretazioni (e su quella che è la loro circolarità, almeno secondo me, ti ho intrattenuta a sufficienza)." cit Ipazia.

Cari Ipazia e Sariputra, ma il fatto che la mamma dà il verme ai suoi passerrotti, non impedisce al cacciatore di papparseli.

Dunque l'ethos è quello vegano di fine secolo?

Diventerà una questione fra carnivori ed erbivori?

Questa etologia catastrofista che sta contraddistinguendo sempre più non solo le università, ma anche i telegiornali, e che impazzisce sul concetto di sostenibilità e riqualificazione, non vi avrà in qualche modo colpiti? come un terribile collasso del pensiero.

Amen.

frase sibillina:
Siamo di nuovo nell'eone che verrà spazzato via.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Per quanto tra etologia ed ecologia vi sia un sequitur non ridurrei l'etologia all'ecologia. Sulle gretinate stenderei un velo di pietoso silenzio. Ormai la politica liberal riesce a rendere autorevoli personaggi come Trump, Salvini e Orban che non fanno i sinistri con gli sponsor miliardari e le loro flotte. Neanche tanto dietro le quinte.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Phil il 20 Settembre 2019, 21:54:05 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
La nottola vola alto per vedere la luna oltre le cortine fumogene dei cacciatori; ma per indagare le microscopiche miserie dei loro fondamenti e l'inconsistenza delle loro radici é senz'altro meglio un animale per molti versi ad essa complementare, la talpa.
Eppure, come dicevo, se la nottola vuole nutrirsi dovrebbe scendere di quota, persino fino a terra se preferisce prede sostanziose (magari piccole talpe sprovvedute, perché no?); ovvero: se la filosofia (o l'etica), vuole fare davvero i conti con il reale, dovrebbe abbandonare le rotte aeree dello Spirito (seppur hegeliano) che, come hai condivisibilmente notato, servono più a guardare il cielo che a capire le dinamiche della terra toccandole con mano. Ricordo sempre volentieri che Talete non è solo il filosofo della buca, ma anche quello dei frantoi (da far scuola a Bezos) e oggi, a parer mio, più che in passato alla filosofia si chiede di stare con i piedi per terra (l'epistemologia è infatti roba da talpe).

Contrariamente alla talpa, la nottola vede nel buio e riesce a dare un quadro d'insieme del reale (l'ermeneutica è infatti roba da civette) che alla talpa è negato. Direi che la migliore soluzione è una sinergia dei due talenti.

CitazioneDal cielo, tutti (o quasi) vedono la sacralità della vita, ma intanto sulla terra ci si chiede: è a priori "sbagliata" qualunque guerra poiché elimina la vita altrui? La vita nasce con la fecondazione? La vita è tale anche quando si vive nel sonno grazie a macchinari elettrici? Quanto possiamo dobbiamo limitare la vita del singolo contro la sua volontà, ma per il bene presunto della vita della comunità? Etc.
Queste sono domande etiche a cui il macroscopico comandamento «non uccidere» (che arrivi dalla "voce rivelata" del Cielo o dal calcolo social-razionale) può dare poche direttive pratiche e, come insegna la storia della terra, ciascuno le interpreterà comunque a modo suo (ricordo ancora una volta la pluri-vocità dei dibattiti su questi e altri temi, a cui mi risulta manchi una soluzione incontrovertibile, oppure bisognerà andargliela a dimostrare...).

Dal cielo, tutti o quasi, vedono il brulicare della vita. Da terra ci si chiede come regolarla al meglio. La risposta (storica) incontrovertibile è che alcune ricette funzionano meglio di altre. L'assiomatica a priori è un delirio metifisico che ha già fatto infiniti danni. Persino nella "razionalità pura" scientifica gli assiomi nascono da induzioni continue, soggette a falsificazione, e deduzioni a posteriori. Nell'universo antropologico funziona uguale: l'assioma va sempre ricercato nell'esperienza ed è soggetto a continue revisione che lo adeguino ad un ethos in costante evoluzione. Come nella scienza, l'unica autorità assiomatica è il pear review dell'intelligenza collettiva che, col senno di poi (sempre a posteriori), può rivelarsi anche poco intelligente, ma che avendo essa scritto la storia chiede comunque di essere presa sul serio, generando un punto assiomatico da cui ripartire per fare eventualmente tutto il contrario.

Citazione di: Phil il 20 Settembre 2019, 21:54:05 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
Forse sì, perché se il referente é unico (l'universo antropologico naturalmente immanente e culturalmente trascendentale), ogni disciplina lo analizzerà dalla sua prospettiva gnoseologica lasciando alla filosofia la sintesi etica dei risultati. Eventualmente criticandoli e chiedendo ulteriori approfondimenti. Quindi nessuna superficialità, ma collegialità d'indagine.
Ammetto che questo ruolo aulico non mi ha mai convinto totalmente; la filosofia che raccorda i saperi, che fa da moderatore nel dibattito interdisciplinare, controlla e dirige i lavori altrui quasi fosse l'intellettuale-architetto che istruisce i tecnici (più spesso mi pare ormai sia il vecchietto che guarda gli operai in cantiere... perché lui un cantiere non ce l'ha più, c'è turn over anche fra i saperi e la filosofia mi pare abbia fatto "quota 100" da un pezzo). Potrei chiedere esempi concreti in cui la filosofia, oggi, tiene davvero le redini di discorsi interdisciplinari (più di quanto ne sia a sua volta imbrigliata), ma sarebbe off topic (a ciascuno lo sfizio di rispondere fra "se" e sé).

La filosofia fa da moderatore quando qualcuno la fa fuori dal vaso trasformando quattro dati sperimentali in metafisiche di bassa lega. Non si tratta di "raccordare i saperi", ma di trarre da essi elementi nutritivi per il proprio sapere (filosofico) che pare non andare mai in pensione visto la debordante "richiesta di significato" che popola di folle umane ogni sagra turistico-filosofica che neppure l'armata di Bergoglio e la pietra nera riescono a reggere la concorrenza.

CitazioneD'altronde, se il sequitur c'è, lo si chiama per nome (e chiamarlo «struttura-sovrastruttura» è quasi come chiamarlo "derivazione": pseudo-tautologia di sinonimi che lascia trasparire... autoreferenzialità), altrimenti mi resta il sospetto che convocare le altre discipline sia una ricerca di appoggio superficiale (di superficie) che denota, manco a dirlo, un fondamento inadeguato o instabile (o autoreferenziale, ma non insisto).

Che i bisogni materiali muovano la Lebenswelt ha tutti i crismi dell'assioma correttamente relazionato al referente reale in tutto l'arco non virtuale che va dai boat people a Wall Street. Forse solo dai cieli nirvanici non si vede più tale relazione. Ma è più roba da aquile che da nottole. Per tutti gli animali terrestri l'assioma regge. Il sapere ha carattere olistico. Leggere ciò in termini di inadeguatezza della filosofia denota un certo pregiudizio che non tiene conto del fatto che il suo campo operativo è una semantica in cui nessuna "scienza umana" è stata finora capace di prenderne il posto. Contribuendo piuttosto, attraverso la parzialità dei propri risultati di ricerca, a richiederne pressantemente l'intervento, quando si passa dalla cosa al significato, dalla fisica alla meta-fisica.

CitazioneQuello che, secondo me, ha da dire una filosofia ancora pensante, non è spiegare agli altri saperi come dialettizzarsi (non me ne voglia Hegel) quasi fosse davvero la "scienza prima" (non me ne voglia Aristotele), quanto piuttosto dare il suo apporto con i suoi "mezzi", talvolta non richiesti, talvolta fuorvianti, talvolta d'ispirazione, talvolta semplicemente non pertinenti.

Ho già risposto sopra. La richiesta c'è: ottima, nei dati forniti dalle scienze empiriche, e abbondante, nelle aspettative di sintesi semantica; è fondata antropologicamente (l'ethos chiede di essere governato con tecniche "efficaci/efficienti" e aggiornate) e va dal farmaco (pharmakon) alla ragione (pura e pratica).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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