L'origine del male e del bene

Aperto da Jacopus, 29 Luglio 2019, 22:20:15 PM

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green demetr

Citazione di: Phil il 16 Settembre 2019, 00:50:29 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Chiamare metafore estetico-narrative fatti tratti dal mondo naturale evidenzia tutta l'ideologica autonomia del linguaggio e nulla più.
Per amor di brevità, non ho esplicitato; mancanza mia; non mi riferivo agli animali dell'antropologo (che non sono metafore, né sono estetici), ma ad Antigone; ora anche a
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Giorgio Celli, etologo amante dei gatti, riveló di essere perennemente in dubbio su chi tra lui e i suoi gatti avesse adottato l'animale di specie diversa.
simpatica battuta in risposta ad una domanda che parlava di un supposto "accesso degli animali all'etica umana" e di fondamenti (teor)etici.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Questo non esclude una vita psichica capace di comunicare.
Non la escludo affatto, ma non ne colgo la pertinenza con il discorso; se vuoi cambiare tema (la comunicazione negli animali o altro), non insisto oltre sulla questione del sequitur etico.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneQuindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? .... il sequitur fra uomo e natura di cui parlavamo è quello etico, giusto? Non colgo dunque la pertinenza di terremoti e ascese in vetta.
Certamente, solo la conoscenza accurata della natura può sbufalare certe posizioni ideologiche che raccolgono firme per dei referendum e un'occhiata al cielo da vicino può falsificare superstizioni infondate. Anche l'ethos ha la sua epistemologia che si assevera o falsifica interrogando senza pregiudizi la natura. Tralascio per brevità l'abbondante esemplificazione.
Temo si stiano confondendo di nuovo le informazioni-nozioni con le conseguenti decisioni-valutazioni, glissando sul meccanismo etico interpretativo che le elabora (se stiamo ancora parlando di etica...). Qualche esempio di come l'"epistemologia dell'ethos"(?), «interrogando senza pregiudizi la natura», possa instradarmi verso scelte etiche verificate (oltre a darmi informazioni su cui basare tali scelte, attività ben differente), probabilmente mi gioverebbe a seguirti meglio.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneNon capisco: paragonare un selvaggio umano a un cane addomesticato depone a favore del sequitur fra la società umana e l'ethos naturale?
Sí, nei suoi meccanismi cognitivi di base.
Il problema (e il tema) non è tuttavia la base: che anche l'uomo sia un animale è ben noto; la questione è l'altezza, la verticalità della ratio con cui l'uomo si allontana dalla base (restando comunque un animale, chiaramente). Il sequitur etico, in quanto tale, non sarebbe infatti da cercare fra l'ethos dell'uomo selvaggio e l'ethos dell'animale allo stato brado (due ethos), quanto piuttosto fra l'etica dell'uomo civilizzato e l'ethos del "mondo animale" (almeno questa era la tua tesi iniziale che mi ha incuriosito: il legame fondante fra ethos ed etica).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneCercavo una dimostrazione, pur nel contesto letterario; la trasvalutazione storico-narrativa del suo gesto, per quanto allettante, non dimostra alcun sequitur, così come accade per altri testi (la Bibbia, tanto per citarne uno...). Si tratta ancora di distinguere il piano logico-argomentativo da quello storico-narrativo, meta-etica da etica, etc.
Esiste forse qualcosa che piú dei miti possa spiegare al meta-ermenauta il senso più profondo delle sue radici ? Etologia umana al calore bianco.

Come detto, «cercavo una dimostrazione»(autocit.), argomentazioni logiche, poiché sul piano estetico-narrativo non c'è epistemologia che fondi paradigmi falsificabili, ma piuttosto letteratura, tradizione, cultura, etc. possiamo risalire fino agli archetipi transculturali, ma la domanda «perché ci sarebbe sequitur fra etica umana ed ethos animale?» richiede, per me, ben altro fondamento (e se non c'è, nessun problema).

Temo di aver perso il filo delle vostre elucubrazioni mentali.

Non capisco più che altro i tuoi rilanci Phil.

Sono d'accordo che posare una etica senza aver prima fatto i conti con il suo linguaggio, sia un rischio notevole, e senza fondamento.

Ma perchè a questo punto rilanciare la cosa con l'ethos?

Se per ethos intendiamo una sorta di favoletta ecologista, io te e gaia, è un conto.

Ma io credo che possiamo fare uno sforzo e intendere non dico Ipazia, ma una sorta di pseudo-Ipazia, che affermi che non è tanto la favoletta quella che interessa, ma le sue forme di prassi.


La prassi è un evento linguistico? o non è invece un evento fenomenologico!

Certo posso ragionare sulla prassi come evento linguistico, ma questo evento linguistico è precedente o succedente l'evento in sè, quello fenomenologico (lasciamo stare la questione naturale).

Di fatto la filosofia continua a girare a vuoto ogni volta che vuole pensare l'evento come evento linguistico, quell'evento linguistico che viene prima dell'evento che descrive, e che comporta un altro evento linguistico.

Ma questo è una petitio principi, senza alcun fondamento!

Mentre il fondamento è proprio la fenomenologia, ossia come un evento è dato!

Ossia non è solo linguaggio, è anche percezione, emozione, sentimento.

Da questo evento dato poi possiamo cominciare a fare inferenze verso Dio o verso una logica senza fondamento, assiomatica, e al contempo andare verso una prassi, computazionale nel secondo caso, ossia la cascata di eventi linguistici (simbolici) e dall'altro alla cascata di eventi ideali (simbolici). Che poi il simbolo sia legato al nanturale è solo una cosa secondaria rispetto alle tue problematiche!


Il fondamento è sempre un apertura, da Kant a Heidegger è sempre così.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Jacopus

Un pensiero accessorio. Sul male nel mondo c'è da fare una distinzione fra le nostre due grandi radici: quella romano-ellenistica e quella giudaico-cristiana.
Per i greco-romani il male esiste nel mondo, e sempre esisterà. E' vero che si impara sperimentando il male: "pathei mathos", ma il male è connaturato all'uomo e alla natura. Ed è per questo motivo che i greci inventarono la "tragedia", inconcepibile in altre culture. All'uomo spetta il compito di affrontare quel male e cercare di mitigarlo.
La cultura ebraico-cristiana parte da un altro presupposto. Il male é causato dall'uomo che non si é sottomesso all'ordine divino, ma nello stesso tempo si prospetta anche il superamento di quel male sempre ad opera dell'uomo. Il pathei mathos conduce alla liberazione e alla pace definitiva e quindi alla sconfitta del male.
Quindi in un fittone delle nostre radici il male é naturale, ci attraversa e sarà sempre così. Nell'altro l'origine é l'uomo ma é anche l'uomo che può riscattare quel male, facendo percepire la coesistenza di divino e diabolico in ogni essere umano.
Ma ovviamente la storia non finisce qui.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Temo di aver perso il filo delle vostre elucubrazioni mentali.
Ammetto che non sei l'unico: Ipazia mi ha ormai "seminato" nel dedalo degli Holzwege.

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Non capisco più che altro i tuoi rilanci Phil.

Sono d'accordo che posare una etica senza aver prima fatto i conti con il suo linguaggio, sia un rischio notevole, e senza fondamento.

Ma perchè a questo punto rilanciare la cosa con l'ethos?
Non rilancio con l'ethos, che per me è ben distinto dall'etica, ma su l'ethos: rilanciavo l'interesse per la prospettiva di Ipazia in cui, se non l'ho fraintesa, l'ethos è fondante l'etica, addirittura coinvolgendo una certa epistemologia.

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Certo posso ragionare sulla prassi come evento linguistico, ma questo evento linguistico è precedente o succedente l'evento in sè, quello fenomenologico (lasciamo stare la questione naturale).

Di fatto la filosofia continua a girare a vuoto ogni volta che vuole pensare l'evento come evento linguistico, quell'evento linguistico che viene prima dell'evento che descrive, e che comporta un altro evento linguistico.
Proprio per questo insistevo (ai limiti del pudore) sulla differenza fra referente e significato, fra evento ed etica, fra "moneta" e "caffè", etc.

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Ma questo è una petitio principi, senza alcun fondamento!
Certo; ho infatti rimarcato spesso ed esplicitamente il fulcro ricorrente e scomodo del tautologico.

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Che poi il simbolo sia legato al nanturale è solo una cosa secondaria rispetto alle tue problematiche!
Era invece di primario interesse capire come potesse l'ethos essere fondante per l'etica (sempre se non ho frainteso Ipazia); tuttavia, l'incommensurabilità emersa fra le nostre prospettive (operazione filosoficamente comunque molto utile) mi impedisce di capire esattamente tale fondamento e il discorso che lo indica (nonostante la pazienza del mio interlocutore).



P.s.
Citazione di: viator il 15 Settembre 2019, 18:47:34 PM
Salve Phil. Citando dal tuo intervento nr.93 qui sopra: "suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva)".
Mai il suicidio , ripeto, potrà risultare conseguenza di scelta razionale (volevi forse dire "volontaria", cioè cosa ben diversa che tuttavia potrà anche essere contro-istintiva).
Intendevo scelta razionale (riferendomi alla definizione classica) in opposizione a scelta istintiva, ma anche riferendomi a come la razionalità sia coinvolta nel suicidio che, pur con differenti sfumature, va organizzato, ragionato ed eseguito. Senza capacità razionali sarebbe difficile persino capire cosa possa ucciderci, decidere fra le varie possibilità e poi preparare adeguatamente tutto il necessario in modo che funzioni. Fosse anche scegliere di buttarsi dalla finestra o sui binari, bisogna comunque pianificarlo e restare razionali nell'esecuzione del piano, fino all'ultimo gesto necessario (saltare giù o su, premere il grilletto, etc.).

Citazione di: viator il 15 Settembre 2019, 18:47:34 PM
La razionalità evita sempre le soluzioni irreversibili. In ciò risultando perfettamente d'accordo con l'istinto.
Motto a mio avviso un po' discutibile, proprio perché, ad esempio, la scelta di uccidere (se stessi o altri) ha spesso una sua razionalità (vedi sopra).
Per quanto riguarda poi gli altri termini che coinvolgi nel tuo post, come «volontà», «psiche», «mente», «coscienza», etc. sono temi sconfinati (e straripanti di storia) con i quali preferisco non misurarmi in questa sede.

viator

Salve Phil. Perdona la pedanteria, peraltro abbastanza laconica : "Fosse anche scegliere di buttarsi dalla finestra o sui binari, bisogna comunque pianificarlo e restare razionali nell'esecuzione del piano, fino all'ultimo gesto necessario (saltare giù o su, premere il grilletto, etc.)."
Razionale qui risulta la scelta e l'utilizzo degli strumenti, non la decisione di raggiugere lo scopo. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: viator il 16 Settembre 2019, 13:04:09 PMRazionale qui risulta la scelta e l'utilizzo degli strumenti, non la decisione di raggiugere lo scopo.
La scelta del suicidio in generale (senza poter qui distinguere caso per caso) mi pare razionale perché si basa su un motivo: l'uomo, in genere, non si uccide per istinto, ma perché ha una ragione (in entrambi i sensi) per farlo; se non sbaglio, il movente è solitamente frutto di un ragionamento razionale (almeno viene letto come tale da chi ne trae quella conclusione). 
L'esempio più classico è che, fatto un bilancio della propria situazione esistenziale, economica o altro, si decide di farla finita; la razionalità di tale scelta è spesso quella che si trova scritta nel messaggio di addio. Chiaramente può non essere condivisibile, ma è una razionalità comunque umana, quindi necessariamente interpretativa, non asetticamente matematica.

viator

Salve Phil. Ma allora scusami. Per "razionale" tu intendevi "ciò che ha della ragioni (cause) per essere" (per quanto non sia certo questa la definizione convenzional-canonica di questo termine).

Io invece intendevo "ciò chè frutto di una valutazione logica o speculativa circa le conseguenze di una qualche scelta deliberata". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Lou

Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 11:43:11 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
L'obiezione di viator mi pare fondata ed evidenzia un punto cruciale del dissenso: ethos é un intermedio tra physis e nomos che Phil riduce totalmente al primo, negandone la complessità.
Ethos è intermedio fra physis e nomos, ma fra ethos animale e nomos umano non c'è forse la suddetta razionalità (ratio)? Tale razionalità non ci separa dall'ethos animale, recidendo il sequitur del cordone ombelicale che ci lega all'istinto del comportamento adattativo di base?
Non ho ancora capito la risposta: considerando quella lista di questioni squisitamente umane e pratiche (politiche, bioetiche, etc.) come si può decidere secondo ragione ma restando ancora in sequitur con la natura (magari sventando ogni opinabilità interpretativa)?

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
Che si assevera anche in ambito extraumano quando un animale preso nella tagliola recide l'arto intrappolato per guadagnare la libertà  compiendo un gesto psicologico apparentemente in contrasto con una ipostatizzata logica naturale.
Non capisco la «ipostatizzata logica naturale»; riesco solo a connettere la logica alla razionalità e quindi all'umanità, emancipata dall'istinto che ci farebbe sempre correre via quando abbiamo una gamba presa in una trappola, lasciandoci storpi o, meno cruentemente, renderebbe impossibile farsi fare una puntura perché o fuggiremmo o aggrediremmo chi ci provoca dolore.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
Citazione di: Phil il 14 Settembre 2019, 23:30:24 PM
Se l'ethos di matrice naturale (quello di cui si è parlato sinora, se non sbaglio) non prevede il suicidio per istinto, suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva), per capire meglio, provo con una domanda secca: perché l'etica di Antigone è fondata sull'ethos?

Lo dice lei stessa a Creonte: "Neppure pensavo i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi  né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse"
Bel discorso, ma davvero il fatto che lei lo affermi è dimostrazione di una fondazione sull'ethos? Mi concederai che è un po' poco come collaudo filosofico.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
La tua premessa sbaglia per il motivo che ho detto sopra. L'ethos umano é  physis + psiche (+ logos).  Ma anche nel mondo animale l'etologia rivela la complessità dei comportamenti, particolarmente nei contesti sociali.
[...]
PS. l'ulteriore complicazione é data e va navigata.
Mi pare che la complicazione nel passaggio dall'ethos animale a quello umano sia proprio il sequitur interruptus (dal non sequitur in ivg fino ai metodi di natalità): nel momento in cui edifichiamo etiche e culture a cui gli animali non possono cognitivamente (prima, tecnicamente poi) accedere, non possiamo più dire che c'è continuità con il loro ethos, che ha certo una sua complessità, ma, passaggio cruciale, tale complessità diverge dalla nostra, non la fonda.
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 18:08:53 PM
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.
Concordo sul salto, tuttavia propongo una postilla: anche gli animali, a loro modo, comunicano e discorrono (in questo mi ritrovo a fare le veci di Ipazia); la differenza più tranciante fra noi e loro, secondo me, l'ha segnata piuttosto l'avvento della scrittura: con essa l'uomo ha lasciato la preistoria e ha innescato la (sua) storia, ponendo le condizioni per evolvere l'ethos animale in etica (o meglio, etiche).


P.s.
@viator
La definizione di «razionalità» (che per comodità avevo linkato nel mio post) tratta dalla Treccani online è:
«razionalità s. f. [dal lat. tardo rationalĭtas -atis]. – La qualità di ciò che è razionale. In partic.: 1. Facoltà propria degli esseri dotati di ragione: la r. è l'essenza dell'uomo. 2. Fondamento, metodo, criterio razionale: r. di un giudizio, di una cura, di una ricerca scientifica; r. di un arredamento.»
Usando la sua ragione e i suoi criteri, analizzando la sua situazione, l'aspirante suicida perviene, in generale, alla conclusione ("razionalizzata", calcolata) che il suicidio sia la soluzione.
Mi sembra che anche usando la tua definizione, egli si comporti comunque razionalmente poiché valuta e prevede le conseguenze della sua scelta in modo «logico e speculativo», optando in conclusione per il gesto finale.

Lou

#113
@phil
Il,problema è che non sono un pipistrello, nemmeno un gatto.
Da quale prospettiva discorsiva diciamo che pure gli altri animali sono discorsivi? Postilla mia ( poi torno sulla tua ) : che ogni vivente non posssa esimersi dal comunicare è pacifico, ma che che ogni comunicazione sia un "discorrere" questo è da assodare, non penso siano sinonimi. Con lieve imbarazzo posso chiedere da quale prospettiva animale ci si "chiede" ciò?
E di nuovo chiedo, non è che per caso, a questo discorso partecipano, a quanto ne sappiamo, alcuni animali e non altri. Perchè poi piegare alla discorsività il gatto? molto antropocentrica come "discorsività". Fossi gatto, chissà. L'altro dall'umano non è grazioso piegarlo all'umano per i nostri discorsi.
Detto ciò la postilla che hai introdotto è certamente dirimente: la scrittura è un carattere che ci rende stra-ordinari rispetto ai viventi. Quale scrittura? pure il cinghiale lascia un segno, un odore, una impronta, sul terreno e chissà che il cane non  "legga" quell'odore e che il cacciatore non "legga" quell'impronta. Tuttavia la scrittura è un linguaggio segnico sui generis: pienamente d'accordo.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 20:54:17 PM
Da quale prospettiva discorsiva diciamo che pure gli altri animali sono discorsivi? [...] che ogni vivente non posssa esimersi dal comunicare è pacifico, ma che che ogni comunicazione sia un "discorrere" questo è da assodare, non penso siano sinonimi. Con lieve imbarazzo posso chiedere da quale prospettiva animale ci si "chiede" ciò?
Li intendevo come sinonimi (forse con troppa leggerezza?), interpretandoli inevitabilmente secondo la prospettiva umana.

Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 20:54:17 PM
la scrittura è un carattere che ci rende stra-ordinari rispetto ai viventi. Quale scrittura? pure il cinghiale lascia un segno, un odore, una impronta, sul terreno e chissà che il cane non  "legga" quell'odore e che il cacciatore non "legga" quell'impronta. Tuttavia la scrittura è un linguaggio segnico sui generis: pienamente d'accordo.
Osservazione che ci porta ad un tema talvolta sottovalutato riguardo la scrittura: la conservazione del segno. La tecnica che incide il segno non garantisce di per sé l'accesso alla dimensione "storica" (sempre umanamente parlando) se tale segno non viene poi preso in carico da una tecnica di custodia, che lo rende segno fruibile per i "momentaneamente assenti". Talvolta tale tecnica è immanente al segno (tavoletta di marmo che può attraversare i secoli), talvolta è una tecnica accessoria (biblioteche, copiatura, etc.).
Giustamente osservi che alcuni animali segnano fisicamente il territorio, pur con segni non ancora linguistici (essendo fra l'altro privi di dimensione fonetica): più che un linguaggio, o meglio, più che una lingua, si tratta di una rudimentale comunicazione a distanza, che è nondimeno l'"essenza" della comunicazione scritta: il messaggio scritto parla in assenza (della voce) del parlante. Certo, oggi ci si può anche messaggiare con la scrittura stando faccia a faccia, ma non direi che ciò rappresenta la vera forza della comunicazione scritta, quanto piuttosto un suo "impiego di ripiego" (a discapito della comunicazione orale, resa magari impraticabile o non preferibile per contingenze contestuali).
Qui si potrebbe dunque innestare il tema della memoria che la scrittura rende possibile, fil rouge che lega il papiro a Gutenberg agli hard disk, tuttavia l'off topic incombe...

Ipazia

Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 18:08:53 PM
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.

Necessario ma non sufficiente. Quello che vorrei dire a Phil et altri é che l'etologia umana si regge sulla formula:

ethos = physis + logos.

Logos é un'emergenza trascendentale rispetto a physis, con una sua relativa autonomia creativa e gestionale, ma il referente di ultima istanza rimane physis, perché   meta-fisicamente ancora prima che meta-eticamente l'essere (umano) per essere deve innanzitutto essere (vivo) e conservarsi tale. Nel miglior modo possibile: etica (ethos-techne).

Il "miglior modo possibile" é graficamente descritto dalla piramide di Maslow la cui realizzazione possiamo assimilare al concetto di bene. E col segno meno davanti di male.

Non è un caso se alla base della piramide ci sta physis. Phil affermerà che sono possibili anche altri disegni et(olog)ici. In effetti quello dominante nell'epoca attuale è una piramide rovesciata in cui si perde persino il senso del + e del -

Per ora mi fermo qui.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Quello che vorrei dire a Phil et altri é che l'etologia umana si regge sulla formula:

ethos = physis + logos.
Difficile non concordare, almeno se anche la cultura e l'influsso sociale rientrano nel «logos»; ancor più difficile (almeno per me) non considerare quanto quel "+ logos" tagli i ponti (di sequitur, di fondazione, etc.) con ogni altro ethos animale, essendo sommariamente "+ logos = - istinto" (con a margine la divergenza per cui il logos umano, di cui la technè fa parte, è in crescita esponenziale mentre quello degli animali in genere, non dico sia = 0, per non deviare il discorso, ma, sorvolando sul suddetto tema della scrittura, appare comunque piuttosto statico).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Logos é un'emergenza trascendentale rispetto a physis, con una sua relativa autonomia creativa e gestionale, ma il referente di ultima istanza rimane physis, perché   meta-fisicamente ancora prima che meta-eticamente l'essere (umano) per essere deve innanzitutto essere (vivo) e conservarsi tale. Nel miglior modo possibile: etica (ethos-techne).
Concordo, il referente è la physis; tuttavia parlando poi («poi» che non mi pare fondazionale) di «miglior mondo possibile», siamo già nei cieli del significato, con tutta l'interpretazione e gli annessi paradigmi (al plurale) che ciò comporta.

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Il "miglior modo possibile" é graficamente descritto dalla piramide di Maslow la cui realizzazione possiamo assimilare al concetto di bene. E col segno meno davanti di male.

Non è un caso se alla base della piramide ci sta physis.
Il buon Maslow ha tratteggiato una piramide per l'individuo, seppur in società, e in tale piramide «Fisiologia» è salute... comunque, essendo qui il tema l'etica, possiamo davvero usare la piramide, non dico come tavola di valori, ma come spunto etico nel rapporto con l'altro? Mi concederai che, parafrasandoti, "la realizzazione della piramide possiamo assimilarla al concetto di bene" solo nella dimensione individuale.
Quello piramidale è forse il "miglior mondo possibile" per l'individuo, il problema etico nasce quando la mia piramide (la mia isola?) si scontra con quella di un altro.
Al penultimo piano della piramide leggo «rispetto reciproco», all'ultimo «moralità»: in cosa essi consistano e su cosa si fondino (certo, materialmente sulla salute, ma filosoficamente?) è la questione etica par excellence, questione di cui uno psicologo può anche scegliere di non occuparsi, essendo per lui off topic (ma per noi, qui, no).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Phil affermerà che sono possibili anche altri disegni et(olog)ici.
Il problema del disegno, di ogni disegno di quel tipo, è il referente esterno dei termini coinvolti, il riempimento concreto di quei significati; più si sale verso la vetta, più la questione si fa interpretativa, soggettiva, filosofica e meno fisica (fermo restando che non è una piramide funebre, per il mondo dei morti).
Che ciascuna piramide abbia in cima «moralità», non è in sé un problema; la questione etica nasce quando due piramidi danno a tale espressione significati antagonisti... e allora o si ricorre ad una meta-etica (se esiste) risolutiva del conflitto, oppure anche nel "miglior mondo possibile" il conflitto fa la sua parte, nell'impopolare veste di "male tuo, bene mio" (sospendendo ogni etica basata sul valore della vita altrui, etc.).

Ipazia

#117
Citazione di: Phil il 17 Settembre 2019, 11:37:45 AM
Il buon Maslow ha tratteggiato una piramide per l'individuo, seppur in società, e in tale piramide «Fisiologia» è salute... comunque, essendo qui il tema l'etica, possiamo davvero usare la piramide, non dico come tavola di valori, ma come spunto etico nel rapporto con l'altro?
Mi concederai che, parafrasandoti, "la realizzazione della piramide possiamo assimilarla al concetto di bene" solo nella dimensione individuale.

Per nulla. La piramide dei bisogni riporta l'individuo dall'astrazione ideologica al suo ethos umano comune in cui solo egli ha senso metafisico e possibilità di sopravvivenza fisica. I bisogni hanno una caratteristica comune, sovraindividuale, e ce l'hanno quanto più ci si avvicina alla base della piramide che quindi può rendere conto delle sue pretese di universalità fondativa dell'ethos umano.

È vero che "più si sale verso la vetta, più la questione si fa interpretativa, soggettiva, filosofica e meno fisica" e gli Holzenwege si moltiplicano. Ma quello che a me preme teor-eticamente é ció che sta alla base per 1) la sua universalità e 2) per il suo incontrovertibile sequitur con la natura, a priori di ogni speculazione logica.

Sono queste due caratteristiche a rendere possibile un approccio razionale sintetico alla questione et(o-log)ica umana. Traducendo la piramide dai bisogni in (meta-)etica, ridurrei il tutto a tre stadi del bene in sequitur:

1) fisico (alimentazione, salute, attesa di vita)
2) sociale (lavoro, istruzione, diritti politici e civili)
3) estetico-culturale-ludico.

CitazioneChe ciascuna piramide abbia in cima «moralità», non è in sé un problema; la questione etica nasce quando due piramidi danno a tale espressione significati antagonisti... e allora o si ricorre ad una meta-etica (se esiste) risolutiva del conflitto, oppure anche nel "miglior mondo possibile" il conflitto fa la sua parte, nell'impopolare veste di "male tuo, bene mio" (sospendendo ogni etica basata sul valore della vita altrui, etc.).

Verissimo. Infatti a questo serve la ricerca dei fondativi etologici umani, cui la teoria umanistica dei bisogni offre un supporto importante. Fondativi che contengono pure il conflitto etico fino alle sue forme estreme. Ad esempio con la piramide rovesciata 1% fondata sul Capitale. Peró così facendo si ottengono i vantaggi teoretici di ridurre di ordini di grandezze gli Holzenwege, illuminando le contraddizioni nelle convergenti radure assolate dove si combattono le guerre di civiltà. Con gli strumenti, eticamente evolventesi pure loro, che il livello di civiltà raggiunto consente. Tra cui anche il valore della vita altrui. Se possibile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Citazione di: Phil il 17 Settembre 2019, 11:37:45 AM
Il buon Maslow ha tratteggiato una piramide per l'individuo, seppur in società, e in tale piramide «Fisiologia» è salute... comunque, essendo qui il tema l'etica, possiamo davvero usare la piramide, non dico come tavola di valori, ma come spunto etico nel rapporto con l'altro?
Mi concederai che, parafrasandoti, "la realizzazione della piramide possiamo assimilarla al concetto di bene" solo nella dimensione individuale.
Per nulla. La piramide dei bisogni riporta l'individuo dall'astrazione ideologica al suo ethos umano comune in cui solo egli ha senso metafisico e possibilità di sopravvivenza fisica. I bisogni hanno una caratteristica comune, sovraindividuale, e ce l'hanno quanto più ci si avvicina alla base della piramide che quindi può rendere conto delle sue pretese di universalità fondativa dell'ethos umano.
Per «dimensione individuale» intendo che la piramide si riferisce a ciascun individuo, nella sua singolarità: l'ultimo uomo sulla terra potrebbe fare i conti con la sua piramide, rilevare le carenze, etc. l'uso della piramide è una chiave di lettura individuale, pur contemplando fra gli items altri esseri umani. Non è un caso che in cima ci sia l'autorealizzazione, concetto che ha come referente ciascuna individualità (se non sbaglio).

Inoltre, non so se la piramide dei bisogni possa esimersi dal considerare la differenza fra physis ed etica: le esigenze della salute e della vita organica (sopravvivenza) sono ben differenti da quelle del benessere individuale in società (che non significa della società, che è ciò che affluisce all'etica). Notoriamente, le prime si basano su bisogni primari fisiologici, le seconde sono psicologiche, culturali, etc.
Detto in soldoni: l'universalità del bisogno di cibo (per restare vivi) non fonda, non dà seguito filosofico (non parlo di storia), ad una ipotetica universalità (che non rilevo) dei valori sociali, dell'autostima (che infatti ha dinamiche strettamente individuali), della moralità (figlia di tradizioni ed esperienze contingenti), etc.
L'universalità della base (bisogni primari) non arriva sino agli ultimi piani, altrimenti non avremmo la pluralità delle culture oppure potremmo falsificarle facendo comodamente appello alla natura (come da omonima fallacia).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
È vero che "più si sale verso la vetta, più la questione si fa interpretativa, soggettiva, filosofica e meno fisica" e gli Holzenwege si moltiplicano. Ma quello che a me preme teor-eticamente é ció che sta alla base per 1) la sua universalità e 2) per il suo incontrovertibile sequitur con la natura, a priori di ogni speculazione logica.
Il sequitur logico fondato sulla physis (se ho questa etica, allora esisto) credo non vada confuso con la sua versione rovesciata (se esisto, allora ho questa etica); distinzione ribadita dall'impossibilità di falsificare le etiche (al plurale), mentre l'ipotesi di un morto che abbia una sua etica è per ora piuttosto falsificata (in attesa della resurrezione e/o degli zombies).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Sono queste due caratteristiche a rendere possibile un approccio razionale sintetico alla questione et(o-log)ica umana. Traducendo la piramide dai bisogni in (meta-)etica, ridurrei il tutto a tre stadi del bene in sequitur:

1) fisico (alimentazione, salute, attesa di vita)
2) sociale (lavoro, istruzione, diritti politici e civili)
3) estetico-culturale-ludico.
Secondo me questi tre "beni" (a loro volta non in sequitur fra loro), non ci parlano di etica, essendo strettamente individuali (nel senso spiegato all'inizio). Allora mi/ti chiedo: la piramide cosa ci dimostra spiega dell'etica? Che il singolo ha il bisogno individuale di sentirsi nel giusto (moralità)? Concordo appieno, tuttavia abbi pazienza, ma non vedo ancora né sequitur (fondazionali) fra physis ed etica, né «epistemologia dell'ethos» (cit.).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Infatti a questo serve la ricerca dei fondativi etologici umani
Ben venga tale ricerca, soprattutto se poi fornisce dimostrazioni; intanto, concedimi la battutaccia: ti leggo, ti rispondo, ma ancora non ti sequitur...

Lou

#119
Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 18:08:53 PM
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.

Necessario ma non sufficiente. Quello che vorrei dire a Phil et altri é che l'etologia umana si regge sulla formula:

ethos = physis + logos.

Logos é un'emergenza trascendentale rispetto a physis, con una sua relativa autonomia creativa e gestionale, ma il referente di ultima istanza rimane physis, perché   meta-fisicamente ancora prima che meta-eticamente l'essere (umano) per essere deve innanzitutto essere (vivo) e conservarsi tale. Nel miglior modo possibile: etica (ethos-techne).

Il "miglior modo possibile" é graficamente descritto dalla piramide di Maslow la cui realizzazione possiamo assimilare al concetto di bene. E col segno meno davanti di male.

Non è un caso se alla base della piramide ci sta physis. Phil affermerà che sono possibili anche altri disegni et(olog)ici. In effetti quello dominante nell'epoca attuale è una piramide rovesciata in cui si perde persino il senso del + e del -

Per ora mi fermo qui.
No, non è descritto dalla piramide di Maslow, il miglior mondo possibile, il soddisfacimento dei bisogni primari non è necessariamente la base per l'autorealizzazione. L'autorealizzazione nega fortemente questa semplificazione, in ambito etologico umano, e non la nega a livello teorico, ma prassico. È perchè non mi interessa un fico secco di aver la pancia piena e conservarmi se il valore prioritario è per me la libertà, faccio un esempio ovviamente, l'etologia umana smentisce costantemente nella storia l'autoconservazione come base e valore primario. Antigone lo prova. Socrate lo prova. Catone lo prova. Seneca lo prova. E la lista è lunghissima. L'etologia umana spezza quella continuità che affermi, ci sono singoli per cui non vale. Già solo lo schematismo piramidale induce a perplessità. Navigare mari, è per taluni preferibile che arrampicate piramidali. Non è per tutti la priorità avere la pancia piena, per essere felici. Autorealizzati. Certo, la vita è il contesto entro cui apparteniamo, per dire ciò, eppure, paradossalmente, per affermarla, in molti casi non è l' autoconservazione, il mero sopravvivere, che l'etologia umana testimonia.

E per inciso, "physis" in realtà è già da sempre - concetto.
Impestata di logos.
Physis=ethos+logos.
È una postura logica ciò che da come  risultante "physis".
Siamo una forma di vita complicata e complessa. ;)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

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