L'origine del male e del bene

Aperto da Jacopus, 29 Luglio 2019, 22:20:15 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Phil

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 13:53:37 PM
Il distributore funziona secondo il progetto di chi conia le monete e possiede le piantagioni di caffè: struttura.
E se il distributore funzionasse secondo il progetto di chi lo progetta? Si parlava di tautologia, no?
Disambiguo per evitare fraintendimenti: il «distributore (di giudizi etici)»(autocit.) è il paradigma etico con cui valutiamo le informazioni (monetine) per produrre giudizi etici (caffè). Del suo essere struttura (concordiamo) erogatrice, mi interessa scrutarne il funzionamento dall'interno (quindi la progettazione, quindi la questione meta-etica), a prescindere (qui torniamo in metafora) da quale sia l'"impatto diuretico" del caffè nella società di finanzieri e coltivatori.

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 13:53:37 PM
Lavorando di vanga e cacciavite si trovano tutti i sequitur che l'autonomia del relativo non vuole vedere.
Riguardo a tale auto-nomia del relativo (suppongo tu intenda la tautologia assiomatica, da Aristotele a Godel): forse più che rimproverargli il non vedere i sequitur, gioverebbe esplicitarli e (di)mostrarglieli; se è possibile (se invece è stato già fatto, allora la cecità è forse irrimediabile).

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 13:53:37 PM
labirinto dell'illusionismo relativista, coi suoi mille sentieri che non sbucano in radure assolate, ma in cieche caverne platoniche.
[modalità meta-discorsiva: on
Ben vengano discorsi ampliati e critiche a correnti di pensiero, ma a me interessavano soprattutto chiarimenti sulla tua prospettiva. Magari sbaglio, comunque capisco che il disagio del sentirsi assediati possa spingere al contrattacco e, in assenza di bersaglio palese, si scaglino strali un po' "a memoria"; se questa tua "reattiva" frecciata al relativismo arriva in fiera delega delle risposte per le sollecitazioni alla tua posizione, è una forma di "difesa" indubbiamente legittima. Tuttavia, secondo me, nel momento in cui il dialogo diventa duello o assedio (proprio quello che volevo scongiurare, come non a caso già anticipato) e non collaborazione su un topic, si innescano inevitabilmente dinamiche retoriche che sterilizzano ogni fertilità filosofica, lasciando in sospeso il filo logico del tema («basta parlare della mia posizione, parliamo piuttosto delle debolezze dalla tua!», ovvero l'antitesi della ricerca di equipe, come la filosofia dovrebbe potrebbe essere).
modalità meta-discorsiva: off]
Nella dianoia che mi interessa(va), la tua posizione era il focus (e lo è stato per pagine) proprio perché quel sequitur sarebbe potuto essere un affondo molto impattante (anche) sul relativismo: trovare un sequitur forte, radicato nella physis e nell'ethos animale, avrebbe assestato un duro colpo alla tenuta pragmatica (prima ancora che teoretica) di ogni pensiero debole... per questo ero motivato a capire e collaudare la solidità di tale possibile sequitur (che tuttora mi sfugge; forse devo solo iniziare a mettere in conto i limiti di comprensione imposti dal mio paradigma).


P.s.
Nota letteraria: se non erro, Antigone decide di impiccarsi nella grotta in cui era stata rinchiusa: la sua etica, più che farla uscire dalle «cieche caverne platoniche»(cit.), l'ha portata a scegliere di terminare lì la sua vita. Direi quindi che il conto della potenza del suo «ethos» l'ha pagato lei in prima persona, con buona pace di quell'ethos che mira alla conservazione della vita. Anche in questo caso, la razionalità ha dunque rivendicato la sua indipendenza dall'ethos animale, manipolando la physis e il bios fino all'estremo gesto (altra tacca, seppur letteraria, sul "non sequitur"; se citi queste storie, non mi aiuti a capirti...).

Ipazia

#91
La disponibilità della propria vita é nel segno della vita. Ancor più se libera dalla prigionia del dolore (eu-tanasia) o degli uomini. Negazione della vita é la schiavitù, la viltà, l'alienazione. Mentre il relativismo cerca assiomi e paradigmi, l'ethos li scrive sulla carne e quel segno é assai più potente del segno logico. Antigone ne é consapevole e va fino in fondo, conquistando la vita eterna in quell'ethos di cui si era eletta testimone sapendo perfettamente cosa si stava giocando. Il sequitur ethos-etica qui é immediato.

Si tratta però di situazioni limite in cui il valore vita richiede il sacrificio per essere affermato (vale anche per l'eutanasia). In condizioni di buona salute fisica e sociale il valore vita si afferma positivamente senza meta-etica alcuna.

Il dispositivo "classista" é un prodotto storico che necessita pure lui della vita per legittimarsi. L'apologo di Menenio Agrippa é il primo manuale di funzionamento storicamente riportato. Di indubbia eleganza peraltro. In epoca tecnologica andava molto l'apologo della nave. In crisi irreversibile dopo l'irrompere di flotte negriere. Siamo in attesa di nuove retoriche ad hoc. Ma forse non servono neppure più. Basta la finanza che infila tutti i sequitur che neppure la natura coi suoi cataclismi ...

Che il bene e il male non siano intercambiabili in uno schematismo relativista lo dimostra pure il fatto empirico che chi fa il male non ama subirlo. Strumentalmente lo converte in bene pro domo sua, ma meta-eticamente lo sa che è, e fa, male.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Phil. Citandoti : "Anche in questo caso, la razionalità ha dunque rivendicato la sua indipendenza dall'ethos animale, manipolando la physis e il bios fino all'estremo gesto".
Non mi sembra proprio che il suicidio rappresenti il trionfo della razionalità applicata a circostanze quanto si voglia estreme.
Sarà semmai la psiche a piegare alle proprie istanze (fuga da attese intollerabili sofferenze dell'io) mente e corpo.
La differenza tra l'ethos animale e quello umano è infatti tutta qui : solo l'uomo è in grado di contraddire "deliberatamente" (quanto deliberatamente, non sappiamo) l'istinto di sopravvivenza. Ma anche questa è solo una ulteriore ed estrema manifestazione etica. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
Mentre il relativismo cerca assiomi e paradigmi, l'ethos li scrive sulla carne e quel segno é assai più potente del segno logico.
Assiomi e paradigmi, correggimi sempre se sbaglio, li cercano le discipline, prima ancora delle rispettive correnti; li cerca la logica, l'ermeneutica, l'etica (inconsapevolmente, a quanto pare) e direi persino l'arte. Sul relativismo come capro espiatorio che accomuna papi e nietzschiani, comunisti e fascisti, playboy e femministe (non parlo di te), non ho nulla di nuovo da aggiungere, vostro onore: come scritto sopra, mi interessa piuttosto capire un potenziale "novum" (sotto forma di inatteso sequitur), un passaggio che sfaterebbe l'aura del pensiero debole e mi darebbe molto da riflettere.

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
Antigone ne é consapevole e va fino in fondo, conquistando la vita eterna in quell'ethos di cui si era eletta testimone sapendo perfettamente cosa si stava giocando. Il sequitur ethos-etica qui é immediato.
Se l'ethos di matrice naturale (quello di cui si è parlato sinora, se non sbaglio) non prevede il suicidio per istinto, suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva), per capire meglio, provo con una domanda secca: perché l'etica di Antigone è fondata sull'ethos?

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
In condizioni di buona salute fisica e sociale il valore vita si afferma positivamente senza meta-etica alcuna.
Decisamente sì; come dicevo, per l'etica in quanto tale bastano infatti la tradizione, l'educazione, etc. per la meta-etica basta la curiosità filosofica del bambino che chiede «perché?» (v. domanda sopra). Domanda spesso ritenuta superflua e impertinente dai più e a cui, per fortuna, si può anche non rispondere, senza perdere nulla in termini di "funzionalità" del proprio punto di vista.

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
Che il bene e il male non siano intercambiabili in uno schematismo relativista lo dimostra pure il fatto empirico che chi fa il male non ama subirlo.
Davvero c'è un relativismo che propone tale "schematismo"? Di nuovo: senza riflessione meta-etica, si finisce dritti al giudizio di valore, questo sì per nulla meta-etico: «questo è giusto»/«quello è sbagliato», senza passare per la comprensione, che richiederebbe di aprire il famigerato dispositivo di erogazione, svelare il sancta sanctorum dell'etica... tuttavia non è un gesto necessario: in fondo, se il distributore funziona, perché aprirlo? Eppure questo non è il "perché" del bambino-filosofo.


@viator
Parlando di Antigone e non dei suicidi della cronaca reale (premessa piuttosto necessaria), intendevo che tale suicidio rivendica l'indipendenza della razionalità poiché è una scelta (non approfondisco) che va contro l'istinto di conservazione. Ovviamente, per essere comprensibile, tale mia osservazione va contestualizzata nel colloquio con Ipazia, che più di una volta si è appellata alla razionalità dell'etica collegandola ad un suo sequitur da ethos e physis (da qui il mio commento volto a rilevare il non sequitur fra etica razionale e ethos spontaneo-animale; se per «ethos» intendiamo invece la morale, il problema del non sequitur forse "guadagna" un ulteriore gradino di complicazione).

Ipazia

L'obiezione di viator mi pare fondata ed evidenzia un punto cruciale del dissenso: ethos é un intermedio tra physis e nomos che Phil riduce totalmente al primo, negandone la complessità. Che si assevera anche in ambito extraumano quando un animale preso nella tagliola recide l'arto intrappolato per guadagnare la libertà  compiendo un gesto psicologico apparentemente in contrasto con una ipostatizzata logica naturale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

#95
Citazione di: Phil il 14 Settembre 2019, 23:30:24 PM
Se l'ethos di matrice naturale (quello di cui si è parlato sinora, se non sbaglio) non prevede il suicidio per istinto, suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva), per capire meglio, provo con una domanda secca: perché l'etica di Antigone è fondata sull'ethos?

Lo dice lei stessa a Creonte: "Neppure pensavo i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi  né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse"

La tua premessa sbaglia per il motivo che ho detto sopra. L'ethos umano é  physis + psiche (+ logos).  Ma anche nel mondo animale l'etologia rivela la complessità dei comportamenti, particolarmente nei contesti sociali.

Il suicidio di Antigone é una forma di liberazione, coerente con quel contesto etologico. Se bastasse l'istinto di conservazione non si spiegherebbe la sofferenza dell'animale in gabbia e la sua fuga da un cibo comunque garantito. Figurarsi un umano ...

PS. l'ulteriore complicazione é data e va navigata.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
L'obiezione di viator mi pare fondata ed evidenzia un punto cruciale del dissenso: ethos é un intermedio tra physis e nomos che Phil riduce totalmente al primo, negandone la complessità.
Ethos è intermedio fra physis e nomos, ma fra ethos animale e nomos umano non c'è forse la suddetta razionalità (ratio)? Tale razionalità non ci separa dall'ethos animale, recidendo il sequitur del cordone ombelicale che ci lega all'istinto del comportamento adattativo di base?
Non ho ancora capito la risposta: considerando quella lista di questioni squisitamente umane e pratiche (politiche, bioetiche, etc.) come si può decidere secondo ragione ma restando ancora in sequitur con la natura (magari sventando ogni opinabilità interpretativa)?

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
Che si assevera anche in ambito extraumano quando un animale preso nella tagliola recide l'arto intrappolato per guadagnare la libertà  compiendo un gesto psicologico apparentemente in contrasto con una ipostatizzata logica naturale.
Non capisco la «ipostatizzata logica naturale»; riesco solo a connettere la logica alla razionalità e quindi all'umanità, emancipata dall'istinto che ci farebbe sempre correre via quando abbiamo una gamba presa in una trappola, lasciandoci storpi o, meno cruentemente, renderebbe impossibile farsi fare una puntura perché o fuggiremmo o aggrediremmo chi ci provoca dolore.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
Citazione di: Phil il 14 Settembre 2019, 23:30:24 PM
Se l'ethos di matrice naturale (quello di cui si è parlato sinora, se non sbaglio) non prevede il suicidio per istinto, suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva), per capire meglio, provo con una domanda secca: perché l'etica di Antigone è fondata sull'ethos?

Lo dice lei stessa a Creonte: "Neppure pensavo i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi  né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse"
Bel discorso, ma davvero il fatto che lei lo affermi è dimostrazione di una fondazione sull'ethos? Mi concederai che è un po' poco come collaudo filosofico.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
La tua premessa sbaglia per il motivo che ho detto sopra. L'ethos umano é  physis + psiche (+ logos).  Ma anche nel mondo animale l'etologia rivela la complessità dei comportamenti, particolarmente nei contesti sociali.
[...]
PS. l'ulteriore complicazione é data e va navigata.
Mi pare che la complicazione nel passaggio dall'ethos animale a quello umano sia proprio il sequitur interruptus (dal non sequitur in ivg fino ai metodi di natalità): nel momento in cui edifichiamo etiche e culture a cui gli animali non possono cognitivamente (prima, tecnicamente poi) accedere, non possiamo più dire che c'è continuità con il loro ethos, che ha certo una sua complessità, ma, passaggio cruciale, tale complessità diverge dalla nostra, non la fonda.

Jacopus

#97
Per Ipazia e Phil.
Come al solito non mi piacciono le posizioni rigide e consenquenziali aristoteliche. L'etica (in senso hegeliano) ha sia una radice fisiologica (come potrebbe essere altrimenti) ma anche una connotazione che si stacca radicalmente da essa. Pensate forse che le S.S. non fossero convinte di agire eticamente, sterminando gli ebrei, oppure pensate che tanti nostri concittadini non ritengano di essere dalla parte del giusto quando invocano  ritorno dei migranti nei campi di concentramento libici?
J. Habermas ha invocato una definizione procedurale dell'etica, corrispondente a sentire collettivo di una certa epoca, associato però ad una cura e sviluppo della capacità intellettuale della società.
Credo che il perseguimento del bene non vada svincolato da queste tre precondizioni e mi rifaccio al vostro lungo e interessantissimo dibattito.
1. Physis (l'ossitocina ad esempio ci suggerisce che il bieco egoismo alla Hobbes non rientra nei piani della natura).
2. Condivisione culturale dei valori attraverso un pubblico confronto (ogni epoca e ogni cultura ha la sua etica e solo accettando la possibilità della coesistenza di etiche diverse ma ugualmente dignitose, possiamo accettare lo scambio e l'accettazione degli altri).
3. Affinché il punto 2 non sia la riedizione del relativismo culturale con legittimazione dei vari teschi come effige sulle divise, occorre che la cultura, in tutte le sue forme, artistica, sociologica, politica, filosofica, linguistica, economica, ecc., sia sempre più tutelata e diffusa.

Tutto questo però, come potete intuire, mette in allarme i gruppi sociali che detengono il potere in gran parte del mondo odierno, tanto che questi discorsi pubblici possono essere fatti, ad essere generosi, solo fra il 10 per cento della popolazione mondiale (e compresi forse dall'un per cento, sempre ad essere generosi).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: Jacopus il 15 Settembre 2019, 12:19:34 PM
1. Physis (l'ossitocina ad esempio ci suggerisce che il bieco egoismo alla Hobbes non rientra nei piani della natura).
Da quel poco che ho visto fugacemente su wikipedia (non essendo pratico in materia) l'ossitocina fa parte di una physis particolare, quella che lega mamma e bambino, legame istintivo a cui non credo Hobbes si riferisse con la storia dei lupi, sicuramente non io quando cito «mors tua, vita mea».

Citazione di: Jacopus il 15 Settembre 2019, 12:19:34 PM
2. Condivisione culturale dei valori attraverso un pubblico confronto (ogni epoca e ogni cultura ha la sua etica e solo accettando la possibilità della coesistenza di etiche diverse ma ugualmente dignitose, possiamo accettare lo scambio e l'accettazione degli altri).
La «coesistenza di etiche diverse»(cit.) è una constatazione, l'«ugualmente dignitose»(cit.) presuppone, a mio avviso, un approccio decisamente "debole" al concetto di «bene» della propria etica: se volessi riconoscere pari dignità anche all'etica che sostiene il contrario di ciò che afferma la mia, dovrei riconoscere che la mia mi appare (non «è») migliore soprattutto per contingenze "biografiche" e di storia individuale. Concessione che può causare un infarto al cuore di molte prospettive etiche (che tale infarto sia "bypassabile" con un po' di relativismo culturale, mi sembra ormai noto).
La domanda ora è: dobbiamo riconoscere pari dignità alle altre etiche? Questo "dovere", se viene avvertito (non è per tutti, quindi), su cosa si fonda? Se il «bene» è prodotto biografico-culturale quale può essere la sua dialettica con la biografia-cultura del prossimo che nega ciò che la mia etica afferma?
L'etica dei «teschi sulle divise» la condanniamo eticamente come condanniamo eticamente l'Isis pur sapendo ipotizzando che ai loro occhi compiono "il giusto"?
Questione di gerarchie culturali (oltre che di rapporti di forza politico-economica etc.), per cui finché ognuno resta a casa sua, professiamo agevolmente che ogni etica abbia un suo recinto di legittimità, ma quando io e l'altro ci in(s)contriamo, che sia in casa o fuori casa, e la tolleranza etica diventerebbe medium fondamentale, la legittimità dell'altrui etica si rivela in concreto spesso secondaria rispetto alla gerarchizzazione degli interessi, miei contro altrui (e qui sì che il valore della vita si conferma decisivo: in assenza di mediazione diplomatica, scatta, in generale, prontamente il «mors tua, vita mea»).

Quando due etiche confliggono e non si tratta di un conflitto sui libri, ma sul "campo di battaglia" (sia esso bellico o economico o politico o altro), a quel punto ognuno vedrà probabilmente le sue ragioni valere di più di quelle dell'altro, anche se un attimo prima le definiva «ugualmente dignitose».
La rimozione "etica" del polemos della guerra, in favore di un gaio pensarsi tutti fratelli sotto lo stesso cielo, al di qua dell'innegabile fascino estetico, cozza con le "materiali" necessità storiche di risolvere "dialoghi impossibili" (per quanto tale espressione possa suonare male ad una cultura cresciuta a "brioches" e umanesimo).
Per questo, secondo me, se si ammette davvero pari dignità fra le etiche, ne consegue che bisogna poi ammettere anche, con buona pace della retorica umanistico-universalistica, che alcuni conflitti fra alcune etiche, in assenza di una meta-etica decisiva e "super partes", possono anche risolversi, talvolta inevitabilmente, con la sopraffazione del prossimo (per dirla senza edulcoranti), in contesti in cui la norma etica finisce con il cedere il passo alla legge marziale. A giudicare tale sopraffazione «giusta» o «ingiusta» sarà poi ogni singola etica: i soldati dell'Isis (è un esempio, prendetelo con tutta la banalità del caso) diranno che è ingiusta la nostra società, noi diremo che è ingiusta la loro, etc. e lo stesso vale per conflitti economici o politici.

Sarebbe infatti, secondo me, un errore logico pensare che il relativismo culturale debba necessariamente essere letto come foriero solo di un pacifico girotondo globale; questa è una possibilità (utopia per utopia, è quella che preferirei, ma ciò qui non conta). Tuttavia la sua antitesi, ovvero che ogni conflitto fra etiche divergenti (non essendoci una meta-etica risolutiva...), non possa che essere risolta "con le cattive", è una possibilità che la storia chiama quotidianamente «realtà» e non si può non tenerne conto: si è passati dall'imperialismo dei colpi di cannone a quello dei colpi di stato pilotati a quello dei colpi del mercato globale. Probabilmente è magra consolazione il poter parlare sempre meno di guerre in Europa, sottovalutando che i colpi del mercato possono fare più vittime (se questo è il criterio etico) di quelli di cannone (oltre che più lontano e sicuramente in modo più silenzioso).
Certo, resta lecito prefigurarsi un altro mondo, con altri uomini e altre storie, ma è comunque un'attività onirico-utopica che, magari sbaglio, nei dettagli si basa guarda caso sulla propria etica e/o sulla legge di casa propria (oikos-nomos) eletta a norma universale, come da copione ben noto.

Citazione di: Jacopus il 15 Settembre 2019, 12:19:34 PM
3. Affinché il punto 2 non sia la riedizione del relativismo culturale con legittimazione dei vari teschi come effige sulle divise, occorre che la cultura, in tutte le sue forme [...] sia sempre più tutelata e diffusa.
La cultura o le culture? Quanto più ci si radica (con studi etc.) nella cultura di casa propria, quanto più la si tutela, tanto più si rischia di diventare impermeabili alle culture altrui (v. nazionalismi, etc.), il che rende poi difficile riconoscerle «ugualmente dignitose», salvo muoversi sin dall'inizio nell'orizzonte del relativismo culturale pacifista (nell'altro, quello più "natural-nichilista", nemmeno si pone il problema della differente dignità).
Se intendevi «la cultura» in generale, globale, resta a mio avviso "esegeticamente pericoloso" usare il singolare: quanto più una cultura è identificata come differente dalle altre, quanto più è facile tutelarla (è questo che proponevi, giusto?); quanto più si parla di unica cultura mondiale, tanto più se qualcuna sparisce e non risponde all'appello, non ce ne accorgiamo.


P.s.
Anche in queste osservazioni, come in quelle con Ipazia, non mi interessa tanto cosa è giusto o cosa è sbagliato, se è giusta la pace nel mondo o è giusto sterminare i propri oppositori, se quelli dell'Isis credono davvero di fare il bene, se l'umanesimo sia la "redenzione" della nostra epoca dalle "barbarie" di quelle precedenti, etc.; il mio focus d'interesse è piuttosto capire i meccanismi del dispositivo etico, lasciando in sospeso i giudizi di valore sulle sue applicazioni di volta in volta possibili.

Ipazia

Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 11:43:11 AM
Ethos è intermedio fra physis e nomos, ma fra ethos animale e nomos umano non c'è forse la suddetta razionalità (ratio)? Tale razionalità non ci separa dall'ethos animale, recidendo il sequitur del cordone ombelicale che ci lega all'istinto del comportamento adattativo di base?

No, perché la razionalità umana si deve sempre confrontare con i Sollen imposti dalla natura. Anche gli animali più prossimi a noi utilizzano l'attività cerebrale in maniera logica e hanno una educazione attraverso le cure parentali. Io, e gli etologi, non vediamo tutta questa scissione ombelicale e razionale. Ci differenzia l'aver formalizzato i processi logici e la loro comunicabilità. Ma questo non legittima etiche nate sotto un cavolo che nel duro impatto col principio di realtà franano, mostrando tutta l'illusionalità della loro arbitraria autonomia. Il Capitale pare avere qualche marcia in più, inventando persino migrazioni volontarie nei lager prima di accedere alla sua terra promessa, ma io sono pronta a scommettere che la contraddizione tra ideologia e realtà finirà sempre col falsificare la prima e affermare la seconda.

CitazioneNon ho ancora capito la risposta: considerando quella lista di questioni squisitamente umane e pratiche (politiche, bioetiche, etc.) come si può decidere secondo ragione ma restando ancora in sequitur con la natura (magari sventando ogni opinabilità interpretativa)?

Semplicemente lasciando parlare la natura. Posso costruire nelle golene o col cemento della mafia e popolare di numi legiferanti il monte Olimpo, ma basta un nubifragio, terremoto o ascensione sull'Olimpo per ripristinare il giusto sequitur tra uomo e natura.

CitazioneNon capisco la «ipostatizzata logica naturale»; riesco solo a connettere la logica alla razionalità e quindi all'umanità, emancipata dall'istinto che ci farebbe sempre correre via quando abbiamo una gamba presa in una trappola, lasciandoci storpi o, meno cruentemente, renderebbe impossibile farsi fare una puntura perché o fuggiremmo o aggrediremmo chi ci provoca dolore.

E' solo questione di comunicazione e conoscenza. Tra un selvaggio umano e un cane abituato ad andare dal veterinario non so chi reagirebbe più "razionalmente" in simile frangente. Probabilmente il cane.

Citazione"Neppure pensavo i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi  né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse"
Bel discorso, ma davvero il fatto che lei lo affermi è dimostrazione di una fondazione sull'ethos? Mi concederai che è un po' poco come collaudo filosofico.

Cosí poco che lei ci ha messo sopra la sua vita ! E quel che più importa: quel conflitto l'ha trasformata in simbolo fondativo di un conflitto etico tra ethos e nomos ancora assolutamente attuale. Fin troppo collaudato, viste le caricaturali recenti attribuzioni.

Citazione
Mi pare che la complicazione nel passaggio dall'ethos animale a quello umano sia proprio il sequitur interruptus (dal non sequitur in ivg fino ai metodi di natalità): nel momento in cui edifichiamo etiche e culture a cui gli animali non possono cognitivamente (prima, tecnicamente poi) accedere, non possiamo più dire che c'è continuità con il loro ethos, che ha certo una sua complessità, ma, passaggio cruciale, tale complessità diverge dalla nostra, non la fonda.

Opinabile. Etologi e chi ha pratica di animali domestici la pensano diversamente. La capacità animale di adeguarsi alla nostra  tecnologia innaturale talvolta é sorprendente. Se fosse solo istinto fuggirebbero a gambe levate, come fanno i selvatici. Invece dimostrano una grande capacità di relazionalità interspecista comportamentale e affettiva. Direi persino cognitiva.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Non intendo rubare la replica a Jacopus, ma esiste anche un'evoluzione et(olog)ica che risolve i conflitti e unifica i valori. Riscrivendo i paradigmi al pari delle rivoluzioni scientifiche.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Phil. Citando dal tuo intervento nr.93 qui sopra: "suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva)".
Mai il suicidio , ripeto, potrà risultare conseguenza di scelta razionale (volevi forse dire "volontaria", cioè cosa ben diversa che tuttavia potrà anche essere contro-istintiva).

La razionalità evita sempre le soluzioni irreversibili. In ciò risultando perfettamente d'accordo con l'istinto.
Perchè mai dovrei uccidermi quando, se rimando uno simile decisione (anche solo di una manciata di secondi) la completa imprevedibilità della vita potrebbe offrirmi quella via di uscita che sinora non riesco a trovare ? Per il suicidio ci sarà sempre tempo, no?

Invece la sfera psichica (ad ogni vera resa dei conti è sempre la psiche a dettar legge sulla mente, mai il reciproco), che è quella dell'irrazionale spesso e volentieri inconsapevole, può imporre alla volontà esecutiva la realizzazione di un male tollerabile (la morte è la cessazione della sensibilità psichica) che appunto annulli la sofferenza psichica insopportabile.

Resta la apparentemente contradditoria capacità di una psiche in grado di vanificare la propria sussitenza (la psiche, nella sua forma e funzione originarie come si presentano nel neonato, non è altro che puro e semplice contenuto istintuale sopravvivenziale - che termine orrendo, quest'ultimo).

Essa contraddizione secondo me risulta generata - nello specifico umano - dall'affiancarsi della COSCIENZA alla psiche stessa. Infatti il suicidio prevede la presenza sia della coscienza etica che di quella percettiva per potersi realizzare, trovate ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

@Ipazia
Posso sbagliarmi, come sempre, ma mi pare che si sia passati dal «contrattacco» alla «reattanza»/«psicologia inversa»: obiettare a prescindere dal contesto e in assenza di argomentazioni appoggiarsi a metafore estetico-narrative; faccio quindi un po' fatica a seguire il filo del discorso (almeno la parte che mi interessava), comunque ci provo, cercando di essere sintetico e facendo qualche domanda per avere chiarimenti.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 11:43:11 AM
Ethos è intermedio fra physis e nomos, ma fra ethos animale e nomos umano non c'è forse la suddetta razionalità (ratio)? Tale razionalità non ci separa dall'ethos animale, recidendo il sequitur del cordone ombelicale che ci lega all'istinto del comportamento adattativo di base?

No, [...] Ci differenzia l'aver formalizzato i processi logici e la loro comunicabilità.
Questo a me sembra un "sì" dissimulato, il "sì" che rende la mia domanda una domanda retorica: senza la graduale formalizzazione dei processi logici e senza la loro crescente comunicabilità, la ratio umana di oggi non esisterebbe. Gli altri animali non possono dire (e, per ora, fare) altrettanto, non hanno ancora tagliato il cordone con il gesto della scrittura (questa la lascio qui, così...).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Ma questo non legittima etiche nate sotto un cavolo che nel duro impatto col principio di realtà franano, mostrando tutta l'illusionalità della loro arbitraria autonomia.
Curiosità: ci sono etiche del genere? Intendo incompatibili con il principio di realtà (ormai, in campo etico, non mi stupisce più nulla...).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
CitazioneNon ho ancora capito la risposta: considerando quella lista di questioni squisitamente umane e pratiche (politiche, bioetiche, etc.) come si può decidere secondo ragione ma restando ancora in sequitur con la natura (magari sventando ogni opinabilità interpretativa)?

Semplicemente lasciando parlare la natura. Posso costruire nelle golene o col cemento della mafia e popolare di numi legiferanti il monte Olimpo, ma basta un nubifragio, terremoto o ascensione sull'Olimpo per ripristinare il giusto sequitur tra uomo e natura.
Quindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? Perdona la futile battuta, ma il passo successivo non sarà mica «ascolta il tuo cuore»? Scherzi a parte, il sequitur fra uomo e natura di cui parlavamo è quello etico, giusto? Non colgo dunque la pertinenza di terremoti e ascese in vetta (intendi «il cielo stellato sopra di me etc.»? Anche lì il sequitur mi pare manchi, perché oggi sappiamo che quell'«in me» non è soave scintilla divina, ma bios pronto a ricevere gli input del mondo esterno).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
E' solo questione di comunicazione e conoscenza. Tra un selvaggio umano e un cane abituato ad andare dal veterinario non so chi reagirebbe più "razionalmente" in simile frangente. Probabilmente il cane.
Non capisco: paragonare un selvaggio umano a un cane addomesticato depone a favore del sequitur fra la società umana e l'ethos naturale?

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
CitazioneBel discorso, ma davvero il fatto che lei lo affermi è dimostrazione di una fondazione sull'ethos? Mi concederai che è un po' poco come collaudo filosofico.
Cosí poco che lei ci ha messo sopra la sua vita ! E quel che più importa: quel conflitto l'ha trasformata in simbolo fondativo di un conflitto etico tra ethos e nomos ancora assolutamente attuale. Fin troppo collaudato, viste le caricaturali recenti attribuzioni.
Cercavo una dimostrazione, pur nel contesto letterario; la trasvalutazione storico-narrativa del suo gesto, per quanto allettante, non dimostra alcun sequitur, così come accade per altri testi (la Bibbia, tanto per citarne uno...). Si tratta ancora di distinguere il piano logico-argomentativo da quello storico-narrativo, meta-etica da etica, etc.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Citazione
Mi pare che la complicazione nel passaggio dall'ethos animale a quello umano sia proprio il sequitur interruptus (dal non sequitur in ivg fino ai metodi di natalità): nel momento in cui edifichiamo etiche e culture a cui gli animali non possono cognitivamente (prima, tecnicamente poi) accedere, non possiamo più dire che c'è continuità con il loro ethos, che ha certo una sua complessità, ma, passaggio cruciale, tale complessità diverge dalla nostra, non la fonda.

Opinabile. Etologi e chi ha pratica di animali domestici la pensano diversamente.
Davvero gli etologi pensano che gli animali possano accedere alla nostra cultura e alla nostra etica (come scritto)? Davvero ritengono «opinabile» che, riguardo gli animali, la loro «complessità diverge dalla nostra, non la fonda»(cit.)?
Lo chiedo perché non ne frequento.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:39:28 PM
Non intendo rubare la replica a Jacopus, ma esiste anche un'evoluzione et(olog)ica che risolve i conflitti e unifica i valori. Riscrivendo i paradigmi al pari delle rivoluzioni scientifiche.
Per non scomodare sempre l'Oriente, basta uno sguardo al di là del Mediterraneo per osservare che l'"unificazione dei valori" e la "riscrittura dei paradigmi" non riguardano esattamente le culture di tutto il globo e mi pare sia proprio così che nascono i conflitti più seri, oggi, quelli che testano le etiche sul campo, non nei convegni.
Nondimeno ammetto che non sia "grave" essere tendenzialmente selettivi nel parlare di «cultura» e pensare, da bravi discendenti dei romani, che fuori dalla nostra cultura occidentale «hic sunt leones».

Ipazia

Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 18:48:39 PM
@Ipazia
Posso sbagliarmi, come sempre, ma mi pare che si sia passati dal «contrattacco» alla «reattanza»/«psicologia inversa»: obiettare a prescindere dal contesto e in assenza di argomentazioni appoggiarsi a metafore estetico-narrative; faccio quindi un po' fatica a seguire il filo del discorso (almeno la parte che mi interessava), comunque ci provo, cercando di essere sintetico e facendo qualche domanda per avere chiarimenti.

Chiamare metafore estetico-narrative fatti tratti dal mondo naturale evidenzia tutta l'ideologica autonomia del linguaggio e nulla più.

Citazionesenza la graduale formalizzazione dei processi logici e senza la loro crescente comunicabilità, la ratio umana di oggi non esisterebbe. Gli altri animali non possono dire (e, per ora, fare) altrettanto, non hanno ancora tagliato il cordone con il gesto della scrittura (questa la lascio qui, così...).

Questo non esclude una vita psichica capace di comunicare.

Citazione
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Ma questo non legittima etiche nate sotto un cavolo che nel duro impatto col principio di realtà franano, mostrando tutta l'illusionalità della loro arbitraria autonomia.
Curiosità: ci sono etiche del genere? Intendo incompatibili con il principio di realtà (ormai, in campo etico, non mi stupisce più nulla...).

Certo che ci sono. Bufale di varia natura col loro codazzo di fedeli. L'ethos umano è assai trafficato e non ci facciamo mancare proprio nulla.

CitazioneQuindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? .... il sequitur fra uomo e natura di cui parlavamo è quello etico, giusto? Non colgo dunque la pertinenza di terremoti e ascese in vetta.

Certamente, solo la conoscenza accurata della natura può sbufalare certe posizioni ideologiche che raccolgono firme per dei referendum e un'occhiata al cielo da vicino può falsificare superstizioni infondate. Anche l'ethos ha la sua epistemologia che si assevera o falsifica interrogando senza pregiudizi la natura. Tralascio per brevità l'abbondante esemplificazione.

CitazioneNon capisco: paragonare un selvaggio umano a un cane addomesticato depone a favore del sequitur fra la società umana e l'ethos naturale?

Sí, nei suoi meccanismi cognitivi di base.

CitazioneCercavo una dimostrazione, pur nel contesto letterario; la trasvalutazione storico-narrativa del suo gesto, per quanto allettante, non dimostra alcun sequitur, così come accade per altri testi (la Bibbia, tanto per citarne uno...). Si tratta ancora di distinguere il piano logico-argomentativo da quello storico-narrativo, meta-etica da etica, etc.

Esiste forse qualcosa che piú dei miti possa spiegare al meta-ermenauta il senso più profondo delle sue radici ? Etologia umana al calore bianco.

CitazioneDavvero gli etologi pensano che gli animali possano accedere alla nostra cultura e alla nostra etica (come scritto)? Davvero ritengono «opinabile» che, riguardo gli animali, la loro «complessità diverge dalla nostra, non la fonda»(cit.)?
Lo chiedo perché non ne frequento.

Giorgio Celli, etologo amante dei gatti, riveló di essere perennemente in dubbio su chi tra lui e i suoi gatti avesse adottato l'animale di specie diversa.

CitazionePer non scomodare sempre l'Oriente, basta uno sguardo al di là del Mediterraneo per osservare che l'"unificazione dei valori" e la "riscrittura dei paradigmi" non riguardano esattamente le culture di tutto il globo e mi pare sia proprio così che nascono i conflitti più seri, oggi, quelli che testano le etiche sul campo, non nei convegni.
Nondimeno ammetto che non sia "grave" essere tendenzialmente selettivi nel parlare di «cultura» e pensare, da bravi discendenti dei romani, che fuori dalla nostra cultura occidentale «hic sunt leones».

I paradigmi etici non sono liturgie religiose o profane ma grandi rivolgimenti nel costume e quindi nel diritto che nei principi e nella prassi trasformano il nostro stile di vita. Non necessariamente di matrice occidentale, anche se molti elementi di emancipazione dalla barbarie sono nati in occidente. Su questo si può discutere a volontà, ma già poterlo fare é segno di evoluzione civile, di ampliamento dell'orizzonte ermeneutico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Chiamare metafore estetico-narrative fatti tratti dal mondo naturale evidenzia tutta l'ideologica autonomia del linguaggio e nulla più.
Per amor di brevità, non ho esplicitato; mancanza mia; non mi riferivo agli animali dell'antropologo (che non sono metafore, né sono estetici), ma ad Antigone; ora anche a
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Giorgio Celli, etologo amante dei gatti, riveló di essere perennemente in dubbio su chi tra lui e i suoi gatti avesse adottato l'animale di specie diversa.
simpatica battuta in risposta ad una domanda che parlava di un supposto "accesso degli animali all'etica umana" e di fondamenti (teor)etici.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Questo non esclude una vita psichica capace di comunicare.
Non la escludo affatto, ma non ne colgo la pertinenza con il discorso; se vuoi cambiare tema (la comunicazione negli animali o altro), non insisto oltre sulla questione del sequitur etico.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneQuindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? .... il sequitur fra uomo e natura di cui parlavamo è quello etico, giusto? Non colgo dunque la pertinenza di terremoti e ascese in vetta.
Certamente, solo la conoscenza accurata della natura può sbufalare certe posizioni ideologiche che raccolgono firme per dei referendum e un'occhiata al cielo da vicino può falsificare superstizioni infondate. Anche l'ethos ha la sua epistemologia che si assevera o falsifica interrogando senza pregiudizi la natura. Tralascio per brevità l'abbondante esemplificazione.
Temo si stiano confondendo di nuovo le informazioni-nozioni con le conseguenti decisioni-valutazioni, glissando sul meccanismo etico interpretativo che le elabora (se stiamo ancora parlando di etica...). Qualche esempio di come l'"epistemologia dell'ethos"(?), «interrogando senza pregiudizi la natura», possa instradarmi verso scelte etiche verificate (oltre a darmi informazioni su cui basare tali scelte, attività ben differente), probabilmente mi gioverebbe a seguirti meglio.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneNon capisco: paragonare un selvaggio umano a un cane addomesticato depone a favore del sequitur fra la società umana e l'ethos naturale?
Sí, nei suoi meccanismi cognitivi di base.
Il problema (e il tema) non è tuttavia la base: che anche l'uomo sia un animale è ben noto; la questione è l'altezza, la verticalità della ratio con cui l'uomo si allontana dalla base (restando comunque un animale, chiaramente). Il sequitur etico, in quanto tale, non sarebbe infatti da cercare fra l'ethos dell'uomo selvaggio e l'ethos dell'animale allo stato brado (due ethos), quanto piuttosto fra l'etica dell'uomo civilizzato e l'ethos del "mondo animale" (almeno questa era la tua tesi iniziale che mi ha incuriosito: il legame fondante fra ethos ed etica).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneCercavo una dimostrazione, pur nel contesto letterario; la trasvalutazione storico-narrativa del suo gesto, per quanto allettante, non dimostra alcun sequitur, così come accade per altri testi (la Bibbia, tanto per citarne uno...). Si tratta ancora di distinguere il piano logico-argomentativo da quello storico-narrativo, meta-etica da etica, etc.
Esiste forse qualcosa che piú dei miti possa spiegare al meta-ermenauta il senso più profondo delle sue radici ? Etologia umana al calore bianco.
Come detto, «cercavo una dimostrazione»(autocit.), argomentazioni logiche, poiché sul piano estetico-narrativo non c'è epistemologia che fondi paradigmi falsificabili, ma piuttosto letteratura, tradizione, cultura, etc. possiamo risalire fino agli archetipi transculturali, ma la domanda «perché ci sarebbe sequitur fra etica umana ed ethos animale?» richiede, per me, ben altro fondamento (e se non c'è, nessun problema).

Discussioni simili (5)