L'origine del male e del bene

Aperto da Jacopus, 29 Luglio 2019, 22:20:15 PM

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Ipazia

C'è una differenza sostanziale: mentre bene e male rimandano ad un'origine divina, sovrannaturale, mitica e mistica, etica è immanente, rimanda all'ethos, ovvero alla comunità che si dà le sue regole indipendentemente dai numi. Anche il concetto di giustizia che ne deriva subisce la stessa metamorfosi di significato.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: viator il 26 Settembre 2019, 21:06:59 PM
Salve Ipazia. Citandoti : "In effetti "bene" e "male" sanno tanto di incenso e zolfo dei tempi andati, soprattutto per gli eredi di una tradizione culturale religiosa manichea come quella monoteistica occidentale sempre in lotta tra numi e demoni. Santificando e demonizzando.

Suggerirei pertanto di testare una sostituzione con etico e non-etico. ..................................................................."
.
Ma il concetto di etica è comunque basato sulla percezione e sul soppesamento di ciò che viene valutato benefico a fronte di ciò che risulterebbe malefico. Quale che sia - circostanza per circostanza - l'ambito di ciò che possa rappresentare un bene od un male. Insomma, secondo me non può generarsi un'etica in mancanza di un previo riconoscimento del bene (o del male) che vorremmo realizzare. Non trovi ? Saluti.

Lascio per un attimo le questioni lasciate in sospeso da Phil, in effetti si potrebbe vedere il suo mettere in dubbio, il suo scetticismo generale, come un arte maieutica per tirare fuori qualcosa di positivo.
Siccome lo scambio tra lui ed Ipazia è molto lungo, mi riserbo di poterlo leggere in toto con calma, meditarci su un minimo, lasciando stare la questione che così, il discorso sull'etico non inizia mai neppure davvero. (non che non vi sia un discorso sull'etico, effettivamente sono stato troppo severo).

Ma torniamo al rilancio offerto da Viator, ossia sul bene, come beneficio, e il male come (maleficio? mi sa di stregonesco, e visto che me ne sto occupando, direi di lasciarlo perdere, rischiamo di sovraccaricare la discussione) sua negazione.

Però in un certo senso, al di là della natura vista come mamma e non come matrigna (a cui con dispiacere vedo ella non risponde), sono abbastanza d'accordo con lei, nel togliere l'etica dai territori metafisici.

Infatti benefico deve essere per l'anima (ammesso che ve ne sia una, perchè è una supposizione della chiesa, che richiede una fede cieca) o per la società?

In effetti io penso che bene e male è legata più alla tradizione metafisica. Ma appunto come già detto in paretesi richiede una certa cecità. La filosofia invece deve rimanere desta, la filosofia deve ripartire dal suo illuminismo.

In questo senso la scelta etica, ossia di chiamare il bene "etico" è già una scelta politica.

Uno schierarsi contro o a favore della chiesa.

E già significa andare contro i totem: guarda che mi tocca vedere dai mass media, (ma ripeto anni 60 la società dello spettacolo già diceva tutto) un completo asservimento alla chiesa. Nessuna critica, nessuna intellettualità.

Come se il bene e il male appartenesse alla chiesa,ossia alla sua comunità, copiosa e aggressiva come un cane idrofobo.
Ancora oggi, ancora nella società secolarizzata.

A questa comunità cieca, in crisi vicina (?) ad un crollo di nervi.

Bene e male, ecco che ritorna come imperativo teologico più che etico.

Ecco che di nuovo si ritorna al paradosso.

Perchè se io dico etico, oggi dico cattolico.

Anche se volessi far rimanere la filosofia desta, essa ragiona di nuovo come cattolica.

Dunque è normale che il bene sconfini col l'etico, e l'etico con il bene cattolico.

Un asse che scombina ogni prospettiva e ci consegna alla confusione dei tempi.

Siamo in Buj tempi, sempre più.

L'intelletto vacilla, la critica si è persa, Nietzche non viene mai citato....basterebbe quello!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

#167
Citazione di: green demetr il 27 Settembre 2019, 08:05:17 AM
Però in un certo senso, al di là della natura vista come mamma e non come matrigna (a cui con dispiacere vedo ella non risponde), sono abbastanza d'accordo con lei, nel togliere l'etica dai territori metafisici.

La natura non è nè mamma, nè matrigna: è fato. A cui si risponde, come insegna il Maestro (e phil lo sa certamente, ma voleva vincere facile), amandolo.

CitazioneEcco che di nuovo si ritorna al paradosso.

Perchè se io dico etico, oggi dico cattolico.

Anche se volessi far rimanere la filosofia desta, essa ragiona di nuovo come cattolica.

Dunque è normale che il bene sconfini col l'etico, e l'etico con il bene cattolico.

Un asse che scombina ogni prospettiva e ci consegna alla confusione dei tempi.

Per questo bisogna riconsegnare l'etica alla filosofia, come ai tempi di Aristotele. Bisogna riprendersela e non avere paura di usarla, sottolineando con forza la differenza. Non è che ci voglia molto, vista la (in)consistenza dei fondamenti etici cattolici, che stanno perdendo anche sull'eutanasia.
.
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green demetr

Citazione di: Ipazia il 27 Settembre 2019, 10:26:04 AM

Per questo bisogna riconsegnare l'etica alla filosofia, come ai tempi di Aristotele. Bisogna riprendersela e non avere paura di usarla, sottolineando con forza la differenza. Non è che ci voglia molto, vista la (in)consistenza dei fondamenti etici cattolici, che stanno perdendo anche sull'eutanasia.
.

Su questo penso che siamo d'accordo.

Il problema è che è facile per un filosofo anche semplicemente alle prime armi, ma per la società in cui siamo utopico.(prendere la filosofia come "direttore etico")

Comunque per ora ho sentito i medici parlare senza paura, gli intellettuali balbettano, come se qualcosa li frenasse. (e allora appunto poi sorge anche il dubbio su quale filosofia debba essere etica...)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Phil

Citazione di: green demetr il 27 Settembre 2019, 08:05:17 AM
Lascio per un attimo le questioni lasciate in sospeso da Phil, in effetti si potrebbe vedere il suo mettere in dubbio, il suo scetticismo generale, come un arte maieutica per tirare fuori qualcosa di positivo.
Lieto che tu l'abbia notato e, parlando di maieutica, ricorderei questo:
«Socrate – Oh, mio piacevole amico! e tu non hai sentito dire che io sono figliuolo d'una molto brava e vigorosa levatrice, di Fenàrete?
Teeteto – Questo sí, l'ho sentito dire.
Socrate – E che io esercito la stessa arte l'hai sentito dire?
Teeteto – No, mai!
Socrate – Sappi dunque che è così. Tu però non andarlo a dire agli altri. Non lo sanno, caro amico, che io possiedo quest'arte; e, non sapendolo, non dicono di me questo, bensì ch'io sono il piú stravagante degli uomini e che non faccio che seminar dubbi. Anche questo l'avrai sentito dire, è vero?
Teeteto – Sí. [...]
Socrate - Tu sai che nessuna donna, finché sia ella in stato di concepire e di generare, fa da levatrice alle altre donne; ma quelle soltanto che generare non possono più.
Teeteto – Sta bene.
Socrate – La causa di ciò dicono sia stata Artèmide, che ebbe in sorte di presiedere ai parti benché vergine. Ella dunque a donne sterili non concedette di fare da levatrici, essendo la natura umana troppo debole perché possa chiunque acquistare un'arte di cui non abbia avuto esperienza; ma assegnò codesto ufficio a quelle donne che per l'età loro non potevano piú generare, onorando in tal modo la somiglianza che esse avevano con lei. [...]
Socrate - Poiché questo ho di comune con le levatrici, che anch'io sono sterile ... di sapienza; e il biasimo che già tanti mi hanno fatto, che interrogo sì gli altri, ma non manifesto mai io stesso su nessuna questione il mio pensiero, ignorante come sono, è verissimo biasimo. E la ragione è appunto questa, che il dio mi costringe a fare da ostetrico, ma mi vietò di generare. Io sono dunque, in me, tutt'altro che sapiente, né da me è venuta fuori alcuna sapiente scoperta che sia generazione del mio animo [...]
Socrate - è chiaro che da me non hanno imparato nulla, bensì proprio e solo da se stessi molte cose e belle hanno trovato e generato [...]
Socrate - se poi, esaminando le tue risposte, io trovi che alcuna di esse è fantasma e non verità, e te la strappo di dosso e te la butto via, tu non sdegnarti meco come fanno per i lor figliuoli le donne di primo parto.»
(Platone, Teeteto, 149 a-151 d; corsivi miei)

Tanto il maieuta quanto l'ermeneuta, non si accostano all'altrui pensiero con la Verità già in spalla, né è rilevante per loro quale (e se) essa sia: per entrambi i "mestieri", la priorità (a suo modo "etica") è l'altrui "verità", nell'aiutare l'altro a collaudare e ottimizzare il suo stesso pensiero della sua verità (maieutica postmodernista) o nel cercare di comprenderla, addentrandovisi senza portar con sé troppo della propria prospettiva (che inficerebbe la comprensione, sebbene, finché restiamo umani, il circolo ermeneutico non sia totalmente disinnescabile tramite un'epochè fenomenologica, soprattutto su alcuni temi poco falsificabili).
Ne consegue che un presupposto che può agevolare sia il maieuta che l'ermeneuta è un tipo di pensiero "debole", come punto di partenza, un pensiero che non ha in sé una verità forte e quindi non può imporla all'altro (pilotando, più o meno consciamente, la maieutica) né gli risulta di intralcio o deformazione nel rintracciare il significato dell'altrui pensiero.
Non a caso, un tratto distintivo del pensatore debole (ancor più che del filosofo in generale) è l'uso della domanda: i pensatori forti, solitamente, ne fanno poche e retoriche (i dogmatici spesso non ne fanno affatto, avendo dogmi hanno già disponibili gran parte delle risposte). Invece, una maieutica e un'ermeneutica senza domande, praticamente non sono più tali. Certo, un pensatore forte, per "deformazione professionale", leggerà spesso tali domande deboli come retoriche; per sapere se lo sono davvero, basta semplicemente rispondere, che è il gesto basilare che ogni domanda, retorica e non, vorrebbe provocare.

A proposito di domande, su cosa può fondarsi la debolezza di un pensiero maieutico ed ermeneutico? Secondo me, la substruttura (piano spesso trascurato) su cui si edificano strutture veritative e, più in alto, sovrastrutture verificanti, è l'estrema "debolezza", extra-discorsiva ma per nulla mistica (non me ne voglia Wittgenstein) dei già citati saggi taoisti che arrivavano partivano dal «ritenere che le cose non esistessero»(cit.) e che ci interrogano domandandoci «ma vi sono veramente una completezza e un declino o non vi è né completezza, né declino?», con una domanda che segna il passaggio dal "nulla" (come assenza di identità concettuale, non di esistenza ontica) al qualcosa (concettualizzato, valutato, etc.), dal pre-senso al senso, dal fatto all'interpretazione, dalla substruttura alla struttura.
Una volta immessi (inevitabilmente) nel "gioco di società" delle strutture di senso culturali (quindi abbandonando, ma magari non scordando, la substruttura), ci si ritrova a potersi confrontare con problemi di senso (della vita, e non solo) come
Citazione di: Ipazia il 27 Settembre 2019, 10:26:04 AM
la (in)consistenza dei fondamenti etici cattolici, che stanno perdendo anche sull'eutanasia.
Effettivamente la cronaca recente ci ha fornito, con un buon tempismo (quasi un "buontempismo" goliardico, direi), un "case study" per i discorsi che abbiamo fatto sinora: la razionalità del suicidio (@viator), la vita e i bisogni primari come valori (@Ipazia) talvolta problematici e autoreferenziali (aggiungerei), la (bio)politica che legifera sull'etica e non viceversa (@green), etc.

green demetr

Fra le varie conferenze e contributi video che ho ascoltato ultimamente, devo con rammarico tornare su questo 3d.

Sembra che in linea generale si parli di bene e male. Come se fosse dunque questo l'orizzonte. Ossia che esista un bene e un male.
Al suo interno il circolo infinito delle interpretazioni (circolo infinito semiotico); dunque appropoposito di quello che si parlava di bene e di male: come competenza etica, maieutica o ermeneutica.
Competenza che riguarda però il bene e il male.
Su tutti il discorso piomba sempre sulle 2 colonne fondamentali della storia della filosofia, Platone e Aristotele.
Le loro etiche, le loro retoriche.

Ora da nicciano il paradosso è evidente, la metafisica è morta, e quindi che si fa? si torna alla metafisica? Non ha senso.

Rideventiamo idioti per un attimo, torniamo a fare storia della filosofia: come è possibile che si torni indietro a vecchie configurazioni metafisiche nell'epoca del post-postmoderno?

E' di nuovo sede di indagine critica e critica sociale. Alla faccia di chi pensa che questi sono tempi di sola azione e di fine del pensiero.
La teoresi è infinita, non tanto perchè si aggomitoli su se stessa, non tanto perchè il rischio del can che si mangia la coda è sempre all'erta, e nemmeno perchè la stessa teoresi è ormai diventata l'osso del filosofo professionista, ossia il filosofo che diventa cinico e chiude gli occhi sul mondo.
Certamente capisco benissimo il perchè  c'è bisogno di tornare all'azione, in qeusto decennio in cui sono tornato alla filosofia dopo le illusioni da ventenne, capisco del perchè molti compagni filosofi abbiano abbandonato la barca.
Certo in tempo di crisi la filosofia sembra non avere risposte alla vita quotidiana. E' semplice in realtà, non capisco come mai debba essere così impossibile ammetterselo.
Eppure se un filosofo o uno storico della filosofia hanno studiato abbastanza bene, anche solo mediocramente, dovrebbe sapere che il novecento è il secolo della crisi.
L'alba del nuovo secolo, questo che stiamo vivendo, ormai ha però rintoccato i suoi anni venti.
Non ho ancora visto nessuno parlare, nominare questo nuovo periodo.
Che cosa è?

La maggior parte dei filosofi qualificati e in gamba parla di moderno, di modernismo.
C'è chi addirittura vorrebbe la fine del modernismo, quasi fosse colpa del modernismo la posta dell'umanità come problema e orizzonte.
Mi pare grave il non saper dar nome, il non saper nominare una età come la nostra, che sta implodendo non solo nel pensiero, ma anche nelle azioni.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

viator

Salve Green. Riprendendo il tuo pensiero : "Non ho ancora visto nessuno parlare, nominare questo nuovo periodo.
Che cosa è?
La maggior parte dei filosofi qualificati e in gamba parla di moderno, di modernismo.
C'è chi addirittura vorrebbe la fine del modernismo, quasi fosse colpa del modernismo la posta dell'umanità come problema e orizzonte.
Mi pare grave il non saper dar nome, il non saper nominare una età come la nostra, che sta implodendo non solo nel pensiero, ma anche nelle azioni."
.
Non voglio certo sembrare originale ma secondo me il nome c'è, eccome. Solo che non è affatto specifico di una tendenza filosofica.

Si chiama "era globale" e coinvolge, oltre agli aspetti pratici del vivere, anche quelli del pensare e del comunicare. Inclusa la cultura.

Consiste in un rimescolamento totale delle informazioni, della formazione, della cultura che produrrà - dopo la presente e la ancora prossima fase di suprema complicazione - una semplificazione delle categorie di pensiero.

Infatti il progresso (che io preferisco chiamare semplicemente "cambiamento e diversificazione") è quell'andamento delle cose che provvede a semplificare ciò che era complesso al prezzo della complicazione di ciò che era semplice. Capisci perchè io lo chiamo solo "cambiamento" ?.

Un giorno finalmente riusciremo, tra le altre cose, a non usare più le categorie del "materiale" e dello "spirituale".

Il mondo consisterà sempre di due ingredienti filosofici ma essi verranno chiamati "fisicismo" (tutto ciò che può essere frutto di percezione esteriore o sensoriale, tutto ciò che può venir prodotto o replicato impiegando canoni, strumenti, procedure note, ovvero tutto ciò che sarà riconducibile a cause note)....................oppure "metafisica" (tutto ciò che può essere frutto di percezione interiore (psichica, emozionale, sentimentale, trascendentale) e comunque non ricade tra le nostre facoltà e possibilità MENTALI di controllo e conoscenza strutturali).

Semplicemente si tratterà di riconoscere che il tutto è composto di due porzioni fondamentali di estensione variabile attraverso il tempo (a seconda dello stato delle nostre conoscenze fisicistiche) : il noto e l'ignoto. Con eliminazione delle diatribe tra chi sostiene (in modi e con argomenti palesemente assurdi) il primato di una di tali due dimensioni. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

green demetr

Citazione di: viator il 17 Ottobre 2019, 15:58:33 PM
Salve Green. Riprendendo il tuo pensiero : "Non ho ancora visto nessuno parlare, nominare questo nuovo periodo.
Che cosa è?
La maggior parte dei filosofi qualificati e in gamba parla di moderno, di modernismo.
C'è chi addirittura vorrebbe la fine del modernismo, quasi fosse colpa del modernismo la posta dell'umanità come problema e orizzonte.
Mi pare grave il non saper dar nome, il non saper nominare una età come la nostra, che sta implodendo non solo nel pensiero, ma anche nelle azioni."
.
Non voglio certo sembrare originale ma secondo me il nome c'è, eccome. Solo che non è affatto specifico di una tendenza filosofica.

Si chiama "era globale" e coinvolge, oltre agli aspetti pratici del vivere, anche quelli del pensare e del comunicare. Inclusa la cultura.

Consiste in un rimescolamento totale delle informazioni, della formazione, della cultura che produrrà - dopo la presente e la ancora prossima fase di suprema complicazione - una semplificazione delle categorie di pensiero.

Infatti il progresso (che io preferisco chiamare semplicemente "cambiamento e diversificazione") è quell'andamento delle cose che provvede a semplificare ciò che era complesso al prezzo della complicazione di ciò che era semplice. Capisci perchè io lo chiamo solo "cambiamento" ?.

Un giorno finalmente riusciremo, tra le altre cose, a non usare più le categorie del "materiale" e dello "spirituale".

Il mondo consisterà sempre di due ingredienti filosofici ma essi verranno chiamati "fisicismo" (tutto ciò che può essere frutto di percezione esteriore o sensoriale, tutto ciò che può venir prodotto o replicato impiegando canoni, strumenti, procedure note, ovvero tutto ciò che sarà riconducibile a cause note)....................oppure "metafisica" (tutto ciò che può essere frutto di percezione interiore (psichica, emozionale, sentimentale, trascendentale) e comunque non ricade tra le nostre facoltà e possibilità MENTALI di controllo e conoscenza strutturali).

Semplicemente si tratterà di riconoscere che il tutto è composto di due porzioni fondamentali di estensione variabile attraverso il tempo (a seconda dello stato delle nostre conoscenze fisicistiche) : il noto e l'ignoto. Con eliminazione delle diatribe tra chi sostiene (in modi e con argomenti palesemente assurdi) il primato di una di tali due dimensioni. Saluti.

Accolgo la tua obiezione, è abbastanza comune anche come risposta, ossia che il globalismo o mondialismo, abbia prodotto una incertezza tale negli esiti, che nessuno riesce ancora a capire cosa sia effettivamente cambiato.
Io però faccio notare che sono passati ormai vent'anni!

Se l'ultimo pensiero che ereditiamo è quello della relatività post-strutturalismo, e del deciso puntamento sulla scienza, non sappiamo ancora dare nome a questo cambio di valutazione politica?

O la filosofia ha abdicato alla scienza, che di per sè non etichetta alcun movimento? Di fatto lasciando alla stessa scienza in balia delle forze mondialiste o globaliste (o imperiali) il compito di sterminare l'umanità? Ovviamente è solo una esagerazione che cavalca i sentimenti impazziti di questa epoca. Ma di fatto la filosofia DEVE saper rispondere senza demandare a nessuno.

Per quanto riguarda invece la tua proposta, di un cambiamento sì, ma di categorie vecchie, naturalmente sarei d'accordo, ma non è quello che si respira in giro, nelle accademie, nei centri di cultura e ridistribuzione del sapere umano.

L'uomo ovunque è rigettatto o semplicemente dimenticato, e replicato da un suo supposto androide (come nella distopia di blade runner!)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Hlodowig

CitazioneL'uomo ovunque è rigettatto o semplicemente dimenticato, e replicato da un suo supposto androide (come nella distopia di blade runner!)

Buongiorno amici,

È molto significativo questa ultima affermazione, almeno per me e getta contemporaneamente le basi per un mio pensiero.

Pensiero che non vuole certamente essere un rimando, seppur attentamente vagliato, analizzato e studiato, da parte di altri grandi pensatori, di autori, di scrittori, di multimediali e così via.

Per cui, mi limiterò solo ad un accenno video-ludico, che può, in qualche misura e maniera, riassumere l' intero discorso in poco meno di quattro minuti. (sempre, che me ne sia gentilmente concessa la possibiltà)

https://youtube.com/watch?v=zO802boBh_M

Può essere considerato, come attinente al topic e in linea di principio, confacente alle diverse menti che vi si rifletteranno con la loro personale visione del mondo, ma anche di quelli, che avranno la fortuna di leggerne valori multi-versali e di vario genere.

A tal proposito, visto che si è accennato anche del cacciatore di androidi di un Philip Kindred Dick (perché, bisogna pur citare qualcuno, ogni tanto, non sempre), molto suggestiva e ricca di spunti di riflessioni multi-versali (e di diverso genere), è la scena del dialogo tra l' androide e l' altro uomo.

https://youtube.com/watch?v=tKMiaj4ndj4

Grazie ✋

green demetr

Hlodowig grazie per avermi fatto conoscere questa canzone, veramente molto bella.
Ci sono tutti i temi, affrontati con eleganza! peccato per il solito sfondo paranoico depressivo della musica italiana (che ha portato a l'immondizia del trap italiano), ma va bè quello è il tema ricorrente a partire dagli anni 70, non riusciamo proprio a farne a meno come popolo (e già direbbe tutto!).

Blade Runner, certo che sì.

ascoltati il finale del radiodramma rai, più esplicito! e anche il seguito quello del rospo robot.
Ma che P.Dick sia un genio non c'è alcun dubbio.

https://www.youtube.com/watch?v=l4kFHduMTmU&feature=youtu.be&t=9389

Vai avanti tu che mi vien da ridere

Hlodowig

#175
Buon @green demetr,

Ti ringrazio per l' apprezzamento e ancor di più, per l' aver condiviso l' approfondimento, che mi aiuta a comprendere ancor più.

- L' analogia tra il rospo, la mosca e l' unicorno, è certamente affascinante. -

Tra l' altro, mi hai fatto venire in mente un altro genio di eguale caratura, un Howard Phillips Lovecraft, che forse e a parer mio, più di un Freud e di uno Jang, riesce a dispiegare con semplice maestria, gli oscuri veli del terribile totem-voragine, immagine celata (e a somiglianza) di ogni-uno di noi.

Da non poter fare a meno di citare anche il Poe  e l' Hitchcock.

Grazie ✋

Phil

In questo breve saggio ho ritrovato molti dei temi di cui si è discusso recentemente: nichilismo, Nietzsche, senso dello schema universale, dio, meontologia, destino, teodicea, consapevolezza, etc.
https://www.academia.edu/32846687/Note_sul_nulla_un_indagine_sul_nichilismo_nel_pensiero_di_Emil_Cioran

Ipazia

#177
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2019, 00:50:46 AM
In questo breve saggio ho ritrovato molti dei temi di cui si è discusso recentemente: nichilismo, Nietzsche, senso dello schema universale, dio, meontologia, destino, teodicea, consapevolezza, etc.
https://www.academia.edu/32846687/Note_sul_nulla_un_indagine_sul_nichilismo_nel_pensiero_di_Emil_Cioran

E venne pure il tempo della meontologia. Il nulla mette giacca e cravatta e si mette a filosofeggiare nullificare. "Nulla" di male, lo fanno tutti. Das Nicht nichtet. Ma per il nulla questo nichten rischia di essere autonullificante. Parmenide nol consente: Il non essere che non è muore tanto nel suo desiderio di non essere che in quello di essere. Se ne viene fuori solo in termini dialettici (negativi) con la contingenza di restare sospesi tra essere e non essere dovendo esercitare un'opzione che costringe ossimoricamente (la dialettica negativa e il negativo dialettico fanno di questi scherzi) ad essere liberi come Amleto sospeso sul suo teschio.

Il l.a. lo butti fuori dalla porta e rientra dalla finestra anche nella meontologica terra che ha seppellito Dio e il suo carreggio valoriale. Non resta che, come dice il maestro, rimboccarsi le maniche e fondare nuovi valori. C'è solo l'imbarazzo della scelta: se è pur physis che alla fine premierà il vincitore, finchè il gioco dura e non arriva il giudizio la libertà è assicurata.

Nel frammento Parmenideo vi è una profezia assai negativa contro la meontologia:

"... Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l'una che "è" e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità);
l'altra che "non è" e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo.
... Infatti lo stesso è pensare ed essere."

Eggià: il cammino metafisico di una coerente meontologia si scontra ancora contro quel muro millenario: pensare è essere. Venti secoli prima di Cartesio eravamo già arrivati a capirlo.

(la toppa di Gorgia - che cerca di portare l'antinomia nel terreno dell'avversario driblando la logica attraverso lo spostamento dei piani del reale e dell'astratto -  non funziona nel momento in cui la sua stessa confutazione è)

Sui malefìci gnostici mi astengo. Sono atea. Concordo solo sull'effetto boomerang, ma è incluso nel patto col destino che, come il maestro consiglia, dovremmo imparare ad amare.
.
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