L'oblio del fine nella cultura dell'eterno presente

Aperto da 0xdeadbeef, 06 Giugno 2019, 19:03:12 PM

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viator

Salve Ox. Citandoti : "Ma, per così dire, sempre si è fatto un
passo avanti per poi farne due indietro, visto che l'emergere dell'individuo sembra, come tendenza,
essere costante.".


E per fortuna, dico io. Purtroppo tutte le ideologie collettivistiche sembrano ignorare o schernire un certo dato di fatto di natura statistica : L'affermarsi di principi demo-anarco-ugualitari-collettivistici favorisce ovviamente i soggetti meno dotati (i meno intelligenti, meno intrapredendenti, i comunque svantaggiati). Ciò in nome  di un principio di fraternità ed eguaglianza veramente lodevole ed entusiasmante il quale però, dal punto di vista naturale è solo una pia velleità).

Viene trascurato il fatto che il favorire gli svantaggiati comporti inesorabilmente il comprimere le eccellenze umane.
Cioè chi potrebbe eccellere (individualmente quindi egoisticamente) deve limitarsi o verrà limiitato dalla società.
E tutto ciò che le eccellenze vorrebbero o potrebbero fare al di sopra del livello medio stabilito dall'ugualitarsmo, non verrà fatto da nessuno.

Ecco la bieca ragione del primato dell'utilitarismo individuale capitalistico che tanto fa piangere comunisti, anarchici, pauperisti, cattointegralisti etc. etc. etc.............Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Giugno 2019, 16:06:24 PM
A Ipazia
Su questo punto credo tu faccia finta di non capirmi, visto che ho più volte ripetuto che NON ritengo il marxismo una dottrina buonista, ghandiana insomma; ma che ritengo il marxismo poggiare sull'idea di un essere umano naturalmente buono (sull'idea rousseiana del "buon selvaggio", insomma).

Ma quale essere umano naturalmente buono ! Tra Rousseau e Marx ci sta Darwin e nel passaggio del socialismo "dall'utopia alla scienza" c'è moltissimo Darwin tanto che Marx gli dedicò il primo libro del Capitale.

CitazioneSai meglio di me come la "dittatura del proletariato", nell'ideologia marxista, serva a rimuovere ogni parvenza ideologica sovrastrutturale borghese. E come, attraverso la completa "rivoluzione" dei rapporti di produzione, serva in ultima istanza (...) a rimuovere ogni forma di potere politico (fino all'anarchia rappresentata dal "comunismo"). Ovviamente questo "fine" non sarebbe ipotizzabile né nel caso si considerasse l'essere umano come "homo homini lupus", né lo si considerasse dotato di "libero arbitrio".

L'uomo è, darwinianamente e non hobbesianamente, homo omini lupus. Solidale e rissoso come può esserlo un branco di lupi, animali sociali quanto noi. Ma  decisamente più egualitari. In un branco di lupi umani non ha senso parlare di bene e male, e di colpa, in senso metafisico...

Citazione
E' evidentissimo, al punto che risulta banale sottolinearlo, come in tutto il "sottosuolo" del pensiero di sinistra la "colpa" giuridica venga attribuita ad agenti esterni (che in ultima istanza sono riconducibili ai rapporti di produzione); mai ad un atto dovuto a "dolo", cioè ad un atto di piena e consapevole volontà di agire al fine di nuocere.

... ma il tutto va riportato al contesto sociale. Fatta la tara del quale, ma solo allora, si può parlare di bene e male, buono e cattivo. Il mito del buon selvaggio è stato demolito dagli studi antropologici e i marxisti non sono così sprovveduti, come certi filosofi socialutopistici, da ignorarlo. L'esperienza del socialismo reale ha confermato al di là di ogni ragionevole dubbio che una società egualitaria va continuamente presidiata perchè rimanga tale e lo si fa sulla base di un libero arbitrio collettivo che ha scelto (coscienza) quel modello sociale contrapponendolo ad uno, storicamente prevalente, ancora dominante e sempre risorgente, di tipo classista. Semmai appare storicamente costante il classismo, lo sfruttamento interspecista e intergender, pertanto nessuna illusione, almeno da parte marxista, che vi siano dei banali errori da rimuovere per vivere felici e contenti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Giugno 2019, 12:37:01 PM
.Mi chiedo, dicevo, se già l'accumulo e il capitale "familiare" (nel senso di "famiglia" come unità sempre più ristretta ed "individuata", che nel corso della storia passa da una concezione "larga", quale quella della tribù o del "clan", alla attuale) già non possano pregigurare una
forma capitalistica (o precapitalistica nel senso indicato dallo stesso Marx).
E in ogni caso ritengo molto problematico l'affermare che l'economia mercantile mediaevale non è capitalistica. In essa, del capitalismo abbiamo forse già la caratteristica principale: l'interesse (che non a caso genera le prime banche e la prima forma finanziaria - oltre ad una prima forma di globalizzazione, con il Fiorino fiorentino assunto come moneta di scambio internazionale).

La caratteristica peculiare del capitalismo è: produzione prevalente per il mercato e non per l'uso. Il mercantilismo copre sole la parte commerciale, la banca solo quello creditizio, ma manca l'elemento più importante, ovvero non lo scambio del surplus eventuale della produzione, ma produzione deliberata di un surplus per lo scambio. Inoltre conta la scala del processo, la ricerca della produttività, l'avvento della forma merce e del mercato come luogo centrale dell'economia che si "emancipa" sempre più dal valore d'uso del prodotto contando - economicamente - ormai solo il suo valore di scambio.

CitazioneQuando la filosofia anglosassone afferma che l'utile individuale è "bene" non lo intende in senso merceologico (sarebbe in ogni modo intelligente chiedersi il perchè un certo prodotto merceologico viene definito "bene"...). No, per essa il "bene" non è quel qualcosa di stabilito a priori della filosofia "continentale" (chiaramente sulla base del "comandamento divino"), ma è l'utile individuale stesso, con il quale coincide. Da questo punto di vista, non parlavo del "bene" come di un prodotto merceologico, ma del "bene" metafisicamente inteso (o naturalisticamente inteso, se preferisci...). L'utile individuale è, per la filosofia anglosassone, SEMPRE bene (tant'è vero che coloro che non sanno perseguire questo utile, i poveri, finiscono dritti all'inferno...).

L'utilitarismo inglese è una "filosofia" appartenente al corpus dell'ideologia capitalistica e del suo modo di intendere l'individualismo come legittimazione dell'appropriazione dell'altrui tempo di vita a fini socialmente utili. Quindi il motore del progresso sarebbe dall'individuo alla società. Che questa posizione "filosofica" sia una bufala lo dimostra il fatto che una sua rappresentante di successo potè affermare che "la società non esiste, esiste solo l'individuo" solo perchè aveva dietro una società capace di impedire al primo minatore di passaggio di sgozzarla.

Si fosse trattato solo di utile individuale sarebbe finita così.

Citazione
Sul successo economico orientale vorrei segnalarti un'opera molto "originale" ("Democrazia e mercato", di J.P.Fitoussi), in quanto mi risulta essere uno dei pochissimi (almeno fino a qualche
anno fa) studi sul rapporto che lega fra loro le forme politiche della democrazia e le forme economiche del mercato.
Bene, Fitoussi afferma che il momento più "efficiente" in termini di mercato è stato quello della democrazia messicana negli anni 70. La qual cosa vuol dire che mercato e democrazia si "sposano" bene fino a un certo punto, che è quel punto in cui i diritti democratici non vanno "troppo" (...) ad intaccare la libertà economica...
Insomma, mi sembra evidente che i pochi diritti di cui godono i avoratori orientali si sposano alla perfezione con l'estremismo capitalistico che vige in quei paesi. Semmai ci sarebbe da fare un certo discorso per quanto riguarda l'individualismo, ma dire che il successo economico
orientale poggia sulla "coscienza sociale" mi sembra un paradosso.

Ma anche no. Il lavoratore giapponese che lavora con la fascia al braccio in cui dice che è in sciopero antepone il valore sociale dell'azienda al valore individuale della sua azione di protesta, che comunque individualmente manifesta e di cui il padrone dovrà tener conto se vuole che l'azienda rimanga un valore sociale condiviso. Io me la spiego così, altrimenti è solo una bizzarria orientale.

Sulla Cina devo approfondire, perchè le contraddizioni tra politica ed economia sono enormi. Secondo me anche lì la cosa sta in piedi per l'unio mystica tutta orientale tra stato (società) e lavoratore (individuo), in cui la società finisce sempre col prevalere anche a livello di coscienza. Forse dovremmo imparare anche noi, dagli orientali, il disvalore dell'individualismo. Se non con la filosofia, col PIL.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

A Viator
Negli anni 50 ci si stupiva fin quasi allo scandalo che Adriano Olivetti (famoso imprenditore che
precorse i tempi nel campo del calcolo elettronico) guadagnasse 50 volte il salario di un suo
operaio. Fai tu il calcolo di quante volte, oggi, un "manager" o un campione dello sport eccede il
salario di un operaio (chiaramente precario)...
Quel che voglio dire è che, sì, al collettivismo possono essere attribuite molte nefandezze (fino
addirittura alle peggiori tragedie del 900), ma non è che con questo possiamo dare "campo libero"
all'individuo, come lo stiamo dando (l'individuo ha ormai assunto una veste totalizzante, ontologica
direi).
Lo accennavo già in quella risposta all'amico Jacopus che citi: è una questione di misura (e qui non
ce n'è più nessuna).
E non soltanto per una questione di mera giustizia sociale, ma è anche per un motivo propriamente
economico che le eccessive diseguaglianze sono dannose, come molti ed autorevoli studi
dimostrano (ad es. T.Piketty e R.Reich).
saluti

Ipazia

Citazione di: viator il 23 Giugno 2019, 18:21:27 PM
Salve Ox. Citandoti : "Ma, per così dire, sempre si è fatto un
passo avanti per poi farne due indietro, visto che l'emergere dell'individuo sembra, come tendenza,
essere costante.".


E per fortuna, dico io. Purtroppo tutte le ideologie collettivistiche sembrano ignorare o schernire un certo dato di fatto di natura statistica : L'affermarsi di principi demo-anarco-ugualitari-collettivistici favorisce ovviamente i soggetti meno dotati (i meno intelligenti, meno intrapredendenti, i comunque svantaggiati). Ciò in nome  di un principio di fraternità ed eguaglianza veramente lodevole ed entusiasmante il quale però, dal punto di vista naturale è solo una pia velleità).

Viene trascurato il fatto che il favorire gli svantaggiati comporti inesorabilmente il comprimere le eccellenze umane.
Cioè chi potrebbe eccellere (individualmente quindi egoisticamente) deve limitarsi o verrà limiitato dalla società.
E tutto ciò che le eccellenze vorrebbero o potrebbero fare al di sopra del livello medio stabilito dall'ugualitarsmo, non verrà fatto da nessuno.

Ecco la bieca ragione del primato dell'utilitarismo individuale capitalistico che tanto fa piangere comunisti, anarchici, pauperisti, cattointegralisti etc. etc. etc.............Saluti.

É proprio vero: in una società egualitaria dovremmo rinunciare a eccellenze come John Elkann.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Il discorso sul emersione dei più dotati ha senso. Ma razionalmente si dovrebbe, al termine della propria vita donare i proprio beni, accumulati grazie alle proprie doti ad un fondo comune, che lo utilizzerà per investimenti pubblici. Nel frattempo, affinché emergano le qualità intrinseche delle persone, andranno abolite le scuole private d'eccellenza, i quartieri a rischio, le guerre nei paesi del terzo mondo, i pregiudizi razziali, culturali e di genere.
Alla fine se il capitalismo volesse fare sul serio, avrebbe la possibilità di farlo e in realtà nei paesi del nord-europa c'è un'etica in questo senso, basti pensare che le tasse sulla successione sono molto più basse o inesistenti nei paesi latini. L'italia come al solito è un ibrido: per metà democrazia liberale, per metà feudalesimo applicato al capitalismo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Giugno 2019, 19:51:12 PMNegli anni 50 ci si stupiva fin quasi allo scandalo che Adriano Olivetti (famoso imprenditore che
precorse i tempi nel campo del calcolo elettronico) guadagnasse 50 volte il salario di un suo
operaio. Fai tu il calcolo di quante volte, oggi, un "manager" o un campione dello sport eccede il
salario di un operaio (chiaramente precario)...
Cinquanta volte era la media anche in america negli anni 60 senza che vi fossero limiti, lo scandalo sarebbe stato aggiungere uno zero, e la risposta a come fosse possibile si può semplificare nel fatto che l'imprenditore alla domenica andava in chiesa con i suoi operai. Non tanto per dare meriti alla chiesa di per se, quanto con il fatto che gli operai non erano ghettizzati ed era una comunità molto diversa. Oggi è praticamente impossibile che un "CEO" condivida spazi comuni con i propri subordinati, sono due mondi che comunicano sempre meno, e il rischio di trovarsi le gomme tagliate  (nel senso di insubordinazione) è ridotto al minimo anche per i vasti poteri di controllo di cui sono stati dotati grazie alla tecnologia e a ricatti di vario tipo in atto grazie alla morbidezza (eufemismo) sindacale.
Peraltro quella generazione usciva fuori dalla classe operaia nella maggior parte dei casi, non gestiva un eredità, cioè aveva realmente partecipato alla competizione capitalistica ed era stata formata da un etica del lavoro e del sacrificio attraverso questa competizione. Sono d'accordo con Jacopus, tolta una parte "di riserva" che giustamente possa assicurare le basi alla propria prol, penso che un regime capitalistico che voglia onorare i propri fondamentali dovrebbe agire in tal senso.Bill Gates per esempio ha deciso di lasciare 10milioni di dollari a testa ai propri figli (sono tanti, ma su 100miliardi di patrimonio nemmeno troppi).. certo lasciarlo a discrezione dei capitalisti e sperare che lo facciano per scrupolo è ridicolo.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 23 Giugno 2019, 18:33:43 PML'esperienza del socialismo reale ha confermato al di là di ogni ragionevole dubbio che una società egualitaria va continuamente presidiata perchè rimanga tale e lo si fa sulla base di un libero arbitrio collettivo che ha scelto (coscienza) quel modello sociale contrapponendolo ad uno, storicamente prevalente, ancora dominante e sempre risorgente, di tipo classista.

A Ipazia
A parere mio non fai, o non fai abbastanza, i conti con quella "frattura epistemologica" di cui
parla Althusser.
Sembi infatti dar preminenza a quel "soggettivismo marxiano" che, in netto contrasto con
l'oggettivismo evoluzionista presente soprattutto in alcune letture de: "Il Capitale",
porterà molti pensatori a teorizzare appunto la preminenza del "partito" come soggetto
storicamente determinato.
Intendiamoci, credo anch'io che quell'interpretazione (che mi pare la tua) sia quella "giusta",
perchè rende conto di altre "istanze" che sono in definitiva di carattere sovrastrutturale
(seppur rimanendo l'"ultima" quella strutturale) e perchè giustifica appieno quell'aggettivazione
di "storico" che Marx attribuisce al materialismo.
Però, come dire, l'equivoco rimane sullo sfondo, e condiziona pesantemente ogni sviluppo successivo
del pensiero di Marx.
La presunta scientificità "dura" della dottrina marxiana, che si compie nel concetto della struttura
che determina la sovrastruttura senza che vi siano "istanze" diverse, porterà la sinistra mondiale,
davanti ai nuovi scenari e paradigmi posti dalla modernità, a considerare Marx come confutato, e dunque
da "rottamare".
Perchè questo è quel che è successo (basta leggere il fondamentale "Capitalismo e teoria sociale", di
A.Giddens, per rendersi conto di come questo equivoco abbia segnato profondamente il passaggio verso
questa pseudo-sinistra liberale odierna).
saluti

0xdeadbeef

A Jacopus e InVerno
Noto che negli USA vige ancora almeno un residuo di quella che fu l'etica capitalistica, che portava
appunto il miliardario, arrivato alla vecchiaia, a donare ad associazioni benefiche o ad istituire
delle fondazioni.
G.W.Bush senior lo chiamava "conservatorismo compassionevole", e lo riteneva perfettamente coerente,
come in effetti lo è, con la dottrina neoconservatrice di cui era il massimo esponente politico.
Una dottrina, Jacopus, che rifugge come la peste ogni regola "costruttivista" (nel senso dato a
tal termine da Von Hayek, e che in definitiva si sintetizza nella teoria di una visione
"escatologica" ed ontologizzante dell'utilitarismo classico).
Insomma: nemmeno ci si sogni di andare a dire ai seguaci più intransigenti del "mercatismo" di
abolire le scuole private d'eccellenza o tutto ciò che sorge "spontaneamente" dal perseguimento
dell'utile individuale. Perchè tutto ciò che sorge spontaneamente (da "spontaneismo") dal
perseguimento dell'utile individuale immediato rappresenta la realizzazione della migliore
fra le condizioni possibili.
saluti

Ipazia

La "frattura epistemologica" si chiama concezione materialistica della storia.  Essa è frattura epistemologica in quanto ha seppellito lo stoicismo idealistico, innovando il paradigma della ricerca storica e antropologica. Di tale frattura ha tenuto conto non solo Ipazia, ma tutta la ricerca accademica, così come Darwin ha innovato i paradigmi naturalistici e Freud quelli psicologici.

Ridurre la concezione materialistica della storia a meccanicismo è critica faziosa di chi ha interesse a fraintenderla. Date le condizioni strutturali, intese in senso socioeconomico marxista, l'autonomia del politico (coscienza di classe) modifica la struttura in modo antimeccanicistico attraverso un processo rivoluzionario.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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