L'oblio del fine nella cultura dell'eterno presente

Aperto da 0xdeadbeef, 06 Giugno 2019, 19:03:12 PM

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Jacopus

Volendo fare un discorso di filosofia della storia le prove che vanno verso una progressiva ascesa dell'individualismo sono identiche a quelle che proclamano l'ascesa del collettivismo. Ad ogni modo vorrei dei dati, qualcosa a cui si possa replicare perché dire "evidente" "incredibile" "minimo di coscienza storica" è tautologico e impedisce un confronto serio.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Il valore come merce, valore di scambio, è strettamente correlato allo sviluppo capitalistico, che dura da non più di 5 secoli, nei quali, almeno fino al '900 il valore d'uso ha mantenuto la sua importanza nella produzione capitalistica. Lo "sguardo" mercificante si libera totalmente dal valore d'uso solo con l'avvento del capitalismo finanziario. L'utilitarismo spiega poco, come l'antinomia egoismo-altruismo. Ciò che conta - antropologicamente - è il concetto di valore che ha un'aura semantica complessa che si distende dalla metafisica, all'etica, all'economia (l'ordine di priorità è casuale).

L'utilità di un bene è una precondizione economica, ma non così centrale da poterci costruire una Weltanschauung totalizzante. Cose utili in un contesto socioeconomico diventano inutili in un altro. Lo stesso vale per gli individui. Se lo sviluppo occidentale si fosse limitato a individui e utilità sarebbe già fallito. I social imperversano e seppelliscono ogni illusionalità individualistica nella vita privata. In quella pubblica va ancora peggio. Il successo economico orientale poggia sulla coscienza sociale, non su quella individualistica. Spiace per tutti gli orfani dell'Individuo che con Dio ed Essere fa una bella terna di utilità metafisiche un tantino fuori corso.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

A Jacopus
Ne ho (a proposito di dati) appena illustrato, seppur per sommi capi, uno molto significativo: il cambiamento di paradigma
circa il valore di un bene economico (che da valore-lavoro come era per l'economia classica diventa
valore di scambio nel Marginalismo).
Potrei, ad esempio, iniziare con la celebre difesa di Socrate dei generali imputati del disastro delle
Arginuse (Socrate disse, contro la tradizione che voleva punizioni collettive, che la responsabilità
era sa intendersi solo come individuale), per poi passare al Cristianesimo e al suo concetto di
colpa e merito individuali.
Attraverso numerosi e significativi momenti, sia "reali" che filosofici (come non citare l'avvento su
larga scala delle democrazia,  il "rasoio di Ockham o la "rivoluzione copernicana del pensiero" di Kant?)
potremmo arrivare alla odierna sempre minor importanza dell'istituzione collettiva (stato, sindacato, etc.),
non trovi?
Certo non mi sono sfuggite le tue considerazioni (cui ho risposto) circa il momento attuale, con la ripresa
"sovranista", ma di sento di poter affermare che l'emersione dell'individuo costituisca, durante il corso
della storia, una specie di "filo rosso" di assoluta evidenza.
saluti

Ipazia

Citazione di: Jacopus il 20 Giugno 2019, 17:27:02 PM
Volendo fare un discorso di filosofia della storia le prove che vanno verso una progressiva ascesa dell'individualismo sono identiche a quelle che proclamano l'ascesa del collettivismo. Ad ogni modo vorrei dei dati, qualcosa a cui si possa replicare perché dire "evidente" "incredibile" "minimo di coscienza storica" è tautologico e impedisce un confronto serio.

La polemica è totalmente datata di fronte al "dato" della IA. La macchina è individuale o collettiva ? A quale delle due botteghe filosofiche porta i suoi voti ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Lasciando da parte, per un momento, la riflessione di Ipazia, tuttavia valida, mi concentrerei sulle obiezioni di Ox, le quali non mi sembrano tutte rivolte all'affermazione dell'individualismo. Ad esempio la democrazia non mi sembra un esempio valido di affermazione dell'individualismo, o meglio, contiene sia aspetti di individualismo che di collettivismo, ma li sposta ad un livello superiore. Mentre la monarchia esplicitava il suo unanimismo/collettivismo attraverso il potere tirannico, la democrazia cerca l'unanimismo/collettivismo attraverso l'isomorfismo. Idem per cristianesimo. E' vero che la colpa diventa individuale, ma il cristianesimo, per la prima volta, ci dice che siamo tutti uguali: il collettivismo allargato all'universalità ( καθολικος ). Se vogliamo, l'emergere dell'individuo, innegabile, si accompagna all'emergere della considerazione che gli altri sono "come noi" e che hanno gli stessi nostri diritti, fino al punto che ormai siamo di fronte alla proliferazione dell'isonomia applicata oltre che agli esseri viventi particolari (stati di coma, feti) anche agli animali e alle piante e ben presto anche alle strutture geologiche.
C'è però un ulteriore riflessione da fare che da ragione sia agli individualisti che ai collettivisti e mi servo in questo caso di G.H.Mead che scrisse:
"Le idee etiche, entro qualsiasi società umana, sorgono nella coscienza dei singoli membri di quella società dal fatto della comune dipendenza sociale di tutti questi individui l'uno dall'altro".

In altri termini e generalizzando si può dire che la nostra razionalità, compresa la scelta fra individualismo e collettivismo è sempre presa in termini cooperativi, essendo noi, come altri primati a noi simili, ζοον πολιτικον. In questo senso teniamo conto del fatto che 1) aiutare il nostro prossimo quando è possibile è la cosa giusta da fare, 2) che gli altri sono ugualmente degni dello stesso rispetto che riserviamo a noi stessi 3) che un noi creato da un impegno sociale prende legittime decisioni per sè e per gli altri.
Tutto ciò non deve farci dimenticare che l'uomo non è per sua propria natura nè egoista/individualista nè altruista/collettivista. Sono le innumerevoli immagini del mondo a determinare e influenzare la nostra visione del mondo, e di conseguenza il nostro comportamento. Detto questo, se non fosse a causa della cooperazione e quindi di sforzi collettivi, oggi ci sogneremo di vivere in questo modo così confortevole e staremmo drignando i denti verso qualche altra creatura feroce (in questo caso la qualità dell'aria sarebbe comunque notevolmente migliore).

Questi sono solo alcuni slegati ragionamenti sull'argomento, ma potrei trovare altri innumerevoli reperti sulla moralità collettivistica dell'uomo che ovviamente, al suo interno, ha anche motivazioni egoistiche, questo non è da mettere in dubbio. Ciò che metto in dubbio, e posso fornire tutte le prove che volete, è che ci sia questa specie di autostrada dell'egoismo e dell'individualismo, che conduce ancora una volta all'homo homini lupus, senza pensare che si tratta di una mera ideologia per giustificare a posteriori rapporti di potere fondati sulla forza e non su un destino già scritto.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 20 Giugno 2019, 17:48:53 PM
Il valore come merce, valore di scambio, è strettamente correlato allo sviluppo capitalistico, che dura da non più di 5 secoli, nei quali, almeno fino al '900 il valore d'uso ha mantenuto la sua importanza nella produzione capitalistica. Lo "sguardo" mercificante si libera totalmente dal valore d'uso solo con l'avvento del capitalismo finanziario. L'utilitarismo spiega poco, come l'antinomia egoismo-altruismo. Ciò che conta - antropologicamente - è il concetto di valore che ha un'aura semantica complessa che si distende dalla metafisica, all'etica, all'economia (l'ordine di priorità è casuale).

L'utilità di un bene è una precondizione economica, ma non così centrale da poterci costruire una Weltanschauung totalizzante. Cose utili in un contesto socioeconomico diventano inutili in un altro. Lo stesso vale per gli individui. Se lo sviluppo occidentale si fosse limitato a individui e utilità sarebbe già fallito. I social imperversano e seppelliscono ogni illusionalità individualistica nella vita privata. In quella pubblica va ancora peggio. Il successo economico orientale poggia sulla coscienza sociale, non su quella individualistica. Spiace per tutti gli orfani dell'Individuo che con Dio ed Essere fa una bella terna di utilità metafisiche un tantino fuori corso.


A Ipazia
Sullo sviluppo capitalistico che: "dura da non più di 5 secoli" dico semplicemente che questa
affermazione è, al massimo, coerente con la visione che aveva Marx del capitalismo...
In realtà, non saprei se già l'accumulo, che probabilmente comincia con le tecniche di conservazione
del cibo, possa essere definito come una forma capitalistica (per non parlare poi di certi
sviluppi mercantili, già nella Mesopotamia o nell'Atene classica, fino alle vere e proprie
rendite capitalistiche presenti, soprattutto, a Genova e nelle città marinare sia italiane che
nordeuropee - con tanto di banche e finanza modernamente intesa - già nel medioevo).
Per come io la vedo, lo sviluppo "capitalistico" (da me naturalmente inteso non nel senso dell'
ortodossia marxiana, come accennato, ma in uno molto più "largo") va di pari passo con
l'emergere dell'individuo. E non potrebbe essere altrimenti, perchè il capitalismo è, nella
sua stessa essenza, LA forma economica dell'individualismo.
L'utilitarismo inteso come: "cose utili in un contesto socioeconomico diventano inutili in un
altro" non è, semplicemente, l'utilitarismo così come inteso dalla filosofia anglosassone (che è
l'utilitarismo così come è oggi inteso dallo "sguardo moderno").
La qual filosofia definisce "l'utile" non solo come ciò che è oggetto di volizione individuale,
ma anche come ciò che è "bene".
La tua definizione di "utile" è oggettiva ("continentale e costruttivista", la definirebbe
Von Hayek), in quanto suppone un utile "universalmente noto" che, appunto, può risultare
anche inutile laddove si sottoponesse a critica quell'"universalmente noto" (come tu in effetti
fai).
L'utile come oggetto di volizione e desiderio individuale non si cura del "contesto"; rimane se
stesso in quanto espressione soggettiva (non ha nessuna importanza se il mio utile non equivale
al tuo).
Sul "successo economico orientale che poggia sulla coscienza sociale, non su quella individualistica"
mi permetto di esprimere una forte perplessità circa il fatto se tu stia scherzando o meno...
E infine, vorrei saperne un pò di più su ciò che intendi circa l'intelligenza arfificiale.
Che vuol dire che questa polemica è totalmente datata di fronte ad essa?
saluti

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 21 Giugno 2019, 14:23:41 PM
Sullo sviluppo capitalistico che: "dura da non più di 5 secoli" dico semplicemente che questa affermazione è, al massimo, coerente con la visione che aveva Marx del capitalismo...
In realtà, non saprei se già l'accumulo, che probabilmente comincia con le tecniche di conservazione del cibo, possa essere definito come una forma capitalistica (per non parlare poi di certi sviluppi mercantili, già nella Mesopotamia o nell'Atene classica, fino alle vere e proprie rendite capitalistiche presenti, soprattutto, a Genova e nelle città marinare sia italiane che
nordeuropee - con tanto di banche e finanza modernamente intesa - già nel medioevo).

Il capitalismo richiede una serie di circostanze concomitanti che non si realizzano prima del rinascimento europeo. Enumerandole succintamente (poi si può approfondire)

1) libero lavoratore salariato (superamento del regime della servitù della gleba e delle corporazioni professionali)
2) un surplus produttivo che generi "valore di scambio" in quantità economicamente significativa

in una fase più avanzata, ma ancora classica, ottocentesca:

3) razionalizzazione dei processi produttivi mediante la parcellizzazione delle operazioni manuali e l'automazione;
4) un esercito industriale di riserva;
5) un peso sempre maggiore della produzione per il mercato rispetto alla produzione per il fabbisogno personale e locale.

Ma tali condizioni non soddisferebbero nemmeno le richieste attuali di accumulazione di capitale che richiedono

6) una compiuta globalizzazione del mercato e una mercificazione totale dei beni, materiali e immateriali.

CitazionePer come io la vedo, lo sviluppo "capitalistico" (da me naturalmente inteso non nel senso dell'ortodossia marxiana, come accennato, ma in uno molto più "largo") va di pari passo con l'emergere dell'individuo. E non potrebbe essere altrimenti, perchè il capitalismo è, nella sua stessa essenza, LA forma economica dell'individualismo.

Il capitalismo è innanzitutto un modo di produzione che adegua la norma alle sue necessità di accumulazione. Come la vede 0x può andare bene qui pour parler, ma conviene invece tenere la barra ferma sul significato testuale. Che poi la struttura determini anche la sovrastruttura nel caso della storia del capitalismo è più che confermato, ma non può essere certo l'individuo (umano) il precipitato sociologico di una formazione sociale che porta piuttosto alla massificazione e alla omologazione. Perfino i tratti individuali subiscono un processo di omologazione al business dello star system. Direi che di individuo nel capitalismo ce n'è davvero poco. C'è molta giungla, molta clava. Intendi ciò per individuo ? Se è così non serviva il capitalismo, bastava Darwin e il pitecantropo.

CitazioneL'utilitarismo inteso come: "cose utili in un contesto socioeconomico diventano inutili in un altro" non è, semplicemente, l'utilitarismo così come inteso dalla filosofia anglosassone (che è l'utilitarismo così come è oggi inteso dallo "sguardo moderno"). La qual filosofia definisce "l'utile" non solo come ciò che è oggetto di volizione individuale, ma anche come ciò che è "bene".

Certo che una cosa utile è un bene, ma il bene "acqua" è un bene assai diverso nel Sahara e in Irlanda. Vendere gelati al polo non è una buona idea. Quindi anche l'utile non è assolutizzabile, ma varia col contesto ambientale.
Il bene merceologico non è il bene platonico, ma la merceologia non ha mai avuto la pretesa di fare filosofia. Se qualche filosofo la rifonda su base merceologica, evidentemente ha degli interessi da tutelare. Suoi, non dell'umanità e nemmeno della verità.

CitazioneLa tua definizione di "utile" è oggettiva ("continentale e costruttivista", la definirebbe Von Hayek), in quanto suppone un utile "universalmente noto" che, appunto, può risultare anche inutile laddove si sottoponesse a critica quell'"universalmente noto" (come tu in effetti fai).
L'utile come oggetto di volizione e desiderio individuale non si cura del "contesto"; rimane se stesso in quanto espressione soggettiva (non ha nessuna importanza se il mio utile non equivale al tuo).

La mia definizione di utile è pragmatica, contestuale, non universale. L'espressione soggettiva del desiderio individuale di acqua nel Sahara, stai certo che assomiglia per tutti allo stesso modo. Compreso il capitalista che trova il modo di farci soldi, privatizzandola. La bufala della "personalizzazione" del desiderio funziona così bene solo perchè dà una individualità fittizia a chi non ce l'ha più, avendola ceduta al mercato del lavoro e del consumo. E' come l'idea della salvezza eterna per chi non ha accesso nemmeno alla salvezza terrena.

CitazioneSul "successo economico orientale che poggia sulla coscienza sociale, non su quella individualistica"
mi permetto di esprimere una forte perplessità circa il fatto se tu stia scherzando o meno...

Per nulla, nella cultura orientale la dimensione sociale pesa molto più che in quella occidentale. Hai presente il giapponese che sciopera lavorando con la fascetta al braccio che dice che sta scioperando. Il sacrificio capitalistico che accumula e produce piuttosto che godere e consumare si sposa assai bene con la socialità orientale. Appena i cinesi hanno riscoperto Confucio è arrivato subito il boom (ovviamente semplifico). Che spalmato su 2 miliardi di produttori molto coesi ha rivoltato la storia. Altro che fine della stessa ...

CitazioneE infine, vorrei saperne un pò di più su ciò che intendi circa l'intelligenza artificiale.
Che vuol dire che questa polemica è totalmente datata di fronte ad essa?

Vuol dire che se già in assenza dell'AI le antinomie egoista/individualista vs. altruista/collettivista sono infondate, come già sviluppato da Jacopus (ma si può proseguire a oltranza), figurati con l'AI che è un prodotto di intelligenza collettiva che interfaccia socialmente la macchina con il mondo socialmente inteso. Tutta la problematicità di questa relazione non ha nulla di individualistico, perchè l'AI deve operare correttamente nei più svariati contesti antropologici. Pluralmente intesi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

InVerno

#67
Citazione di: Jacopus il 20 Giugno 2019, 18:37:36 PMQuesti sono solo alcuni slegati ragionamenti sull'argomento, ma potrei trovare altri innumerevoli reperti sulla moralità collettivistica dell'uomo che ovviamente, al suo interno, ha anche motivazioni egoistiche, questo non è da mettere in dubbio. Ciò che metto in dubbio, e posso fornire tutte le prove che volete, è che ci sia questa specie di autostrada dell'egoismo e dell'individualismo, che conduce ancora una volta all'homo homini lupus, senza pensare che si tratta di una mera ideologia per giustificare a posteriori rapporti di potere fondati sulla forza e non su un destino già scritto.
Ne ho letti tanti anche io di questi studi, ma posso dire che la sensazione dopo averli letti è quella di un gruppo di uomini che vanno in fondo ad un pozzo a cercare l'acqua? Se si prende l'individualismo e la reciprocità (o qualsiasi sostantivo che non sia "collettivismo") come due monoliti è facile soprendersi di trovarli dappertutto, ma se si comicia a dargli delle gradazioni le cose si fanno più complicate. Un idealista weberiano e un adepto della cowboy economy formalmente sono due "individualisti", ma tra uno e l'altro c'è il giorno e la notte. Lo stesso vale per un reciprocatore debole quale può essere anche un capitalista e un reciprocatore forte, che sarà un medico senza frontiere ad esempio. Sarebbe interessante vedere uno studio che trova che siamo tutti individualisti avidi, o reciprocatori forti, ma basterebbe uscire dalla porta di casa per rendersi conto che le premesse di questo studio devono essere sbagliate. In questo caso possiamo anche dire che la scienza stia perdendo tempo rispetto al sapere tradizionale, perchè bastava chiedere a qualsiasi tradizione spirituale per sapere che a cadere nel peccato è un attimo, e la strada per Dio (l'altro) può durare tutta la vita,  che una è in discesa e l'altra in salita, e che mentre sacrificare se stessi è quasi impossibile sacrificare l'altro è dannatamente semplice.

Edit: non posso non notare con il sorriso come Ipazia parli degli scioperi dei giapponesi, siccome quelli dei cinesi non esistono( :D) , a proposito del perchè mi rifiuto di usare collettivismo come antinomico di individualismo.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

0xdeadbeef

A Jacopus
La democrazia nasce come superamento del vincolo del sangue, quindi come ripartizione territoriale
("damoi", da cui "demos") di ciò che prima era tribù, clan, "fratria" (oggi, facci caso, il medesimo
concetto si ripropone nel dibattito circa il diritto di cittadinanza - lo "ius sanguinis" che viene
superato in favore dello "ius soli").
Il passaggio mi sembra dunque molto chiaro e molto "moderno": viene negata la "fratellanza"; dunque la
"comunità" è obliata in favore della "società" (come spiegato dal sociologo F.Tonnies); ma questo
sempre avviene, nella storia, quando si è in presenza di un crescente sentimento di individualità
che, appunto, va "governato" secondo metodi che non possono più essere quelli propri delle comunità
strette da dei vincoli parentali.
Non a caso, la forma politica della democrazia (che è da distinguere dalla repubblica) nasce nella
mercantile Atene, e si ripropone secoli e secoli più tardi nella "capitalistica" Inghilterra.
Chiaramente la percezione di una propria individualità "monade" (cioè bastevole a se stessa, come nella
celebre definizione di Leibniz) coincide con la percezione di individualità "altre".
E' vero che per il Cristianesimo siamo tutti uguali in quanto tutti creature di Dio; ma questo solo in
potenza, perchè negli effetti alcuni finiscono in paradiso ed altri all'inferno.
E del resto sull'argomento già aveva detto qualcosa di molto significativo Aristotele con la celebre
distinzione circa la giustizia "distributiva" e/o "commutativa".
Quindi ecco, certamente la percezione di una propria individualità è la percezione di altre individualità.
Ma la percezione DELL'individualità (propria e altrui) è anche la percezione della "differenza" (una
percezione solo molto attenuata nelle comunità unite dal vincolo parentale - in queste comunità, notano
molti studi antropologici ed etnologici, praticamente non esiste l'accumulo).
Infine, per quanto concerne una presunta "necessità" (nel senso di "inevitabilità") che l'individualismo
conduca all'egoismo, cioè per quanto concerne la presunzione circa la naturalità dell'"homo homini lupus",
personalmente credo che l'unica "natura" dell'uomo sia il "progettarsi in possibilità" (come nel primo
Heidegger - cosa che in teologia si chiama "libero arbitrio")
Di conseguenza credo anche che, come non esiste una natura umana necessariamente "ferina", così non esiste
una natura umana necessariamente "buona" (l'homo homini deus di Spinoza), come invece credono i Liberali
e troppi epigoni non all'altezza di Marx.
saluti

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 21 Giugno 2019, 16:50:22 PM
Di conseguenza credo anche che, come non esiste una natura umana necessariamente "ferina", così non esiste
una natura umana necessariamente "buona" (l'homo homini deus di Spinoza), come invece credono i Liberali
e troppi epigoni non all'altezza di Marx.

I liberali sono quelli che proclamavano il diritto dell'uomo alla felicità mentre si facevano servire a tavola, nei campi e a letto da schiavi africani (non è che siano cambiati molto col tempo). I marxisti, epigoni compresi, credono così tanto alla "natura umana necessariamente buona" da aver postulato la dittatura del proletariato per tenere a bada la borghesia che evidentemente doveva avere una natura umana di tipo diverso  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Per Ox. Sull'ultimo punto da te toccato sono perfettamente d'accordo. L'uomo non è né divino, né diabolico. Egoismo e altruismo coesistono necessariamente. Che l'individualismo possa essere pensato come bildung necessaria della storia dell'uomo mi lascia invece perplesso. Passare dalla inevitabilità del comunismo, come credeva Marx, all'inevitabilitá dell'individualismo come processo di potenziamento mi sembra faccia parte, in entrambi i casi, di un discorso ideologico. Ribadisco, anzi, che l'uomo nasce filogeneticamente più altruista che individualista. L'individualismo del resto non è mica una brutta cosa. Ha significato prendere coscienza della propria separatezza dagli altri e pensare un mondo possibile a partire da sé stessi. È possibile che la stessa arte abbia avuto bisogno, per crearsi come concetto, di persone estremamente individualiste.
Ma una volta accettato il fatto che siamo individui, irripetibili, e proprio per questo dotati ognuno di una propria dignità unica ed uguale, riemerge il problema dell'agire collettivo, come problema etico, che può essere risolto o accettando di essere anche parte di istituzioni e legami che trascendono la vita singola e quindi disponibili a cedere parte della nostra individualità, oppure sottolineare l'individualismo come processo che erode progressivamente ogni altro diverso approccio, ha un significato ideologico, nella fattispecie, rientrante nella sfera del sempre redivivo  darwinismo sociale.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: InVerno il 21 Giugno 2019, 16:48:09 PM

Edit: non posso non notare con il sorriso come Ipazia parli degli scioperi dei giapponesi, siccome quelli dei cinesi non esistono( :D) , a proposito del perchè mi rifiuto di usare collettivismo come antinomico di individualismo.

Quale individualismo ?  Nel capitalismo, sia esso liberal-liberista classico o ibridato col comunismo l'unico soggetto reale, l'unico "individuo", è il profitto. L'individuo (umano), o meglio il suo residuo, lo trovi fuori dallo spazio dell'accumulazione, per chi ha la fortuna di trovarlo (anche il "consumatore" è dentro lo spazio massificante dell'accumulazione).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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0xdeadbeef

A Ipazia
Sì certo, non discuto la tua definizione di "capitalismo"; ma essa è appunto quella peculiare del
pensiero di Marx (il quale, non è sicuramente un "signor nessuno" in materia, intendiamoci).
Mi chiedo, dicevo, se già l'accumulo e il capitale "familiare" (nel senso di "famiglia" come
unità sempre più ristretta ed "individuata", che nel corso della storia passa da una concezione
"larga", quale quella della tribù o del "clan", alla attuale) già non possano pregigurare una
forma capitalistica (o precapitalistica nel senso indicato dallo stesso Marx).
E in ogni caso ritengo molto problematico l'affermare che l'economia mercantile mediaevale non è
capitalistica.
In essa, del capitalismo abbiamo forse già la caratteristica principale: l'interesse (che non a caso
genera le prime banche e la prima forma finanziaria - oltre ad una prima forma di globalizzazione,
con il Fiorino fiorentino assunto come moneta di scambio internazionale).
Quando la filosofia anglosassone afferma che l'utile individuale è "bene" non lo intende in senso
merceologico (sarebbe in ogni modo intelligente chiedersi il perchè un certo prodotto merceologico
viene definito "bene"...).
No, per essa il "bene" non è quel qualcosa di stabilito a priori della filosofia "continentale"
(chiaramente sulla base del "comandamento divino"), ma è l'utile individuale stesso, con il
quale coincide.
Da questo punto di vista, non parlavo del "bene" come di un prodotto merceologico, ma del "bene"
metafisicamente inteso (o naturalisticamente inteso, se preferisci...).
L'utile individuale è, per la filosofia anglosassone, SEMPRE bene (tant'è vero che coloro che
non sanno perseguire questo utile, i poveri, finiscono dritti all'inferno...).
Sul successo economico orientale vorrei segnalarti un'opera molto "originale" ("Democrazia e
mercato", di J.P.Fitoussi), in quanto mi risulta essere uno dei pochissimi (almeno fino a qualche
anno fa) studi sul rapporto che lega fra loro le forme politiche della democrazia e le forme
economiche del mercato.
Bene, Fitoussi afferma che il momento più "efficiente" in termini di mercato è stato quello della
democrazia messicana negli anni 70. La qual cosa vuol dire che mercato e democrazia si "sposano"
bene fino a un certo punto, che è quel punto in cui i diritti democratici non vanno "troppo" (...)
ad intaccare la libertà economica...
Insomma, mi sembra evidente che i pochi diritti di cui godono i lavoratori orientali si sposano
alla perfezione con l'estremismo capitalistico che vige in quei paesi. Semmai ci sarebbe da
fare un certo discorso per quanto riguarda l'individualismo, ma dire che il successo economico
orientale poggia sulla "coscienza sociale" mi sembra un paradosso.
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: Ipazia il 21 Giugno 2019, 17:17:41 PM
I liberali sono quelli che proclamavano il diritto dell'uomo alla felicità mentre si facevano servire a tavola, nei campi e a letto da schiavi africani (non è che siano cambiati molto col tempo). I marxisti, epigoni compresi, credono così tanto alla "natura umana necessariamente buona" da aver postulato la dittatura del proletariato per tenere a bada la borghesia che evidentemente doveva avere una natura umana di tipo diverso  ;D


A Ipazia
Su questo punto credo tu faccia finta di non capirmi, visto che ho più volte ripetuto che NON
ritengo il marxismo una dottrina buonista, ghandiana insomma; ma che ritengo il marxismo poggiare
sull'idea di un essere umano naturalmente buono (sull'idea rousseiana del "buon selvaggio",
insomma).
Sai meglio di me come la "dittatura del proletariato", nell'ideologia marxista, serva a rimuovere
ogni parvenza ideologica sovrastrutturale borghese. E come, attraverso la completa "rivoluzione" dei
rapporti di produzione, serva in ultima istanza (...) a rimuovere ogni forma di potere politico
(fino all'anarchia rappresentata dal "comunismo").
Ovviamente questo "fine" non sarebbe ipotizzabile né nel caso si considerasse l'essere umano come
"homo homini lupus", né lo si considerasse dotato di "libero arbitrio".
E' evidentissimo, al punto che risulta banale sottolinearlo, come in tutto il "sottosuolo" del
pensiero di sinistra la "colpa" giuridica venga attribuita ad agenti esterni (che in ultima
istanza sono riconducibili ai rapporti di produzione); mai ad un atto dovuto a "dolo", cioè ad
un atto di piena e consapevole volontà di agire al fine di nuocere.
saluti

0xdeadbeef

A Jacopus
No, non ritengo che il processo di "individuazione" sia necessario nel senso di "inevitabile
destino" (non credo ad alcuna "necessità", quindi neanche a questa).
Men che meno credo a fantomatici "processi di potenziamento", che mi rimandano direttamente ai
fraintendimenti della teoria darwiniana e, in ultima analisi, alla teoria metafisica del "progresso".
Nel corso della storia abbiamo molte volte assistito a forti riprese del collettivismo inteso come
cambiamento di prospettiva davanti alla, chiamiamola, "monadicità" dell'individuo (in parole povere
alla considerazione dell'individuo come "universo a sé"). Ma, per così dire, sempre si è fatto un
passo avanti per poi farne due indietro, visto che l'emergere dell'individuo sembra, come tendenza,
essere costante.
Diciamo che questo mi sembra essere ciò che "avviene" (se poi uno crede che ciò che avviene, avviene
per necessità è libero di farlo, ma non è il mio punto di vista).
Credo che né l'individualismo né il collettivismo siano "necessariamente" (questo avverbio ritorna
fatalmente, e non a caso...) brutta o buona cosa.
Però, come giustamente noti, oggi che l'individuo ha assunto veste totalizzante (è soprattutto Von
Hayek a mostrarlo chiaramente, come ho cercato di spiegare lungo questa discussione), il problema è
il problema dell'agire collettivo come problema etico.
Ma non solo, perchè visto che il problema etico è anche il problema giuridico, il problema diventa
allora, e direi drammaticamente, il problema del "diritto".
Non a caso nell'ottica liberale si parla non di "diritto", ma di "libertà" (il diritto "vive" infatti
in una dimensione collettiva che non è quella della "libertà" come intesa dagli anglosassoni).
Lo "sguardo del mondo" moderno, che è plasmato su quello della filosofia anglosassone, "risolve"
il problema con lo strumento del "contratto", che come afferma Von Hayek è lo strumento più efficace
per risolvere le controversie fra gli individui.
saluti

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