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L'ira

Aperto da cvc, 06 Giugno 2020, 08:15:45 AM

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cvc

Da persona che apprezza le scuole filosofiche ellenistiche, ho ammirato le loro battaglie contro le passioni. Naturalmente va premesso che il concetto odierno di passione non rende l'idea di ciò cui gli antichi si riferivano. Per noi può essere una passione fare jogging, in cui non vi è assolutamente niente di male. Per loro il termine passione era riferito in generale ai sentimenti malvagi dell'essere umano. Fra queste, una delle passioni capitali era considerata appunto l'ira. Seneca, in particolare, ha dedicato un libro all'ira che "ripugna il genere umano". Obiettava, in esso ad Aristotele, il fatto che l'ira potesse essere in qualche occasione utile. Aristotele sosteneva, ad esempio, che in alcuni casi, come in guerra, l'ira potesse essere uno sprone al coraggio. Per Seneca, da stoico, il coraggio è il discernere tra ciò che è da temere e ciò che non è da temere. Mentre l'ira, essendo una passione, una volta messa in moto è incontrollabile e ci porta alla deriva. Quindi va evitata sempre.
Il filosofo Remo Bodei, nel saggio "Ira. La passione furente", stimola alcune riflessioni interessanti. Ad esempio nel concetto di giustizia è implicita la punizione dell'empio. E la punizione che altro è se non l'ira del giusto nei confronti del reo? Certo, qualche ortodosso di una qualche religione o dottrina filosofica potrebbe sostenere che si possa punire senza essere adirati. Ad esempio, se giudico che qualcuno sta andando contro Dio, lo punisco non per la mia rabbia ma per la giustizia divina. In altri termini l'ira divina è giusta, l'ira dell'uomo è malvagia.
Ma può esserci giustizia senza ira? Può esserci un'ira giusta?
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Jacopus

La giustizia, da millenni, si è spogliata della categoria della vendetta, associabile all'ira. Il diritto romano si appropria a suo tempo della massima di Tacito "sine ira ac studio", che lui in verità, stava usando in campo storico.
Tutta la procedura penale moderna nasce proprio come normazione del diritto penale,  che diventa sanzione necessaria al convivere e non più vendetta.
Più facile a dirsi che a farsi in realtà,  perché ci sono parti del nostro cervello, quelle più arcaiche e legate alle emozioni di base che faticano a comprenderlo.
È per questo motivo che i giudici sono scelti dopo una selezione molto severa. Perché le istituzioni devono pensare in modo "non comune", abbandonando gli schemi di risposta più convenzionali.

Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

giopap

Personalmente, da politicamente scorrettissima quale mi vanto di essere, dissento dalla concezione della giustizia come semplice rieducazione; per me implica anche doverosamente punizione fine a se stessa dei colpevoli o "espiazione"; che i sinceri pentiti (e non i furbetti alla ricerca di sconti di pena) richiedono in prima persona.
Un sincero pentito si riconosce perché, esattamente al contrario dei furbetti, richiede inasprimenti e non attenuazioni delle pene da scontare.
Solo ad uno che mi avesse fatto un grave torto e che chiedesse un inasprimento delle pene comminategli sarei felicissima di concedere il mio perdono (e magari dopo qualche tempo potrei anche, motu meo proprio, chiederne una scarcerazione anticipata).
Il perdono, quando meritato per un pentimento sincero, é una delle esperienze più meravigliose e gratificanti che si possano vivere (forse in assoluto la più meravigliosa), sia attivamente (il concederlo) sia passivamente (l' ottenerlo).
Ma solo quando meritato per un pentimento sincero (dimostrabile essere tale mediante richiesta di inasprimenti di pena).

L' ideale per l' uomo é secondo me vivere controllando e limitando le proprie passioni nella misura del possibile e del giusto: di fronte a un' ingiustizia enorme é più che legittima un' ira proporzionata.
Purtroppo la vita non  é solo "rose e fiori", contrariamente alle pretese falsità ideologiche del pessimo e in realtà cattivissimo "buonismo" politicamente corretto (alla maniera del per me ipocritissimo e spregevole Gramellini).

bobmax

Anch'io mi domando se questo buonismo è davvero espressione di un sentimento d'amore o non vi si celi invece dell'ipocrisia...

Perché non essere buoni è disdicevole.
E, soprattutto in ambienti di cosiddetta sinistra, bisogna far vedere di essere buoni.
Salvo poi, come spesso accade, avere il cuore a sinistra, sì, ma il portafoglio a destra...

Sarà che sono solito all'ira. Ma questo buonismo a prescindere mi lascia perplesso.

Perché la compassione non è qualcosa che si possa scegliere, come fosse una moda da sfoggiare.
La compassione quando ti prende ti distrugge!

E così mi tengo la mia ira. Che non vorrei proprio avere, per tutto l'oro del mondo.
Ma non mentendo a me stesso!

A Gramellini è mancata tragicamente la mamma da piccolo.
Basta questo, per fare un passo indietro.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

cvc

Citazione di: Jacopus il 06 Giugno 2020, 09:29:58 AM
La giustizia, da millenni, si è spogliata della categoria della vendetta, associabile all'ira. Il diritto romano si appropria a suo tempo della massima di Tacito "sine ira ac studio", che lui in verità, stava usando in campo storico.
Tutta la procedura penale moderna nasce proprio come normazione del diritto penale,  che diventa sanzione necessaria al convivere e non più vendetta.
Più facile a dirsi che a farsi in realtà,  perché ci sono parti del nostro cervello, quelle più arcaiche e legate alle emozioni di base che faticano a comprenderlo.
È per questo motivo che i giudici sono scelti dopo una selezione molto severa. Perché le istituzioni devono pensare in modo "non comune", abbandonando gli schemi di risposta più convenzionali.
Appunto. Più facile a dirsi che a farsi. Fare giustizia significa punire il colpevole. Il giusto è adirato col reo. Anche il perdono semmai viene dopo. Che senso avrebbe se no perdonare qualcuno se non ha prima provocato la mia ira? Il legislatore deve operare in modo equo e razionale, nondimeno deve punire. Non è adirato, ma ha lo stesso scopo dell'ira: punire. Certo quella del giudice è una punizione razionale, quindi motivata e argomentata. Mentre l'ira spesso colpisce a casaccio. Però la legge vendica la giustizia offesa. Si può forse pensare alla legge come ad una sublimazione dell'ira. Ciò che vi è di comune nella legge e nell'ira è la volontà di punire, sebbene discriminata in un caso e nell'altro no. Sebbene in un caso sia un male necessario e nell'altro l'apice del godimento. Però di sicuro l'ira è nata prima della legge, quindi non si può pensare che abbia plagiato alla legge la volontà di punire. Semmai la legge sarebbe una invenzione umana per mettere ordine nella concatenazione di punizioni e ritorsioni che l'ira scatena. Ma laddove nella legge si scopre qualche falla, allora l'ira torna paladina della giustizia. Come nel caso George Floyd.
Legge ed ira sono forse i due estremi, e la giustizia sta nel mezzo.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

giopap

Citazione di: bobmax il 06 Giugno 2020, 10:34:27 AM
Anch'io mi domando se questo buonismo è davvero espressione di un sentimento d'amore o non vi si celi invece dell'ipocrisia...

Perché non essere buoni è disdicevole.
E, soprattutto in ambienti di cosiddetta sinistra, bisogna far vedere di essere buoni.
Salvo poi, come spesso accade, avere il cuore a sinistra, sì, ma il portafoglio a destra...

Sarà che sono solito all'ira. Ma questo buonismo a prescindere mi lascia perplesso.

Perché la compassione non è qualcosa che si possa scegliere, come fosse una moda da sfoggiare.
La compassione quando ti prende ti distrugge!

E così mi tengo la mia ira. Che non vorrei proprio avere, per tutto l'oro del mondo.
Ma non mentendo a me stesso!



Dissento solo sull' uso della categorie di "destra " e "sinistra".

Per me quella che si fa paladina del pessimo, cattivissimo "buonismo politicamente corretto" non é "sinistra" ma destra (e delle peggiori).
Il fatto che la sinistra sia oggi "ridotta al lumicino" (almeno qui in Italia) non deve farci confondere la destra "piddinosardinescofratoiannesca" con l' altra destra "berlusconmelonosalvinesca".

Jacopus

#6
Non so dove io abbia scritto perdonismo o buonismo. La legge moderna nasce proprio come antidoto alla violenza senza fine della vendetta. La figura simbolica della giustizia ha in una mano la bilancia e in un'altra la spada. La bilancia serve per pesare la ragione e il torto. La spada per punire. È anche bendata, e su quella benda enigmatica sono state sollevate molte discussioni. È bendata perché appunto "accecata dall'ira", oppure perché non deve guardare in faccia a nessuno, perché tutti siamo uguali di fronte alla legge e non possiamo così commuoverla con le nostre storie individuali? Oppure è bendata per non dimenticarci che la legge colpisce sempre un po' a casaccio?
In ogni caso la vendetta è un fatto personale, famigliare, di clan. La giustizia nasce con il nascere delle istituzioni legali sovrapersonali. Non mi stupisce che in un paese come l'Italia, dove le istituzioni non sono astratte e funzionali al servizio della collettività, ma concepite come espressione di un signore e dei suoi "famuli", si continui a considerare la giustizia come vendetta.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve. Credevo di essere già intervenuto - poche ore fa - su questo argomento con un mio punto di vista, ma ora mi avvedo che forse ho omesso di pigiare il tasto di immissione del testo.

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Citando da cvc : "Ma può esserci giustizia senza ira? Può esserci un'ira giusta?" voglio premettere che auguro al presente topic di poter raggiungere migliaia e migliaia di interventi, portatori degli umori, pareri, analisi, giudizi, pregiudizi del maggior numero possibile di utenti. Un quesito del genere secondo me lo merita.


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Per parte mia sarò laconico come spesso mi accade. A me ingenuamente pare che la GIUSTIZIA in sè (non tanto la sua applicazione) sia concetto astratto, impersonale, razionale o razionalizzabile, appartenente alla logica.

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Altrettanto sempliciottamente, trovo che invece l'IRA sia un comportamento  a base individuale, di origine umorale, irrazionale e di effetto (spesso) concreto, appartenente alla gamma dei sentimenti.

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Stando così le cose (anche se certamente mi starò sbagliando) a me pare che GIUSTIZIA ed IRA possanno solo fare a pugni, non certo armonizzarsi ! Ma forse è meglio andare avanti onde poter approfondire la interessante questione. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

giopap

Citazione di: Jacopus il 06 Giugno 2020, 11:06:56 AM
Non so dove io abbia scritto perdonismo o buonismo. La legge moderna nasce proprio come antidoto alla violenza senza fine della vendetta. La figura simbolica della giustizia ha in una mano la bilancia e in un'altra la spada. La bilancia serve per pesare la ragione e il torto. La spada per punire. È anche bendata, e su quella benda enigmatica sono state sollevate molte discussioni. È bendata perché appunto "accecata dall'ira", oppure perché non deve guardare in faccia a nessuno, perché tutti siamo uguali di fronte alla legge e non possiamo così commuoverla con le nostre storie individuali? Oppure è bendata per non dimenticarci che la legge colpisce sempre un po' a casaccio?
In ogni caso la vendetta è un fatto personale, famigliare, di clan. La giustizia nasce con il nascere delle istituzioni legali sovrapersonali. Non mi stupisce che in un paese come l'Italia, dove le istituzioni non sono astratte e funzionali al servizio della collettività, ma concepite come espressione di un signore e dei suoi "famuli", si continui a considerare la giustizia come vendetta.


Per parte mia dissento dal "complesso di inferiorità in quanto Italiani" e dalle considerazioni che ne trai; che peraltro mi sembra giustamente non siano per nulla allusive a me e agli altri intervenuti in questa discussione a sostegno della necessità che la pena non sia solo rieducazione ma anche espiazione (lungi da me l' attribuirti una simile intenzione), ma svolte del tutto "in generale".


Le mafie, il loro arcaismi, le loro prepotenze non sono una nostra esclusiva nazionale (ed essendo legate "geneticamente" (fra l' altro, anche potentemente) alla miseria e al sottosviluppo "é normale" (come direbbe un calciatore intervistato) che in un paese come il nostro, subalterno alle maggiori potenze occidentali, a sovranità limitatissima, trovino terreno fertile per svilupparsi (ma questo accade, oltre che in tantissimi altri analoghi luoghi, per esempio nei recessi più miseri e degradati della società e della nazione USA).
Credo che nemmeno questo intendessi affermare, ma mi preme sottolinearlo a scanso di equivoci, data la notevole diffusione fra i nostri connazionali di un autorazzistico complesso di inferiorità.


Ma, per venire al nocciolo della questione, non é detto che necessariamente tutto ciò che data da prima dello sviluppo della civiltà, dell' origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato, per parafrasare un autore a me molto caro, sia per forza interamente superato.


L' espiazione delle colpe a mio parere, in quanto sia al passo coi tempi (per esempio che non cada nella barbara pretesa di far pagare ai figli le colpe dei padri, diffusissima in tutte le società arcaiche, vedi ad esempio il mito ebraico e poi anche cristiano e musulmano del peccato originale; o che ammetta e promuova il perdono dei colpevoli che abbiano dimostrato il loro pentimento, ecc.) a mio parere può benissimo integrarsi in una società e in uno stato civilissimi.

giopap

Citazione di: viator il 06 Giugno 2020, 17:14:40 PM

Per parte mia sarò laconico come spesso mi accade. A me ingenuamente pare che la GIUSTIZIA in sè (non tanto la sua applicazione) sia concetto astratto, impersonale, razionale o razionalizzabile, appartenente alla logica.

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Altrettanto sempliciottamente, trovo che invece l'IRA sia un comportamento  a base individuale, di origine umorale, irrazionale e di effetto (spesso) concreto, appartenente alla gamma dei sentimenti.

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Stando così le cose (anche se certamente mi starò sbagliando) a me pare che GIUSTIZIA ed IRA possanno solo fare a pugni, non certo armonizzarsi ! Ma forse è meglio andare avanti onde poter approfondire la interessante questione. Saluti.


Ma perché ragione e sentimenti non dovrebbero poter "andare d' accordo" anziché "fare a pugni"?
Non dico che sia facile, ma nemmeno credo sia impossibile raggiungere un soddisfacente equilibrio fra il sentimento dell' ira (se "sacrosanta", meritatamente suscitata da un comportamento fortemente colpevole) e una giustizia legale che provveda il più equamente possibile a comminare una pena adeguata al misfatto.

donquixote

Citazione di: cvc il 06 Giugno 2020, 08:15:45 AM
Da persona che apprezza le scuole filosofiche ellenistiche, ho ammirato le loro battaglie contro le passioni. Naturalmente va premesso che il concetto odierno di passione non rende l'idea di ciò cui gli antichi si riferivano. Per noi può essere una passione fare jogging, in cui non vi è assolutamente niente di male. Per loro il termine passione era riferito in generale ai sentimenti malvagi dell'essere umano. Fra queste, una delle passioni capitali era considerata appunto l'ira. Seneca, in particolare, ha dedicato un libro all'ira che "ripugna il genere umano". Obiettava, in esso ad Aristotele, il fatto che l'ira potesse essere in qualche occasione utile. Aristotele sosteneva, ad esempio, che in alcuni casi, come in guerra, l'ira potesse essere uno sprone al coraggio. Per Seneca, da stoico, il coraggio è il discernere tra ciò che è da temere e ciò che non è da temere. Mentre l'ira, essendo una passione, una volta messa in moto è incontrollabile e ci porta alla deriva. Quindi va evitata sempre.
Il filosofo Remo Bodei, nel saggio "Ira. La passione furente", stimola alcune riflessioni interessanti. Ad esempio nel concetto di giustizia è implicita la punizione dell'empio. E la punizione che altro è se non l'ira del giusto nei confronti del reo? Certo, qualche ortodosso di una qualche religione o dottrina filosofica potrebbe sostenere che si possa punire senza essere adirati. Ad esempio, se giudico che qualcuno sta andando contro Dio, lo punisco non per la mia rabbia ma per la giustizia divina. In altri termini l'ira divina è giusta, l'ira dell'uomo è malvagia.
Ma può esserci giustizia senza ira? Può esserci un'ira giusta?

Diceva San Tommaso che le passioni sono un difetto dell'animo e le paragonava alla miopia: questa, in quanto difetto fisico, impedisce di vedere chiaramente, mentre le passioni impediscono un giudizio misurato e corretto dei fenomeni del mondo. Ogni uomo è preda di passioni, ma la ragione dovrebbe essere il mezzo per riconoscere quando queste stanno prendendo il sopravvento e tenerle sotto controllo per mezzo della volontà in modo che non facciano danni a noi o ad altri. In definitiva le passioni, in quanto costitutive dell'animo umano e a volte utili come ulteriore spinta per perseguire un obiettivo, non sono negative in sé ma lo diventano quando si è preda delle medesime e ci si lascia guidare prevalentemente da esse, perdendo con ciò di vista l'equilibrio complessivo e la capacità di giudizio.

Nello specifico l'ira non è una passione a sè, ma piuttosto un moto causato da passioni diverse, ha bisogno di altre passioni per esprimersi (solo un folle potrebbe essere preso dall'ira senza alcuna ragione sottostante). Non è bene o male, buona o cattiva, animata da amore od odio ma, come spiega sempre San Tommaso facendo l'esempio legato appunto alla giustizia punitiva, assume in sé entrambe le passioni dato che esprime amore di vendetta (che è giudicata bene per colui che la esercita) e nel contempo odio verso la persona (giudicata ovviamente male) oggetto della vendetta stessa.

Altra questione è però, a mio avviso il ruolo dell'ira nell'ambito della giustizia ampiamente intesa. Filosoficamente la giustizia non può essere assimilata a quella che nelle società moderne viene definita tale. Se si vuole ragionare in termini filosofici, ovvero (kantianamente) universali, non bisogna ridurre la definizione di giustizia a quella che con accezione più corretta bisognerebbe definire "legalità"; il diritto positivo laicamente parlando, o la legge morale considerando il punto di vista religioso, non possono essere criteri universali di giustizia, poiché ognuno sa che questi cambiano da luogo a luogo, da popolo a popolo e da periodo a periodo, e appare quantomai azzardato definire filosoficamente giustizia qualcosa che altrove o in altri tempi viene considerato come il suo opposto.

Partendo da una tradizione che si perde nella "notte dei tempi" ed è comune a tutte le culture Eneo Domizio Ulpiano definiva la Giustizia come "Honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere". Vivere onestamente, non nuocere ad altri ("Non fare ad altri quel che non vorresti fosse fatto a te") e dare a ciascuno il suo ("Date a Cesare quel che è di Cesare") è una forma essenziale e universalistica di giustizia che di per sé esclude l'intervento di qualsiasi passione ma richiede sapienza ed equilibrio (il famoso episodio di Re Salomone ne è un significativo esempio). Giustizia è dunque innanzitutto rispetto del diritto di ogni ente di poter essere ed esprimere quello che è senza la pretesa di qualcuno di giudicare se ciò sia giusto o meno. Rispetto non è sinonimo di giudizio, è anzi il suo opposto, dunque per quanto possa sembrare paradossale la giustizia non giudica ("non giudicate se non volete essere giudicati"; "Inventate, dunque, la giustizia che tutti assolve tranne coloro che giudicano"). Giustizia è innanzitutto un modo di vivere e di pensare, non certo un modo di "calcolare" algoritmicamente secondo categorie legali o morali assolutizzate che prescindono (e dunque in sostanza negano) dal concetto di "dare ad ognuno il suo", ed è pure insensato affermare, in tale contesto, che esiste una giustizia giusta o una sbagliata, perché semplicemente o è giustizia oppure non è.
L'ira, che come dicevo è essenzialmente un "amplificatore" di passioni che non possono che essere personali e individuali (sia pur a volte condivise collettivamente), è in quanto tale un impedimento alla giustizia, sia in senso "buono" (quando a prevalere è l'amore) sia in senso "cattivo" (quando a prevalere è l'odio), dato che entrambi i sentimenti sono di ostacolo al perseguimento della medesima poichè sempre autoreferenziali. 
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

cvc

Ringrazio tutti per gli interventi e in particolare Viator per il gradimento sul tema.
Jacopus scrive "La legge moderna nasce proprio come antidoto alla violenza senza fine della vendetta. "
Cesare Lombroso, fondando la criminologia, ha di fatto creato il concetto del reo come soggetto patologico della società. Non un cittadino che infrange la legge e provoca la vendetta o rabbia della società esercitata attraverso la giustizia ma, di fatto, un malato da cui la società deve proteggersi e che deve possibilmente curare. In realtà ricordo un passo de "L'uomo delinquente " dove Lombroso sottolinea come le punizioni delle civiltà antiche fossero più, in certo senso, coerenti in quanto avevano il solo scopo di punire il reo, di vendicare il reato. Nella legge moderna invece il reo viene "rieducato". Per Lombroso il delinquente aveva delle caratteristiche innate, per cui difficilmente correggibili.
La criminologia si è molto evoluta da Lombroso in avanti, però lo studio del criminale è di fatto un'astrazione, un'oggettivazione del comportamento delinquenziale. Quindi la giustizia non è più la rabbia verso un componente della società che agisce contro i suoi pari, ma quasi un intervento medico che cura una malattia.
Ma questo non sempre basta a soddisfare la sete di giustizia. Ed emerge la rabbia.
Eppoi c'è la dichiarazione dei diritti dell'uomo, la giustizia sociale, che nasce dalla rabbia della rivoluzione.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Lou

Citazione di: cvc il 06 Giugno 2020, 08:15:45 AM
Da persona che apprezza le scuole filosofiche ellenistiche, ho ammirato le loro battaglie contro le passioni. Naturalmente va premesso che il concetto odierno di passione non rende l'idea di ciò cui gli antichi si riferivano. Per noi può essere una passione fare jogging, in cui non vi è assolutamente niente di male. Per loro il termine passione era riferito in generale ai sentimenti malvagi dell'essere umano. Fra queste, una delle passioni capitali era considerata appunto l'ira. Seneca, in particolare, ha dedicato un libro all'ira che "ripugna il genere umano". Obiettava, in esso ad Aristotele, il fatto che l'ira potesse essere in qualche occasione utile. Aristotele sosteneva, ad esempio, che in alcuni casi, come in guerra, l'ira potesse essere uno sprone al coraggio. Per Seneca, da stoico, il coraggio è il discernere tra ciò che è da temere e ciò che non è da temere. Mentre l'ira, essendo una passione, una volta messa in moto è incontrollabile e ci porta alla deriva. Quindi va evitata sempre.
Il filosofo Remo Bodei, nel saggio "Ira. La passione furente", stimola alcune riflessioni interessanti. Ad esempio nel concetto di giustizia è implicita la punizione dell'empio. E la punizione che altro è se non l'ira del giusto nei confronti del reo? Certo, qualche ortodosso di una qualche religione o dottrina filosofica potrebbe sostenere che si possa punire senza essere adirati. Ad esempio, se giudico che qualcuno sta andando contro Dio, lo punisco non per la mia rabbia ma per la giustizia divina. In altri termini l'ira divina è giusta, l'ira dell'uomo è malvagia.
Ma può esserci giustizia senza ira? Può esserci un'ira giusta?
Alle origini della letteratura occcidentale, parlo del proemio dell'Iliade, la correlazione tra ira, prima passione menzionata, e giustizia è evidente: l'ira di Achille è scatenata da un'offesa ricevuta, tuttavia in essa trova la sua ragion d'essere e la sua logica razionale, gioca la funzione di riparazione a un danno subito. E' giusto che  attraverso l'ira venga ristabilito il giusto prestigio e rapporto di potere, la parte offesa Achille è attraverso questa passione che trova il motore per la vendetta e per ristabilire la sua immagine sociale. Un'ira in fondo rispettata e stimata dal mondo greco antico, purchè essa non sfoci nel tentare di sfondare il limite del "giusto mezzo".
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Freedom

Per quanto mi riguarda l'ira mi scatta dentro quando rilevo un un comportamento o, anche, semplicemente un'idea che ritengo, incontrovertibilmente, ingiusta. Ecco dunque il legame che riscontro in me tra ira e giustizia. Recentissimamente ho avuto uno scatto (prolungato perchè quando l'animo mi si accende ho difficoltà a spegnerlo tempestivamente) d'ira terribile nei confronti di mio figlio di 19 anni. Ho persino minacciato, sbagliando! di dargli un fracco di botte. Egli, oramai da lungo tempo (1 anno?) manifesta critiche devastanti nei confronti miei e di mia moglie (sua madre). Indolenti nell'occuparci della salute sua e di suo fratello (14 anni); senza polso con suo fratello, poveri poichè abbiamo solo 1 bagno e 1 sola camera (che lui divide con suo fratello) e non gli abbiamo ancora aperto un c/c, insomma incapaci di assolvere in modo appropriato alla nostra funzione genitoriale, etc. Il suo disprezzo è particolarmente rivolto a sua madre anche in forza delle sue virtù intellettuali non brillanti. A parte il fatto che io ho sempre giudicato le persone in base alla bontà del loro cuore e speravo di aver inculcato questo principio bene in profondità, a parte questo fatto dicevo, sua madre, pur non avendo fatto studi importanti, gli ha dato tutto. E se lui adesso è così geniale (sì ha risultati  scolastici di eccellenza) lo deve anche a sua madre che lo ha sempre pungolato ed aiutato. Non ci conoscete ma lascio alla vostra sensibilità e immaginazione comprendere che genitori siamo. Io stesso non oso definirci bravi ma posso affermare in tutta coscienza che tutto quello che avevamo l'abbiamo tirato fuori.

Quello che se ne ricava è il ritratto di un individuo ingrato, sprezzante, egoista, in definitiva, cattivo. Vorrei che fosse una crisi adolescenziale ma temo che non sia così. Di fronte al mio "vattene di casa" e alla sua risposta "andrò per vie legali" ho rilevato il mio assoluto e completo fallimento educativo. L'ho inondato di amore, libertà, fiducia, attenzioni, dialogo. Troppo? Chissà.

Gli ho detto tutto quello che pensavo ma di fronte al suo incalzare strafottente mi sono acceso di un'ira antica. Era parecchio tempo che non divampavo così.

Il risultato finale del mio scoppio è il suo seguente: sono passato dal torto e, complice il fatto che deve affrontare tra breve la maturità, sono stato costretto ad umilianti e, ritengo tutto sommato ingiuste scuse. Ho voluto chiudere la partita di uno scontro che mi vedeva indebolito a causa del mio scoppio d'ira e che avrebbe turbato la sua prova d'esame.

Ma queste scuse date obtorto collo hanno ulteriormente esacerbato il mio stato d'animo e hanno contribuito a condurmi alla convinzione che, forse è un giovane uomo cattivo, forse è solo una grave crisi esistenziale, ma sicuramente il mio atteggiamento muterà. E dentro di me è già mutato: oggi lo guardavo e non mi sembrava più mio figlio. Mi sembrava un estraneo!

Concludendo direi che l'ira ha solo prodotto, come ritengo essere sua natura, risultati negativi. E' una passione che rende schiavo di essa chi la vive. E' anche diabolica perchè, talvolta, chi riceve le scariche di una persona irata, per paura, intelligenza o altro, le subisce "stoicamente" aspettando il momento giusto per rendere, con maggiore efficacia, una risposta appropriata. E questo comportamento potrebbe essere male interpretato da colui che ha avuto un accesso d'ira e, dunque, convincerlo che "funziona". Invece l'ira non funziona mai.
Bisogna lavorare molto, come se tutto dipendesse da noi e pregare di più, come se tutto dipendesse da Dio.

bobmax

#14
@Freedom

L'ira non funziona laddove non svolge il suo compito.
E non lo svolge sia quando nasce da una passione che si rivela poi errata, e sia... quando pur scaturendo come reazione ad un'ingiustizia, viene anzitempo frenata, bloccata, senza così produrre effetti.

Perché la legge azione-reazione vale anche per noi. E quando ad una azione non corrisponde una reazione uguale e contraria, il sistema si sballa.

Quindi "dare tutto", "inondare di amore, libertà, fiducia, attenzioni, dialogo" sono tutte cose importanti, preziose; ma senza fornire pure la reazione, necessaria in tante circostanze, tutte queste cose buone finiscono spesso per diventare anche corruttive.

Caro Freedom, non si può "inculcare" nulla.
Si può solo cercare di essere d'esempio.
Si può provare ad essere padre. Che non è mai un amico.

Perché l'autorità è cosa delicata, e mal si accompagna all'amicizia.
L'autorità si regge su se stessa, se messa in discussione non è già più autorità.
Può tornare ad esserlo, anche attraverso l'ira, se giusta.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.