L'io, il me, memoria e coscienza

Aperto da viator, 24 Giugno 2019, 16:02:07 PM

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viator

Salve. Un altro dei miei argomenti che avrà scarso successo. Troppo distaccato dalle immediatezze che ci circondano e dalle montagne di argomentazioni analitiche che hanno sinora coinvolto i singoli termini di cui voglio parlare a modo mio.

Cos'è l'IO ? (sento già qualcuno sbuffare !).
Mi è già capitato di affermare che l'IO consiste solamente in "ciò che resta di me dopo che mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me".
Affermazione apparentemente criptica, abbastanza provocatoria ma – soprattutto – (apparentemente) tautologica.

Eh già. I concetti e la realtà di IO e di ME in cosa mai differirebbero ?

Semplicemente nel fatto che l'IO è entità psichicamente collocata di natura immateriale (infatti nulla di materiale resterà dopo essersi separati da ciascuna delle parti del nostro corpo). Mentre il ME risulta da "l'insieme dell'io e di ciò che lo ospita (cioè – appunto – il corpo, e più specificamente l'encefalo).

Ecco allora che un simile definizione di IO dovrebbe trovar soddisfatti gli spiritualisti, per i quali "Io sono un'anima separabile dal (mio) corpo".

Troverei corretto affermare che l'IO – in soldoni – rappresenta la mia INDIVIDUALITA' mentre il ME rappresenta la mia PERSONALITA'.

Perciò secondo me ogni trattazione scientifico-filosofica dovrebbe tralasciare l'IO e occuparsi solamente del ME. Cosa che quasi mai avviene ed è fonte di inenarrabili confusioni dottrinarie.

Vediamo ora di indagare un poco il ME.
A quali condizioni noi possiamo considerarci dotati di un ME e di una PERSONALITA' ?

Secondo me lo siamo solo quando ed in quanto esercitiamo le funzioni coscienziali.

Prendiamo il sonno ed il coma. Durante questi stati manchiamo di coscienza e di vigilanza. Ci troviamo in condizioni di passività, non possiamo prendere decisioni, non esercitiamo facoltà etiche, siamo preda di una stato appunto extracoscenziale in cui regnano i puri contenuti mnemonici inconsci (cioè onirici) e le attività biologiche istintive, automatiche e psichiche (cioè appunto inconscie).
Dovremmo dire allora che durante sonno e coma l'IO risulta disgiunto dal corpo (vedere la mia definizione data all'inizio) e, come tale, non può manifestare i contenuti personalistici (attività) che sono propri del ME.

Quindi l'IO potrà manifestarsi come ME solamente in condizioni di veglia vigile e consapevole (interessante a tal punto pensare all'effetto di molte droghe, il quale consiste appunto nell'introdurre una separazione non fisiologica tra l'IO ed il ME, il quale ultimo viene "disattivato" dalla parziale o completa perdita di coscienza, di responsabilità, di raziocinio, lasciando spazio agli effetti onirico-allucinatori, mentre l'IO del drogato resta individuabile).

La condizione vigile e consapevole è quella in cui fungono sia la memoria che la coscienza che la mente.
Gli smemorati completi non possiedono quindi una memoria attiva, infatti in tale stato essi sono privi di personalità (il ME) ma non di individualità (l'IO).

D'altra parte essi continuano a possedere sia una coscienza che una mente. Questo ci porta a supporre che ciò che genera il ME e la personalità sia appunto la memoria.

Ecco allora che la sintetizzazione del concetto di ME si trasforma facendosi più particolare e diventando non più "IO+il mio corpo = ME", bensì "IO+la mia memoria = ME".

Conoscete l'espressione "non ero in me !" ("non era in sè") usata frequentemente per giustificare scelte ed atti inconsulti, vero ?

Bene, essa si presta benissimo nel qualificare gli stati in cui la nostra responsabilità viene attutita o cancellata, quelli in cui rinunciamo o siamo costretti a trascurare buonsenso, esperienza, etica, morale.

Ovvio. Il "ME", la mia COSCIENZA, la mia RESPONSABILITA', la mia ETICA, le mie FACOLTA' MENTALI non possono esistere se mancano i dati mnemonici sul quali basarsi per effettuare SCELTE non puramente istintive.

IO forse avrò torto, ma date retta a ME : mancando la memoria manca sia la coscienza che la responsabilità. Non parliamo poi delle restanti FACOLTA'.

Naturalmente alcuni non crederanno che la memoria sia una funzione neurologica basata su di una struttura anatomica di origine biologica. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11

#1
Poni l'IO, come coscienza ,come concetto irriducibile.
Togli qualunque sovrastruttura culturale: scienza, filosofia, fisicalismo,spirtualità,ecc quindi porsi nella sospensione di giudizio, l'epochè.
Adesso osserva un fenomeno e descrivilo, psicologicamente, logicamente, emotivamente, narrativamente, nella sua completezza e non come le sovrastrutture culturali separano, e avrai l'interezza del fenomeno. E' il tuo IO, soggettivo, personale che in quanto coscienza intenziona le cose del mond., E' in estrema sintesi la fenomenologia di Husserl, il ritornare alle cose del mondo.

Il ruolo fondamentale della memoria è la continuità temporale della propria coscienza,della propria identità, individualizzazione.Ma non è detto, per assurdo, che ogni giorno che ci dovessimo svegliare e non avendo più la continuità identifiicativa, non avremmo coscienza, Semplicemente la coscienza ogni giorno compirebbe una tabula rasa delle esperienze e quindi perderebbela memoria. Ogni giorno saremmo diversi dal ieri, e non è detto che sia il peggior modo di vivere....forse è più leggero, privo di condizionamenti.

viator

Salve Paul11. Grazie della tua risposta. Prendo atto delle tue valutazioni circa l'incompletezza delle mie  considerazioni.
Infatti io non sono interessato a dar conto dell'intera fenomenologia identitaria e personalistica. Ci mancherebbe altro !!.

Ma solamente ad affermare quali sono, secondo me, le basi dei concetti di IO e di ME e di COSCIENZA.

Circa la "tabula rasa", si tratterebbe sempre comunque di "azzerare" la memoria la quale, finchè resterà vuota, impedirà qualsiasi effetto coscenziale. Nuove successive esperienze e memorizzazioni la rigenereranno ("ogni giorno saremmo diversi da ieri") ma resta il fatto che NO MEMORIA = NO COSCIENZA. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Ciao Viator. Se vuoi, puoi anche teorizzare il tuo sistema/coscienza. Ma invece, se ti interessa, ti posso assicurare che  "memoria diverso da coscienza." La coscienza è la percezione di sentirsi vivi e presenti a sé stessi nel tempo e nello spazio. Condizione che manca non tanto a chi è privo di memoria ma a chi è in coma oppure in stati alterati dovuti a gravi patologie neuropsichiatriche. Solo una completa assenza di ogni tipo di memoria ( descrittiva, procedurale, a breve termine, inconscia) produrrebbe uno stato catatonico simile all'incoscienza, ma di solito assistiamo a lacune localizzate ad una parte di queste memorie. Se volessimo fare un discorso teorico, ipotizzando una perdita completa di ogni tipo di memoria di cui ci serviamo, la nostra propriocezione (percezione di noi nel tempo e nello spazio), sarebbe molto menomata ma ho dei dubbi sulla assenza di una coscienza. La quale permarrebbe anche in presenza di gravi patologie come l'halzheimer. Non esiste a mio parere un discorso digitale on-off sulla coscienza, ma esistono diversi gradi e livelli di coscienza di sé, che possono essere condizionati e migliorati dai processi mnemonici senza ridursi ad essi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

Citazione di: viator il 25 Giugno 2019, 13:00:29 PM
Salve Paul11. Grazie della tua risposta. Prendo atto delle tue valutazioni circa l'incompletezza delle mie  considerazioni.
Infatti io non sono interessato a dar conto dell'intera fenomenologia identitaria e personalistica. Ci mancherebbe altro !!.

Ma solamente ad affermare quali sono, secondo me, le basi dei concetti di IO e di ME e di COSCIENZA.

Circa la "tabula rasa", si tratterebbe sempre comunque di "azzerare" la memoria la quale, finchè resterà vuota, impedirà qualsiasi effetto coscenziale. Nuove successive esperienze e memorizzazioni la rigenereranno ("ogni giorno saremmo diversi da ieri") ma resta il fatto che NO MEMORIA = NO COSCIENZA. Saluti.
dipende cosa intendi per memoria.
Un computere ,faccio un esempio, ha una scheda madre , una ROM e un sistema operativo.La RAM può essere azzerata.
E mi spiego.
Cognitivamente esiste uan memoria di lavoro a breve, e una memoria lunga.
ma a monte, quando nasciamo, come un computer nuovo, noi non abbiamo esperienze, siamo privi di immagazzinamenti di percezioni, ecc.
Eppure il bambino ha una intenzionalità verso il mondo, in altre parole ,tende a relazionarsi con il mondo,a esplorarlo poco alla volta e sviluppando via via le sue facoltà.
Il problema è che deve esistere un apriori (ciò che parecchi chiamano istinto), la ROM del computer.Deve esserci una "memoria"( anche se non è una vera e propria memoria), in cui vi siano in "embrione" già le facoltà che si svilupperanno.
Per coscienza, la intendo come "mentale", il luogo in cui risiedono le facoltà appunto mentali

davintro

#5
la memoria è un fattore di individualizzazione, di unificazione del soggetto, in quanto è la facoltà tramite cui l'Io collega l'esperienza vissuta del proprio presente con quella del passato, e ciò permette di preservare il suo carattere di soggettività attiva. Solo schiacciato sul presente, l'Io resterebbe pura passività in balia delle stimolazioni esterne, mentre il passato offre schemi, che già dal livello percettivo del nostro rapporto col mondo, sono utilizzati per elaborare attivamente le informazioni. Tramite la memoria immaginiamo i lati non attualmente presenti alla sensazione fisica dell'oggetto percepito, che in questo modo diviene oggetto di una libera interpretazione e attribuzione di significato. Già nel passaggio dalla sensazione alla percezione, reso possibile dalla memoria, inizia il livello di libertà e intenzionalità. Ciò mostra anche come i concetti di "individuo" e "persona" siano strettamente connessi, più precisamente come la persona sia la realtà nella quale la categoria dell'individualità si esprime al massimo livello. Se la persona è caratterizzata dalla razionalità, cioè dalla facoltà di unificare fenomeni particolari in delle unità logiche con diversi gradi di universalità, connettendoli entro relazioni logiche, prima fra tutte la causalità. Se la persona è per definizione sostanza razionale, e razionalità indica questa tendenza all'unità, alla riconduzione di informazioni all'interno di visioni più o meno sistematiche e comprensive di conoscenza, allora la persona è realizzazione piena dell'individualità, carattere per cui un soggetto agisce come unità, cioè ordina le proprie tendenze psichiche, i propri pensieri, le proprie azioni all'interno di un sistema coerente, vincolando questa molteplicità all'interno di criteri di giudizio posti come riferimenti stabili e universali della propria vita. Questo discorso non è minato dal fatto che la memoria appartenga a quelle forme di vita,, come gli animali, non comunemente etichettati come "esseri razionali". Potremmo dire, in fondo, che razionalità e memoria sono facoltà che hanno in comune questa tendenza verso l'unità, cioè verso l'individualità: la memoria unifica l'esperienza di fenomeni che facciamo coincidere con dei fatti della nostra vita, la ragione riferisce questa unità al complesso, non dei meri fatti, ma delle possibilità logiche, delle idee. Non vedo la memoria come facoltà attinente più attinente all'individualità rispetto alla personalità o viceversa, proprio perché vedo personalità e individualità come categorie aventi significati distinti concettualmente, la prima "razionalità", la seconda "unità", ma convergenti nel caratterizzare il soggetto come libero interprete della molteplicità di cose che trova nell'esperienza del mondo, e la memoria contribuisce a tale caratterizzazione, unificazione coscienziale presente-passato

paul11

argomenti sul post di Davintro.

L'io è attivo e non passivo, pur non avendo storia,anche senza una memoria esperienziale. Semmai è vero che senza storia l'Io non sviluppa la sua individualizzazione. Noi elaboriamo comunque informazioni anche con una memoria resettata giornalmente, Semmai non tesaurizzeremmo l'esperienza, ma l'esperienza è anche un condizionamento ,come dimostrato dal cognitivismo e dai giochi di prestigio. Perchè costruisce delle abitudini mentali, dove l'attenzione, la concentrazione tendono a temporalizzare i movimenti che la memoria prefigura già come storia anche per l'avvenire.

Mi viene in mente che persona etimologicamente deriva da maschera.

Lo strumento razionale, logico, è una parte dell'IO, e non necessariamente porta finalisticamente agli universali, questo è possibile con un atto di volizione.
I tre "sistemi": sentimenti- psicologici, logica-intellettiva, assiologia-etica, si formano nella pratica.
Ma sono i sentimenti il motore primo intenzionale, che spingono verso un piacere, un desiderio, una finalità all'utilizzo degli strumenti logici, etici nella prassi e di conseguenza la prassi che costruisce esperienza ritorna ,come memoria, all'elaborazione teorica.
La memoria di per sé ,non è un'attività, è la coscienza che decide di prelevare informazioni dalla memoria.La memoria è il magazzino delle informazioni del sistema esperienziale.

iano

Ci sono cose che riusciamo a simulare bene , come ad esempio la nostra memoria attraverso la memoria di un computer , e questo ci consente di darle il giusto valore.
Altre invece , come la coscienza ,no , per cui c'e sempre il rischio di sopravvalutarle o sottovalutarle , entrando in questa valutazione inevitabilmente fattori estranei.
La coscienza per noi è un fattore tendenzialmente con funzione distintiva nell'ambito del regno animale e perciò credo la sopravalutiamo.
Non sappiamo se esistono una o più sostanze irriducibili ,
ma la nostra capacità di ridurre tutto in pezzi e di ricomporre diversamente, non si ferma neanche di fronte alle presunte irrudicibilita' . L'io e il me sono alcune di queste costruzioni certamente non gratuite , ma senza che ciò garantisca una loro sostanziale esistenza.
Sarebbe utile esercizio attribuire a tutti questi termini valori vari per vedere l'effetto che fa'.
Sospetto che l'abbassare il valore che diamo alla coscienza ci restituirebbe un quadro meno inutilmente artefatto della situazione.
La distinzione fra azioni coscienti e istintive ha certamente un senso operativo e a quello dovremmo limitare le nostre considerazioni credo.
Le riduzioni della realtà in termini di io e di me , nella misura in cui sfumano l'uno nell'altro mostrano la loro natura artificiosa , alla quale comunque non possiamo in genere rinunciare dal punto di vista funzionale.
Il saper comunque che ci si possa astrarre da essi , almeno in linea teorica , mi pare fonte di saggezza e armonia fra gli esseri viventi , perché mi sembra ovvio che la loro divisione è utile quanto artificiosa , mentre una sopravvalutazione della coscienza mi sembra fonte solo di artificiose inutili distinzioni.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Marco.L

Citazione di: viator il 24 Giugno 2019, 16:02:07 PMEcco allora che la sintetizzazione del concetto di ME si trasforma facendosi più particolare e diventando non più "IO+il mio corpo = ME", bensì "IO+la mia memoria = ME".

Conoscete l'espressione "non ero in me !" ("non era in sè") usata frequentemente per giustificare scelte ed atti inconsulti, vero ?

Bene, essa si presta benissimo nel qualificare gli stati in cui la nostra responsabilità viene attutita o cancellata, quelli in cui rinunciamo o siamo costretti a trascurare buonsenso, esperienza, etica, morale.

In prima lettura sono daccordo con il tuo pensiero pero' poi...
Non è che per caso "IO+la mia memoria = la mia coscenza (buonsenso, esperienza, etica, morale, ecc..)" e quindi, in stato di sonno o coma, non essendo "influenzati" dai 5 sensi (essendo in uno stato di passività) il nostro IO vive in maniera differente?
Hai fatto l'esempio "non ero in me", c'è anche l'espressione "non ero io" come anche "quello non ero io", è un'altra persona in cui non mi riconosco (torniamo al "non ero in me). Ho il mio buonsenso, la mia etica, la mia morale, me le sono costruite con la mia esperienza personale (memorie) e non posso che rimanergli fedele, visto che la mia memoria (prendo l'esempio di Paul11), le ha messe nella "cartella principale" ma per un momento quella cartella non era raggiungibile.
Detto questo mi viene di pensare che l'IO è influenzato nel bene e nel male da cio' che si trova nella "cartella principale" che mi porta normalmente ad essere ME.

PS: se lo rileggessi probabilmente non mi capirei da solo  ???

viator

Salve Paul11. I neonati sono privi o quasi di memoria consapevole, tranne forse qualche contenuto propriopercettivo tratto dalla vita intrauterina.
In essi però è ben presente e formata la memoria inconsapevole di base genetica, collocata nella loro psiche, cioè l'istinto di sopravvivenza. Questa è la radice neonatale della coscienza.

Circa poi l'analogia informatica, sulla quale io sono completamente d'accordo (gli elaboratori costituiscono il rozzo tentativo umano di usare il proprio cervello per CREARNE un'estensione esterna, ovvio quindi che logiche, strutture e linguaggi informatici rispecchino necessariamente l'analoga componentistica umana), se ne ricava assai semplicemente che l'istinto di sopravvivenza rappresenta il SISTEMA OPERATIVO del nostro cervello. Naturalmente potrà sembrare strano che un singolo – apparentemente "elementare" – contenuto genetico possa originare la gestione di tutta una vita – NON CERTO SOLO BIOLOGICA – ma ciò è dovuto al fatto che la natura è vertiginosamente più brava e sintetica di qualsiasi programmatore umano. Le esperienze che facciamo poi via via lungo la vita non sono poi altro che I SUOI AGGIORNAMENTI.

La credibilità delle mie affermazioni (anzi, ipotesi) risulterà piuttosto bassa, ma è fatale sia così.
Una simile "reductio ad fisicitas" è del tutto disorientante e disperante per moltissimi.

Pensa se cinquecento anni fa qualcuno si fosse messo a predire che nel 2000 avremmo vissuto circondati da una forza silenziosa, invisibile, inodore, avvicinandosi troppo alla quale si sarebbe potuti morire istantaneamente, mentre restando a rispettosa distanza e modulandola avremmo potuto fare della notte il giorno, muovere masse immense, comunicare con altri continenti........per costui ci sarebbero stati solo ridicolo e persecuzione.

La differenza tra te e me. Caro Paul11, è che tu non conosci certe cose e le ritieni impossibili. Mentre io, che sono ignorante quanto te, le trovo possibili. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve Marco L., e benvenuto. Apprezzo l'autoironia espressa dal tuo "se lo rileggessi probabilmente non mi capirei da solo".
 Queste cose capitano quando si scrive troppo "di getto". Al termine dello scritto si constata la mancanza di una struttura logica del discorso.
E' anche per quello che io inserisco spesso delle definizioni dei termini che sto per usare, in modo tale da potermi esprimere sulla base di significati precisi (preciso non vuol dire giusto o condivisibile) e dal poter mettermi nella condizione di venir richiamato dai lettori alla inesattezza o confutabilità di ciò che affermo. (Cosa che però non accade mai non perchè io sia un oracolo, ma solo perchè la gente odia la sintesi delle definizioni ed ama le interminabili analisi).
Comunque, perchè un discorso abbia una sua certa fluidità, occorre sempre farlo partire da idee chiare (ripeto : chiaro non significa giusto o condivisibile) esprimibili sotto forma di definizioni al cui significato attenersi strada facendo. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Marco.L

A dire il vero rileggendo so cosa stavo dicendo,
non sono daccordo sulla tua frase "Perciò secondo me ogni trattazione scientifico-filosofica dovrebbe tralasciare l'IO e occuparsi solamente del ME"
Se parliamo in termini filosofici è dell'IO che secondo me si deve parlare, il ME è stato influenzato da cio' che abbiamo vissuto, come lo abbiamo vissuto e cosa ci ha lasciato.

viator

Salve Marco.L - In realtà non volevo affermare che il concetto di IO, comunque lo si intenda, debba venir evitato dalla trattazione filosofica.
Intendevo evidenziare che una analisi circa memoria e coscienza - all'interno appunto dell'argomento da me proposto - dovrebbe basarsi sul concetto di ME (IO+il mio corpo) invece che su quello identitario (l'IO indipendente dal corpo). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Jacopus

Scusami Viator ma in che cosa consisterebbe l'io indipendente dal corpo? A cosa o a quale teoria ti riferisci? Di solito la differenza io/me è data dalla differenza fra io come insieme del corpo e coscienza di esistere con date qualità individuali ( quindi corrisponde al tuo me), e me come percezione riflessiva ed autoriflessiva dell'io in rapporto con tutti gli altri io. Il me quindi come parte sociale e socializzante dell'io.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 24 Giugno 2019, 23:17:48 PM
Poni l'IO, come coscienza ,come concetto irriducibile.
Togli qualunque sovrastruttura culturale: scienza, filosofia, fisicalismo,spirtualità,ecc quindi porsi nella sospensione di giudizio, l'epochè.
Adesso osserva un fenomeno e descrivilo, psicologicamente, logicamente, emotivamente, narrativamente, nella sua completezza e non come le sovrastrutture culturali separano, e avrai l'interezza del fenomeno. E' il tuo IO, soggettivo, personale che in quanto coscienza intenziona le cose del mond., E' in estrema sintesi la fenomenologia di Husserl, il ritornare alle cose del mondo.



Ciao Paul
Vorrei un tuo parere un pò più esteso su questo punto della riflessione fenomenologica...
A me sembra semplicemente assurdo affermare che si possa astrarre da ogni giudizio, diciamo,
"condizionato" per osservare il fenomeno nella sua più intima purezza; nella sua "essenza";
nel suo essere "in sé".
Kant aveva detto che nella pratica si doveva agire "come se" la teoresi avesse reso possibile
la conoscenza "in sé" (e, in definitiva, come se la morale avesse un fondamento certo...).
Aveva cioè lasciata "aperta" la porta dell'indeterminazione; una porta che adesso la
Fenomenologia ri-chiude di nuovo ri-ponendosi di fatto su una posizione idealista (perchè
a me sembra che la Fenomenologia, affermando la conoscibilità dell'"essenza", di fatto
affermi la coincidenza di realtà e razionalità).
saluti

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