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L'Io e l'Altro

Aperto da 0xdeadbeef, 11 Marzo 2019, 20:43:56 PM

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sgiombo

Citazione di: Lou il 04 Aprile 2019, 10:12:00 AM
@sgiombo

 mi pareva un tantino azzardato fare di Kant il propugnatore dell'esistenza di dio. Nei confronti del concetto di dio la svolta operata da Kant è radicale, la ragione si pone dei problemi che trascendono l'esperienza, e dio è uno di questi concetti. Inconoscibile e non esperibile alla stregua di una sedia, ma pensabile è un concetto che in Kant avrebbe una funzione di ideale regolativo.

Concordo che Kant non sia un "propugnatore" a  dell'esistenza di dio particolarmente impegnato  a sostenerla (ma comunque un credente in essa: non é per lui esperibile né conoscibile alla stregua di una sedia, ma non per questo meno reale di essa).

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 04 Aprile 2019, 10:48:01 AM
Però che vi siano dei comuni denominatori in ogni forma di sapere è difficile da confutare e persino da applicare perchè il ragionamento logico è uno solo: quello umano. Tant'è che oggi è impossibile fare epistemologia senza una laurea in materie scientifiche, o comunque un'approfondita conoscenza delle teorie scientifche, tutt'altro che di facile comprensione, su cui si applica il proprio metodo, qualunque esso sia, di indagine epistemologica.
Citazione
Che ovviamente vi siano dei comuni denominatori comuni (razionalistici, logici) in ogni forma di sapere non lo nega nessuno.
Ma  non é da confondersi con il metodo scientifico come preteso unico strumento di conoscenza (scientismo).

La conoscenza scientifica é utilissima ali filosofi, indispensabile per fare dell' epistemologia, ma non basta;

e però "epistemologia" (critica della conoscenza scientifica) =/= "gnoseologia" (critica della conoscenza in generale;

e inoltre, altrettanto ovviamente (direi tautologicamente) per criticare razionalmente la conoscenza scientifica, valutarne e nei limiti del possibile fondarne la verità (per fare dell' epistemologia) necessariamente non si possono dare aprioristicamente per scontati (assumere acriticamente) i rispettivi metodi.



Inoltre mi pare che trattando epistemologicamente pure la filosofia ci si sia liberati, da Kant in poi, dal dogmatismo metafisico non meno ingombrante di quello scientista. Se devo dare il mio cent di contributo punterei l'epistemologia sulla figura dello scienziato-filosofo, che mi pare stia emergendo già di suo dal tumultuoso amalgama del sapere.
Citazione
"Trattare epistemologicamente (pure) la filosofia" non mi é ben chiaro cosa possa significare (sottoporre a critica razionale invece sì).
Ma certamente, poiché l' epistemologia é critica della conoscenza scientifica, onde non cadere in un illogicissimo circolo vizioso, non si può "trattare scientificamente" la filosofia (in particolare l' epistemologia): significherebbe dare per scontato -in quanto vero- ciò che si tratta di criticare e (auspicabilmente, nei limiti del possibile) fondare, dimostrare vero.

tersite

@ davintro

mi hai fatto inscemire per dieci minuti....poi mi sono reso conto che ti\mi era sfuggito un errore di battuta.  Al posto della virgola ci va il punto e virgola tra discussione e se.

-----> ma non una "scienza della filosofia": l'epistemologo lavora sulla base di un punto di vista che non può essere lo stesso a cui restano interne le scienze che sottopone a critica, e per forza di cosa dovrà considerare il proprio punto di vista come "scientifico" in un senso diverso, e più fondamentale delle scienze messe in discussione, se, come Kant, ritenesse che l'unico materiale scientificamente indagabile fosse quello sensibile su cui lavorano le scienze naturali, come potrebbe SCIENTIFICAMENTE, mettere in discussione
Ogni definizione è artificiosa e in ciò è il suo potenziale evolutivo. (anonimo)

Lou

#213
Citazione di: sgiombo il 04 Aprile 2019, 11:29:17 AM
Concordo che Kant non sia un "propugnatore" a  dell'esistenza di dio particolarmente impegnato  a sostenerla (ma comunque un credente in essa: non é per lui esperibile né conoscibile alla stregua di una sedia, ma non per questo meno reale di essa).
Non è un propugnatore dell'esistenza di dio perchè non può farlo, non può asserire che "dio è  esistente" poichè l'esistenza, come è elaborata nella CRP, è un dato sintetico perciò si rende necessario uscire dal concetto e andare a vedere.
In merito all'esistenza di dio, la posizione kantiana sarebbe corretta in questi termini: qualcosa che esiste è dio, se esiste.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

paul11

Citazione di: sgiombo il 04 Aprile 2019, 09:47:50 AM
Con Hume, che a quanto mi risulta per primo l' ha rilevato, credo che nessuna morale ed etica possa essere fondata sulla gnoseologia o sulla ontologia, che possono dirci come conoscere come stanno le cose e come stanno le cose rispettivamente, ma non come le cose dovrebbero stare (non ho capito bene se é quanto anche tu sostieni parlando di "uomo e gnoseologia" come impossibili fondamenti).

Ma contro Levinas credo che trascendendo il pensiero umano non si possa raggiungere nulla di certo (si possono e secondo me si devono fare ipotesi antologiche; ma l' etica non può essere "ipotetica", deve necessariamente avere un fondamento certo: non si può proporsi di agire "forse bene, forse male", anche talora se può anche capitare di non riuscire a superare dubbi e incertezze sulle scelte giuste).

Ma d' altra parte credo che i fondamenti dell' etica siano di fatto riscontrabili empiricamente nelle tendenze comportamemntali proprie di tutti gli uomini, in parte universalissime e congenite e immutabili in tempio storici (conseguenti l' evoluzione biologica), in parte più o meno particolari, acquisite con l' esperienza, culturalmente condizionate, storicamente transeunti.
...e ti risulta che Hume credesse ad una "buona morale", basata sul "buon uomo di natura"? A me risulta tutt'altro .

I fondamenti di un etica incentrata sull'uomo è falsa. In filosofia politica, per rimanere nella modernità, basta studiarsi tutto il dibattito sul pensiero giusnaturalista o diritto di natura, superato dallo storicismo con Hegel.
Ti risulta che Marx traendo la dialettica da Hegel "pacificamente" possa il proletariato vincere contro il capitale?

Laddove non esiste una cultura ontologica che possa limitare l'uomo, lo fa la legge umana istituzionale  basata sulle convenzioni e sulle sanzioni  non traggono origini certamente dal buonismo comportamentale umano.

Levinas fa l'errore di non costruire un'ontologia che possa sorreggere la sua bellissima argomentazione.
Se per lui l'Essere può essere nulla e la verità nascondimento, ognuno del mondo vede e vive secondo la sua pancia,detto in maniera molto schietta.

paul11

Citazione di: Ipazia il 04 Aprile 2019, 09:52:08 AM
E che altro può fare l'animale umano una volta diventato sapiens se non fondare sulla conoscenza, sulla gnosi, tutto il suo universo sensibile e trascendentale, sottoponendo la gnosi ad un secondo grado di giudizio epistemologico ?

Quale vincolo ontologico che trascenda il pensiero umano è possibile una volta che la critica all'ontologia metafisica, di cui Kant e il suo noumeno sono ancora aldiqua, ci arriva già matura fin dalla notte dei tempi filosofici: non ci bagnamo mai il piede nello stesso fiume ?

E oggi sappiamo che non solo il fiume cambia, ma pure il piede. E pure il pensiero del suo detentore.

Doppiamo accontentarci di un'ontologia fisica che nel divenire cristallizzi ambiti di costanza che sappiano superare di molto nel tempo l'esperienza sensibile e pensante del singolo individuo umano, e in base a ciò permettano di costruire ontologie fisiche - e metafisiche etico/morali - ragionevolmente persistenti e affidabili. Ma non assolute. Però scalari nelle tabelle dei valori che siamo sempre noi a darci, ma molto poco arbitrariamente proprio per i vincoli "empirici" cui siamo sottoposti. (La contraddizione è molto più creativa di Nulla e Tutto, e procede per congiunzioni avversative)

Abbiamo scelto la gnosi e l'empiria perchè non avevamo altra scelta. Ma questa scelta obbligata è anche il terreno in cui possiamo esprimere la libertà della nostra capacità creativa. L'universo antropologico in cui siamo immersi, nel differenziale rispetto al mondo naturale da cui siamo emersi, ne è la dimostrazione; aldiqua, aldilà e ben dentro il bene e il male, che possiamo manipolare producendo ethos soltanto attraverso la gnosi. In alternativa al sogno, s'intende. Perchè legittimo è anche pensare che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni. Compresi quelli di Dio. Ma dopo un po', fosse pure per volgari ragioni corporali, ci accorgiamo che i sogni non bastano per vivere. E filosofare.
Non la penso così .
Sostengo che l'attuale cultura si è chiusa in un baratro, e solo una diversa cultura che tenga conto, anche
(e non solo) di una nuova metafisica potrà salvare anche l'umanità
 
Se riduci l'uomo ad animale, è fatta:togligli anche le "sembianze" divine  e avrai una "cosa" che perderà anche la dignità di essere e senza questo non ci saranno valori morali che stiano in piedi, è solo la forza prepotente, l'arroganza che vince e vincerà.
 
L'uomo le scelte le ha da sempre.Il problema non è la contraddizione, il problema è non avere più nessun parametro di riferimento per dichiarare se un qualcosa è vero  o falso, è giusto  o sbagliato, e pensare che le scienze possano sostituire la necessità ontologica di una verità non opinabile e quindi incontrovertibile.
La fenomenologia, per rimanere in argomento , è infatti costruita sulle contraddizioni costruttive, ma non avendo un'ontologia, si avvita su se stessa. Quando Heidegger dichiarò la celebre frase che ci vorrebbe un Dio per salvarci e che la filosfia era morta, è la constatazione senza illusioni moderniste della inadeguatezza e ingenuità umana di  pensare di costruire verità storiche relative e costruire le teorie scientifiche sulla fallibilità epistemologica. La contraddizione insomma è ritenere che i fondativi non sono fondativi, sono diventati "virtuali" e che l'episteme che è la verità sia fondata invece sulla falsità fallibile, vale a dire tutto diventa opinione e relativismo.
Il problema non è solo teorico o filosofico, non vogliamo ancora capire che le pratiche sociali e le istituzioni moderne sono anch'esse fondate (anzi in-fondate) su questa fallibile cultura e lo verifichiamo ormai ovunque. E' la prepotenza, l'arroganza, la forza a determinare la storia e le condizioni umane in cui sguazziamo  e hanno addirittura l'alibi culturale che almeno un tempo non avevano. Oggi nemmeno il deterrente culturale può fermare la prevalenza del cretino perché anche l'indignazione popolare non ha più sostenitori culturali, tutti in balia del nulla.

Ipazia

#216
Identificare l'etica col buonismo non rende nessun servizio all'etica. L'etica è soluzione provvisoria di conflitti di interessi. Il livello di civiltà si misura nella capacità di mediazioni pacifiche di tali conflitti, ma non sempre ciò è possibile. Comunque ammettiamo che il progresso etico, almeno a livello ideale, marci in quella direzione. Il fondamento di tale processo non può essere che umano, per chi non crede nei numi. Quindi non c'è via d'uscita nè ontologica (anche l'etica costituisce i suoi enti razionali), nè gnoseologica alternativa all'umano per fondare un'etica, qualunque essa sia.

I fondativi non sono virtuali perchè saldamente ancorati alla physis che determina la vita umana e che ci rende tutti uguali non di fronte a Dio, ma di fronte alla natura. Che non è certo un fondamento assolutamente intangibile, ma è ben più solido dei sogni divini. Cosa che Heidegger, e tutti i nostalgici di trascendenze extraumane, non sanno capire. Anche la prevalenza del cretino è negata dalla natura, che premia sempre il più idoneo. Per quanto nell'universo antropologico si dia anche quella possibilità, che nessun nume, ma solo l'uomo medesimo, indubbiamente animale ma trascendentale al pari del divino che si è inventato, può correggere.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Lou il 04 Aprile 2019, 12:15:54 PM
Non è un propugnatore dell'esistenza di dio perchè non può farlo, non può asserire che "dio è  esistente" poichè l'esistenza, come è elaborata nella CRP, è un dato sintetico perciò si rende necessario uscire dal concetto e andare a vedere.
In merito all'esistenza di dio, la posizione kantiana sarebbe corretta in questi termini: qualcosa che esiste è dio, se esiste.

Devo sempre fare i conti con la mia limitatissima e temporalmente lontana conoscenza di Kant, ma mi sembra che nessun dubbio sussista (in particolare nella Critica della ragion pratica.

sgiombo

#218
Citazione di: paul11 il 04 Aprile 2019, 13:39:26 PM
CitazioneCitazione da: sgiombo - Oggi alle 09:47:50
CitazioneCon Hume, che a quanto mi risulta per primo l' ha rilevato, credo che nessuna morale ed etica possa essere fondata sulla gnoseologia o sulla ontologia, che possono dirci come conoscere come stanno le cose e come stanno le cose rispettivamente, ma non come le cose dovrebbero stare (non ho capito bene se é quanto anche tu sostieni parlando di "uomo e gnoseologia" come impossibili fondamenti).

Ma contro Levinas credo che trascendendo il pensiero umano non si possa raggiungere nulla di certo (si possono e secondo me si devono fare ipotesi antologiche; ma l' etica non può essere "ipotetica", deve necessariamente avere un fondamento certo: non si può proporsi di agire "forse bene, forse male", anche talora se può anche capitare di non riuscire a superare dubbi e incertezze sulle scelte giuste).
Ma d' altra parte credo che i fondamenti dell' etica siano di fatto riscontrabili empiricamente nelle tendenze comportamemntali proprie di tutti gli uomini, in parte universalissime e congenite e immutabili in tempio storici (conseguenti l' evoluzione biologica), in parte più o meno particolari, acquisite con l' esperienza, culturalmente condizionate, storicamente transeunti.




...e ti risulta che Hume credesse ad una "buona morale", basata sul "buon uomo di natura"? A me risulta tutt'altro .

I fondamenti di un etica incentrata sull'uomo è falsa. In filosofia politica, per rimanere nella modernità, basta studiarsi tutto il dibattito sul pensiero giusnaturalista o diritto di natura, superato dallo storicismo con Hegel.
Ti risulta che Marx traendo la dialettica da Hegel "pacificamente" possa il proletariato vincere contro il capitale?

Laddove non esiste una cultura ontologica che possa limitare l'uomo, lo fa la legge umana istituzionale  basata sulle convenzioni e sulle sanzioni  non traggono origini certamente dal buonismo comportamentale umano.

Levinas fa l'errore di non costruire un'ontologia che possa sorreggere la sua bellissima argomentazione.
Se per lui l'Essere può essere nulla e la verità nascondimento, ognuno del mondo vede e vive secondo la sua pancia,detto in maniera molto schietta.













na cultura ontologica che potesse limitare l'uomo").
 
La legge e le coercizioni istituzionali non sostituiscono l' etica ma fino a un certo punto, entro certi limiti (obiezione di coscienza!) le si affiancano complementarmente.
Spero che a questo punto non emulerai Oxdeadbeef nella reiterazione senza fine delle tue convinzioni contrarie alle mie: non siamo d' accordo, ma non é che risultano corrette e vere le tesi di chi di noi le espone per ultimo, altrimenti dovremmo passare il resto della vita a fare dei copia-incolla di noi stessi...).
Sono dispostissimo a confrontarmi su argomenti (di volta in volta nuovi), non affatto, ma proprio per niente, a ripetere all' infinito le mie tesi contrapposte alla ripetizione all' infinito delle vostre.

Come ben sapeva Hume (mi dispiace per te), né Levinas né nessun altro potrebbe argomentare razionalmente circa il "dover essere" o "dover fare" (fondamentale, etico, non strumentale; sui fini, ma casomai solo sui mezzi dell' agire), che semplicemente si avverte in conseguenza dell' evoluzione biologica (natura) modulata dalla storia (cultura).

L essere non può essere il nulla (non mi sarei mai aspettato di fare il verso a Parmenide!), e indipendentemente da questo "le pance" degli uomini (per restare nella metafora) non presentano "appetiti e golosità" universali, tali che "l' uno vale l' altro".

sgiombo

#219
CitazioneProvo a inviare la prima parte della risposta a Paul11 (il computer non ne vole sapere).

Sì, mi risulta che Hume credesse in un' etica naturalistica della simpatia e reciproca benevolenza umana.

L' etica non può essere più o meno vera o falsa perché propone in "dover essere" (o dover fare")" e non redica alcun "essere" (casomai può essere più o meno universalistica, più o meno rigorosa...).
Conseguentemente non può avere fondamenti epistemici, ma ha una realtà di fatto. ben spiegabile (e non fondabile, non dimostrabile) dalla biologia scientifica.
MI rsulta che per Marx la storia finora svoltasi e tutt' ora svolgentesi é una storia i lotte di classe (senza alcun problema per l' esistenza reale di fatto dell' etica, nei suoi aspetti biologici, "naturalistici", universalistici e immutabili in tempi storici e in quelli socialmente condizionato, relativamente più particolaristici, e variabili; senza alcun problema almeno per come intendo il marxismo io personalmente; so bene che c'  chi lo interpreta diversamente a questo proposito).

Il comportamento umano é etico e non "buonistico" (se non in alcuni deprecabilissimi casi di ipocrisia che costituiscono comportamenti antietici, violazioni dell' etica; come ce ne sono sempre state, anche quando per tutti o quasi "Dio era vico e vegeto" nell' ambito di "una cultura ontologica che potesse limitare l' uomo".

La legge e le coercizioni istituzionali non sostituiscono l' etica ma fino a un certo punto, entro certi limiti (obiezione di coscienza!) le si affiancano complementarmente.
Spero che a questo punto non emulerai Oxdeadbeef nella reiterazione senza fine delle tue convinzioni contrarie alle mie: non siamo d' accordo, ma non é che risultano corrette e vere le tesi di chi di noi le espone per ultimo, altrimenti dovremmo passare il resto della vita a fare dei copia-incolla di noi stessi...).
Sono dispostissimo a confrontarmi su argomenti (di volta in volta nuovi), non affatto, ma proprio per niente, a ripetere all' infinito le mie tesi contrapposte alla ripetizione all' infinito delle vostre.

Come ben sapeva Hume (mi dispiace per te), né Levinas né nessun altro potrebbe argomentare razionalmente circa il "dover essere" o "dover fare" (fondamentale, etico, non strumentale; sui fini, ma casomai solo sui mezzi dell' agire), che semplicemente si avverte in conseguenza dell' evoluzione biologica (natura) modulata dalla storia (cultura).

L essere non può essere il nulla (non mi sarei mai aspettato di fare il verso a Parmenide!), e indipendentemente da questo "le pance" degli uomini (per restare nella metafora) non presentano "appetiti e golosità" universali, tali che "l' uno vale l' altro".




Citazione
Mannaggia, che fatica!

Questa é la risposta completa.La precedente ignoratela (sarebbe meglio che i moderatori la eliminassero).

sgiombo

Citazione di: paul11 il 04 Aprile 2019, 14:33:38 PM


Se riduci l'uomo ad animale,
Citazione
L'uomo avrà comunque sempre qualche 
parametro di riferimento per dichiarare se un qualcosa è giusto  o sbagliato,
Citazione
Buono o cattivo.



Il problema non è solo teorico o filosofico, non vogliamo ancora capire che le pratiche sociali e le istituzioni moderne sono anch'esse fondate (anzi in-fondate) su questa fallibile cultura e lo verifichiamo ormai ovunque. E' la prepotenza, l'arroganza, la forza a determinare la storia e le condizioni umane in cui sguazziamo  e hanno addirittura l'alibi culturale che almeno un tempo non avevano. Oggi nemmeno il deterrente culturale può fermare la prevalenza del cretino perché anche l'indignazione popolare non ha più sostenitori culturali, tutti in balia del nulla.
Citazione
Diagnosi che ritengo eccessivamente pessimista.

E che comunque secondo me nella limitata misura in cui é corretta riflette le conseguenze sovrastrutturali dell' attuale situazione di persistente dominio di rapporti di produzione "in avanzato stato di putrefazione", ampiamente superati dallo sviluppo delle forze produttive.

sgiombo

#221
:)


Ho il capo metaforicamente cosparso di cenere per avere indebitamente aggiunto un "non" nell' ultima frase della travagliata (anche perché il computer non voleva saperne di scrivere quello che volevo: censura da parte dei mitici "hacker russi?) mia penultima risposta a Paul11 (#219), ovviamente capovolgendone il senso.

Che va letto così:

L' essere non può essere il nulla (non mi sarei mai aspettato di fare il verso a Parmenide!), e indipendentemente da questo di fatto "le pance" degli uomini (per restare nella metafora) non presentano (eccome!) "appetiti e golosità" universali.

0xdeadbeef

#222
A Davintro
Nell'intervento #150, in risposta a Sgiombo, affermavi: "perché si dia scienza della realtà è necessario
che all'interno della sfera dei fenomeni, accanto alle intuizioni sensibili, che manifestano la cosa senza
necessariamente corrisponderne alla loro realtà (ipotesi dell'allucinazione o del genio ingannatore"),
vengano comprese anche le intuizioni intellettuali, quelle tramite cui l'oggetto è visto come essenza ideale".
Ora, intendi la battuta sulla prova ontologica di S.Anselmo per quel che è: una caricatura della
Fenomenologia. Dunque certamente una estremizzazione del concetto; ma che come tutte le estremizzazioni non
sarebbe possibile senza qualcosa da estremizzare...
Ho capito che viene messa in sospensione l'esistenza; ma cos'è l'esistenza? Con il termine è solo da
intendersi la "res extensa" o anche, come io ritengo corretto fare, la "cogitans"? E se "esistesse" la
"res cogitans", perchè mai, secondo il ragionamento fenomenologico, non potrebbe "esistere" quella
particolare idea che è Dio (come altre idee particolari, naturalmente)?
Infatti quello che proprio non riesco a capire della Fenomenologia è il "dove" essa intenda porre il limite della,
chiamiamola, "oggettivazione del fenomeno".
Dai tuoi discorsi mi sembra di poter capire che viene dato un certo peso all'intersoggettività, per cui l'oggettivazione
del fenomeno avverrebbe nel: "richiamo al riconoscimento di un legame di corrispondenza e adeguazione tra le varie
tipologie di modalità soggettive di esperienza e apprensione (noesi) e varie tipologie di oggetti (noemi)".
Beh (se così fosse), legittimo e congruo pensarlo, ma questo non mette certo al riparo dal rilievo che E.Severino
fa al filosofo "neorealista" tedesco M.Gabriel (il quale parla di "oggettività all'interno di un campo"): "un
campo", dice Severino, "è null'altro che un contesto, quindi un già interpretato".
Perchè esattamente questo è il punto: il fenomeno è un già interpretato; ed essendo un già interpretato ogni
pretesa di renderlo "oggetto" deve fare i conti con le diverse interpretazioni che si danno del termine "oggetto".
Ora, queste interpretazioni, intendiamoci, possono anche avere una loro intrinseca validità (non è che io intendo
equiparare l'opinione di un sapiente a quella di un pazzo); possono, ovvero, offrire un qualche genere di
informazione attorno ad un qualcosa. Ma queste "informazioni" sono necessariamente parziali, e comunque relative
ad un "campo" o contesto che dir si voglia, mi sembra evidente.
(ovvero: dalla relatività non si scappa - se non congetturando un assoluto)
saluti

davintro

Citazione di: sgiombo il 04 Aprile 2019, 10:50:02 AMRisposta a Davintro (#203)  Sono perfettamente d' accordo che la critica della scienza non può essere a sua volta scientifica (nemmeno con le virgolette): si cadrebbe in un circolo vizioso, nell'utilizzo di strumenti, tra cui il contenuto di conoscenze, che non siano gli stessi delle scienze che essa intende sottoporre a indagine.  Ma criticare la scienza non vuol dire fondare la scienza, bensì individuarne i fondamenti e valutarli criticamente, sottoporli a verifica razionale, evidenziandone significato autentico, limiti e condizioni di validità. Questo consente e implica certamente ipotesi e ragionamenti astratti (e anche l' uso di giudizi analitici a priori); ma non la sostituzione dei fondamenti empirici della scienza con arbitrarie verità (pretese) sintetiche a priori (come mi sembrava da te sostenuto nel passo del tuo intervento #178 in questa discussione da me criticato).  Dissento dall' affermazione che "ogni riconoscimento di un limite nei confronti di un ambito scientifico, presuppone che si riconosca "materialmente", cioè come contenuto, la presenza di un altro ambito che trascende il primo, che proprio in quanto lo trascende, lo limita, e che questa trascendenza sia indagabile a sua volta scientificamente, sulla base di una propria peculiare metodologia correlata a un peculiare contenuto". Infatti riconoscere i limiti (che non sono necessariamente né esclusivamente spaziali) della conoscenza scientifica non implica affatto necessariamente che esista un' altro ambito della realtà che trascende i fenomeni materiali (anche se credo empiricamente rilevabile -e dunque provata altrettanto di quella fisica - materiale-anche la presenza reale dell' ambito fenomenico mentale non riducibile a quello materiale; e che sia proponibile a scopo esplicativo-ermeneutico e ragionevolmente credibile l' esistenza di un ambito in sé o noumeno; ma non in conseguenza necessaria del solo rilievo dei limiti della conoscenza scientifica). Peraltro questa potrebbe sembrare questione di lana caprina, un dissenso un po' cervellotico; in realtà il mio dissenso era soprattutto dalla tesi da te sostenuta (almeno così mi pare) che la conoscenza scientifica abbia criteri veritativi diversi dalla constatazione empirica (integrata con, e valutata applicandovi postulati indimostrabili e non empiricamente verificabili come la verità dell' induzione e la intersoggettività dei fenomeni materiali; i quali sono astratte "conditiones sine qua non preliminari", per così dire, e non i "dati reali concreti" che le scienze vanno indagando e da cui vanno cercando conferme alle teorie; ovviamente presupponendo necessariamente tali necessari postulati preliminari). Ma nei termini suddetti anch' io credo che "non solo la critica kantiana, ma ogni epistemologia è una branca della filosofia, cioè esiste una "filosofia della scienza", ma non una "scienza della filosofia": l'epistemologo lavora sulla base di un punto di vista che non può essere lo stesso a cui restano interne le scienze che sottopone a critica, e per forza di cosa dovrà considerare il proprio punto di vista come "scientifico" in un senso diverso, e più fondamentale delle scienze messe in discussione". Peraltro mi pare (ma la mia conoscenza del konigsbegese é molto limitata ed elementare) che considersse per l' appunto "il proprio punto di vista come "scientifico" in un senso diverso, e più fondamentale delle scienze messe in discussione"; cioè che il concetto di "scientificità" da lui usato (per esempio intitolando i Prolegomeni ad ogni metafisica futura che intenda presentarsi come scienza; per la cronaca l' unica sua opera che ho letto, ma in anni remotissimi) mi sembra da intendersi non letteralmente ma piuttosto come sinonimo di "razionalità", di "impiego di fondamenti critici razionali"; mi sembra che lui stesso effettivamente critichi filosoficamente e non scientificamente la conoscenza scientifica (in maniera da me solo in modesta parte condivisa, per la mera cronica).  Ma secondo me non é per niente Paradossale, ma invece corretta, l'identificazione kantiana della scientificità tout court [scientificità in senso stretto o forte, per l' appunto non quello delle cosiddette "scienze umane" ma invece delle scienze naturali] con le scienze naturali; e non essendo la sua critica gnoseologica condotta con i medesimi criteri della scienza stessa che ne sono oggetto, non finisce per il relegare la sua critica a dogmatismo" (il che non significa che personalmente la condivida, se non in parte.  Ma in che senso "ogni possibile epistemologia" sarebbe "dogmatica"? Forse (e allora sarei d' accordo) attribuendo al concetto di "epistemologia" il significato di "gnoseologia scientifica" anziché "filosofica", ovvero condotta con i criteri e gli strumenti conoscitivi stessi che sono propri di quel campo della conoscenza (includente, oltre al senso comune, la scienza) che si proporrebbe di criticare, assumendoli acriticamente?  In conclusione non mi é più ben chiaro in cosa concordiamo (certamente sulla necessità di una critica razionale non scientifica della conoscenza scientifica) e in cosa dissentiamo (probabilmente nella valutazione della gnoseologia kantiana come correttamente intesa o meno non in quanto scienza ma in quanto -fra l' altro- critica razionale della scienza; al di là dei concreti risultati conseguiti. E sulla limitabilità o meno della scientificità in senso stretto della conoscenza a quella dei fenomeni materiali).


ho l'impressione, ma potrei benissimo sbagliarmi, che la tua posizione, più o meno tra le righe, presupponga l'idea della non coincidenza tra "scienza" (operante su materiale appreso dai sensi e sulla base di una metodologia empirica) e "razionalità", che sarebbe ciò che caratterizzerebbe la critica filosofica atta a riflettere sulle condizioni di validità delle scienze, sui loro limiti, fondamenti ecc. O meglio, questa distinzione terminologia mi sembrerebbe l'unica soluzione per evitare che, una volta che si pone come unico materiale della scienza quello sensibile, la critica che studia concetti aventi un senso intelligibile come quelli riferiti alle strutture trascendentali della conoscenza, dovrebbe scadere nel dogmatismo. Basterebbe distinguere "razionalità" come procedimento teso a dedurre speculativamente da giudizi analitici a priori, riferito a enti intelligibili dell'epistemologia, così da intenderla anche se non scientifica, comunque razionale e dunque non dogmatica, dalla "scienza" come applicazione della razionalità alla natura fisica, identificandola col modello delle scienze naturali, il modello galileiano. Mi sembra chiaro che se invece scienza e razionalità si identificano, come nel concetto di "episteme" greca, cioè si intende "scienza", come qualunque discorso fondato su argomenti e principi di verità che ne fondino e legittimino la pretesa di rispecchiare la realtà, contrapponendola alla "doxa", all'opinione arbitraria e infondata, allora cadrebbe il veto ad allargare il campo della scienza, non solo alle scienze naturali, ma anche alla critica kantiana, applicata a un contenuto sovrasensibile, e dunque alla metafisica stessa, a prescindere dal fatto che un sapere di questo tipo non allarghi la conoscenza a nuovi fenomeni (essendo fondata sulla deduzione analitica e non sulla sintesi empirica). Ma in fondo, direi, una volta intesa la filosofia come sapere dei principi fondamentali, immutabili della realtà, il fatto che questo sapere non proceda progressivamente per acquisizioni, ma esplicitando dialetticamente delle implicazioni già logicamente conseguenti al significato apriori dei concetti, non sarebbe un difetto, ma qualcosa di coerente con il livello della realtà che le interessa, cioè non quello della molteplicità di enti di cui fare esperienza uno alla volta, ma quello di un sistema di verità necessariamente interconnesse fra loro, per cui partendo da una di queste si deducono tutte le altre in modo rigoroso e non contingente

tersite

#224
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Aprile 2019, 21:12:53 PM

secondo il ragionamento fenomenologico, non potrebbe "esistere" quella
particolare idea che è Dio (come altre idee particolari, naturalmente)?
Infatti quello che proprio non riesco a capire della Fenomenologia è il "dove" essa intenda porre il limite della,
chiamiamola, "oggettivazione del fenomeno".


finalmente qualcosa su cui siamo d'accordo.
Secondo il ragionamento della fenomenologia perché negare proprio quell'idea particolare che è dio, come altre idee particolari, naturalmente ?
Dove è il limite all'oggettivizzazione ti chiedi etc.etc.....
Quindi un limite alla fenomenologia va trovato in qualcosa che la limiti se no ci si potrebbe inventare qualsiasi cosa.
E' una domanda profonda a cui il nostro intelletto non può giungere perché l'ultimo ritrovato della filosofia è la fenomenologia e questa l'abbiamo appena visto non pone limiti. Dobbiamo quindi trovare qualcosa che al di fuori della fenomenologia ne definisca i limiti. Quando si parla di limiti e di paletti fissi niente di meglio che i classici, e ritenendo le confessioni robetta da femminucce mi sono gettato sui Dommatici (notare la maiuscola) e li, subito, aprendo le pagine a caso come a voler esser guidato dalla volontà dell'essere ho aperto il volume a caso proprio su queste parole che cito letteralmente a vostra duratura memoria ed erudizione :

Natura dei demoni e loro potere divinatorio.

3. 7. La natura dei demoni è tale che essi, data la sensibilità del loro corpo aereo, oltrepassano agevolmente la sensibilità propria dei corpi terreni e, anche per la superiore agilità di questo corpo aereo, per rapidità hanno la meglio, senza possibilità di confronto, non solo sulla corsa di qualsiasi uomo o animale, ma anche sul volo degli uccelli. Dotati di queste due qualità relative al loro corpo aereo, vale a dire l'acutezza della sensibilità e la rapidità del movimento, preannunziano o annunziano molti fatti conosciuti prima, fonte di meraviglia per gli uomini a causa della lentezza della propria sensibilità terrena. Nei demoni s'è aggiunta, per di più, durante tutto il lungo arco di tempo in cui si sviluppa la loro vita, un'esperienza della realtà di gran lunga superiore a quella che può provenire agli uomini per la brevità della loro vita. Grazie a queste proprietà, che sono toccate alla natura di un corpo aereo, i demoni non solo predicono molti fatti futuri, ma ne compiono addirittura molti di stupefacenti. Ora, dal momento che gli uomini non possono dire o compiere questi fatti, alcuni, stuzzicati soprattutto dal vizio della curiosità, amando una falsa felicità terrena e un prestigio effimero, ritengono i demoni degni d'essere serviti e fatti oggetto di onori divini. Quanti invece si liberano da tali passioni non si lasciano ingannare o catturare da loro, ma ricercano e amano quel che è sempre immutabile, e partecipandone sono felici; anzitutto osservano che i demoni non debbono esser posti al di sopra di sé in quanto prevalgono per la sensibilità più acuta del loro corpo, che è aereo, fatto di un elemento più leggero. Del resto non ritengono al di sopra di sé, nei loro stessi corpi terreni, nemmeno gli animali, che pure hanno sentore di molte cose in modo più acuto....

ho voluto condividere con voi il mio stupore, così magari leggete anche S.Agostino, e rendervi noto il futuro corso del mio sviluppo spirituale, nonchè le mie future letture e per questo mi sarà particolarmente caro il suggerimento su S.Anselmo che causa ignoranza e presunzione ho trascurato.
Ogni definizione è artificiosa e in ciò è il suo potenziale evolutivo. (anonimo)