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L'Io e l'Altro

Aperto da 0xdeadbeef, 11 Marzo 2019, 20:43:56 PM

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tersite

La programmazione ad oggetti prevede di raggruppare in una zona circoscritta del codice sorgente* (chiamata classe**), la dichiarazione delle strutture dati e delle procedure*** che operano su di esse.
Le classi, quindi, costituiscono dei modelli astratti, che a tempo di esecuzione vengono invocate per istanziare o creare oggetti software relativi alla classe invocata. Questi ultimi sono dotati di attributi (dati) e metodi (procedure) secondo quanto definito/dichiarato dalle rispettive classi.

Sarebbe possibile convertire questa "wikipediata" (che ho usato per brevità se no scrivevo un romanzo) nella terminologia filosofica ?

*codice sorgente ==linguaggio
** classe == categoria
***procedure == meccanismi logici

Vi sembra coerente ?
Ogni definizione è artificiosa e in ciò è il suo potenziale evolutivo. (anonimo)

sgiombo

#136
Citazione di: 0xdeadbeef il 30 Marzo 2019, 18:18:56 PM

Nel momento in cui Ebla è stata scoperta, essa è diventata oggetto di interpretazione (nello
specifico di diatribe fra gli archeologi). E "insieme alla" interpretazione è sorto il
concetto (perchè è di un concetto che stiamo parlando) di una Ebla noumenica, cioè di una Ebla
come "in verità" era al netto dei diversi pareri degli archeologi.
Citazione
No, Ebla come "in verità" (rectius: "in realtà", poiché non era un predicato che può essere vero o falso ma un fatto che può essere reale o meno) era al netto dei diversi pareri degli archeologi non é mai stata  non é affatto noumenica (reale in sé indipendentemente dall' accadere che sia sensibilmente percepita, ma invece (ora attualmente, per parecchi secoli solo potenzialmente) al 100% fenomenica: il suo "esse est percipi", quando non si percepisce non c' é realmente (e se realmente allora qualcosa c' é, ad essa corrispondente, e c' é stato anche nei secoli nei quali nessuno l' ha vista, non si tratta di fenomeni percepiti -sarebbe platealmente contraddittorio pretenderlo!- ma invece di cosa in sé o noumeno.



E' insomma, chiarissimo che "fenomeno" e "noumeno" sono due concetti che si riferiscono al
medesimo oggetto (pur se c'è da citare la posizione di U.Eco, che ne: "La Soglia e l'Infinito"
sostiene - non del tutt assurdamente - l'esistenza di DUE oggetti).
In altre parole, non è che il noumeno SIA l'oggetto e il fenomeno sia la sua interpretazione: è
che ambedue i termini sono concetti che si riferiscono al medesimo oggetto.
saluti
Citazione
E' insomma, chiarissimo che "fenomeno" e "noumeno" sono due concetti che si riferiscono a due ben diverse cose: percezioni (il cui esse est percipi") l' uno, soggetti e oggetti di percezioni reali anche indipendentemente dall' accadere di percezioni l' altro (il cui "esse -dunque- non est percipi").

L' eventuale interpretazione dei fenomeni é un' altra cosa (fenomenica: altri fenomeni) che i fenomeni interpretati, mentre i fenomeni (anche quelli) non interpretati (ma solo realmente accadenti = realmente percepiti) sono tutt' altro genere di cose che il noumeno.

sgiombo

Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 19:27:43 PM
La programmazione ad oggetti prevede di raggruppare in una zona circoscritta del codice sorgente* (chiamata classe**), la dichiarazione delle strutture dati e delle procedure*** che operano su di esse.
Le classi, quindi, costituiscono dei modelli astratti, che a tempo di esecuzione vengono invocate per istanziare o creare oggetti software relativi alla classe invocata. Questi ultimi sono dotati di attributi (dati) e metodi (procedure) secondo quanto definito/dichiarato dalle rispettive classi.

Sarebbe possibile convertire questa "wikipediata" (che ho usato per brevità se no scrivevo un romanzo) nella terminologia filosofica ?

*codice sorgente ==linguaggio
** classe == categoria
***procedure == meccanismi logici

Vi sembra coerente ?


Non vedo alcun interesse (filosofico) nell' eventuale farlo.

0xdeadbeef

Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 18:52:21 PM

e quindi gli abitanti di ebla avrebbero dovuto vedere manifestarsi la ebla noumenica...c'è qualcosa che non funziona nell'analogia.


Ciao Tersite
Mi sembra difficilino (che avrebbero dovuto vedere manifestarsi la loro città noumenica), visto
che il concetto di "noumeno" sorge contemporaneamente a quello di "fenomeno" nei diversi contesti
che vengono presi in consoderazione...
In soldono questo vuol dire che il concetto di una Ebla noumenica, cioè di un'Ebla com'era
in verità, sorge ad esempio fra gli archeologi del nostro tempo che disquisiscono se il commercio
possa o meno essere ritenuto all'origine della floridezza della città.
saluti

sgiombo

Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 18:52:21 PM

e quindi gli abitanti di ebla avrebbero dovuto vedere manifestarsi la ebla noumenica...c'è qualcosa che non funziona nell'analogia.


Ebla é stata distrutta e i suoi resti disabitati e non visitati per secoli.
Ma quando era abitata e se mai fosse stata visitata dopo al distruzione sarebbero stati visti solo fenomeni e non cose in sè o noumeniche, solo le manifestazioni fenomeniche di oggetti in sé non costituenti fenomeni e non invece oggetti in sé non costituenti fenomeni (pretenderlo sarebbe pretendere che realmente siano accadute visioni -percezioni fenomeniche- di Ebla anche allorché visioni di Ebla realmente non sono accadute: mostruosa contraddizione ! ! !

L'  analogia non funziona a causa della confusione fra visione fenomenica (anche se non "interpretata", non pensata), e non affatto alcunché di noumenico, di Ebla e (sensazioni fenomeniche interiori o mentali costituenti la) "interpretazione" (pensiero, considerazione, predicato, conoscenza di Ebla; fra quello che già realmente esisteva ma non -non attualmente, casomai solo potenzialmente- in quanto tale, e che poi sarebbe diventato attualmente il denotato o estensione reale del concetto di "Ebla", ma solo allorché la realtà avrebbe compreso anche il pensiero del concetto di "Ebla") e il concetto (il pensiero) di "Ebla" stesso.

0xdeadbeef

#140
Ciao Sgiombo
Si tratta di mettersi d'accordo sulla "lingua" che vogliamo usare per parlare, perchè definire
"noumeno" l'oggetto: "reale in sé indipendentemente dall'accadere che sia sensibilmente percepito"
(o almeno questo mi sembra di capire che tu intenda) rende il nostro discorso come quello fra un
arabo e un cinese che parlano solo i rispettivi idiomi...
Ma poi che vuol dire: "reale in sé" o: "Ebla come "in verità" (rectius: "in realtà", poiché non era
un predicato che può essere vero o falso ma un fatto che può essere reale o meno)?
Se si "parte" dal fondamento cartesiano per cui l'idea è il solo oggetto immediato della conoscenza
(come del resto è in Hume, il quale parla della conoscenza come di una "connessione di idee", concetto
poi ripreso da Kant), allora non si può non notare il rapporto "problematico" dell'idea con la "realtà"
e il "fatto"; perchè dal mio punto di vista se si dice "in realtà" si dovrebbe disporre di un
CRITERIO di connessione fra questa e l'idea di questa.
Ora, francamente non vedo traccia di questo criterio nei tuoi argomenti. Quindi come "arrivi" alla realtà?
Non puoi certamente dire con l'"esse est percipi" berkeleyano, che anzi estremizza il concetto cartesiano
che prima dicevo.
A parer mio (ma il discorso è lungo e complesso) hai una sola strada, che poi è quella di cui ti chiedevo
nella risposta #126, e cioè attraverso quel concetto di "intuizione immediata" che dallo Stoicismo
passa alla filosofia anglosassone attraverso Duns Scoto e G.d'Ockham. Ma è una strada che ti porta molto
lontano da Hume e Berkeley, e precisamente nella direzione di Kant (che infatti riprende il concetto allo
scopo - non pienamente raggiunto - di dare oggettività alla sua teoria della conoscenza  -  "la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato", dice Kant-.).
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 19:27:43 PM
La programmazione ad oggetti prevede di raggruppare in una zona circoscritta del codice sorgente* (chiamata classe**), la dichiarazione delle strutture dati e delle procedure*** che operano su di esse.
Le classi, quindi, costituiscono dei modelli astratti, che a tempo di esecuzione vengono invocate per istanziare o creare oggetti software relativi alla classe invocata. Questi ultimi sono dotati di attributi (dati) e metodi (procedure) secondo quanto definito/dichiarato dalle rispettive classi.

Sarebbe possibile convertire questa "wikipediata" (che ho usato per brevità se no scrivevo un romanzo) nella terminologia filosofica ?

*codice sorgente ==linguaggio
** classe == categoria
***procedure == meccanismi logici

Vi sembra coerente ?

Ciao Tersite
Kant definisce così la conoscenza: ""la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato".
Vedi tu se ci sono delle analogie interessanti...
saluti

Lou

#142
Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 18:52:21 PM

e quindi gli abitanti di ebla avrebbero dovuto vedere manifestarsi la ebla noumenica...c'è qualcosa che non funziona nell'analogia.
Quel che non "funziona" è che Ebla "non ancora conosciuta"  non è equivalente a noumeno, l'Ebla inconoscibilile. Da abitanti e posteri e archeologi. Noumeno non significa "non ancora conoscibile", ma "inconoscibile". C'è uno scarto epistemico, proprio di abitanti e non abitanti.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

paul11

ciao Mauro,
focalizzerei sul FENOMENO la problematica, per non uscire dalla discussione.
Noumeno è l'inconoscibile per Kant, ha ragione Lou.
Kant ha sicuramente un enorme merito, quello di aver tentato di argomentare l'intero processo conoscitivo, dalla percezione al concetto, dall'intuito alla logica.Lui stesso seppe benissimo che in alcuni passaggi del processo vi erano "zone ombra", erano o poco chiari o contraddittori.
Il fenomeno, taglio corto, è l'intero processo,Ed è questo ancor più importante nella filosofia kantiana,proseguirà Hegel con "Fenomenologia dello spirito", vi sarà una intera corrente filosofica"fenomenologia", parlerà di fenomeno e noumeno anche Schopenauer.

questo per sottolineare quanto è importante il processo conoscitivo umano e di quante interpretazioni su questo concetto vi sono state.
Perchè il fenomeno è inteso estensivo esperienziale, intensivo pensiero/concetto. Quindi diventerà a sua volta oggetto della filosofia del linguaggio, della logica formale, e nella fenomenologia sarà esteso a praticamente la totalità,se così posso dire, comprendendo estetica ed etica.
E' altrettanto chiaro che il passaggio successivo a quello kantiano e soprattutto alla fenomenologia sarebbe stata "l'interpretazione" e infine la"rappresentazione" come dicevo avvenuta come soggettivazione  nel costruzionismo.

paul11

#144
Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 19:27:43 PM
La programmazione ad oggetti prevede di raggruppare in una zona circoscritta del codice sorgente* (chiamata classe**), la dichiarazione delle strutture dati e delle procedure*** che operano su di esse.
Le classi, quindi, costituiscono dei modelli astratti, che a tempo di esecuzione vengono invocate per istanziare o creare oggetti software relativi alla classe invocata. Questi ultimi sono dotati di attributi (dati) e metodi (procedure) secondo quanto definito/dichiarato dalle rispettive classi.

Sarebbe possibile convertire questa "wikipediata" (che ho usato per brevità se no scrivevo un romanzo) nella terminologia filosofica ?

*codice sorgente ==linguaggio
** classe == categoria
***procedure == meccanismi logici

Vi sembra coerente ?
certo che è  simile, tutte le discipline scientifiche seguono questa procedura originariamente filosofica.
Fu Aristotele per primo a costruire i paradigmi, le categorie, la logica predicativa.

Gli enunciati i postulati, gli assiomi scientifico-matematici ,sono i paradigmi a fondamento di una corrente filosofica.
Le categorie ordinano e regolano i corollari argomentativi per le dimostrazioni che seguno una logica concettuale.
Ovviamente non tutto il pensiero filosofico è "schematizzabile" dipende dal contesto.
Ma ad es. la dogmatica teologica del tomismo e della scolastica segue l'influsso aristotelico con applicazioni rigide della logica.

tersite

Citazione di: tersite il 30 Marzo 2019, 19:27:43 PM


Vi sembra coerente ?

Citazione di: 0xdeadbeef il 31 Marzo 2019, 00:18:56 AM

Vedi tu se ci sono delle analogie interessanti...


Bastava si\ no\ nessuna risposta. 
Così conosco del tuo pensiero tanto come prima  :)
Ogni definizione è artificiosa e in ciò è il suo potenziale evolutivo. (anonimo)

sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 31 Marzo 2019, 00:02:52 AM
Ciao Sgiombo
Si tratta di mettersi d'accordo sulla "lingua" che vogliamo usare per parlare, perchè definire
"noumeno" l'oggetto: "reale in sé indipendentemente dall'accadere che sia sensibilmente percepito"
(o almeno questo mi sembra di capire che tu intenda) rende il nostro discorso come quello fra un
arabo e un cinese che parlano solo i rispettivi idiomi...
Citazione
Ovvio.



Ma poi che vuol dire: "reale in sé" o: "Ebla come "in verità" (rectius: "in realtà", poiché non era
un predicato che può essere vero o falso ma un fatto che può essere reale o meno)?
Citazione
Reale in sé -se realmente c' é- é quello che era reale anche allorché nessuno vedeva Ebla (e dunque non poteva essere contraddittoriamente Ebla così come -ora- viene vista; ma allora no).

Se poi non capisci che (a) l' esistenza di Ebla (fatto) é diversa cosa (diverso fatto o evento) dalla (b) conoscenza (dell' esistenza) di Ebla, dal conoscere Ebla (predicato vero circa il fatto dell' esistenza reale di Ebla) non so proprio che farci.



Se si "parte" dal fondamento cartesiano per cui l'idea è il solo oggetto immediato della conoscenza
(come del resto è in Hume, il quale parla della conoscenza come di una "connessione di idee", concetto
poi ripreso da Kant), allora non si può non notare il rapporto "problematico" dell'idea con la "realtà"
e il "fatto"; perchè dal mio punto di vista se si dice "in realtà" si dovrebbe disporre di un
CRITERIO di connessione fra questa e l'idea di questa.
Citazione
Nulla di problematico: il "criterio sicuro indubitabile di realtà" é la constatazione (= l' accadere) dei fatti empirici (sensazioni, percezioni, fenomeni che dir si voglia).
Il cui "esse est percipi".

Di qualsiasi altro eventuale ente o evento forse reale (compreso ciò che eventualmente lo fosse mentre le sensazioni costituenti Ebla non le erano; e in generale eventuali soggetti ed oggetti delle sensazioni fenomeniche stesse persistenti anche mentre esse non persistono: cose in sé o noumeno) non può aversi nessuna certezza.



Ora, francamente non vedo traccia di questo criterio nei tuoi argomenti. Quindi come "arrivi" alla realtà?
Non puoi certamente dire con l'"esse est percipi" berkeleyano, che anzi estremizza il concetto cartesiano
che prima dicevo.
Citazione
A si?
E perché mai?
Dimostrare, please (come dicono gli a me antipatici anglofoni; quelli odierni)!



A parer mio (ma il discorso è lungo e complesso) hai una sola strada, che poi è quella di cui ti chiedevo
nella risposta #126, e cioè attraverso quel concetto di "intuizione immediata" che dallo Stoicismo
passa alla filosofia anglosassone attraverso Duns Scoto e G.d'Ockham. Ma è una strada che ti porta molto
lontano da Hume e Berkeley, e precisamente nella direzione di Kant (che infatti riprende il concetto allo
scopo - non pienamente raggiunto - di dare oggettività alla sua teoria della conoscenza  -  "la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato", dice Kant-.).
saluti
Citazione
Per me queste sono farneticazioni metafisiche.

Non esiste modo di dare alle sensazioni fenomeniche (che sono tutto ciò di cui si può avere certezza nel loro immediato, presente accadere) alcuna oggettività: esse sono solo e unicamente "contenuti" (aspetti, elementi) del divenire dell' esperienza fenomenica cosciente, punto e basta (e non oggetti da questa indipendenti); e che oltre ad essi esista realmente anche qualcosa che ne sia oggetto e soggetto realmente persistente al loro non accadere realmente non é affatto certo.

Dimostrazione logica: si può pensare in maniera logicamente corretta, non contraddittoria, sensata (anche, oltre al contrario, anche) che tutto ciò non esiste.

(Nella scienza l' intersoggettività delle sensazioni materiali la si postula indimostrabilmente).

0xdeadbeef

Citazione di: Lou il 31 Marzo 2019, 00:30:02 AM
Quel che non "funziona" è che Ebla "non ancora conosciuta"  non è equivalente a noumeno, l'Ebla inconoscibilile. Da abitanti e posteri e archeologi. Noumeno non significa "non ancora conoscibile", ma "inconoscibile". C'è uno scarto epistemico, proprio di abitanti e non abitanti.

Ciao Lou
E' esattamente come dici. Fenomeno e noumeno sono CONCETTI riferiti al medesimo oggetto;
sono idee; ed in quanto tali sono necessariamente degli interpretati (come giustamente
afferma l'aforisma di Gentile da me più volte riportato).
Questa considerazione, naturalmente, apre all'interrogativo circa la natura del noumeno,
che in quanto interpretato è esso stesso fenomeno. Ma questo fa parte di un altro discorso
(da me già affrontato).
saluti

0xdeadbeef

Ciao Paul
Certo, focalizzerei sul fenomeno IN QUANTO anche il noumeno lo è.
Ma qual'è, allora, la vera natura del noumeno, visto che anch'esso è un fenomeno? A parer
mio per rispondere a questa domanda bisogna, dicevo, ri-andare al concetto di "intuizione", di radice
stoica; un concetto che Kant a me sembra cerchi di riportare alla luce distinguendo, nella
sua definizione di "conoscenza", la parte, diciamo, "pensata" secondo l'ordine delle categorie
e la parte "intuibile" secondo questa definizione che del termine "intuizione" dà lo stesso
Kant: "l'intuizione è la rappresentazione quale sarebbe per la sua dipendenza dall'immediata
presenza dell'oggetto" (in termini meno desueti parleremmo di "evidenza", o "esperienza").
E in ogni caso questa è la definizione che Kant dà di "conoscenza": ""la conoscenza comprende
due punti: in primo luogo un concetto per cui in generale un oggetto è pensato secondo le
categorie, e in secondo luogo l'intuizione con cui esso è dato".
Ora, dov'è quella che chiami "zona d'ombra"?
Se accettiamo (come io penso vada accettata) l'idea che il "cogito" cartesiano rappresenti uno
spartiacque; un punto di non ritorno IN QUANTO disvelamento definitivo ed irrevocabile; allora
quell'idea di "intuizione" presenta una problematicità irrisolvibile.
Kant, dici bene, ne è consapevole, e cerca in ogni modo una soluzione (ne accennavamo: la
distinzione fra intuizione sensibile ed intellettuale, e di quest'ultima la distinzione fra
attiva e passiva), ma francamente ciò che ne esce fuori è un quadro non certo limpidissimo.
Ma in tutta questa "torbidezza" a me sembra che almeno una cosa ne esca chiaramente definita:
l'idea di noumeno, o cosa in sé.
Certo, parliamo di un'idea, quindi di un fenomeno. E in quanto idea essa è il prodotto di un
"io" che però persino nell'Idealismo di Fichte rimane distinto dal "non io" (e fino a quella
che per me è l'indistinzione operata da Hegel). Tanto che, e lo vediamo nel celebre: "non esistono
fatti ma solo interpretazioni" di Nietzsche, chi nega la "cosa in sé" è costretto a negare lo
stesso "fatto", la stessa "realtà".
Ovviamente ci sarebbero da dire altre e importanti cose sull'argomento.
saluti

Apeiron

X @Paul11,

concordo con quanto dici. Però, secondo me di Hume Kant condivide l'asserzione che è impossibile costruire una ontologia del noumeno tramite la 'ragione pura' (la pura teoria, in pratica). I due 'estremi' ontologici da cui voleva 'salvarsi' Kant erano secondo me la posizione di Cartesio, Spinoza ecc da un lato e la posizione di Berkeley dall'altro.  Inoltre, c'è da dire che Kant precludeva ogni posizione 'teorica' sul noumeno. In altri termini, non negava la possibilità che 'in qualche modo' potesse essere conosciuto. La sua posizione era che non poteva essere conosciuto tramite la razionalità, secondo me. 

X @tersite,  

dire che le facoltà della coscienza provengono dalla biologia è una posizione filosofica, quindi, no, facendo una tale ipotesi non 'esci' dalla filosofia. 

Kant però ti direbbe che la conoscenza che noi abbiamo della biologia è basata sull'esperienza cosciente, ovvero è una conoscenza che parte da tali 'facoltà' (per Kant forme e categorie a priori...) - le ammette come assiomi, in pratica. Sono 'a priori' perché precedono ogni esperienza e conoscenza empirica. 'Trascendentale' vuol dire proprio questo: qualcosa che è indipendente dall'esperienza e precede la conoscenza basata sull'esperienza perché tale conoscenza si basa su essa. Da qui questa mia affermazione: "Questa impossibilità di conoscere la realtà senza la mediazione della nostra mente è ciò che rende impossibile la conoscenza della 'cosa in sé' (il cosiddetto 'noumeno')".
 Quindi giustificare tali facoltà appellandosi alla biologia è, nella filosofia Kantiana, un ragionamento circolare. 

[Off-topic: Per quanto mi riguarda, anche se si rigetta il 'Kantismo', comunque la coscienza non potrebbe essere spiegata (interamente) dalla biologia, secondo me - le due principali argomentazioni filosofiche sono le seguenti, nel mio caso. 
 In primo luogo, il cosiddetto problema 'difficile' della coscienza (hard problem of consciousness), ovvero l'impossibilità - secondo me - di spiegare il fatto di 'avere esperienza' (e tutto quello che ne consegue) in termini puramente fisici. In secondo luogo, siccome ritengo che ci sia una qualche forma di 'autonomia' o di 'libero arbitrio' non credo che il libero arbitrio possa essa essere spiegato in termini puramente fisici.]

X @Davidintro,

Anche io ho più o meno gli stessi dubbi sulla consistenza della filosofia Kantiana (inoltre, concordo con te che la metafisica classica non è 'così male' come viene descritta spesso...anche perché secondo me è spesso travisata...). Riguardo all'inconoscibilità del noumeno, secondo me le difficoltà si pongono soprattutto se si pensa al noumeno come una 'cosa'. Mi spiego... la filosofia Kantiana ci dice che la ragione pura si può applicare all'esperienza, ovvero alla 'realtà-vista-da-noi'. Se si tiene fede a tale proposta la filosofia Kantiana ci dice semplicemente che non possiamo dire assolutamente niente sulla 'realtà-così-come-è', il noumeno. In pratica, tutte le teorie ontologiche sul 'noumeno' falliscono. In altre parole, non rimane che il 'Silenzio' (della ragione).  

Sui 'giudizi' Kant comunque distingueva tre tipologie:

Il primo è il 'giudizio analitico a priori', un giudizio che in pratica è tautologico. Per esempio, '5 è un numero' - l''essere-numero' è una proprietà nota di '5', quindi non aggiunge niente alla nostra conoscenza. 

Il secondo è il 'giudizio sintetico a priori'. Questo è il caso delle proposizioni matematiche. Per esempio, '5 + 7 = 12'. In questo caso '12' non è una proprietà di '5' o '7' e, quindi, per Kant questo è un giudizio 'sintetico' perché mette in relazione oggetti diversi.  Tuttavia, è ancora a priori perché non aggiunge 'niente di nuovo' - la sua verità per Kant è, in realtà, 'a priori', indipendente dall'esperienza. Non può essere falso (così come '5+7=13' non può essere vero). Sono proposizioni puramente formali. La posizione di Kant nella filosofia della matematica è detta 'intuizionismo'.

Tramite lo studio della logica e della matematica per Kant possiamo 'conoscere' le forme.  

Infine, vi sono i 'giudizi sintetici a posteriori', quelli che si riferiscono all'esperienza. Solo questi possono contenere vera e propria conoscenza, un vero e proprio 'contenuto'. Per esempio, 'la mela cade dall'albero' è un giudizio sintetico a posteriori. (L'unica precisazione è che secondo me - non so secondo Kant - la 'conoscenza' è ciò che ci permette di fare 'giudizi corretti'...)

L'unico che dà conoscenza è l'ultimo. E si riferisce ai fenomeni. Ogni 'posizione filosofica' applicata al noumeno non è sostenibile.  

Riguardo alla fenomenologia, ti consiglio il filosofo francese Michel Bitbol (trovi facilmente delle interviste in italiano su youtube).

[Nota molto breve sulla teologia negativa/apofatica: secondo me si creano problemi quando uno elimina la teologia positiva/catafatica. Ci vuole una sorta di equilibrio. Da un lato concentrarsi troppo sulla teologia 'positiva' finisce per cadere nell'illusione che Dio possa essere compreso dalla razionalità umana. Dall'altro lato, concentrarsi troppo sulla teologia 'negativa' rende probabilmente impossibile la stessa fede - in fin dei conti per la vita di fede, è importante sapere che Dio è buono, ama ecc quindi un approccio troppo sbilanciato sul 'negativo' è problematico]  

X @sgiombo,

Bene o male concordiamo su Kant. Anche se non sono sicuro se abbiamo la stessa interpretazione sul 'noumeno'. Secondo me Kant riteneva qualsiasi posizione ontologica sul noumeno problematica proprio perché le categorie e le forme a priori si potevano applicare ai soli fenomeni. Non so se concordi con questa analisi.

Ciao a tutti!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)