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l'intento filosofico

Aperto da Un ipocrita, 08 Maggio 2016, 14:52:37 PM

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Un ipocrita

Ciao, volevo chiedere in modo molto umile se quello che ho intravisto nello studio della storia della filosofia è corretto o meno: ho notato che nel tempo la maggioranza dei filosofi si è concentrata sulle riflessioni riguardo la concezione della realtà (probabilmente è una branca della filosofia già denominata) e con diversi nomi e significati ha spiegato che la realtà si divide in due: una parte sensibile che possiamo conoscere e una che non conosciamo. Da ciò si è sviluppata una riflessione sulle origini delle due parti della realtà e sulle interazioni che hanno tra loro e con noi.

Se ho detto qualcosa di errato fatemelo sapere già da ora..

Volevo concludere chiedendo per quale motivo secondo voi è così discusso questo tema?

Grazie della considerazione, buona continuazione

donquixote

Citazione di: Un ipocrita il 08 Maggio 2016, 14:52:37 PM
Ciao, volevo chiedere in modo molto umile se quello che ho intravisto nello studio della storia della filosofia è corretto o meno: ho notato che nel tempo la maggioranza dei filosofi si è concentrata sulle riflessioni riguardo la concezione della realtà (probabilmente è una branca della filosofia già denominata) e con diversi nomi e significati ha spiegato che la realtà si divide in due: una parte sensibile che possiamo conoscere e una che non conosciamo. Da ciò si è sviluppata una riflessione sulle origini delle due parti della realtà e sulle interazioni che hanno tra loro e con noi.

Se ho detto qualcosa di errato fatemelo sapere già da ora..

Volevo concludere chiedendo per quale motivo secondo voi è così discusso questo tema?

Grazie della considerazione, buona continuazione
ciao

non tutti i filosofi hanno parlato di divisione della realtà in due parti, e comunque quelli che l'hanno fatto (e sono principalmente i filosofi moderni) spesso non intendevano identificare le due parti nel medesimo modo: i concetti di "materia e forma" di Aristotele poi rielaborati dalla filosofia scolastica non sono certo la "rex estensa e la rex cogitans" di Cartesio e nemmeno il "noumeno" e il "fenomeno" di Kant. In ogni caso la filosofia è nata con l'intenzione di ricercare il principio primo, irriducibile,  dal quale tutte le altre cose sono derivate, e una volta compreso questo si sarebbe proceduto in maniera deduttiva, secondo il sillogismo aristotelico che proclama che da premesse vere si giunge, ragionando logicamente, a conclusioni altrettanto vere, ad affermare verità più particolari e quindi più applicabili al pensiero e al comportamento umani. La ragione di questo pensiero sta dunque nella ricerca di un modo di ragionare "secondo verità" ed adeguare coerentemente i pensieri e le azioni delle varie comunità umane. Negli ultimi secoli però il sillogismo di Aristotele è stato ribaltato e ora si è convinti, contrariamente a quanto affermava Aristotele e anche a quanto si può constatare con il semplice buonsenso, che da conclusioni ritenute vere si possa risalire, attraverso il metodo induttivo, a premesse altrettanto vere, o meglio che da verità particolari si possa risalire a verità generali o addirittura universali. Non esiste una parte sensibile del mondo che si può conoscere e una inconoscibile; se ci fosse veramente una parte inconoscibile non potremmo neanche dire che c'è perchè per affermarne l'esistenza bisogna pur saperne qualcosa, e per quanto riguarda quella cosiddetta "conoscibile" che poi di fatto è quella che possiamo percepire attraverso i sensi, ognuno la "conosce" a modo suo. Per quanto mi riguarda esiste una parte della realtà "sensibile" e una parte della realtà "insensibile", che però sta a fondamento di quella sensibile e se non ci fosse non ci sarebbe nemmeno quell'altra, e in ogni caso la divisione della realtà in due è sempre una operazione arbitraria e puramente intellettuale poichè quest'ultima non è "concretamente" divisibile.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Un ipocrita

Probabilmente senza rendermene conto stavo generalizzando l'intento filosofico, in realtà come hai detto tu mi stavo riferendo a quelli moderni.
Comunque quello che ho detto io è: una parte sensibile che possiamo conoscere quindi credevo fosse paragonabile al fenomeno kantiano o alle rappresentazioni di Schopenhauer e poi una parte che non conosciamo (non che non possiamo conoscere) come la volontà di Schopenhauer che si può conoscere disvelando il velo di maya.

Ma più che una riflessione filosofica mi interessava sapere, in secondo luogo, come secondo voi come questi filosofi moderni sono arrivati ad avere le intuizioni sul mondo diviso in due parti, l'intenzione era cercare un principio primo, ma per avere pensieri che riportavano anche se in modi completamente differenti questo concetto di divisione del mondo ci sarà stata una qualche influenza comune o ereditata dal passato?

Oppure tutti quanti hanno avuto queste intuizioni semplicemente riflettendo sul mondo con la loro soggettività e nel loro contesto storico?

Grazie :)

acquario69

#3
Citazione di: Un ipocrita il 09 Maggio 2016, 23:56:14 PM
Ma più che una riflessione filosofica mi interessava sapere, in secondo luogo, come secondo voi come questi filosofi moderni sono arrivati ad avere le intuizioni sul mondo diviso in due parti, l'intenzione era cercare un principio primo, ma per avere pensieri che riportavano anche se in modi completamente differenti questo concetto di divisione del mondo ci sarà stata una qualche influenza comune o ereditata dal passato?

Oppure tutti quanti hanno avuto queste intuizioni semplicemente riflettendo sul mondo con la loro soggettività e nel loro contesto storico?

Grazie :)
dal mio punto di vista bisogna prima sottolineare la differenza sul modo di concepire il mondo (qui credo inteso come il Reale) che viene "diviso" in due parti.
e penso che l'abbia spiegato bene donquixote.

per provare a rispondere alla tua domanda successiva io credo che tale diversa concezione sia stata ribaltata per come era da sempre e in origine dal momento stesso in cui l'uomo/l'umanita ha cominciato a pensare di essere un ente separato (storicamente ci sarebbero stati diversi passaggi,ma diciamo che quello decisivo sia stato l'umanesimo - già la definizione parla da se - intorno al XIV secolo)
e da quel momento in poi era logica conseguenza che sfociasse poi nell'individualismo e più in generale all'antropocentrismo  in un processo sempre più riduttivo tanto quanto più lontano dal Reale (penso che oggi siamo al solipsismo,non so cos'altro possa esserci dopo di questo..ma si forse l'ultima frontiera a venire sia il transumano!)

oggi persino la fisica moderna ha dimostrato come questo sia stato un errore,che io definirei fatale,viste tutte le conseguenze successive fino ai nostri giorni

paul11

Se la cultura è ciò che solo emerge dal pensiero e si costituisce come riferimento, allora sì che possiamo dire che vi è stata nella modernità
una divisione in due parti della conoscenza.
Da una parte, cosa potremmo dire oltre  dell'Essere.Come possiamo andare indagare ciò che è invisibile, ma sappiamo della presenza?
Dove la parola diventa stanca e si fa il silenzio la ricerca diventa interiore. Ma sappiamo che è in questa parte della conoscenza che solo possiamo unire in un Tutto i sistemi di relazione delle cose del mondo.
L'altra parte della conoscenza divenne nella modernità soddisfazione autocompiaciuta del risultato.
Questa parte del mondo, del conoscere è una realtà sensitiva, che non smetterà mai di portare nuove acquisizioni al conoscere e inoltre
rese consapevole all'uomo la capacità, proprio grazie alle conoscenze, di poter trasformare la materia e l'energia a proprio uso e consumo diremmo oggi. E' il mondo della tecnica. Ma questo mondo non potrà mai esaurire la conoscenza, perchè ci sarà sempre un oltre.
Quindi se una parte si è esaurita nell'Essere e negli Enti, ma ha il potere di unire ,di sintetizzare in sè le conoscenze, queste ultime sono inesauribili nell'altra parte del mondo culturale, prolifica così quanto materia ed energia si sono trasformate e sedimentate ne i tempi dell'Universo.
Sono a volte le biografie di grandi uomini di cultura come Newton o Cantor, a dirci come l'uomo, inteso come "luogo" contraddittorio dei due mondi che sono in lui  vivono dialetticamente.
Così mentre il grande fisico e matematico Isaac Newton scriveva ciò che appare nel mondo fisico appunto, aveva una delle più vaste e complete biblioteche di alchemia e studiava matematicamente le proprozioni del Tempio di Salomone .
Il grande matematico dell'insiemistica, Cantor ,fu un ebreo che si spinse a cercare l'infinito in Dio.
E' strano come le motivazioni profonde umane, insondabili e invisibili al mondo della conoscenza fisica, siano poi culturalmente la straordinaria origine delle grandi scoperte e invenzioni umane.
Il vero "relato" fra  i due mondi è quindi quella incarnazione della conoscenza che è l'uomo.

Se noi vediamo un umano , se parliamo con lui ,cosa vediamo e osserviamo, se non ciò che appare come morfologia, fisionomia, come pelle esterna? Ma cosa sappiamo delle sue passioni e delle sue ragioni, cosa sappiamo noi della sua storia e della sua profondità., del suo Essere?
Ecco come vivono nell'uomo i due mondi e le due conoscenze.

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