L'intelligenza e l'empatia rendono felici o infelici?

Aperto da Socrate78, 31 Dicembre 2018, 16:10:29 PM

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acquario69

Se all'empatia manca pero la compassione allora e' molto probabile che la prima finisca per risultare sterile ed anche, come e' già stato sottolineato, per essere praticata ambiguamente, sia per tornaconto personale e sino ad arrivare ad azioni malvage
Mentre la compassione, che scaturisce comunque da un empatia iniziale porta alla vera com-prensione...
Inoltre credo che l'empatia da sola può portare a gravi fraintendimenti...perche a quel punto diventa tutto indistinguibile,fintanto che sarà appunto solo il mio io ,o il mio ego, sia pure (solo) empatico,che ne rimane comunque separato se privo appunto della compassione.

L'intelligenza e' com-prendere e com-prendersi..essendo la medesima cosa

Jacopus

Questa volta sono d'accordo con acquario. E' la compassione il motore dell'etica. L' empatia e' solo una precondizione.
A proposito della felicità invece direi che si tratta di un mito tipicamente moderno e asservito alle logiche del consumismo ora e del pensiero assolutista prima.
La felicità si può sfiorare in qualche occasione ed è per questo così appagante. Un essere umano sempre felice o indossa di proposito una maschera o è irrimediabilmente "semplice", di quella semplicità che tanto piace ai manipolatori religiosi.
Se dovessi pensare ad un agire che si avvicini alla felicità, l'unico modello accettabile è il Sisifo di Camus.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: everlost il 03 Gennaio 2019, 00:18:20 AM
Ciao Ipazia e buon anno!   :-*
La percezione della felicità - perché forse la felicità in sé non esiste - è del tutto soggettiva.
Steven Hawking apprezzava la vita anche se immobilizzato da una malattia dei neuroni, ma chissà, forse  lui la felicità non la trovava nella prestanza fisica quanto nello studio del cosmo, della matematica e della fisica, e grazie al cielo le sue meravigliose facoltà mentali non erano intaccate dalla malattia, tanto che poteva scrivere libri e tenere conferenze su quel suo trabiccolo ipertecnologico .
Ma mi chiedo se, ad esempio, un campione sportivo finito in carrozzella nel bel mezzo della carriera agonistica riesca ad accettare la sorte con altrettanto coraggio e ottimismo.
Molto più dei comuni mortali che si abbacchiano facilmente.  Le paraolimpiadi sono piene di atleti nati normodotati che, elaborato il lutto, hanno trovato nuovi stimoli sportivi da disabili. Sono persone meravigliose: scienziati del corpo e dello spirito. Auguri anche a te.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

#18
Citazione di: Jacopus il 03 Gennaio 2019, 08:06:45 AM
Questa volta sono d'accordo con acquario. E' la compassione il motore dell'etica. L' empatia e' solo una precondizione.
A proposito della felicità invece direi che si tratta di un mito tipicamente moderno e asservito alle logiche del consumismo ora e del pensiero assolutista prima.
La felicità si può sfiorare in qualche occasione ed è per questo così appagante. Un essere umano sempre felice o indossa di proposito una maschera o è irrimediabilmente "semplice", di quella semplicità che tanto piace ai manipolatori religiosi.
Se dovessi pensare ad un agire che si avvicini alla felicità, l'unico modello accettabile è il Sisifo di Camus.
Beh, a dire il vero, non ritengo la felicità un mito tipicamente moderno, nè la ritengo riducibile alla sola categoria di "mito".
L'etica aristotelica, cito un esempio tra gli altri, è impostata sull'eredità socratica, che ha come fine la felicità.



"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Jacopus

Lou: siamo certi che il concetto di felicità degli antichi sia lo stesso dei moderni e dei contemporanei?
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Lou

Se non ne siamo certi, occorrerebbe chiarire a quale "concetto" (????) di felicità ci riferiamo. Ad ogni modo, non trovo che sia riducibile a mito moderno.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

everlost

#21
Citazione di: davintro il 03 Gennaio 2019, 02:28:00 AM
ho sempre avuto il forte sospetto che l'idea per cui intelligenza e felicità siano tra loro in antitesi sia una sorta di autoconsolazione per le persone, che siccome conducono una vita dove nel complesso la sofferenza e la negatività prevalgono sulle soddisfazioni (preferisco non parlare di "infelicità" dato che considero la felicità una condizione mondanamente irraggiungibile, a cui al massimo possiamo avvicinarci ma mai realizzarla compiutamente, quindi in-felici, chi più, chi meno lo siamo tutti), cercano motivo di conforto nell'orgoglio di sentirsi più intelligenti, o più in generale "migliori" rispetto agli altri, il cui benessere viene svalutato in quanto frutto di immaturità, non davvero meritato. Insomma, un po' come la favola in cui la volpe si autoconvince di schifare l'uva solo perché non riesce a prenderla. Questo è un atteggiamento che non mi sento di demonizzare, se riesce davvero a consolare persone (senza arrivare a portarle a rancore distruttivo verso gli "stupidi felici"...)che ne sentono il bisogno ben venga, però è chiaramente una falsificazione, un autoinganno. Al contrario, penso che l'intelligenza sia proprio ciò che occorre potenziare al massimo per avvicinarsi il più possibile alla felicità, intendendo l'intelligenza come la capacità, nei suoi diversi campi di applicazione, (ci comprendo anche l'intelligenza emotiva a cui va fatta riferire l'empatia, che sarebbe da intendersi come coglimento teoretico dei vissuti degli alter ego, e non come un sentimento morale o di affetto, e dunque ho trovato del tutto opportuna e condivisibile la precisazione in merito di Jacopus, il sadico che gode della sofferenza delle sue vittime è necessariamente un empatico) di risolvere problemi ed eliminare gli ostacoli che ci separano dal raggiungere i nostri obiettivi esistenziali, cioè ciò da cui facciamo dipendere il nostro benessere.
Sì, a volte la gente cerca di consolarsi come la volpe con l'uva irraggiungibile.
Un altro cliché oleografico ma molto popolare è quello che i soldi non diano la felicità, per cui i ricconi sarebbero da compatire mentre i poveracci no, perché hanno l'amore vero e tanta salute.
O che gli scienziati siano bruttini, scialbi e privi di fascino, fatto smentito in modo netto dall'evidenza, specialmente al giorno d'oggi.
E' un'illusione anche credere che le donne intelligenti siano particolarmente racchie e incapaci di amare, mentre le bellone sexy non saprebbero fare niente, a parte amoreggiare e laccarsi le unghie.
Se si vuole, per trovare conforto alle frustrazioni quotidiane è possibile illudersi su ogni cosa.
Come osservi giustamente, non ci sarebbe poi niente di male, SE ciò non fosse la base di pregiudizi rozzi e brutali che finiscono per escludere certe persone dividendo la società.
Il pericolo è proprio questo.
CitazioneAll'idea che l'intelligenza possa essere foriera di frustrazione perché ci porta alla consapevolezza dei difetti dell'umanità, come l'ipocrisia o il conformismo, si può opporre l'idea che essa porti anche alla consapevolezza dei pregi, al riconoscimento dei talenti e delle qualità positive delle persone spesso nascosti, che magari restando in un'ottica superficiale non potrebbero emergere. Tutto dipende dalla componente di ottimismo/pessimismo presente nelle nostre visioni personali del mondo. Quindi mi pare che la questione in questo senso debba spostarsi dal rapporto intelligenza-felicità a quello ottimismo vs pessimismo, se sia più ragionevole l'una o l'altra impostazione, questione che mi pare molto problematica nel tematizzarsi in modo razionale, considerando il peso dei condizionamenti delle nostre esperienze vissute e dei nostri stati d'animo contingenti che finiscono con l'essere inevitabilmente chiamati in causa
Giuste osservazioni. Anche se gli uomini non sono semplici spettatori di quanto accade nel mondo, ma vi partecipano, ne restano coinvolti.
Un conto è osservare con distacco e spirito filosofico quello che fanno gli altri, come se si vivesse su un altro pianeta, altro è dover subire le decisioni ottuse di persone illogiche e irrazionali che ti sovrastano con il loro potere economico e politico.
Insomma, finire a bere la cicuta o ad ardere sul rogo, anche solo metaforicamente, perché si vive in un paese arretrato in mezzo a gente...poco elevata mentalmente, non mi sembra il massimo della soddisfazione.
Naturalmente il mio è un discorso generico, senza riferimenti a persone o fatti specifici... :D

everlost

Citazione di: Ipazia il 03 Gennaio 2019, 18:18:46 PM
Citazione di: everlost il 03 Gennaio 2019, 00:18:20 AM
Ciao Ipazia e buon anno!   :-*
La percezione della felicità - perché forse la felicità in sé non esiste - è del tutto soggettiva.
Steven Hawking apprezzava la vita anche se immobilizzato da una malattia dei neuroni, ma chissà, forse  lui la felicità non la trovava nella prestanza fisica quanto nello studio del cosmo, della matematica e della fisica, e grazie al cielo le sue meravigliose facoltà mentali non erano intaccate dalla malattia, tanto che poteva scrivere libri e tenere conferenze su quel suo trabiccolo ipertecnologico .
Ma mi chiedo se, ad esempio, un campione sportivo finito in carrozzella nel bel mezzo della carriera agonistica riesca ad accettare la sorte con altrettanto coraggio e ottimismo.
Molto più dei comuni mortali che si abbacchiano facilmente.  Le paraolimpiadi sono piene di atleti nati normodotati che, elaborato il lutto, hanno trovato nuovi stimoli sportivi da disabili. Sono persone meravigliose: scienziati del corpo e dello spirito. Auguri anche a te.
Già, hai proprio ragione: ci sono individui straordinari che non si lasciano mai abbattere ed altri che crollano per sciocchezze. 
Avevo un'amica costretta a vivere in un polmone d'acciaio per via della poliomielite, non poteva alzarsi, uscire dalla stanza, respirare autonomamente...eppure aveva la forza di truccarsi, leggeva, scriveva lettere bellissime.
Altre che potevano e dovevano reputarsi più fortunate di lei avevano voglia di suicidarsi per un brufolo o per un brutto voto preso a scuola.
Questo dimostra che la felicità è uno stato d'animo soggettivo, legato a interpretazioni personali degli accadimenti.
Ciò non toglie che queste percezioni, anche se a un osservatore esterno sembrano sproporzionate e assurde, siano molto dolorose e insopportabili per chi le prova, quindi non è giusto giudicare. 
E forse nemmeno si può generalizzare. 
Leopardi soffriva moltissimo delle proprie mancanze fisiche, altri più menomati di lui ne fanno motivo di sfida esibendo il proprio handicap con orgoglio.
Non so come facciano, comunque li ammiro molto.

Ipazia

Citazione di: viator il 02 Gennaio 2019, 22:27:40 PM
Salve Ipazia. "«Lo sforzo di capire l'universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa, conferendole un po' della dignità di una tragedia.»"

Sono d'accordo con te, con Weinberg e quindi presumibilmente anche con Hawking.
Ma noi quattro siamo tutto sommato dei privilegiati. Mica vorrai eleggerci a parametro di base della felicità esistenziale.

C'è un sacco di gente che è costretta vivere senza disporre di tempo e risorse per speculare su ciò che non gli urge affatto, tipo l'universo. Saluti.

Come già osservato da everlost la felicità ha caratteristiche squisitamente soggettive che una mente intelligente e un animo empatico possono certamente stimolare. Direi pure: assai più dei loro contrari.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: everlost il 03 Gennaio 2019, 22:48:04 PM
Avevo un'amica costretta a vivere in un polmone d'acciaio per via della poliomielite, non poteva alzarsi, uscire dalla stanza, respirare autonomamente...eppure aveva la forza di truccarsi, leggeva, scriveva lettere bellissime.
Altre che potevano e dovevano reputarsi più fortunate di lei avevano voglia di suicidarsi per un brufolo o per un brutto voto preso a scuola.
Questo dimostra che la felicità è uno stato d'animo soggettivo, legato a interpretazioni personali degli accadimenti.
Ciò non toglie che queste percezioni, anche se a un osservatore esterno sembrano sproporzionate e assurde, siano molto dolorose e insopportabili per chi le prova, quindi non è giusto giudicare.
E forse nemmeno si può generalizzare.
Leopardi soffriva moltissimo delle proprie mancanze fisiche, altri più menomati di lui ne fanno motivo di sfida esibendo il proprio handicap con orgoglio.
Non so come facciano, comunque li ammiro molto.

L'uomo é un animale che si abitua a tutto e da tutto sa trarre le sue gratificazioni. Io ho una certa età e provo grande soddisfazione nel misurare le mie prestazioni sportive con sportivi dilettanti più giovani di me (specie se sono maschi  ;D) Tutto ció ha un costo in termini di allenamento fisico e mentale. Penso sia lo stesso atteggiamento psicologico che spinge un disabile a non arrendersi alla sua disabilità. Quando questa strategia esistenziale funziona é felicità pura.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

mtt94

Citazione di: Jacopus il 01 Gennaio 2019, 11:11:59 AM
A mio parere intelligenza/empatia sono prive di nesso con felicità/infelicità. Inoltre si può essere empatici e stupidi e/o non empatici e intelligenti.
Piccola nota a margine: empatico non coincide con altruista/buono. Molti serial killers sono empatici perché devono mettersi nei panni delle vittime per ghermirle o nei panni della polizia per non farsi scoprire.

I Serial Killer sono psicopatici patologici, una delle principali caratteristiche è proprio l'assenza di empatia. Empatia significa connettersi con l'altro a livello emozionale; caratteristica che non fa proprio parte di un serial killer.

Socrate78

In realtà dissento molto con l'idea comune secondo cui i criminali non siano empatici e non si compenetrino in qualche modo con le loro vittime. Ad esempio il sadico è in fondo empatico, poiché percepisce molto bene che la sua vittima sta soffrendo, solo che la percezione del dolore altrui nella sua mente perversa diventa fonte di piacere. Ma se il soggetto sadico NON percepisse il dolore dell'altro, non si accorgesse della sua sofferenza, anche la sua perversione verrebbe a cessare, proprio perché mancherebbe lo stimolo essenziale che la scatena, cioè la percezione del dolore! Alcuni psicologi dicono ad esempio che il sadico inconsciamente si identifica con la sua vittima, e quindi in realtà proverebbe piacere nel far soffrire se stesso, ecco perché sadismo e masochismo vanno a volte a braccetto.
I soggetti che veramente non hanno empatia non sono tanto i criminali, ma semmai il discorso dell'assenza di empatia vale per definire gli autistici, infatti una caratteristica del soggetto autistico (vedasi sindrome di Asperger) è quella di non percepire il mondo emotivo degli altri, da qui tutta la serie di fraintendimenti, difficoltà, che sono costretti ad affrontare.

Jacopus

Mtt94: i pareri sull'argomento sono contrastanti. Baron Cohen la pensa come te e parla di grado 0 dell'empatia condiviso fra autistici e antisociali gravi (fa ulteriori distinzioni che non riporto). A me sembra più interessante la teoria di A. Raine che distingue fra empatia e compassione. Effettivamente essere empatico significa solo mettersi nei panni degli altri ma questo potrebbe anche non essere sufficiente. Mettermi nei panni della vittima che soffre non fa altro che aumentare l'eccitazione del sadico violento. Se non riuscisse a immedesimarsi in quella condizione non riuscirebbe a trarne piacere. Solo avendo compassione per la condizione degli altri riusciamo a orientare la nostra azione in modo solidale. Ma come al solito è questione di termini. Se con empatia intendi capacità di connettersi emozionalmente il significato cambia, anche se, insisto, anche il serial killer si connette emozionalmente con la vittima. In ogni caso il serial killer non è un prodotto di fabbrica. Vi sono diverse classificazioni anche del serial killer, oltre che della personalità antisociale. Inoltre si può ovviamente essere non empatici e fare una vita tranquilla o addirittura di successo, considerando che molti dei vigenti rapporti economici e sociali sono regolati secondo principi strettamente antisociali.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

davintro

Citazione di: Jacopus il 09 Gennaio 2019, 17:28:51 PMMtt94: i pareri sull'argomento sono contrastanti. Baron Cohen la pensa come te e parla di grado 0 dell'empatia condiviso fra autistici e antisociali gravi (fa ulteriori distinzioni che non riporto). A me sembra più interessante la teoria di A. Raine che distingue fra empatia e compassione. Effettivamente essere empatico significa solo mettersi nei panni degli altri ma questo potrebbe anche non essere sufficiente. Mettermi nei panni della vittima che soffre non fa altro che aumentare l'eccitazione del sadico violento. Se non riuscisse a immedesimarsi in quella condizione non riuscirebbe a trarne piacere. Solo avendo compassione per la condizione degli altri riusciamo a orientare la nostra azione in modo solidale. Ma come al solito è questione di termini. Se con empatia intendi capacità di connettersi emozionalmente il significato cambia, anche se, insisto, anche il serial killer si connette emozionalmente con la vittima. In ogni caso il serial killer non è un prodotto di fabbrica. Vi sono diverse classificazioni anche del serial killer, oltre che della personalità antisociale. Inoltre si può ovviamente essere non empatici e fare una vita tranquilla o addirittura di successo, considerando che molti dei vigenti rapporti economici e sociali sono regolati secondo principi strettamente antisociali.

Sono d'accordo e a questo proposito mi sentirei di far notare che l'intendere l'empatia come avvertimento in se stessi di un vissuto proveniente da un alter ego, da cui il nostro vivere originario resta distinto e dunque libero di poter formulare giudizi di valore negativo sull'estraneo, e dunque distinta dalla "simpatia", nella quale invece troviamo una coincidenza fra vissuto del simpatizzante e vissuti su cui simpatizzare, e in cui dunque c'è condivisione morale, per la quale non mi limito a sentire in me la gioia o la tristezza altrui ma gioisco della sua gioia e soffro del suo soffrire, è un prezioso apporto della fenomenologia di Edith Stein. Più in generale, la fenomenologia, per cui ogni specie di vissuto cosciente viene ricondotto ad un Io da cui scaturisce, è l'atteggiamento più adeguato a riconoscere la differenza tra un sentire che sento in me, ma che non sento come proveniente dal mio Io e che dunque non implica una determinata presa di posizione etica (empatia), ma dall'Io di un altro, e sentire che invece sento promanare in modo originario dal mio Io, dunque dalla mia soggettiva sensibilità etica, che viene in tutto e per tutto condivisa con quella di un altro (simpatia). Senza questo forte richiamo all'idea dell'Io come punto di discrimine fra i vissuti originariamente miei, e quelli altrui, che posso "ospitare" in me, ma che non esprimono davvero la mia soggettività, questa importante distinzione fra due specie di vissuti resterebbe inavvertita, creando un certo livello di confusione

mtt94

Citazione di: Socrate78 il 09 Gennaio 2019, 17:27:16 PM
In realtà dissento molto con l'idea comune secondo cui i criminali non siano empatici e non si compenetrino in qualche modo con le loro vittime. Ad esempio il sadico è in fondo empatico, poiché percepisce molto bene che la sua vittima sta soffrendo, solo che la percezione del dolore altrui nella sua mente perversa diventa fonte di piacere. Ma se il soggetto sadico NON percepisse il dolore dell'altro, non si accorgesse della sua sofferenza, anche la sua perversione verrebbe a cessare, proprio perché mancherebbe lo stimolo essenziale che la scatena, cioè la percezione del dolore! Alcuni psicologi dicono ad esempio che il sadico inconsciamente si identifica con la sua vittima, e quindi in realtà proverebbe piacere nel far soffrire se stesso, ecco perché sadismo e masochismo vanno a volte a braccetto.
I soggetti che veramente non hanno empatia non sono tanto i criminali, ma semmai il discorso dell'assenza di empatia vale per definire gli autistici, infatti una caratteristica del soggetto autistico (vedasi sindrome di Asperger) è quella di non percepire il mondo emotivo degli altri, da qui tutta la serie di fraintendimenti, difficoltà, che sono costretti ad affrontare.
Non è un'idea comune, vengono fatte perizie psicologiche e psichiatriche su questi soggetti. Sono fortemente psicopatici e sociopatici e per nulla empatici, sono le principali caratteristiche che si riscontrano.

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