L'impossibilità di una filosofia senza metafisica

Aperto da davintro, 11 Aprile 2019, 20:01:46 PM

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odradek

#210
a Davintro



citazione :
Deduzione dell'esistenza di Dio sulla base della presenza dell'idea originaria presente in "noi".

Quando dici noi intendi tu e Green Demeter oppure noi come umanità ?
Perchè io e moltissime altre persone non abbiamo mai avuto la minima presenza dell'idea di Dio; mai minimamente sfiorati. Non sono un ateo "di ragionamento"; io e moltissimi altri siamo nati così; mai minimamente sfiorati dall' idea di Dio; mai comparso sull'orizzonte delle possibilità.  Sfortuna o malformazione genetica ?


Una deduzione sulla base di una presenza.
Si deduce una "esistenza" sulla presenza dell'idea originaria e primitiva.

La presenza dell'idea originaria da dove viene?
La presenza dell'idea primitiva come si forma?

Sulla base di un idea si fonda (idealmente )una realtà esistente.

L'idea di Dio diventa quindi "naturale", insita originariamente nella mente dell'uomo.
Quindi l'ateismo è un disturbo della mente, mancandogli quell'idea originaria e primitiva insita in tutte le menti.
Oppure una perversione dell' intelletto che "vuole" rifiutare la naturalità dell'idea primitiva di Dio.

Sintantochè è un atto di fede nessuno deve permettersi rilievi, ma quando si introducono "idee originarie" (embedded nel cervello "implementate" come al robottino, perchè qualcosa o qualcuno gliele deve aver messe) o "idee primitive" allora siamo nel campo della pura speculazione.

Che differenza passa tra un "idea originaria" ed una idea platonica ?

P.s.:  mi son ricordato che già precedentemente avevi chiaramente detto che la tua riflessione si fondava sulla base del pensiero di Rosmini, quindi la mia "ricordanza" avrebbe già dovuto rispondermi.  Il riferimento ad "idee originarie" mi però ha dialetticamente "indispettito" e ho "dovuto" puntualizzare.  Anche perchè se no di cosa si parla.   :D

viator

Salve Odradek. "Deduzione dell'esistenza di Dio sulla base della presenza dell'idea originaria presente in "noi".

I credenti non lo sanno, e quando affermano la deduzione di cui sopra si riferiscono, inconsapevolmente, ad una definizione extrafideistica di Dio che in realtà (e qui hanno infatti ragione) è appunto presente in chiunque.

Poichè, al di fuori di ogni influenza culturale, educativa, suggestiva, al di fuori di ogni emotività e bisogno del singolo, ciascuno matura la consapevolezza di un Tutto, è questo il concetto divino originario che - in seguito - verrà eventualmente plasmato fideisticamente e religiosamente per adattarlo a ciò che di più immediato serve all'individuo : la speranza.

Prima di un Dio vestito dalle diverse fedi e religioni esiste infatti in Dio nudo la cui definizione viene da quasi tutti rifiutata perchè inadatta alla nostra comprensione e soprattutto ai nostri personali bisogni e desideri. Essa è "Dio consiste semplicemente nel completo insieme di tutto ciò che è". Il Tutto, appunto. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

odradek

E torinamo al concetto di Spinoza il Tutto che dici tu  è Dio.

Spinoza, proposizione 11 : Dio, ossia la sostanza che consta di infiniti attributi, di cui ognuno esprime eterna ed infinita essenza, necessariamente esiste.

Viator , proposizione 1 :  "Dio consiste semplicemente nel completo insieme di tutto ciò che è". Il Tutto, appunto.

Sono d'accordissimo con voi due , sono gli "altri" che non sono d'accordo con noi tre, perchè al posto di quel tutto mettono qualcosa d'altro.

0xdeadbeef

A Odradek e Viator
Ma, scusate, questo "tutto" lo intendete alla maniera dell'essere di Parmenide? Perchè, a me sembra,
solo in quel modo potete dargli, diciamo, "consistenza logica" (che, trovo, non avrebbe se lo
intendeste come una "essenza"; una "sostanza" - "eterna ed infinita" NEL divenire, come a me pare
in Spinoza - che infatti credo si contraddica).
saluti

odradek

a Oxdeadbeef.

Quel tutto lo intendo in qualsiasi maniera chiunque lo voglia intendere, purchè non me lo ritrovi infilato (esplicitamente o surrettiziamente) in qualsiasi discussione o ragionamento.
Dio è  cattolico ? Benissimo, non me lo infilare nella morale o nella sociologia.
Dio è Buddista ? Benissimo, ma non me lo infilare nella teoria delle sensazioni o nella sociologia.

Non mi interessa nulla e niente della religione a cui uno appartiene fosse anche di Baal; purchè non lo infili nei ragionamenti.

0xdeadbeef

A Odradek
Ma, è lecito chiedere cosa significhi questo insieme di parole che nulla ha a che vedere con la
mia domanda?
Non ti dicevi forse d'accordo con Viator (e con Spinoza) sulla coincidenza di Dio e del Tutto?
Io facevo soltanto notare come questa visione possegga una coerenza logica SOLO SE questo "x"
(il Dio/Tutto) è inteso nella medesima maniera cui Parmenide intende l'Essere, che è non solo
"ciò che è e che non può non essere", cioè la negazione radicale del divenire, ma anche la negazione
altrettanto radicale della molteplicità (una molteplicità che a me pare riaffermata da Spinoza nella
celebre distinzione fra natura "naturata" e "naturante").
Questo il mio rilevo, quindi, se si vuole (se non si vuole, come dire, me ne farò una ragione...),
si risponda a questo senza andare a parare in cose che non c'entrano un fico secco.
saluti

viator

Salve Ox. Perdona la mia ignoranza la quale - per sopramercato - si accompagna alla mia presunzione.
No so cosa scrisse Parmenide del Tutto, ma secondo me si può anche fare a meno di conoscerlo (Parmenide). Certi concetti dovrebbero risultare ugualmente chiari sia agli analfabeti minimamente svegli che a filosofi ingobbiti dai troppi studi.
Il Tutto (concetto logico-aritmetico) che quasi coincide con l'Assoluto (concetto simile in veste filosofico-metafisica) consiste aritmeticamente nella massima numerabilità esprimibile e quantitativamente può consistere in valori compresi tra 2 e (infinito -1) (l'1 è la monade, la cui trattazione dobbiamo qui ora certo escludere).
Ciò che "qualitativamente" lo assimila all'assoluto è la proprietà per la quale esso risulta indipendente dalla tipologia e dal numero dei contenuti che lo determinano. Aumentando o diminuendo a piacimento i contenuti dell'insieme (il Mondo), i concetti di Tutto ed Assoluto continuano a persistere, indifferenti a qualsiasi causa e qualsiasi effetto continui a prodursi nel Mondo.
Infatti dell'Assoluto e del Tutto deve dirsi che essi non consistono nè nei singoli relativi nè nel loro insieme, e sono quindi ovviamente privi di relazione con essi (Diversamente sarebbero anch'essi dei relativi). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

Citazione di: odradek il 01 Maggio 2019, 10:23:46 AMa Davintro citazione : Deduzione dell'esistenza di Dio sulla base della presenza dell'idea originaria presente in "noi". Quando dici noi intendi tu e Green Demeter oppure noi come umanità ? Perchè io e moltissime altre persone non abbiamo mai avuto la minima presenza dell'idea di Dio; mai minimamente sfiorati. Non sono un ateo "di ragionamento"; io e moltissimi altri siamo nati così; mai minimamente sfiorati dall' idea di Dio; mai comparso sull'orizzonte delle possibilità. Sfortuna o malformazione genetica ? Una deduzione sulla base di una presenza. Si deduce una "esistenza" sulla presenza dell'idea originaria e primitiva. La presenza dell'idea originaria da dove viene? La presenza dell'idea primitiva come si forma? Sulla base di un idea si fonda (idealmente )una realtà esistente. L'idea di Dio diventa quindi "naturale", insita originariamente nella mente dell'uomo. Quindi l'ateismo è un disturbo della mente, mancandogli quell'idea originaria e primitiva insita in tutte le menti. Oppure una perversione dell' intelletto che "vuole" rifiutare la naturalità dell'idea primitiva di Dio. Sintantochè è un atto di fede nessuno deve permettersi rilievi, ma quando si introducono "idee originarie" (embedded nel cervello "implementate" come al robottino, perchè qualcosa o qualcuno gliele deve aver messe) o "idee primitive" allora siamo nel campo della pura speculazione. Che differenza passa tra un "idea originaria" ed una idea platonica ? P.s.: mi son ricordato che già precedentemente avevi chiaramente detto che la tua riflessione si fondava sulla base del pensiero di Rosmini, quindi la mia "ricordanza" avrebbe già dovuto rispondermi. Il riferimento ad "idee originarie" mi però ha dialetticamente "indispettito" e ho "dovuto" puntualizzare. Anche perchè se no di cosa si parla. :D

lungi da me considerare gli atei dei disturbati mentali o cose del genere. L'ateismo non è affatto assenza dell'idea di Dio nella loro mente,  ma negazione della corrispondenza a tale idea di un'esistenza. Ma la negazione della corrispondenza esistenziale consiste pur sempre in un giudizio sull'idea, che dunque deve essere necessariamente riconosciuta come presente anche nella loro mente (mi viene in mente la battuta che, mi pare fosse Chesterton ma non sono sicuro, diceva a tal proposito: "Gli atei sono così noiosi... parlano in continuazione di Dio"). Quello che contesto dell'ateismo non è la sua presunta negazione dell'idea di Dio, ma la ricostruzione genetica della sua pensabilità considerandola alla stessa stregua delle idee di qualunque oggetto fisico, ponendosi così illogicamente in contraddizione con il suo significato definitorio: considerandola come prodotto dell'immaginazione umana, la vedono come un sintetico assemblaggio di parti spaziali, ignorando la differenza che passa tra la semplicità, l'originarietà aspaziale dei contenuti intelligibili con la spazialità derivata di quelli materiali. Non essendo l'idea di Dio riferita a un ente spaziale, suddivisibile in parti, la sua formazione non può consistere una sintesi fantastica di vari pezzi, ma si deve a una diretta esperienza di una realtà corrispondente a quell'idea semplice e primitiva (ripeto, da intendersi al di là delle varie rappresentazioni confessionali). Ma anche ipotizzando l'idea di una persona, che al di là dell'essere credente o ateo, creda di non aver mai avuto l'idea di Dio, perché mai quell'idea è stata oggetto di attenzione o riflessione, questo non ne implicherebbe l'assenza nella sua mente. Quando parlo di "presenza" intendo la comprensione dell'idea all'interno delle possibilità latenti del pensiero, la pensabilità, diciamo, e il complesso del pensabile non si esaurisce negli atti effettivi nei quali sottoponiamo alla nostra attenzione determinati contenuti. Proprio sulla base della critica fenomenologica allo psicologismo, va distinta l'oggettività del significato logico di un'idea dalla soggettività psicologica degli atti con i quali eventualmente gli rivolgiamo attenzione, non sono questi ultimi a produrre il significato. Quando, sulla base di determinati stimoli di tipo culturale, la nostra mente comincia esplicitamente a riflettere sull'idea di Dio, come su ogni altra idea, non stiamo arbitrariamente creando il significato, ma lo riconosciamo come contenuto logico di un'idea già presente in modo latente in noi, nel senso che la sua pensabilità non è stata posta nel momento in cui ci accorgiamo di esso, ma è una possibilità già prefigurata all'interno della nostra coscienza, anche se non esplicitata in una attuale tematizzazione, possibilità che però non potrebbe essere immanente al nostro pensiero umano, inadeguato a pensare l'idea di qualcosa che per definizione trascende l'uomo, e che dunque rimanda al contatto per il nostro pensiero con una realtà adeguata al significato dell'idea. Che noi ce ne accorgiamo o meno, lo scarto tra il significato dell'idea e quello della realtà che lo riceve resta.


p.s. "Conosco" il da te citato prof. Basti, avendo in un paio di occasioni ascoltato i suoi interventi proprio sul tema dell'ontologia formale e il problema della riferenza con quella materiale. Sono questioni estremamente interessanti, purtroppo per me estremamente difficoltose da seguire, perché l'uso di una terminologia così tecnicamente logica crea problemi a chi come me pur ritenendo la logica strumento fondamentale di ogni pensiero, predilige utilizzarla in un contesto meno autoreferenziale e più legato alla realtà intuitiva, concreta in cui si applica. Evidentemente ancora non riesco a essere così astratto e metafisico come vorrei essere, sono ancora troppo "empirico"...

odradek

a Davintro

Prefazione : quando dico (per brevità) " va bene" non significa che hai passato un qualche tipo di esame o che siamo d'accordo completamente, ma che non vedo argomenti determinanti che "fermino" il discorso; in quel senso.

cit : L'ateismo non è affatto assenza dell'idea di Dio nella loro mente,  ma negazione della corrispondenza a tale idea di un'esistenza.

Va bene, si può coindividere; facciamo il punto qui. Questione chiusa sull'ateismo


cit : "Gli atei sono così noiosi... parlano in continuazione di Dio"

 niente polemiche su chi dice cose intelligenti.

cit :  Ma anche ipotizzando l'idea di una persona, che al di là dell'essere credente o ateo, creda di non aver mai avuto l'idea di Dio, perché mai quell'idea è stata oggetto di attenzione o riflessione, questo non ne implicherebbe l'assenza nella sua mente. Quando parlo di "presenza" intendo la comprensione dell'idea all'interno delle possibilità latenti del pensiero, la pensabilità, diciamo, e il complesso del pensabile non si esaurisce negli atti effettivi nei quali sottoponiamo alla nostra attenzione determinati contenuti.

Va bene, e coindivido anche il concetto di presenza; per me questa presenza consiste nel fatto che son cresciuto circondato da una famiglia ed un nucleo sociale "normalmente " cattolico, ed ho sempre avuto a che fare con Dio; è un concetto che sento ripetere e "leggo" da decenni. In ogni caso la "presenza" si può coindividere.

cit : Proprio sulla base della critica fenomenologica allo psicologismo, va distinta l'oggettività del significato logico di un'idea dalla soggettività psicologica degli atti con i quali eventualmente gli rivolgiamo attenzione, non sono questi ultimi a produrre il significato.

Questa è davvero una frase "densa" ed occorre un post intero per "decrittarla" e discuterla; contiene diversi assunti che vanno discussi con pignoleria perchè sollevano altre questioni nascoste. A domani, o poi, ma è un punto centrale. Come anche il riferimento al professore (che potrei nominare, per rispetto nei suoi confronti, solo in bibliografia) merita ancora due parole di giustificazione e chiarimento da parte mia.

cit :  Quando, sulla base di determinati stimoli di tipo culturale, la nostra mente comincia esplicitamente a riflettere sull'idea di Dio, come su ogni altra idea, non stiamo arbitrariamente creando il significato, ma lo riconosciamo come contenuto logico di un'idea già presente in modo latente in noi, nel senso che la sua pensabilità non è stata posta nel momento in cui ci accorgiamo di esso, ma è una possibilità già prefigurata all'interno della nostra coscienza, anche se non esplicitata in una attuale tematizzazione, possibilità che però non potrebbe essere immanente al nostro pensiero umano, inadeguato a pensare l'idea di qualcosa che per definizione trascende l'uomo, e che dunque rimanda al contatto per il nostro pensiero con una realtà adeguata al significato dell'idea.

a) ma lo riconosciamo come contenuto logico di un'idea già presente in modo latente in noi
b) nel senso che la sua pensabilità non è stata posta nel momento in cui ci accorgiamo di esso, ma è una possibilità già prefigurata all'interno della nostra coscienza
c) e che dunque rimanda al contatto per il nostro pensiero con una realtà adeguata al significato dell'idea.

Tutto questo invece secondo me è dottrina delle idee (dottrina in senso platonico, le idee platoniche proprio) applicata al concetto di Dio.
Proprio questa frase : "possibilità già prefigurata all'interno della nostra coscienza" che non riesco ad accettare: quel prefigurato ci divide per ora.
Le domande che dovrei porti sono : esistono altre idee prefigurate ?  Quando invece che l'"idea prefigurata di Dio" gli uomini avevano l'" idea prefigurata degli dei"  esisteva una differente prefigurazione ? Gli egizi sono andati avanti tremila anni con il faraone divino e per svariati secoli han pensato pure che il "dio" fosse un emanazione del faraone, che è solo un esempio tra i tanti di "idee prefigurate" che han durato secoli e secoli.
Le "idee prefigurate" sono una "brutta bestia" da trattare.
"Bisogna parlarne", non è più attestazione di fede, è teoria delle idee.

0xdeadbeef

Citazione di: viator il 01 Maggio 2019, 21:40:25 PM
Salve Ox. Perdona la mia ignoranza la quale - per sopramercato - si accompagna alla mia presunzione.
No so cosa scrisse Parmenide del Tutto, ma secondo me si può anche fare a meno di conoscerlo (Parmenide). Certi concetti dovrebbero risultare ugualmente chiari sia agli analfabeti minimamente svegli che a filosofi ingobbiti dai troppi studi.
Il Tutto (concetto logico-aritmetico) che quasi coincide con l'Assoluto (concetto simile in veste filosofico-metafisica) consiste aritmeticamente nella massima numerabilità esprimibile e quantitativamente può consistere in valori compresi tra 2 e (infinito -1) (l'1 è la monade, la cui trattazione dobbiamo qui ora certo escludere).
Ciò che "qualitativamente" lo assimila all'assoluto è la proprietà per la quale esso risulta indipendente dalla tipologia e dal numero dei contenuti che lo determinano. Aumentando o diminuendo a piacimento i contenuti dell'insieme (il Mondo), i concetti di Tutto ed Assoluto continuano a persistere, indifferenti a qualsiasi causa e qualsiasi effetto continui a prodursi nel Mondo.
Infatti dell'Assoluto e del Tutto deve dirsi che essi non consistono nè nei singoli relativi nè nel loro insieme, e sono quindi ovviamente privi di relazione con essi (Diversamente sarebbero anch'essi dei relativi). Saluti.


Ciao Viator
Ah certo, si può benissimo vivere senza conoscere il pensiero di Parmenide, così come quello
di Platone, di Aristotele e via discorrendo. Però, come insegna la Semiotica, se i nostri
discorsi sono gli ultimi anelli di una catena segnica risulta piuttosto difficile ricercare
da dove essi provengano, e sapere come essi si formino con un certo significato senza conoscere
quelli che sono stati  i primi anelli di quella catena, non credi?
A tal proposito, ti ricordo che la mia domanda era consequenziale alla similitudine che Odradek
trova tra la tua visione del "tutto" e quella di Spinoza.
Ora,  mi sembra che tu faccia coincidere "Dio" con il "Tutto" ("Dio consiste semplicemente nel
completo insieme di tutto ciò che è"), e questo sicuramente ti avvicina al "panteismo" di Spinoza.
Ma, per Spinoza, "Dio è Dio", cioè è un "indiveniente NEL divenire" (e qui bisognerebbe conoscere
almeno per sommi capi il pensiero di Parmenide e il successivo "parricidio", che secondo autorevoli
fonti - ad esempio Heidegger - segna l'inizio della "metafisica").
In ogni caso mi par di capire che tu non intenda Dio alla stessa maniera di Spinoza (cosa che Odradek
mi sembra non cogliere), ma che per così dire ti limiti a "ribattezzare" con quel nome la totalità
degli essenti (in maniera, intendiamoci, arbitraria e non condivisibile, visto che se cominciamo a
dare alle parole il significato che ci pare senza minimamente attenerci alla semantica "concordata"
stiamo freschi...).
saluti

viator

Salve Ox. Per la precisione Dio - secondo il mio punto di vista - consisterebbe nell'Entità suprema ed appunto totalizzante.
L'Essente dovrebbe essere ciò che è in modi magari non specificabili ma pur sempre conoscibili. Non conosciamo - mi pare - il modo di essere di Dio.
L'Ente dovrebbe essere ciò che è in modo specificato e conoscibile.
L'Entità infine dovrebbe essere ciò che è in modo non specificato e non conoscibile (o almeno non finora conosciuto da alcuno).

Per quel che riguarda il mio trascurare le fonti del sapere (filosofico ad anche di qualche altro genere), ciò dipende da una una mia bizzaria mentale. A me non interessa l'epoca, l'autore, la diffusione (magari sino al mito) di ciò che leggo. Io non ritengo vera una espressione o definizione solo perchè giace in testi autorevoli. Io leggo parola per parola quindi combino artigianalmente il significato delle diverse parole per vedere se soddisfano il mio personale senso della logica o la mia personale esperienza, o magari - augurabilmente - entrambe.

Sistema che trovo rozzo ma non del tutto inefficiente. Salutoni.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

odradek

a Viator
(eletto non-sensale della nostra non-conversazione).

siccome non conosci Parmenide te lo spiego io.

Della sua produzione sono rimasti 160 versi su un totale di 800 stimati.

Non ricordo la metrica in cui sono stati scritti per cui non posso fare una stima del "totale parole", ma dovremmo stare intorno alle 1200 parole; da quelle sottraiamo le formule ritmiche e siamo sulle 800\900  (mille scatole d'argento ti regalerò)

Vedi bene come questo costituisca  una delle tante tue gravi lacune, il non conoscere 800 parole scritte nel quinto secolo avanti Cristo; secondo me ha prodotto deviazioni intollerabili nel corso della tua riflessione, conducendoti a quella "poca cosa" filosofica che disveli esser nei tuoi ragionamenti.
Parmenide è accreditato come uno dei primi a sproloquiare sull' essere. Tra i frammenti rimasti citiamo le seguenti perle :

niente viene dal niente.
"A non è" non può mai esser detto rimanendo nella verità, perchè tutto esiste come un unica realtà immutabile.
Il cambiamento non esiste e l'esistenza è senza tempo.
Non c'e' verità tra i mortali.

E' considerato uno degli "inventori" dell'essere nonchè dell'ontologia; dalla sua scuola sono usciti giganti del pensiero del calibro di Zenone, inventore de "achille e la tartaruga" che tanto buon umore ci ha regalato nei primi anni del liceo.

In ogni caso, hai sempre tempo ad informarti in quanto per meno che 800 parole (poesia a parte) trattasi di informazione e basta; se invece tu ti riferissi alla superfetazione microbica generata dall' essere allora è tutto un altro paio di maniche.

Passando alla Semantica una breve visita su wikipedia (se ti servisse per chiarirti la definizione) ti conforterà nella convinzione che l'analisi dei significati non ha nulla a che fare con la maniera di considerare l'essere.

"L'indiveniente nel divenire" (??)  a quale proposizione di Spinoza si riferisce ? Il caro Baruch aveva l'abitutdine di numerare le sue proposizioni quindi vorrei la citazione con numero allegato, e non le ruminazioni di Heidegger e quelle delle autorevoli fonti non citate.  

Odradek non coglie mai niente, Odradek specchia parole e basta, le "riflette".
Riflessioni e riflessi, supposizioni e supposte, la filosofia va avanti così.

P.s.:  non esiste semantica concordata, esiste una terminologia concordata.

viator

Salve Odradek. Grazie per la tua risposta. Vedo con piacere che, visto ciò che di Parmenide mi sono perso, mi sembra tu possa trovare non dissennata la mia "strategia" speculativa, anche se non mi fa eccellere nel consenso (consesso ??) degli acculturati. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

Citazione di: odradek il 02 Maggio 2019, 00:19:23 AMa Davintro Prefazione : quando dico (per brevità) " va bene" non significa che hai passato un qualche tipo di esame o che siamo d'accordo completamente, ma che non vedo argomenti determinanti che "fermino" il discorso; in quel senso. cit : L'ateismo non è affatto assenza dell'idea di Dio nella loro mente, ma negazione della corrispondenza a tale idea di un'esistenza. Va bene, si può coindividere; facciamo il punto qui. Questione chiusa sull'ateismo cit : "Gli atei sono così noiosi... parlano in continuazione di Dio" niente polemiche su chi dice cose intelligenti. cit : Ma anche ipotizzando l'idea di una persona, che al di là dell'essere credente o ateo, creda di non aver mai avuto l'idea di Dio, perché mai quell'idea è stata oggetto di attenzione o riflessione, questo non ne implicherebbe l'assenza nella sua mente. Quando parlo di "presenza" intendo la comprensione dell'idea all'interno delle possibilità latenti del pensiero, la pensabilità, diciamo, e il complesso del pensabile non si esaurisce negli atti effettivi nei quali sottoponiamo alla nostra attenzione determinati contenuti. Va bene, e coindivido anche il concetto di presenza; per me questa presenza consiste nel fatto che son cresciuto circondato da una famiglia ed un nucleo sociale "normalmente " cattolico, ed ho sempre avuto a che fare con Dio; è un concetto che sento ripetere e "leggo" da decenni. In ogni caso la "presenza" si può coindividere. cit : Proprio sulla base della critica fenomenologica allo psicologismo, va distinta l'oggettività del significato logico di un'idea dalla soggettività psicologica degli atti con i quali eventualmente gli rivolgiamo attenzione, non sono questi ultimi a produrre il significato. Questa è davvero una frase "densa" ed occorre un post intero per "decrittarla" e discuterla; contiene diversi assunti che vanno discussi con pignoleria perchè sollevano altre questioni nascoste. A domani, o poi, ma è un punto centrale. Come anche il riferimento al professore (che potrei nominare, per rispetto nei suoi confronti, solo in bibliografia) merita ancora due parole di giustificazione e chiarimento da parte mia. cit : Quando, sulla base di determinati stimoli di tipo culturale, la nostra mente comincia esplicitamente a riflettere sull'idea di Dio, come su ogni altra idea, non stiamo arbitrariamente creando il significato, ma lo riconosciamo come contenuto logico di un'idea già presente in modo latente in noi, nel senso che la sua pensabilità non è stata posta nel momento in cui ci accorgiamo di esso, ma è una possibilità già prefigurata all'interno della nostra coscienza, anche se non esplicitata in una attuale tematizzazione, possibilità che però non potrebbe essere immanente al nostro pensiero umano, inadeguato a pensare l'idea di qualcosa che per definizione trascende l'uomo, e che dunque rimanda al contatto per il nostro pensiero con una realtà adeguata al significato dell'idea. a) ma lo riconosciamo come contenuto logico di un'idea già presente in modo latente in noi b) nel senso che la sua pensabilità non è stata posta nel momento in cui ci accorgiamo di esso, ma è una possibilità già prefigurata all'interno della nostra coscienza c) e che dunque rimanda al contatto per il nostro pensiero con una realtà adeguata al significato dell'idea. Tutto questo invece secondo me è dottrina delle idee (dottrina in senso platonico, le idee platoniche proprio) applicata al concetto di Dio. Proprio questa frase : "possibilità già prefigurata all'interno della nostra coscienza" che non riesco ad accettare: quel prefigurato ci divide per ora. Le domande che dovrei porti sono : esistono altre idee prefigurate ? Quando invece che l'"idea prefigurata di Dio" gli uomini avevano l'" idea prefigurata degli dei" esisteva una differente prefigurazione ? Gli egizi sono andati avanti tremila anni con il faraone divino e per svariati secoli han pensato pure che il "dio" fosse un emanazione del faraone, che è solo un esempio tra i tanti di "idee prefigurate" che han durato secoli e secoli. Le "idee prefigurate" sono una "brutta bestia" da trattare. "Bisogna parlarne", non è più attestazione di fede, è teoria delle idee.


"prefigurata" è effettivamente un termine equivocabile, in quanto il prefisso "pre" può di per sé lasciar intendere il riferimento a una precedenza temporale, per la quale il pensiero potrebbe in una fase temporale precedente a quella in cui man mano diviene consapevole dei suoi atti espliciti di attenzione e riflessione sulle idee aver avuto intuizione di esse, rientrando effettivamente nelle visioni platoniche nelle quali l'anima, sostanzialmente separata dal corpo, avrebbe pensiero delle idee, perché pensate in vite precedenti alla sua infusione nel corpo. Però quel "pre" nelle mie intenzioni, implicava una precedenza meno "forte" e piena di riferimenti religiosi/mitologici. Era intesa come prefigurazione di possibilità del pensiero implicite rispetto alle loro esplicitazioni negli atti in cui i contenuti del pensiero divengono oggetto di una tematizzazione da parte dell'Io. Anche precedentemente a tali tematizzazioni, i significati devono essere adeguati a l' essere intesi dalla nostra mente, indipendentemente dal fatto che tale intenzione sia o meno attuata. In questo senso, non creiamo i significati delle cose, bensì li riconosciamo. E qua, credo, si apre il problema metafisico di rendere ragione dello scarto tra la finitezza ontologica del nostro pensiero e il significato che si riferisce a una realtà, nella sua idealità, trascendente l'uomo, perfetta, eterna, infinita, un significato del tutto irriducibile alle proprietà degli enti mondani da cui il nostro pensiero ricava i concetti di questi enti. L'adeguazione tra significato e realtà producente la possibilità di rendere tale significato pensabile per noi, è ciò in base cui le idee originarie, o "prefigurate" coincidono con le cosiddette idee "astratte" (che chiaramente sarebbero astratte solo in base al pregiudizio materialista di associare il concreto con il fisico), cioè il significato è riferito a entità spirituali, (Dio, anima, libertà, giustizia, essere...)che essendo prive di estensioni spaziali, non potrebbero essere prodotto di una unificazione fantastica da parte del pensiero, che le apprende invece direttamente nella loro unità "semplice", primitiva e immediata. Questo penso sia il nucleo di verità del platonismo, una distinzione tra sfera spirituale, indivisibile, incorruttibile, la cui conoscenza sarebbe originaria in noi, e una materiale, estesa, divisiva, la cui idea è prodotta empiricamente. Questo senza necessariamente ammettere tutto lo sfondo mitologico di Platone, espressione di un dualismo intelligibile-sensibile portato all'eccesso, visto come separazione sostanzialistica tra anima e corpo. La distinzione delle origini non implicherebbe, a mio avviso negare l'interrelazione fra i due momenti nel corso concreto in cui queste dimensioni convivono, Quindi, che le rappresentazioni storiche (egizi, greci, cristianesimo, islam...) di Dio per l'uomo abbiano riflettuto la componente fantastica dovuta alla sua sensibilità, e che dunque si diversifichino sulla base delle sue vicende storiche, le sue esperienze del mondo materiale, non toglie, che oltre questi strati interpretativi, un nucleo semantico di Dio inteso in termini rigorosamente metafisici come Causa prima, Essere coincidenze con essenza ecc., resti presente, implicitamente nelle nostre potenzialità cognitive, al di là del fatto che nella sua tematizzazione esplicita nelle credenze religiose, su tale nucleo si siano proiettati i portati empirici delle nostre culture, senza che la semplicità semantica del nucleo ne sia inficiata

acquario69

Citazione di: davintro il 02 Maggio 2019, 23:34:24 PM
 non creiamo i significati delle cose, bensì li riconosciamo.

...e credo che questo sia il punto essenziale...la chiave di accesso (la rivelazione)
e' la perfetta corrispondenza,tra l'intelletto (che non e' sinonimo di ragione come deficitaria-mente la intendono i moderni contemporanei) e la "cosa"..e' la nostra vera identità che si svela.

Adaequatio rei et intellectus: (Tommaso d'Aquino) 

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