L'impossibilità di una filosofia senza metafisica

Aperto da davintro, 11 Aprile 2019, 20:01:46 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Pio

Sono d'accordo sostanzialmente con l'esposizione del forumista davinintro. Si potrebbe sintetizzare con: le nuvole vanno e vengono ma il cielo rimane sempre lo stesso.
Non ci abitueremo mai ai metodi ruvidi di Dio, Joseph (cit. da Hostiles film)

Phil

Citazione di: davintro il 24 Aprile 2019, 17:32:49 PM
Quindi che una certa modalità della metafisica rischi oggi di limitarsi a esprimersi in approcci fai-da-te privi di un supporto accademico strutturale organizzato, perché gli orientamenti filosofici dominanti andrebbero in tutt'altra dimensione, non dice nulla sulla sua validità teoretica, che è la cosa che più mi interessa. In questo senso, noto con dispiacere un certo tono spregiativo nel parlare di "fai-da-te", quando invece questo approccio esprime proprio il coraggio intellettuale della razionalità, di chi resta fedele alla ragione e alla verità, alle proprie idee fintanto che continua a reputarle valide e ben fondate, senza lasciarsi condizionare dogmaticamente dal timore di restare isolato rispetto a un clima culturale che percorre nella sua quasi totalità strade del tutto diverso.
Sul "fai-da-te" mi pare emerga la basilare divergenza dei nostri paradigmi; hai rintracciato, in buona fede, un «tono spregiativo», partendo da una prospettiva metafisica, quando, partendo invece da una prospettiva postmoderna, personalmente non ci avevo "messo" nulla di sminuente, anzi: la mia stessa prospettiva è palesemente fai-da-te; in generale, l'abbandono di cornici metafisiche (gesto che, avrai ben intuito, mi vede consenziente) è propedeutico al fai-da-te; l'abbozzata ristrutturazione di un orizzonte di senso dopo la sua decostruzione, richiede spesso un fai-da-te.
Il paradosso con la metafisica è che la sua ambizione costitutiva, dentro e fuori le accademie (un pensatore debole non può certo esaltare le mode universitarie attuali, non trovi?), non si presta al fai-da-te; per cui il ritrovarsi perlopiù fuori dall'ambito accademico della ricerca (per continuare a primeggiare invece in quello della storiografia) è, almeno secondo me, un sintomo del suo spaesamento e della sua incapacità di progredire (in questi termini ho parlato di «lingua morta», che può essere tenuta viva solo come lingua "seconda" di parlanti che concordino di usarla).
Non è quindi il fai-da-te ad essere di per sè di poco valore o filosoficamente inopportuno, quanto piuttosto il fatto che sia proprio la metafisica, ovvero la nemesi storica del fai-da-te, a doversi sostentare con questo tipo di sviluppo amatoriale (dove anche «amatoriale» può suonare spregiativo per la metafisica, ma non per il postmoderno; questione di vocabolari).
Come dire, il fai-da-te di chi si improvvisa idraulico nel proprio bagno non è per me paragonabile al fai-da-te di chi si volesse improvvisare neurochirurgo (ovvero uno dei due ambiti è nettamente meno compatibile dell'altro con il fai-da-te).

Citazione di: davintro il 24 Aprile 2019, 17:32:49 PM
Di nuovo, si ha la conferma che solo una metafisica può pretendere di contrapporsi a un'altra metafisica
Se si è animati dall'esigenza a priori di una metafisica, indubbiamente è così. Se invece si decide di non stare più al gioco della metafisica (nonostante l'estrema versatilità del termine non aiuti a fare chiarezza), alcuni pensatori hanno (di)mostrato che è possibile anche uscirne, persino ricorrendo al fai-da-te (non sono l'unico, nè l'esempio migliore).
Il richiedere di falsificare teoreticamente il pensiero metafisico usando il post-metafisico, e viceversa, rischia di diventare un pindarico esercizio filosofico sul teorema dell'indecidibilità di Godel (il secondo, se la memoria non mi inganna, in cui si dimostra che ogni sistema decide di tutto tranne che di tutti i propri assiomi fondanti); sebbene devo ammettere che questa visione di "tollerenza teoretica pluralistica", in cui il pensiero fondato su altri assiomi non è in quanto tale falso o da rimuovere, non si confaccia sempre alla metafisica classica (ma d'altronde ognuno tende a parlare la propria "lingua madre", no?).

P.s.
Credo che il rapporto fra «causa formale» (metafisica) e «struttura genetica» (fisica, in veste di biologia) possa dare alcuni spunti su ciò che intendo come sopravvivenza metaforico-estetica dei contenuti della ontologia metafisica classica nei confronti delle scienze naturali.

green demetr

"le proprie idee fintanto che continua a reputarle valide e ben fondate, senza lasciarsi condizionare dogmaticamente dal timore di restare isolato rispetto a un clima culturale che percorre nella sua quasi totalità strade del tutto diverso." cit davintro

Si ma l'isolamento dimostra proprio del distacco tra università, che pretende un pensiero ben formato, e realtà, in cui evidentemente quel pensiero non era così ben formato.
Non mi sei mai piaciuto più di tanto, ma fin quando rimanevi nella tua barricata materialista, in fin dei conti chi se ne frega. Tu e la tua ontologia da 4 soldi riduzionista.
La tua pretesa di venire dalla parte spirituale, portando dentro la follia del discorso universitario, è invece parecchio pericolosa.
Non tanto per te Davintro, ma per il fatto che tu ti fai portatore, non consapevole di una ideologia mortifera, che una volta consumata se stessa, ossia avendo eroso la parte materiale, ora vuole anche quella spirituale, che è la vita. E la vita non è dentro l'università.
Orrore. (alias è una delle sintomatologie della fantasmatica che sta sviluppando il discorso bio-politico (italian modern theory, così ribatezzati dagli americani i lavori di Agamben, Esposito, e ultimo arrivato Cacciari, cioè gli americani si sono accorti ora di Cacciari....sebbene Cacciari si sia detto contrario al discorso bio-politico, dei primi 2, ma questa è un altra storia)

"Di nuovo, si ha la conferma che solo una metafisica può pretendere di contrapporsi a un'altra metafisica" cit davintro

Serve una metafisica 2.0 non è ovvio Davintro?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

"Il richiedere di falsificare teoreticamente il pensiero metafisico usando il post-metafisico, e viceversa, rischia di diventare un pindarico esercizio filosofico sul teorema dell'indecidibilità di Godel " cit phil

Ma non si tratta di rinnegare la metafisica 1.0, il controllo del discorso è semplicemente proprio sulla correttezza metafisica, dei sui passaggi.
Il problema vero dell'indecidibilità riguarda gli assiomi di questo controllo.
O meglio ebbi questa intuizione, ma poi mi è sfuggita di testa.
Nel 3d che dedicai alla metafisica 2.0, alla fine mi aiutasti a capire, che non c'era modo.
Rimane l'aporia dei fondamenti e quindi rimane anche l'aporia di non poter controllare la metafisica 1.0 come vorrebbe per via ontologica Davintro.
Ripeto ontologica proprio no. (inconciliabilità con Davintro)

Ma metafisica si.
Rimane da chiarire cosa sia questa metafisica 2.0
Il gioco al tavolo mio è proprio questo. Ed è il gioco della psicanalisi che fa le pulci alla religione.
D'altronde la fondazione ermeneutica, è già di per sè aporetica.
Ciò che fonda, non è una interpretazione.
La vita non è una interpretazione e qui arriviamo alla nostra di inconciliabilità ;)  in questo senso aporetico proprio no.
La vita non è una farfalla. La farfalla è ciò che aleggia intorno alla brutalità delle ipotesi.
Una grande lezioni di ironia, ma su questo siamo ampiamente d'accordo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Pio il 24 Aprile 2019, 20:37:36 PM
Sono d'accordo sostanzialmente con l'esposizione del forumista davinintro. Si potrebbe sintetizzare con: le nuvole vanno e vengono ma il cielo rimane sempre lo stesso.

Cosa la convince del discorso sull'ontologia? che io riscrivo discorso dell'identità.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

odradek

a davintro.

Gli universali esistono, stia pure saldo e sereno nelle sue convinzioni.
Un esempio banale; per la scelta dell'esempio da proporre, siccome siamo persone "vecchie" e superate, non andremo a cercare tra le "questioni" di moda al momento, ma ci limiteremo al campo della cognizione ovviamente correlato alla semantica. Entrambe presentano aspetti specifici o legati al linguaggio (più o meno complesso), o legati alla cultura (più o meno tecnicizzata).
Volendo trasferire concetti da un linguaggio all'altro (non informazioni che per quello ci sono i codici) abbiamo bisogno di una base (\nucleo\grumo-germinante) di concetti universali ( nel senso che valgono sulla terra, non su betacygni14, o forse chissà) che occorre definire, e in semantica vengono definiti concetti universali; valgono per me, per lei e per i primitivi.
Si giunge così al metalinguaggio semantico naturale (nsm in inglese), perfetto esempio di universale utilizzato nella pratica filosofica accademica.  Esistono anche i finti universali come la politica ed i falsi universali come l'inconscio della vulgata psicoanalitica; come vede se ne ha in abbondanza.

Per quanto riguarda la modernità così "assillante" ptrei dirle che per me l'esistenzialismo è stata una delle peggiori iatture capitate alla pratica filosofica, perchè, dall'esistenzialismo in poi, nel comune sentire, è venuta in qualche modo radicandosi la convinzione che la filosofia-metafisica, potesse essere di qualche aiuto a lenire, quando non addirittura a risolvere, i problemi delle persone; qualcosa che riguardasse lo "star bene" -cosa questa oltremodo curiosa perchè di filosofi che "stessero bene" si son avute rare notizie e tra gli esistenzialisti sopratutto- e che nulla ha a che fare con il "bene" che i greci intendevano discendesse da una corretta pratica filosofica;  confondendolo invece (esistono anche i piani di slittamento, una faccenda quasi geologica, di stratificazione) con il "bene" che lenisse o guarisse i mal-esseri dell'alienazione sociale.

La seconda fase "demolitrice" si è abbattuta sulla filosofia con lo strutturalismo, poi il 68 francese, non bastando quello la disillusione del 68, poi il modernismo e poi il post-modernismo; sincronicamente "esplodono" i media, nuovi canali di informazione scavano nuovi strade nel corpo sociale, nuove energie si liberano, e diffondono della "filosofia", acriticamente, quello che l'utenza dimostra di gradire maggiormente.
Tutto quello che di buono è stato prodotto negli ultimi cinquant'anni di filosofia ti viene oscenamente strombazzato (ovviamente nelle sue più deformi e distorte "interpretazioni" di singole frasi estratte da costruzioni complesse) via forum, radio\tv\riviste\discorsi, andando a formare quella filosofia "fai da te" che viene rimpallata da un campo polarizzato all' altro.
Contemporaneamente tutto quello che di buono è stato compiuto dal medio-evo in poi diventa ciarpame per collezionisti di conchiglie.
 
Questa non è però la realtà; gli studi ontologici godono ottima salute e dal duemila in poi solo in Italia sono stati pubblicati non meno di cinquanta libri dedicati all'ontologia, di cui solo un paio traduzioni; si tengono convegni, e la filosofia come la intende lei non è affatto morta, anche se effettivamente non è che sia poi così popolare al di fuori dei circuiti accademici, ma a questo lor signori sono ormai abituati.
Per quanto riguarda lo stato dell'arte, datosi che in fin dei conti quella era la domanda, questi due link dovrebbero grosso modo rappresentare il punto in cui gli addetti ai lavori pensano di essere giunti.

https://www.ontology.co/
https://journals.openedition.org/estetica/index.html  .

Esiste un prezzo da pagare però; gli studi ontologici non consentono la presa sul reale, non riusciranno mai a dar conto delle trasformazioni sociali, ma potranno solo coglierne i riflessi provenienti dai roghi che scatenano. Non è possibile seguire la corrente ontologica degli studi filosofici e contemporaneamente seguire gli studi ( a proliferazione batterica ) di filosofia sociale.  Troppo tempo, troppi libri e troppo studio, bisogna scegliere.

viator

Salve Odradek. Benvenuto. Credo che, se il Forum è un'isola, il vento vi abbia deposto un seme fecondo. Meraviglioso intervento. Compimenti e saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: odradek il 25 Aprile 2019, 11:29:03 AM
Per quanto riguarda lo stato dell'arte, datosi che in fin dei conti quella era la domanda, questi due link dovrebbero grosso modo rappresentare il punto in cui gli addetti ai lavori pensano di essere giunti.

https://www.ontology.co/
https://journals.openedition.org/estetica/index.html  .
Grazie davvero per i link; a prima vista sembrano molto interessanti e spero possano aiutarmi a superare il (pre)giudizio secondo cui l'ontologia classica è ormai oggi declinata (in entrambi i sensi) in logica/gnoseologia (primo link) ed estetica (secondo link), al punto da diventare un appellativo che non descrive più un campo omogeneo di indagine bensì, conformemente alla crescente settorializzazione dei domini, ricorda perlopiù un'eredità storiografica (il tipo di approccio che ha animato molti dei convegni e dei testi pubblicati sull'ontologia nel nuovo millennio? Chiedo, non è una domanda retorica).

Non nascondo che alcuni nomi nello "schema degli ontologi" mi danno da riflettere su cosa si intenda per «ontologia»; ad esempio, la riflessione sull'AI (presente nello schema) è davvero ancora ontologia?
Indubbiamente intendere l'ontologia, proprio come la metafisica, in modo "continentale" più che "analitico", mi rende perplesso nell'accettare che venga usata come "tag" (superfluo?) in ambiti di per sè già circoscritti e specifici (ma questo è probabilmente un limite del mio dizionario filosofico fai-da-te).

davintro

#158
per Ipazia

"durevole",  siache lo si usi per indicare qualcosa di eterno, che di finito, in entrambi i casi non potrebbe assurgere a terzo mediatore di una sintesi tra piano sovrasensibile eterno, metafisico, e quello sensibile contingente della fisica, sintesi costituente quel progetto di "fusione" tra filosofia e scienza naturale che viene auspicato. Nel primo caso, il durevole sarebbe collocabile nell'ambito di ricerca della metafisica, inattingibile dalla fisica, nel secondo, indicherebbe solo una certa gradazione quantitativa di permanenza che però non esce dalla finitezza: indica qualcosa che dura a lungo, ma comunque pur sempre destinato a terminare, quindi qualcosa incapace di rispondere a quei problemi tramite cui la metafisica ha avvertito la necessità di riconoscere una dimensione trascendente la finitezza e al contempo rendente ragione di essa. Il punto è che tra eternità e finitezza c'è uno scarto, un aut aut qualitativo: tutto ciò che non è eterno è finito e viceversa, non ci sono mediazioni terze da cui sfuggire dalla dicotomia. Questo però non esclude, stante la complessità ontologica delle cose, di poter ammettere distinti livelli, per cui all'interno della singola cosa convivono qualcosa di essenziale, eterno, la sua componente spirituale, unito al livello diveniente, contingente e mutevole. Due dimensione conviventi realmente, ma opposte concettualmente, in quanto ciascuna è presente nella misura in cui tende a escludere l'altra.


Per Phil

Il "fai da te" è un atteggiamento mentale, che non riguarda il fatto di aderire a una metafisica classica oppure di negarla, non implica un determinato contenuto delle proprie tesi, è forma mentis, non contenuto. Quindi non vedo come la riflessione autonoma sia ascrivibile all'adesione a un filone, anziché un altro. E questo, rispondendo anche a Green demetr (il cui giudizio verso di me non è da me ricambiato, dato che trovo il suo stile argomentativo molto interessante e affascinante, anche diverso, per sua fortuna, dal mio) vale anche per quanto riguarda l'egemonia accademica. Non ha senso pensare a una contrapposizione necessaria tra filosofia accademica e "filosofia della vita". L'accademia può rispecchiare più o meno tendenze di pensiero diffuse nel rapporto diretto con la vita, in ogni caso sono contrapposizioni che non dicono nulla del valore teoretico di un pensiero. Che un pensiero sia o meno lineare con egemonie accedemiche, il suo valore teoretico resta nella capacità di mostrare la sua corrispondenza con la realtà sulla base delle argomentazioni. Fedeltà all'esperienza della vita, certamente, ma non fermandosi al momento immediato, bensì comprendente il momento analitico in cui il discorso sembra farsi più rarefatto, formale, astratto, ma in funzione di uno sguardo sulla vita più razionale e attento a evitare sovrapposizioni e confusioni concettuali. Che riesca più o meno bene, solo questo dovrebbe importare in sede teoretica.

per Lou e Oxdeadbeef

apprezzo e condivido il vostro richiamo all'idea della vicinanza e dei legami tra metafisica e religione, che non ho mai negato, al tempo giusto mi sembrava opportuno sottolineare anche le decisive distinzioni, prima di tutto metodologiche, che poi si riflettono anche sulle distinzioni circa l'oggetto tematizzato, distinzioni che riflettono quelle circa la modalità (razionale per la metafisica, sentimentale per la religione) verso cui il punto di vista viene a strutturarsi

odradek

a Phil
 
Il campo della AI è il campo in cui ha "realmente e concretamente" senso parlare di ontologia, in quanti poi si tratta di implementare in un codice macchina questa ontologia; incarnarla.
 
Mi spiego : se all' interno di un sistema di tubature vogliamo inserire un "sensore mobile", quindi un emittente (il robot,  oggetto di poche decine di decimetri quadrati) che segnali una immissione nel circuito di un qualche componente nocivo (diciamo tre), trasmettendo al ricevente, sia il componente immesso, sia la locazione dove l' immissione avviene, abbiamo bisogno di "qualcosa" che dica al robot "cosa è" un componente nocivo; lo specificheremo esattamente ed inequivocabilmente attraverso un codice che implementeremo fisicamente sul robot.
Sensore-odore-bip.
A questo stadio di implementazione logica -accessibile al fai da te casalingo, come complessità di codice- il robot ha un "livello ontologico" che contempla tre "cose", di cui ha totale ed assoluta conoscenza e di cui può riferire, nei limiti che gli sono stati imposti; indubitabilmente ed inequivocabilimente, saprà riconoscere i tre componenti nocivi e saprà come relazionarsi ad essi.


Il problema della AI non è quindi spedire robottini di pochi decimetri quadrati in giro per l'universo a fare certe "cose" e instaurare certe "relazioni" con "oggetti"; esistono già "creature" ad ontologia limitata, ovvero in grado di trasmettere informazioni sulla base di un codice, che interpretano "sezioni" di "ambiente" sulla base di precise, determinate e ridicolmente primitive "ontologie".

Per farla breve, la ricerca della AI non è altro che la ricerca della "ontologia perfetta", che riesca a fornire al "robot" le basi che gli possano far decidere "le differenze" tra un masso oblungo di medie dimensioni, una statua, un quadro di una statua, ed un uomo che si è addormentato su una panchina invece che un manichino appoggiato su una panchina.
Quanto sia "immensa" -c'è chi dice insensata, e non sono pochi- questa ipotesi di lavoro risulta evidente dallo stato dell'arte della AI, nonostante i prodigi inconcepibili delle reti neurali, ma quello è intelletto, non è mente e non è ontologia.
 
Fornire ad un "robot" una "ontologia" è il sacro graal delle ricerche sulla AI; senza ontologia, diventa impossibile  solamente parlare di funzioni visive, anche relative ad un semplice sistema ottico implementato su un "oggetto statico".
La AI riflette sulla filosofia il suo problema che a sua volta è quello della filosofia e che consiste:
 
intorno ad un tavolo con dieci fisici nucleari (uno per quantistica), quattro filosofi, due rabbini, sei gesuiti, due biologi, Foucalt e Lacan, ci si aspetterebbe che esca una definizione esatta -codificabile- di cosa sia una mela. Questo non è ancora successo.
 
Una volta che gli informatici (persone di una concretezza imbarazzante) abbiano una esatta definizione di "cosa sia" una mela, che possa quindi essere implementata su una "cosa" che abbia, indipendentemente da una volontà esterna, delle "relazioni con una mela", allora più nessuno al mondo avrà bisogno di avere a che fare con le mele e se questo vi sembra ridicolo in effetti sembra così, ed anche a qualche informatico, ma campandoci, ben si guardano da sfiorare l'argomento; attitudine che pare abbiano immediatamente assorbito dai filosofi, risultando questa l'immediata risultanza degli studi interdisciplinari.
La ricerca sulla AI riflette gli stessi identici problemi della filosofia: nessuno sa precisamente definire (e quindi trasferire in codice) cosa sia "precisamente" una mela.
Nessuno per ora è in grado di fornire una "ontologia perfetta" della mela.

Al contrario, ognuno di noi, anche gli assenti, ha una precisa cognizione di cosa sia una mela e con essa si relaziona, ontologicamente consapevole, eppure non codificabile ne riducibile.

Ipazia

#160
Citazione di: davintro il 25 Aprile 2019, 23:59:57 PM
per Ipazia

"durevole",  siache lo si usi per indicare qualcosa di eterno, che di finito, in entrambi i casi non potrebbe assurgere a terzo mediatore di una sintesi tra piano sovrasensibile eterno, metafisico, e quello sensibile contingente della fisica, sintesi costituente quel progetto di "fusione" tra filosofia e scienza naturale che viene auspicato. Nel primo caso, il durevole sarebbe collocabile nell'ambito di ricerca della metafisica, inattingibile dalla fisica, nel secondo, indicherebbe solo una certa gradazione quantitativa di permanenza che però non esce dalla finitezza: indica qualcosa che dura a lungo, ma comunque pur sempre destinato a terminare, quindi qualcosa incapace di rispondere a quei problemi tramite cui la metafisica ha avvertito la necessità di riconoscere una dimensione trascendente la finitezza e al contempo rendente ragione di essa. Il punto è che tra eternità e finitezza c'è uno scarto, un aut aut qualitativo: tutto ciò che non è eterno è finito e viceversa, non ci sono mediazioni terze da cui sfuggire dalla dicotomia. Questo però non esclude, stante la complessità ontologica delle cose, di poter ammettere distinti livelli, per cui all'interno della singola cosa convivono qualcosa di essenziale, eterno, la sua componente spirituale, unito al livello diveniente, contingente e mutevole. Due dimensione conviventi realmente, ma opposte concettualmente, in quanto ciascuna è presente nella misura in cui tende a escludere l'altra.

Certamente: si tratta di metafisiche escludentesi perchè fondate su postulati diversi. Io capisco la maieutica dell'eterno ma, come afferma Phil, essa vale finchè essa riesce a produrre paradigmi sociali condivisibili. Il che non è più. Neppure la resistenza sulla linea del Piave contro il tartaro nichilista pare funzionare. Forse perchè il tartaro sta altrove e nel frattempo la metafisica dell'eterno si desertifica. I suoi enti si seccano e nell'altrove del tartaro cresce rigogliosa la metafisica del mercato, coi suoi valori fluttuanti e relativi validi fino al prossimo fixing o alla prossima mirabolante, quanto aleatoria, grande scoperta. In lotta sociodarwiniana con miriadi di bufale.

La metafisica del durevole ha il vantaggio di attingere alle stesse fonti antiche della metafisica dell'assoluto senza cadere nel qui ed ora ridotto al circense acefalo e disperante. I suoi fondamenti sono l'ambiente antropologico nel suo evolversi storico e gnoseologico sullo sfondo di una physis che la filosofia naturale sapientemente disvela, malgrado lo sgradevole rumore di fondo che avvolge il tutto, da azzerare attraverso il filtro dell'intelletto. Il durevole, rispetto alla scala di una vita umana individuale, assume caratteristiche di quasi-eterno, quasi-assoluto. Il baricento sui bisogni e desideri umani ne garantisce l'effettualità. Ma pure, visto la natura evolutiva di questo ente antropologico, l'assenza di dogmatismo. Rendendo così la vita umana (s)oggetto di una gaia scienza falsificabile, ma senza le immani tragedie della metafisica assoluta e la circense nullità del relativismo scientistico. La metafisica del durevole è una scommessa neoumanistica, nell'era dei robot.

A green direi che, dopo la morte della metafisica assoluta, si tratta di dare all'uomo quello che è dell'uomo e al robot quello che è del robot. Senza confondere uomini con robot. Di questa dialettica posthegeliana 2 parla con cognizione di causa odradek cui vanno i miei complimenti.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: davintro il 25 Aprile 2019, 23:59:57 PM
Il "fai da te" è un atteggiamento mentale, che non riguarda il fatto di aderire a una metafisica classica oppure di negarla, non implica un determinato contenuto delle proprie tesi, è forma mentis, non contenuto.
Accostando il «fai-da-te» all'«amatoriale», ne facevo anche una questione qualitativa di contenuto: una metafisica vagliata e diffusa in ambito accademico (pubblicazioni, etc.) probabilmente e solitamente è qualitativamente più coerente e "verificata" di una postata sul proprio blog auto-referenziale o su un forum. Riprendendo l'esempio, probabilmente e solitamente l'idraulico aggiusterà il rubinetto meglio di me; il che non significa screditare il fai-da-te, anzi, ripeto, lo trovo personalmente uno degli sbocchi più fertili di un approccio debole (non assolutistico, non reverenziale, postmoderno, etc.) alla filosofia fuori dalle accademie.

Citazione di: davintro il 25 Aprile 2019, 23:59:57 PM
Che un pensiero sia o meno lineare con egemonie accedemiche, il suo valore teoretico resta nella capacità di mostrare la sua corrispondenza con la realtà sulla base delle argomentazioni.
Non intendo sostenere che la filosofia "seria" è fatta solo dalle accademie o dagli addetti ai lavori (vedi sopra), quanto piuttosto riconoscere che gli sviluppi di ricerca qualitativa è più probabile che accadano in quella sede, poi ciascuno può certamente redigere la sua filosofia e anche dal fai-da-te possono nascere spunti interessanti.
Partendo da questi presupposti: un fai-da-te metafisico mi lascia perplesso (ma non ostile) come mi lascerebbe perplesso chiunque utilizzasse, per aggiustare un rubinetto, uno strumento o una tecnica che gli idraulici stanno, a quanto pare, abbandonando.

Citazione di: davintro il 25 Aprile 2019, 23:59:57 PM
Fedeltà all'esperienza della vita, certamente, ma non fermandosi al momento immediato, bensì comprendente il momento analitico in cui il discorso sembra farsi più rarefatto, formale, astratto, ma in funzione di uno sguardo sulla vita più razionale e attento a evitare sovrapposizioni e confusioni concettuali. Che riesca più o meno bene, solo questo dovrebbe importare in sede teoretica.
Nel caso della metafisica va tuttavia considerato che si tratta spesso di impalcature deduttive, relativamente verificabili, per cui, pur avendo coerenza logica interna (v. Godel), «la corrispondenza alla realtà» è spesso una questione di interpretazione infalsificabile («essenza», «spirito», «eternità», etc sono per definizione concetti logicamente fruibili seppur infalsificabili); per questo talvolta si può parlare di paradigmi incommensuraibli.

Phil

Citazione di: odradek il 26 Aprile 2019, 01:21:49 AM
Il campo della AI è il campo in cui ha "realmente e concretamente" senso parlare di ontologia, in quanti poi si tratta di implementare in un codice macchina questa ontologia; incarnarla.
[quel «poi» è per me importante e lo ritroveremo in seguito]
Probabilmente, come accennavo, è solo una questione di (mio?) vocabolario: l'"ontologia" della robotica (tu stesso hai giustamente usato spesso le virgolette) mi suona come una metafora dell'ontologia filosofica (che non necessita di virgolette), che ha contenuti, temi e problemi che mi pare esulino dall'interazione di meccanismi automatizzati in uno spazio. L'ontologia filosofica ha per oggetto l'uomo (da Protagora in poi) nella sua relazione con ciò che esiste (compresi i robot), ma la relazione fra robot e mondo, e gli annessi fondamentali e specifici problemi di programmazione e realizzazione tecnica, credo non appartengano all'ontologia filosofica. Ad esempio, insegnare ad un sensore per auto a guida autonoma come distinguere un paletto da un essere umano, non credo possa ricevere aiuti significativi dalla riflessione filosofica.
Se però intendiamo come «ontologico» ogni discorso che si occupa di ciò che (pare) esiste(re), allora la filosofia diventa un tipo di discorso ontologico e non viceversa (rovesciando la "dialettica" fra tema e approccio).

Insisto sul significato dei termini perché serve a intendersi: ad esempio, se mi dici che stai scrivendo un articolo di ontologia, penso di default alla filosofia e te ne chiedo una copia; se poi mi ritrovo a leggere di interazioni fra robot, periferiche e comandi di programmazione, resto piuttosto spiazzato. Tutto qui.


Citazione di: odradek il 26 Aprile 2019, 01:21:49 AM
La AI riflette sulla filosofia il suo problema che a sua volta è quello della filosofia e che consiste:

intorno ad un tavolo con dieci fisici nucleari (uno per quantistica), quattro filosofi, due rabbini, sei gesuiti, due biologi, Foucalt e Lacan, ci si aspetterebbe che esca una definizione esatta -codificabile- di cosa sia una mela. Questo non è ancora successo.
Premesso che alcuni dei convocati credo abbiano poco da contribuire in merito (opinione personale), ho il sospetto che solo dopo la riunione (e quindi forse mai) verrà chiamato il tecnico esperto in AI per ricevere suggerimenti di come "aiutare" un programma a identificare "ontologicamente" degli oggetti, con cui poi (per far eco al «poi» della tua prima citazione) interagirà un robot. E il fatto che siano da tempo iniziati e progrediti esperimenti di AI, machine learning, etc. anche senza che sia finita la suddetta riunione, mi pare un fattore molto eloquente sulla differenza fra ontologia filosofica e "ontologia" robotica.


P.s.
Se, rileggendo il tuo post, sostituiamo opportunamente «ontologia» con «identificazione percettiva», il senso del discorso mi pare restare il medesimo. Se facessimo lo stesso in un post in cui si parla di ontologia filosofica, non sono sicuro il risultato sarebbe parimenti compatibile (per quanto l'identificazione percettiva sia indubbiamente uno dei temi pertinenti all'ontologia filosofica, nel momento in cui parte dalla gnoseologia che, tuttavia, è un'altra disciplina filosofica).

Lou

#163
Citazione di: odradek il 26 Aprile 2019, 01:21:49 AM
a Phil
 
Il campo della AI è il campo in cui ha "realmente e concretamente" senso parlare di ontologia, in quanti poi si tratta di implementare in un codice macchina questa ontologia; incarnarla.
 
Mi spiego : se all' interno di un sistema di tubature vogliamo inserire un "sensore mobile", quindi un emittente (il robot,  oggetto di poche decine di decimetri quadrati) che segnali una immissione nel circuito di un qualche componente nocivo (diciamo tre), trasmettendo al ricevente, sia il componente immesso, sia la locazione dove l' immissione avviene, abbiamo bisogno di "qualcosa" che dica al robot "cosa è" un componente nocivo; lo specificheremo esattamente ed inequivocabilmente attraverso un codice che implementeremo fisicamente sul robot.
Sensore-odore-bip.
A questo stadio di implementazione logica -accessibile al fai da te casalingo, come complessità di codice- il robot ha un "livello ontologico" che contempla tre "cose", di cui ha totale ed assoluta conoscenza e di cui può riferire, nei limiti che gli sono stati imposti; indubitabilmente ed inequivocabilimente, saprà riconoscere i tre componenti nocivi e saprà come relazionarsi ad essi.


Il problema della AI non è quindi spedire robottini di pochi decimetri quadrati in giro per l'universo a fare certe "cose" e instaurare certe "relazioni" con "oggetti"; esistono già "creature" ad ontologia limitata, ovvero in grado di trasmettere informazioni sulla base di un codice, che interpretano "sezioni" di "ambiente" sulla base di precise, determinate e ridicolmente primitive "ontologie".

Per farla breve, la ricerca della AI non è altro che la ricerca della "ontologia perfetta", che riesca a fornire al "robot" le basi che gli possano far decidere "le differenze" tra un masso oblungo di medie dimensioni, una statua, un quadro di una statua, ed un uomo che si è addormentato su una panchina invece che un manichino appoggiato su una panchina.
Quanto sia "immensa" -c'è chi dice insensata, e non sono pochi- questa ipotesi di lavoro risulta evidente dallo stato dell'arte della AI, nonostante i prodigi inconcepibili delle reti neurali, ma quello è intelletto, non è mente e non è ontologia.

Fornire ad un "robot" una "ontologia" è il sacro graal delle ricerche sulla AI; senza ontologia, diventa impossibile  solamente parlare di funzioni visive, anche relative ad un semplice sistema ottico implementato su un "oggetto statico".
La AI riflette sulla filosofia il suo problema che a sua volta è quello della filosofia e che consiste:

intorno ad un tavolo con dieci fisici nucleari (uno per quantistica), quattro filosofi, due rabbini, sei gesuiti, due biologi, Foucalt e Lacan, ci si aspetterebbe che esca una definizione esatta -codificabile- di cosa sia una mela. Questo non è ancora successo.

Una volta che gli informatici (persone di una concretezza imbarazzante) abbiano una esatta definizione di "cosa sia" una mela, che possa quindi essere implementata su una "cosa" che abbia, indipendentemente da una volontà esterna, delle "relazioni con una mela", allora più nessuno al mondo avrà bisogno di avere a che fare con le mele e se questo vi sembra ridicolo in effetti sembra così, ed anche a qualche informatico, ma campandoci, ben si guardano da sfiorare l'argomento; attitudine che pare abbiano immediatamente assorbito dai filosofi, risultando questa l'immediata risultanza degli studi interdisciplinari.
La ricerca sulla AI riflette gli stessi identici problemi della filosofia: nessuno sa precisamente definire (e quindi trasferire in codice) cosa sia "precisamente" una mela.
Nessuno per ora è in grado di fornire una "ontologia perfetta" della mela.

Al contrario, ognuno di noi, anche gli assenti, ha una precisa cognizione di cosa sia una mela e con essa si relaziona, ontologicamente consapevole, eppure non codificabile ne riducibile.
Non sono riuscita a seguirti in toto per limiti miei, però non è che una (ricerca) di una "ontologia perfetta" ( ammesso sia così, nutro dubbi su questo: ad ascoltare alcuni ricercatori informatici impegnati sul campo non sembra essere così, forse a una lettura filosofica della questione ) non possa che risolversi infine in ontologie regionali, nelle ai che sono specchio dei nostri limiti?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

odradek

a Phil

Siamo all'inizio del nostro discorso e quindi sono costretto a citarti frase per frase.
*Non è un "citarti frase per frase" contradditorio o demolitorio, è un "citarti frase per frase" per confrontare le tue definizioni con le mie e vedere se ne possiamo trovare una comune, o sospendere l'argomento; le macchine non possono comunicare senza un codice comune.
Continuo e continuerò con questo puntuale -e fastidioso- riferimento al "codice" ed alle "macchine" per evidenziare quanto le ricerche e la riflessione sulla AI siano "maligne" e nello stesso tempo costituiscano un utile "attrezzo" per il "pensiero" e la sua comunicabilità.

Devo fare un altra precisazione sul come intendo le conversazioni scritte.
Stessimo parlando cambierebbe tutto; io do conto a te e tu dai conto a me, qua no; con solo un cenno saremmo in grado di "invalidare" qualsiasi "scivolone" commesso, ridendoci magari anche su, qua no; una analogia un poco azzardata potrebbe essere introdotta con un sorriso o con un gesto, qua no; qua tu dai conto ad n-1 ed io anche.
Da che mondo è mondo la "filosofia" si è fatta parlando (o con se stessi o con udienza) e non scrivendo, però qua siamo e qua dobbiamo specificare.
-da cui l'inclusione di "Lacan, i gesuiti, i rabbini, Foucalt", ammettendo ora al tavolo dieci scienziati (uno per quantistica) quattro filosofi (tre teologi ed un fisicista) e due biologi, ma ne basterebbe uno.

Citazione :
spero possano aiutarmi a superare il (pre)giudizio secondo cui....

possiamo eliminare quello che segue perchè quella citata è la struttura che regge qualunque enunciato segua.
La parola pregiudizio per me non ha valore.
L'affermazione che hai definito come pregiudizio per me è un "assegnazione di valore".
L'enunciato che hai definito pregiudizio (ci sarebbero, o non sarebbero ottime ragioni per definirlo così, ma non contano qua) potrebbe essere stato posto\digitato ( e ci risiamo) da un premio nobel o da un alunno di scuola elementare; per me che rispondo non cambia; io (macchina ora scrivente e non parlante) rispondo a quel che segue, e la assumo come "cosa" da valutare. Sembra pignoleria ma è importante; non esistono giudizi di valore in questo discorso*

Citazione :
a)Insisto sul significato dei termini perché serve a intendersi: ad esempio, se mi dici che stai scrivendo un articolo di ontologia, penso di default alla filosofia e te ne chiedo una copia; se poi mi ritrovo a leggere di interazioni fra robot, periferiche e comandi di programmazione, resto piuttosto spiazzato. Tutto qui.
b)Ad esempio, insegnare ad un sensore per auto a guida autonoma come distinguere un paletto da un essere umano, non credo possa ricevere aiuti significativi dalla riflessione filosofica.

xa) Mai si insiste abbastanza sul significato dei termini; non facciamo che questo. Più lo si fa più si va avanti. L'informatico arriva alla fine del processo, come dici tu. L'informatico è il computer; gli dici "cosa" fare e lui lo fa se può.
Sono gli altri che devono pensare alla ontologia e passargli il "pacchetto". Fisici quantistici, teologi e naturalisti sono quelli che decidono cosa sia la mela, l'informatico implementa-incarna la mela  nel robot.    
xb) Qua l'esempio non funziona perchè è troppo semplice; il sensore distingue un paletto da un uomo perchè ha una "precisa" ontologia del "paletto" non dell'uomo.
Tutto quello che il sensore "vede" è "ontologizzato", il resto si da (ma si da a noi, a lui non si da per nulla) come per esclusione, non lo vede, non esiste per nulla.
Si incomincia a parlare di "ontologia" problematica quando il nostro robottino 10x10cm. (una delle cose  più innocenti ed irresponsabili  del mondo) cingola liberamente per il parco cittadino munito di telecamera; la tecnologia implementata sul robottino è lo "stato dell'arte" civile, (esiste anche uno "stato dell'arte" militare che non si conosce mai nel momento in cui la si nomina; non sarebbe militare) il robottino "conosce" ogni minima vibrazione, aerea, tellurica ed elettromagnetica, non gli sfugge nulla, è sia radar che sonar che telecamera.
Il post è già troppo lungo, a poi.

Discussioni simili (5)