L'impossibilità di una filosofia senza metafisica

Aperto da davintro, 11 Aprile 2019, 20:01:46 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

davintro

Citazione di: Lou il 23 Aprile 2019, 18:04:27 PM@davintro Forse è perchè la metafisica per lungo tempo è stata l'ancella della teologia, teologia che mira ad avvalorare razionalmente quel che il sentimento di fede rivela. In pratica, essendo stata usata in lungo e in largo, in ambiti confessionali risulta molto difficile slegarla dal religioso e ricondurla a un terreno scevro dalle contaminazioni di cui sopra. Ammesso sia possibile. Peraltro la metafisica, pur ricondotta a un terreno aconfessionale e areligioso, paradossalmente non è detto sia a-tea, ma trova nel cosiddetto "Dio dei filosofi", forse la sua ragion d'essere, come più di una filosofia testimonia. Penso io.

capisco, d'altra parte penso anche sia opportuno richiamare alla distinzione dei piani, in sede di discussione teoretica i concetti andrebbero analizzati nelle loro relazioni essenziali, apriori, indipendentemente dalle forme con cui nella fattualità storica questi sono stati concepiti, mirando solo che l'analisi dei concetti rispecchi l'intuizione delle "cose stesse" a cui i concetti si definiscono. Altrimenti si rischia di cadere nelle fallacie dell'induzione generalizzante, scambiare per necessario ed universale degli aspetti delle cose, espressioni in realtà di punti di vista vincolati a particolari contesti culturali in cui sono stati pensati, ritenendo impossibile possano essere pensabili in modo alternativo rispetto a come fino a questo momento la storia ha espresso. Quindi il fatto che spesso si sia usata la metafisica come ancella della fede o della religione (preferisco non parlare di "teologia", perché mi vorrei ora soffermare sul rapporto tra razionalità della metafisica e la fede religiosa come sentimento non razionale, mentre teologia, come il suffisso "logia" mostra, tende comunque a porsi come sapere argomentativo, e in questo senso la considererei come ramo della metafisica e della filosofia, e non vorrei creare confusioni) non legittima la sua identificazione con un fideismo dogmatico che nulla avrebbe da dire ai ricercatori razionali della verità. La storia è utile come spunto, ispirazione, esempio, ma poi nel momento della riflessione e critica non dovrebbe essere posta come parametro di valutazione razionali delle analisi teoretiche. E comunque, anche questo cercavo di sottolineare, anche volendo per un attimo lasciare la teoresi e stando nella storia l'identità metafisica-religione è in larga parte smentita. Nel pensiero antico precristiano, la metafisica non è certo ancillare alla mitologia, ma la sostituisce nell'interpretazione del reale, e la filosofia moderna, anche nelle correnti più antireligiose come l'illuminismo, ha sempre continuato a propugnare sistemi metafisici "laici" come deismo, o i vari idealismi tedeschi. E anche volendo restare al medioevo, vediamo come già la Scolastica, a quel che so, si fosse impegnata a divaricare i campi del "credo" e dell' "intelligam", fino ad arrivare a Tommaso che distingue all'interno del problema di Dio questioni che la ragione può risolvere senza bisogno della fede come l'esistenza di Dio o l'immaterialità dell'anima, rispetto a quelle per cui invece si fa necessaria la fede per rivelazione

0xdeadbeef

A Davintro
Però, insomma, non si può nemmeno sostenere che religione e metafisica non siano parenti...
Secondo ben autorevoli fonti, la metafisica nasce nel momento in cui vengono "edificati gli
eterni", cioè nel momento in cui: "l'angoscia suscitata dal divenire suggerisce agli uomini
di pensare l'indiveniente", cioè la divinità (Severino).
Ora, saprai certo che in Aristotele, come in Platone, la "scienza prima" ha, per così dire,
due facce. Da un lato viene teorizzata una "sostanza" che è comune nel molteplice (Heidegger
la penserà nel tempo e nella physis); dall'altro tale "sostanza" continua però a presentare
gli stessi attributi della divinità, visto che viene intesa come "gerarchicamente superiore"
(da qui la qualifica di "scienza prima" che Aristotele attribuisce alla metafisica).
Quindi, sì, comprendo quanto affermi; ma questo tuo continuo "smussare"; questo "levigare"
fa pensare che in effetti qualcosa da smussare e levigare ci sia, non credi?
saluti

odradek

A davintro;

Ho letto con interesse quello che lei ha scritto, in quanto all'interno di una piacevole esposizione, ha mantenuto un filo logico costante, che ha permesso di seguire il discorso attraverso tutte le argomentazioni in cui ha voluto articolarlo. Ho preso ( e ne ho assunto anche da parte sua ) l'accezione di religione e religiosità non nel senso di "religio", ma nel senso che include grossolanamente le "tematiche spirituali" e la questione dell'esistenza o no di Dio.
 
Di alcuni passaggi non sono però riuscito a rendermi conto e vorrei capire dove ho mancato di comprendere.
Le cito i passi in cui non sono riuscito a chiarirmi la sua posizione, a cui seguono le ragioni per cui non son riuscito a farlo. Lei afferma che:

 "Il Dio che la metafisica prende in considerazione non è indagato nelle stesse proprietà in cui lo si considera per fede."

Non comprendo se, nella sua concezione, la metafisica  "prende in considerazione" il concetto di Dio per affermarlo, per demolirlo o per indagarlo. 
Se lo prende in considerazione per affermarlo ne assume l'esistenza.
Se lo prende in considerazione per demolirlo ne assume la non esistenza.
Da un punto di vista metafisico quindi si potrebbe solo discutere della esistenza di Dio e di come esso si manifesti nel
uomo, nella natura, nel mondo, e nell'universo.
 
Poi dice ancora :
"Che in moltissimi casi a occuparsi esplicitamente di metafisica siano stanti credenti, uomini di chiesa appartenenti a una certa confessione religiosa non implica la necessaria identificazione tra argomentazione filosofica e adesione fideista alle stesse verità che si argomentavano,"

La frase sostiene che argomentavano delle verità.
Quindi non discutevano, argomentavano verità. E questa è la teologia aristotelica. Argomentare "verità" non è filosofia; discutere verità è filosofia, e discutere "verità" concettuali è metafisica; quando appunto ci si ritrova a dover argomentare verità date per fede, qualunque sia, si fa la peggior metafisica concepibile, o la miglior poesia concepibile.

In seguito dice :
"Non tenendo conto di questa fondamentale distinzione, il metafisico viene confuso con una sorta di apologeta che subordina la razionalità all'assunzione aprioristica del compito di supportare le verità di fede, e per questo viene attaccato con argomenti simili a quelli con cui la retorica anticlericale, non sempre a torto, inveisce contro la religione e le chiese: oscurantista, retrogrado, nemico delle scienze e delle tecniche ecc."

Esattamente è quello che succede quando il metafisico argomenta delle verità che ritiene eterne, universali, divine.
Non si possono opporre altri argomenti (a livello amatoriale) che la retorica anticlericale (o qualcosa di analogo)laddove esistono "verità" che debbano essere solo argomentate e non discusse. 

citazione: "L'illuminismo è un perfetto esempio: il deismo, la credenza riguardo l'esistenza di un Dio entro i limiti della pura ragione, è a tutti gli effetti una posizione metafisica che si è sviluppata proprio all'interno di un filone culturale caratterizzato proprio dalla critica, anche violenta, verso le religione rivelate, le chiese..."

Il deismo non "determina" o "dimostra" l'esistenza di Dio, semplicemente ammette l'esistenza di un essere supremo; il deismo era il tentativo di far cessare le guerre di religione che ponevano ostacoli quasi impossibili allo sviluppo commerciale.Il deismo significava : lasciateci commerciare in pace, Dio esiste, esiste una legge universale (che provvederemo a codificare nel corso dei decenni che verranno, cementificando così il Dio che prevarrà -calvinista o cattolico- ed il nostro commercio),cerchiamo di rispettarci uno con l'altro (stabilire contratti commerciali, missioni, e centri di raccolta, umana e materiale) perchè gli eserciti mercenari costano un occhio della testa e quando non vengono pagati devastano le città.
Il deismo consisteva in questo. Non era una posizione filosofica, era "per pietà smettetela con questi massacri in europa (leggasi guerra dei trent'anni) quando fuori dalle nostre nazioni c'è tutto un mondo da massacrare che in confronto a quel che faremo noi, spagnoli e portoghesi saranno considerati touring gentlemen ".

E infine :
" Questo mostra quanto sia impropria la sovrapposizione degli argomenti polemici nel conflitto religione-scienza alla valutazione della metafisica. Questo errore non sempre è esplicitato da chi lo commette, eppure a mio avviso, è presente più di quanto si possa pensare "

Si, è assolutamente impropria qualsiasi sovrapposizione.
Questa è pero la frase che son riuscito meno a comprendere e sicuramente devo aver male interpretato.
Lei parla di conflitto religione-scienza. Non riesco a vedere i termini del conflitto, o almeno riesco a intravederli nel senso in cui le conclusioni della scienza (ma più spesso quelle dello scientismo, che oppone fideismo a fideismo) possano confliggere o minare le assunzioni religiose, ma è un problema di religiosi e scientisti, non riguarda la metafisica.

La scienza segue il suo corso e avendo la teknè come addetta marketing, accoppiate, risultano nefastamente dotate di una "potenza" ed una "portata", che possiamo equiparare a quella di Giove ed Atena nei tempi omerici.
All'interno della stessa frase poi trasferisce questo conflitto sulla metafisica.
Così facendo lei impone un compito alla metafisica che risulta gravato, e viziato in partenza, dal conflitto religione-scienza e ne demanda ad essa la risoluzione.
A questo punto ci si ritrova al punto di partenza e la metafisica rimane bloccata nell'impasse religione-scienza, inconciliabili per definizione.

Sono queste le considerazionio che volevo sottoporre alla sua attenzione.
Mi chiedevo anche (ma questa è solo una curiosità) come mai invece che il deismo degli illuministi a lei non sia venuto in mente Spinoza come esempio di metafisica riguardo alla questione di Dio;  poi mi son reso conto di come in effetti Spinoza abbia risolto, metafisicamente, la esistenza di Dio e quindi avremmo già una risposta, mentre invece lei giustamente ritiene ancora aperta la questione della esistenza di Dio e che debba essere affrontata senza confondere fede e razionalità all'interno del logos.

Phil

Concordo con davintro sull'utilità argomentativa del distinguere metafisica e religione: la metafisica della/nella religione è teologia, che non è l'unico tipo di metafisica.
Ad esempio, che l'ontologia filosofica (pilastro della metafisica classica, anche se oggi non si può quasi più affermare) si stia eclissando dietro le scienze naturali, non è una questione che chiami in causa necessariamente il divino; che il pensiero antropologico abbia imparato(?) anche a svilupparsi in modo meno deduttivo-assolutistico e un po' più induttivo-contestualistico, non ha a che fare semplicemente con "la morte degli dei" (idealismi e ideologie non sono solo di matrice religiosa).

Credo che il "comune sentire" attuale abbia perlopiù (non sempre e non ovunque) introiettato la distinzione (e la possibile complementarietà) fra le proposte religiose-spirituali e le informazioni tecnico-scientifiche, metabolizzando e superando i dualismi escludenti e belligeranti del medioevo.

Come già accennato, la differenza fra la meta-fisica in senso etimologico e la metafisica in senso filosofico, pare si stia attenuando sempre più (questo topic credo lo dimostri) e ciò è probabilmente uno dei sintomi "popolari" del cambiamento storico-semantico che sta attraversando la metafisica come disciplina (che poi i suoi contenuti peculiari e il suo vocabolario stiano perdendo la presa sul mondo, per sopravvivere principalmente come metafore ed estetica esistenziale, è solo una mia personale e discutibile opinione, così come quella di non voler "inquinare" lo statuto della metafisica classica avallando il parlare di metafisica pur in assenza di contenuti essenzialmente metafisici, con il risultato di assimilare riduttivamente «metafisica» a «riflessione astrattiva»).

Resta comunque in sospeso la domanda che testa e tasta il "polso fisico" della metafisica in quanto filosofia:
Citazione di: Phil il 13 Aprile 2019, 12:33:31 PM
qual'è lo "stato dell'arte" della ricerca metafisica, oggi, al di là delle sue analisi storicistiche e filologiche?
Se il fatto che le grandi correnti metafisiche sono oggi, se non erro, ridotte alla amatoriale metafisica fai-da-te (da forum o poco più) fa eco a quanto avviene spesso con la religione, ciò non giustifica comunque un'improvvida identificazione delle due.
Se le risposte alla domanda sono: i paralogismi di Severino (avulsi dalla vita esperenziale); l'esigenza psicologica di rimuovere ad ogni costo il nichilismo (capro espiatorio tanto remissivo quanto inconscio); l'anelito monistico ad un "punto zero" (postulato ed infalsificabile) che spieghi la "matematica del mondo" e/o il suo "senso"; l'astinenza da analgesica panacea per schizofrenie e paranoie della cultura che ci circonda (e qui la religione ha effettivamente liberato un po' di spazio), etc. allora, tutto ciò significa che le metafisiche (se proprio ci teniamo a chiamarle così) hanno ancora il loro alveo in cui scorrere, anche se, come è noto, non è più lo stesso fiume in cui si bagnarono Aristotele, Kant e Bontadini.

Ipazia

Completa la risposta a davintro di odradeck (benvenuto) dopo Lou e 0x. 2500 anni in occidente e altrettanti in oriente, 3000 anni di ebraismo e dalla nascita ai giorni nostri per l'Islam vedono la teologia strettamente intrecciata con la metafisica locale. Non è paranoia positivista vederci delle connessioni e delle eredità, quelle sì spesso inconsapevoli.

Le obiezioni di odradeck hanno bruciato sul tempo una riflessione che ritengo fondamentale: non può esistere una metafisica a cavallo tra l'affermazione e la negazione di Dio. Dio non è un concetto, tipo la verità, e neppure un oggetto immateriale come la scienza o la filosofia. Per chi lo postula è un ente, anzi l'Ente Supremo, con attributi che l'onesta fenomenologia razionale spinoziana pone al di fuori di ogni possibile metafisica umana, compresa la sua interpretazione trascendentale più glorificante. Bisogna scegliere tra una metafisica umana ed una trascendente. Ne va dei principi fondanti della metafisica stessa. Una volta scelto si potrà trovare, a livello di filosofia pratica (etica) e naturale (scienza) un terreno di convivenza civile su cui congiuntamente operare. Il quale non potrà che estromettere, laicamente, la fede religiosa dalla res publica e dalla gnosi condivisa, valorizzando però i contenuti umanistici che in tremila anni, per forze di cose, si sono conseguiti anche sotto il dominio ideologico delle religioni.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

"Non si possono opporre altri argomenti (a livello amatoriale) che la retorica anticlericale (o qualcosa di analogo)laddove esistono "verità" che debbano essere solo argomentate e non discusse."
cit odradek


Ciao odradek benvenuto.(è raro trovare nuovi utenti così preparati, dopo Pio lei, una piacevolo sorpresa in poco tempo).
Purtroppo Davintro non ha risposto alle mie domande, o perchè non le ha viste, o perchè non è in grado.

Allora apro discussione a latere qui.

Perchè mi pare che lei sembri criticare di fatto l'atteggiamento del metafisico amatoriale che continua a riferirsi a verità universali.
Nel mio caso però questo non è vero, infatti tempo fa imbastii in particolare con l'utente Phil, un discorso di controllo del discorso della metafisica.

Ma di fatto una cosa sola la metafisica non può fare a meno, e cioè del suo carattere di "mancanza".
Questa mancanza che magari ha assunto nella grande letteratura di Dostoevsky o nella ermeneutica Kierkegardiana, passando certo per Juan de la Cruz, nomi diversi, nichilismo, angoscia, e appunto il "manc" giovanneo.
Risponde ad una urgenza.

Gli attributi della metafisica classica, sinceramente ne sono solo una specie di corollario.
Certamente laddove la scolastica, la teologia, non hanno più saputo far fronte al compito di ravvivare questa urgenza. Si è visto una progressiva rigidità quasi regolamentare dei corollari, fino a farla diventare guerra di protocolli, morale. Ossia appunto una chiesa.

La discussione sui corollari è oziosa se prima non riusciamo a ravvivare in noi quel potere indagante che è racchiuso nella disperazione delle vite bucate dal destino.

Ora una discussione sull'angoscia, rischia ugualmente di rimanere una sterile rissa di parole.
Ma chi sente quell'angoscia, quella voce, per lui è inderogabile il doverla seguire e impossibile dimenticarla.

Ora l'angoscia non è qualcosa della morale, non è niente dell'etica, niente dell'estetica, è una questione solo del vivente e del suo affacciarsi alla morte.

Quanti hanno indagato questo rapporto? Da dove ripartire nell'indagine?

Forse lei ha dei consigli. Saluti.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Phil il 23 Aprile 2019, 20:07:38 PM
Concordo con davintro sull'utilità argomentativa del distinguere metafisica e religione: la metafisica della/nella religione è teologia, che non è l'unico tipo di metafisica.
Ad esempio, che l'ontologia filosofica (pilastro della metafisica classica, anche se oggi non si può quasi più affermare) si stia eclissando dietro le scienze naturali, non è una questione che chiami in causa necessariamente il divino; che il pensiero antropologico abbia imparato(?) anche a svilupparsi in modo meno deduttivo-assolutistico e un po' più induttivo-contestualistico, non ha a che fare semplicemente con "la morte degli dei" (idealismi e ideologie non sono solo di matrice religiosa).

Credo che il "comune sentire" attuale abbia perlopiù (non sempre e non ovunque) introiettato la distinzione (e la possibile complementarietà) fra le proposte religiose-spirituali e le informazioni tecnico-scientifiche, metabolizzando e superando i dualismi escludenti e belligeranti del medioevo.

Come già accennato, la differenza fra la meta-fisica in senso etimologico e la metafisica in senso filosofico, pare si stia attenuando sempre più (questo topic credo lo dimostri) e ciò è probabilmente uno dei sintomi "popolari" del cambiamento storico-semantico che sta attraversando la metafisica come disciplina (che poi i suoi contenuti peculiari e il suo vocabolario stiano perdendo la presa sul mondo, per sopravvivere principalmente come metafore ed estetica esistenziale, è solo una mia personale e discutibile opinione, così come quella di non voler "inquinare" lo statuto della metafisica classica avallando il parlare di metafisica pur in assenza di contenuti essenzialmente metafisici, con il risultato di assimilare riduttivamente «metafisica» a «riflessione astrattiva»).

Resta comunque in sospeso la domanda che testa e tasta il "polso fisico" della metafisica in quanto filosofia:
Citazione di: Phil il 13 Aprile 2019, 12:33:31 PM
qual'è lo "stato dell'arte" della ricerca metafisica, oggi, al di là delle sue analisi storicistiche e filologiche?
Se il fatto che le grandi correnti metafisiche sono oggi, se non erro, ridotte alla amatoriale metafisica fai-da-te (da forum o poco più) fa eco a quanto avviene spesso con la religione, ciò non giustifica comunque un'improvvida identificazione delle due.
Se le risposte alla domanda sono: i paralogismi di Severino (avulsi dalla vita esperenziale); l'esigenza psicologica di rimuovere ad ogni costo il nichilismo (capro espiatorio tanto remissivo quanto inconscio); l'anelito monistico ad un "punto zero" (postulato ed infalsificabile) che spieghi la "matematica del mondo" e/o il suo "senso"; l'astinenza da analgesica panacea per schizofrenie e paranoie della cultura che ci circonda (e qui la religione ha effettivamente liberato un po' di spazio), etc. allora, tutto ciò significa che le metafisiche (se proprio ci teniamo a chiamarle così) hanno ancora il loro alveo in cui scorrere, anche se, come è noto, non è più lo stesso fiume in cui si bagnarono Aristotele, Kant e Bontadini.

Ciao Phil è una vita che non ci si sente, ho trovato questo post molto interlocutorio, nel senso però di una sospensione indefinita nel giudizio.

Infatti la domanda è cosa è dunque la filosofia e cosa è la metafisica oggi?

Voglio comunque dire qualcosa sulle tue critiche ad alcune metafisiche che seguo.
Mentre mi pare siamo d'accordo sulla dipendenza analgesica dalla schizofrenia del mondo.
Non è che sono molto contento della critica al nichilismo.
Non è che vi un inconscio desiderio di rimuoverlo, bensì di attraversarlo direbbe Nietzche.
Il desiderio di rimuoverlo è invece molto cosciente e presente nel materialismo monistico di cui questa epoca è intriso. Ossia è un effetto ideologico, di nuovo analgesico.
Per quanto riguarda l'anelito non è che è aprioristicamente monista.
Sarebbe grave! Sarebbe ancora la metafisica 1.0 che combatto, come se fossi uno scientista pure io.
E' che una volta posto l'anelito si è costretti a porre, per motivi proprio di senso, di ricerca di senso, IPOTETICI cammini.
Che nella storia si sono chiamate religioni.
Certo che poi bisogna distiguere tra anelito divino e anelito di potenza.
Ovvio che se quel cammino diventa OBBLIGO, qualche problemino ce l'abbiamo.

In questo senso trovare un linguaggio simbolico che descriva il mondo, che mi pare il sogno tuo, quello di Davintro e di Paul, può servire fare distinzioni tra ontologia metafisica, e metafisica religiosa.
Ma questo servire in che orizzonte si pone? E lo so che tu sei l'unico a capire questo passaggio, anche se finisce nell'aporia come risposta.  ;)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

davintro

#142
Per Odradek, a cui do il benvenuto

avrei difficoltà ad elencare con esattezza il complesso di questioni su Dio a cui la metafisica, intesa come speculazione razionale, può render conto, di contro a quelle questioni a cui si delega la fede personale del credente. In ogni caso, non vedo la metafisica come una tesi, quindi né come affermazione dell'esistenza di Dio, né come negazione di questa. Per me metafisica è da un lato disciplina, dall'altro ambito di ricerca, livello dell'essere. La metafisica come disciplina ne rispecchia il lato soggettivo, come livello o ambito di ricerca ne rispecchia il lato oggettivo, e i due lati si richiamano reciprocamente in nome del principio di intenzionalità: ogni pensiero è sempre pensiero di qualcosa, quindi a ogni modalità con cui la coscienza si relaziona al mondo, corrisponde una "regione" dell'essere reale, che si investiga sulla base della specifica metodologia che caratterizza quel tipo di relazione (e in questo senso mi pare di poter replicare a Phil, non ci può essere alcun alcun eclisse dell'ontologia filosofica sulla base dello sviluppo delle scienze naturali, perché la metodologia delle scienze sperimentali è adeguata in relazione a una certa dimensione del reale, diversa da quella che si presta a essere compresa da una distinta metodologia, di tipo deduttivo e speculativo, e dunque solo una filosofia può soppiantare una cattiva filosofia, come una fisica può soppiantare una cattiva, ma nemmeno la miglior fisica può avere gli strumenti per contestare una metafisica/filosofia, che proprio perché "oltre" la fisica, prende in esame un punto di visto irriducibilmente altro rispetto quello fisico). Quindi già solo la possibilità che l'uomo pensi metafisicamente implica, a livello generale, la presenza reale di un campo corrispondente a tale tipo di pensiero, al di là della varietà delle tesi che riguardo a quel campo possono essere formulate. La possibilità di pervenire a tesi veritativamente valide dipenderà dalla rigorosità argomentativa della ricerca da parte del singolo ricercatore, ma questo è un dato comune a ogni tipo di scienza: si può fare buona o cattiva metafisica nella stessa misura in cui è possibile fare buona o cattiva fisica, chimica ecc.



Non riesco a intendere la differenza che poni (se non è un problema, potremmo pure darci del tu, solitamente nei forum si usa) tra argomentare e discutere... argomentare vuol dire fare in modo di presentare il proprio discorso come adeguato alla realtà oggettiva, e quindi convincente non solo per chi lo presenta, ma anche per chi ascolta. Le argomentazioni sono così il materiale su cui ogni discussione è resa possibile. Questo al di là della materia su cui si argomenta: che l'argomento razionale riguardi qualcosa che accanto all'argomentazione si crede anche per fede non toglie di per sé validità all'argomentazione. Sta all'onestà intellettuale di chi argomenta stare attento a non lasciarsi condizionare dall'esigenza emotiva di conferma delle proprie credenze anche arrivando ad accettare razionalizzazioni forzate e arbitrarie

La lettura delle fonti storiche del deismo mi pare corretta e ben spiegata, io però volevo intendere il deismo in un'accezione più teoretica e generale, non circoscritta alla sua determinazione storica. Parlavo di deismo come modello di una "religiosità" nella quale l'idea di Dio viene accettata entro i limiti della razionalità, escludendo le attribuzioni dovute alle rivelazioni, rigettate proprio in quanto divisive. Proprio qua si riallaccia e trova un senso l'istanza pacifista giustamente da te evidenziata: Per far sì che un'idea di Dio sia condivisa e accettata dalle nazioni, occorre che la fonte legittimante sia un dato comune a tutti gli uomini, e questo non può essere altro che la razionalità, che definisce l'essere umano in quanto tale, in contrapposizione alle fedi rivelate, che invece esprimono le differenze storiche-culturali, da cui poi sorgono le divisioni e i conflitti. Non basta parlare di "Essere supremo" in generale, la sua esistenza va argomentata in modo razionale, altrimenti le diverse fedi potranno continuare a cercare di appropriarsene, considerando come ciascuna delle loro rappresentazioni fideistiche sia quella che rispecchia tale "supremità", a differenza delle altre. Va da sé che il deismo implichi la necessità che l'esistenza di questo Essere supremo sia dimostrabile con degli argomenti razionali, e in questo senso un deista può tranquillamente far propri in linea di principio gli argomenti anselmiani, tomisti ecc, solo stando attento a tagliar fuori le componenti delle loro dottrine legate alle fedi rivelate (personalmente, più che Spinoza, mi ispiro su questo soprattutto a Cartesio e poi Rosmini, sull'individuazione di una linea argomentativa razionalizzatrice del riconoscimento di un Principio primo). Quindi ritengo tutto sommato valido il mio esempio del deismo come posizione metafisica antifideista, chiunque, anche ai giorni nostri, ritenga possibile argomentare razionalmente su Dio o l'anima, mettendo da parte credenze sentimentali, può riconoscersi nella definizione di "deismo", al di là del fatto di non vivere più oggi le stesse condizioni storiche su cui il deismo è nato (cioè purtroppo le condizioni sussistono ancora, ma non è detto che le esigenze politiche debbano essere le motivazioni fondamentali del senso di appartenenza a questa corrente)

Sul conflitto scienza-religione, temo effettivamente di aver creato equivoci, e mi scuso. Chiarisco, personalmente non credo affatto che esista un conflitto scienza-religione, o meglio non è necessario che sorga, può accadere solo nel momento in cui religione e scienza pretendono di invadere il campo di pertinenza dell'altra, ma in questo caso il conflitto non sarebbe tra i due ambiti distinti, ma tra gli stessi ambiti utilizzanti metodologie contrapposte, una adeguata l'altra fuori-contesto. La scienza che pretenderà di interferire col piano della religione (spiritualità) si negherà in quanto scienza, diverrà scientismo, così come una religione che pretenderà di interferire con quello della scienza, ignorando la relativa autonomia della causalità fisica rispetto a quella metafisica, si degraderà a superstizione. In ogni caso non intendevo affermare l'esistenza del conflitto, ma siccome so che molti al contrario vedono questo conflitto, e poi fanno coincidere religione e metafisica, volevo far notare come si rischi a volte di proiettare il conflitto tra religione-scienza su quello metafisica-scienza, che poi a mio avviso è una contrapposizione ancora più arbitraria della prima, in quanto se la religione, intesa come puro sentimentalismo può svilupparsi in assenza di un controllo epistemologico che la preservi dall'invadere ambiti di questione che non la riguardano direttamente (bypassando la mediazione della causalità fisica interposta tra Dio e i fenomeni), la metafisica, come sapere razionale, dovrebbe avere gli strumenti per tener conto di quanto le proprie tesi restino su un piano adeguato ai propri strumenti metodologici, cioè controllo critico della validità dei propri fondamenti

paul11

#143
Citazione di: Lou il 23 Aprile 2019, 18:37:31 PM
@paul
A me non provoca disagio il dio in filosofia, cos'è banniamo la teoretica? :)
A parte ciò, ritornare a Parmenide, al suo poema dove è connaturato, oltre quello che ben scrivi, il connubio originario tra la dea e filosofia. È un fronte complesso quello del giudizio scevro da dei a cui invita, anche nel poema, paradossalmente la divinità. L'affrancarsi dal religioso, in qualche modo, lo presuppone.
A te non provoca disagio a parecchi invece  sembra l'acqua santa per il demonio. Andranno di questo passo  fra un paio di generazioni alla caccia al cristiano da mettere al rogo.
Al tempo di Parmenide la  scenografia di dei era di moda  per concettualizzare e in questo caso costruire la differenza fra verità e opinione, ancora attualissimo.
Se dico big bang, se dico archè, se dico Dio scrivo tre modalità ontologiche e gnoseologiche (epistemologiche direbbe uno scienziao per il big bang) diverse.Per la metafisica preferisco l'archè a Dio perchè Dio è antropomorfizzato nella visione comune ,perchè Dio implica in quanto "superman" una visone superficiale, banale(siamo noi con i superpoteri)  ostica allo scientismo contemporaneo.Il big bang è una dinamica fra energia e materia plasmata da quattro forze fondamentali interagenti; se dico archè, fra le varie metafische implica una verità originaria incontrovertibile, se dico Dio implica una creazione e una rivelazione un soggetto "animato" che rivela a "somiglianti".
La forza di una religione è il suo coinvolgimento non solo logico razionale, la religione non trae forza dala dogmatica ma dalla vita.
Mutano le modalità,  le dinamiche  razionali,.

Ipazia

Avrei voluto cogliere al volo i numerosi inviti che Phil, come sempre, offre alla discussione, ma l'intervento di sua moltezza Green mi ha rubato l'iniziativa portando la discussione su più alti cieli filosofici in cui, invece di abitare necropoli e riesumare cadaveri, si scruta l'orizzonte. Devo dire che la domanda a Phil con cui si chiude Green interessa molto anche la mia povera filosofia.

A Paul11, riconfermando il pacato invito di Lou, assicuro che nessun filosofo ateo degno di questo nome (filosofo, non ateo) passerà mai per la testa di cannoneggiare i Buddha millenari del pensiero religioso, ma trarrà frutto dall'immensa mole di riflessioni umanistiche che essi contengono, respingendo ovviamente di brutto il dogmatismo totalitario altrettanto presente.

E qui arriviamo al dualismo metafisico posto da davintro. Esso c'è, inutile negarlo. E' l'unico dualismo di cui si abbia certezza. Temo però che poichè la verità è un animale assai mobile e aggressivo, e il territorio della contesa - gnosi/episteme - uno solo (perchè Dio è ontologia), la teoria dei due soli possa giovarsi solo di una cartesiana provvisorietà, il cui superamento mi auguro -  sotto il segno della ratio - il più pacifico e armonioso possibile. E il cui orizzonte mi pare intravisto proprio dallo Spinoza, non a caso scomunicato da tutte le religioni del suo tempo, in quel Deus sive Natura, che spianò la strada alla grande scalata epistemica del pensiero occidentale, chiusasi con Natura sive Deus. Deus, che in un senso più prossimo alla nostra realtà antropologica, è il problema della "vita". Problema fisico e metafisico. Usando termini antichi, che l'unificazione (philosophisch) dei saperi * sta riattualizzando: al primo risponde la filosofia naturale; al secondo dovrebbe rispondere la filosofia morale.

* malgrado e attraverso quello specchietto per allodole apocalittiche che è la specializzazione tecnoscientifica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: green demetr il 24 Aprile 2019, 00:08:12 AM
trovare un linguaggio simbolico che descriva il mondo, che mi pare il sogno tuo,
Non è sogno, piuttosto divertissement (à la Pascal); d'altronde la cultura e il linguaggio sono forse gli unici "giochi di società" in cui le regole possono venir cambiate dai giocatori stessi nel corso della propria partita; è forse proprio tale instabilità che spinge alcuni (ma non tutti) ad anelare a una (pre)supposta "regola aurea" che stabilizzi il gioco, rendendolo meno problematico e più automatico.
In fondo non dovrebbe stupire più di tanto che in questo "gioco" ci siano sofferenza, conflitto, soddisfazione, asimmetria, collaborazione, etc. i giocatori fanno le regole (e il gioco) inevitabilmente secondo la loro natura (che logicamente non può essere scelta, essendo un a priori della soggettività).

Citazione di: green demetr il 24 Aprile 2019, 00:08:12 AM
può servire fare distinzioni tra ontologia metafisica, e metafisica religiosa.
Ma questo servire in che orizzonte si pone?
Chiaramente, per me, in un orizzonte ermeneutico.
Rilancio: l'ermeneutica in che orizzonte "serve"?
«Fate il vostro gioco...».

Citazione di: green demetr il 24 Aprile 2019, 00:08:12 AM
E lo so che tu sei l'unico a capire questo passaggio, anche se finisce nell'aporia come risposta.  ;)
Il gettare lo sguardo sull'aporia serve per avere una coordinata-limite (così com'è "autoconservativo" non indugiarvi troppo), altrimenti si finisce ipnotizzati dal regresso ad infinitum della ragione e dei suoi "perchè?", da cui solo una «metafisica 1.0» (con il suo assoluto originario da postulare, la sua "matrix") può consentire di distogliere lo sguardo, per poterlo poi rivolgere al "nostro giardino da coltivare" (Voltaire) prima che vada in malora, "espropriato" dalla Natura.


P.s.
Aporia è anche il nome di una farfalla, che proprio come l'aporia, è difficile da raggiugnere e silenziosa (qual'è la voce delle farfalle?); e allora:
«Per tutto il giorno,
senza parole,
l'ombra di una farfalla
»
(Hosai)

odradek

a Phil

citazione : "Non è sogno, piuttosto divertissement (à la Pascal); d'altronde la cultura e il linguaggio sono forse gli unici "giochi di società" in cui le regole possono venir cambiate dai giocatori stessi nel corso della propria partita; è forse proprio tale instabilità che spinge alcuni (ma non tutti) ad anelare a una (pre)supposta "regola aurea" che stabilizzi il gioco, rendendolo meno problematico e più automatico.
In fondo non dovrebbe stupire più di tanto che in questo "gioco" ci siano sofferenza, conflitto, soddisfazione, asimmetria, collaborazione, etc. i giocatori fanno le regole (e il gioco) inevitabilmente secondo la loro natura (che logicamente non può essere scelta, essendo un a priori della soggettività)."

Affermazioni che a prima vista sembrano messe lì, tra l'etereo ed il sofisticato (ed ovviamente lo sono anche), ma che invece restituiscono anni di studio e riflessione.
Dar conto di ogni singola frase del post significherebbe riaprire, ridiscutere e quindi riformulare tutto ciò che è stato "pensato", a partire da A=A.

citazione : Rilancio: l'ermeneutica in che orizzonte "serve"?
«Fate il vostro gioco...».
il gettare lo sguardo sull'aporia serve per avere una coordinata-limite (così com'è "autoconservativo" non indugiarvi troppo), altrimenti si finisce ipnotizzati dal regresso ad infinitum della ragione e dei suoi "perchè?", da cui solo una «metafisica 1.0» (con il suo assoluto originario da postulare, la sua "matrix") può consentire di distogliere lo sguardo, per poterlo poi rivolgere al "nostro giardino da coltivare" (Voltaire) prima che vada in malora, "espropriato" dalla Natura."

E' un rilancio fatto con la certezza del punto vincente. L'ermeneutica è "tutto", il giardino è "tutto".
"Gettare lo sguardo", connesso a "coordinata-limite", è un buon inizio per innescare il lento processo (ma potrebbe anche essere un intuizione e non un "processo", una fuga in avanti, fortunata o benedetta) nel quale l'aporia possa diventare una delle tante traiettorie che intersecano il piano di esistenza (altre parole sarebbero maggiormente precise ma come giustamente premesso "propedeuticamente", stiamo solo gettando lo sguardo), ed il regressum ad infinitum della ragione (anello uroborico auto-generativo, quindi auto-limitativo; anello uroborico come membrana lipidica del nostro "io") diventerà solo un piccolo ingranaggio ormai inutile, dismesso dal pensiero come limite ormai superato.
E' un compito difficilissimo, la natura è ciclica, il pensiero no.

davintro

Citazione di: Phil il 23 Aprile 2019, 20:07:38 PMConcordo con davintro sull'utilità argomentativa del distinguere metafisica e religione: la metafisica della/nella religione è teologia, che non è l'unico tipo di metafisica. Ad esempio, che l'ontologia filosofica (pilastro della metafisica classica, anche se oggi non si può quasi più affermare) si stia eclissando dietro le scienze naturali, non è una questione che chiami in causa necessariamente il divino; che il pensiero antropologico abbia imparato(?) anche a svilupparsi in modo meno deduttivo-assolutistico e un po' più induttivo-contestualistico, non ha a che fare semplicemente con "la morte degli dei" (idealismi e ideologie non sono solo di matrice religiosa). Credo che il "comune sentire" attuale abbia perlopiù (non sempre e non ovunque) introiettato la distinzione (e la possibile complementarietà) fra le proposte religiose-spirituali e le informazioni tecnico-scientifiche, metabolizzando e superando i dualismi escludenti e belligeranti del medioevo. Come già accennato, la differenza fra la meta-fisica in senso etimologico e la metafisica in senso filosofico, pare si stia attenuando sempre più (questo topic credo lo dimostri) e ciò è probabilmente uno dei sintomi "popolari" del cambiamento storico-semantico che sta attraversando la metafisica come disciplina (che poi i suoi contenuti peculiari e il suo vocabolario stiano perdendo la presa sul mondo, per sopravvivere principalmente come metafore ed estetica esistenziale, è solo una mia personale e discutibile opinione, così come quella di non voler "inquinare" lo statuto della metafisica classica avallando il parlare di metafisica pur in assenza di contenuti essenzialmente metafisici, con il risultato di assimilare riduttivamente «metafisica» a «riflessione astrattiva»). Resta comunque in sospeso la domanda che testa e tasta il "polso fisico" della metafisica in quanto filosofia:
Citazione di: Phil il 13 Aprile 2019, 12:33:31 PMqual'è lo "stato dell'arte" della ricerca metafisica, oggi, al di là delle sue analisi storicistiche e filologiche?
Se il fatto che le grandi correnti metafisiche sono oggi, se non erro, ridotte alla amatoriale metafisica fai-da-te (da forum o poco più) fa eco a quanto avviene spesso con la religione, ciò non giustifica comunque un'improvvida identificazione delle due. Se le risposte alla domanda sono: i paralogismi di Severino (avulsi dalla vita esperenziale); l'esigenza psicologica di rimuovere ad ogni costo il nichilismo (capro espiatorio tanto remissivo quanto inconscio); l'anelito monistico ad un "punto zero" (postulato ed infalsificabile) che spieghi la "matematica del mondo" e/o il suo "senso"; l'astinenza da analgesica panacea per schizofrenie e paranoie della cultura che ci circonda (e qui la religione ha effettivamente liberato un po' di spazio), etc. allora, tutto ciò significa che le metafisiche (se proprio ci teniamo a chiamarle così) hanno ancora il loro alveo in cui scorrere, anche se, come è noto, non è più lo stesso fiume in cui si bagnarono Aristotele, Kant e Bontadini.


la questione sullo stato dell'arte odierno della metafisica ha un significato storico-culturale, ma non teoretico. Sul piano teoretico non si deve badare che un certo indirizzo filosofico sia più o meno seguito nel tempo in cui si vive, ma unicamente sul rigore logico con cui si applicano dei criteri di giudizio ritenuti universalmente validi. Non è la conformistica adesione alle mode intellettuali del momento che fa il valore della filosofia, ma solo la forza argomentativa con cui mostra la sua verità, la sua corrispondenza con una realtà oggettiva, che resta tale al di là delle mode. Quindi che una certa modalità della metafisica rischi oggi di limitarsi a esprimersi in approcci fai-da-te privi di un supporto accademico strutturale organizzato, perché gli orientamenti filosofici dominanti andrebbero in tutt'altra dimensione, non dice nulla sulla sua validità teoretica, che è la cosa che più mi interessa. In questo senso, noto con dispiacere un certo tono spregiativo nel parlare di "fai-da-te", quando invece questo approccio esprime proprio il coraggio intellettuale della razionalità, di chi resta fedele alla ragione e alla verità, alle proprie idee fintanto che continua a reputarle valide e ben fondate, senza lasciarsi condizionare dogmaticamente dal timore di restare isolato rispetto a un clima culturale che percorre nella sua quasi totalità strade del tutto diverso. Se anche fossi oggi l'unica persona al mondo (comunque non penso di esserlo) a reputare validi alcuni assunti della metafisica classica, oggi fuori moda, ritengo dovrei aver tutto il diritto di continuare a portare avanti le mie idee, poi posso sbagliare, ma la contestazione in sede teoretica che potrei accettare, dovrebbe essere rivolta a evidenziare eventuali fallacie argomentative, ma non alla constatazione di isolamenti culturali vari. L'idea di sovrapporre la questione storica a quella teoretica, vincolando la seconda alla prima, la trovo comunque espressione di un approccio storicistico, per cui non esista verità che non muti temporalmente, cioè si nega il livello sovratemporale, sovrasensibile della metafisica cosicché si pone il problema dell' "aggiornatezza" storica da porsi come parametro di giudizio sulle verità stesse, Questo storicismo dei criteri è in fondo coerente con la squalifica della metafisica, ma da un lato presuppone tale squalifica fin dalle sue premesse (rendendosi così incapace di legittimarla invece come conseguenza critica, in quanto è già accettata come pregiudizio di partenza), dall'altro si autocontraddice, in quanto il divenire storico come metro di giudizio del valore teoretico di un pensiero, implica la sua assolutizzazione: nulla è oltre il divenire, nulla oltre la materia, di nuovo è implicito il giudizio sulla totalità, su un punto di vista che per definizione presume di comprendere in sé ogni contingenza, ogni tempo, ogni spazio, cioè un punto di vista espressione di quella metafisica dell'assoluto che si vuole contestare. Di nuovo, si ha la conferma che solo una metafisica può pretendere di contrapporsi a un'altra metafisica

Lou

#148
Citazione di: davintro il 23 Aprile 2019, 19:17:16 PM
Citazione di: Lou il 23 Aprile 2019, 18:04:27 PM@davintro Forse è  perchè...

capisco, d'altra parte penso anche sia opportuno richiamare alla distinzione dei piani, in sede di discussione teoretica i concetti andrebbero analizzati nelle loro relazioni essenziali, apriori, indipendentemente dalle forme con cui nella fattualità storica questi sono stati concepiti, mirando solo che l'analisi dei concetti rispecchi l'intuizione delle "cose stesse" a cui i concetti si definiscono. Altrimenti si rischia di cadere nelle fallacie dell'induzione generalizzante, scambiare per necessario ed universale degli aspetti delle cose, espressioni in realtà di punti di vista vincolati a particolari contesti culturali in cui sono stati pensati, ritenendo impossibile possano essere pensabili in modo alternativo rispetto a come fino a questo momento la storia ha espresso. Quindi il fatto che spesso si sia usata la metafisica come ancella della fede o della religione (preferisco non parlare di "teologia", perché mi vorrei ora soffermare sul rapporto tra razionalità della metafisica e la fede religiosa come sentimento non razionale, mentre teologia, come il suffisso "logia" mostra, tende comunque a porsi come sapere argomentativo, e in questo senso la considererei come ramo della metafisica e della filosofia, e non vorrei creare confusioni) non legittima la sua identificazione con un fideismo dogmatico che nulla avrebbe da dire ai ricercatori razionali della verità. La storia è utile come spunto, ispirazione, esempio, ma poi nel momento della riflessione e critica non dovrebbe essere posta come parametro di valutazione razionali delle analisi teoretiche. E comunque, anche questo cercavo di sottolineare, anche volendo per un attimo lasciare la teoresi e stando nella storia l'identità metafisica-religione è in larga parte smentita. Nel pensiero antico precristiano, la metafisica non è certo ancillare alla mitologia, ma la sostituisce nell'interpretazione del reale, e la filosofia moderna, anche nelle correnti più antireligiose come l'illuminismo, ha sempre continuato a propugnare sistemi metafisici "laici" come deismo, o i vari idealismi tedeschi. E anche volendo restare al medioevo, vediamo come già la Scolastica, a quel che so, si fosse impegnata a divaricare i campi del "credo" e dell' "intelligam", fino ad arrivare a Tommaso che distingue all'interno del problema di Dio questioni che la ragione può risolvere senza bisogno della fede come l'esistenza di Dio o l'immaterialità dell'anima, rispetto a quelle per cui invece si fa necessaria la fede per rivelazione
Comprendo tutti i rilievi che poni e li ritengo estremamente corretti. Il mio intervento precedente mirava a provare a rispondere genealogicamente ai motivi per cui occorra sottolineare e, in certo qual modo, rivendicare una autonomia nei metodi e nel/negli oggetto/i di studio della metafisica rispetto ad altri ambiti, sottolineando però come sia alcune religioni, e - certo ho osato - le teologie ad esse connesse abbiano di fatto sfumato i contorni e margini di appartenenza. Con la razionalizzazione del reale oprerata dalla filosofia greca si esigeva una scienza in grado di render conto di ciò, eppure Aristotele stesso non si sottrasse a paventare una filosofia prima che come primo non si scompone, reputandolo razionalmente necessario,  a rilevare "un dio". Come la produzione filosofica medievale ( che per certi versi ammiro, tipo Agostino che propone una fede razionale ) abbia strumentalizzato e riletto ad uso e consumo con innesti qui e là, contaminazioni, traduzioni... appropriandosi di un metodo estraneo alla fede... la cosa può essere mia polemica, ma che nel momento in cui la metafisica parli di un dio, non si può del tutto ritenerla estranea a teologie e religioni. Soprattutto quando in Aristotele non esiste la parola metafisica, la manina religiosa fu già all'opera. Questo è un mio chiarimento, anche per Paul , mi scuso per un tantino di pesantezza, la discussione si è sviluppata su binari più "sostanziali", di cui mi pare tu ne tratteggi con maestria la materia. :)
Benvenuto odadrek, benritrovato Phil.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

Citazione di: davintro il 24 Aprile 2019, 17:32:49 PM
... L'idea di sovrapporre la questione storica a quella teoretica, vincolando la seconda alla prima, la trovo comunque espressione di un approccio storicistico, per cui non esista verità che non muti temporalmente, cioè si nega il livello sovratemporale, sovrasensibile della metafisica cosicché si pone il problema dell' "aggiornatezza" storica da porsi come parametro di giudizio sulle verità stesse, Questo storicismo dei criteri è in fondo coerente con la squalifica della metafisica, ma da un lato presuppone tale squalifica fin dalle sue premesse (rendendosi così incapace di legittimarla invece come conseguenza critica, in quanto è già accettata come pregiudizio di partenza), dall'altro si autocontraddice, in quanto il divenire storico come metro di giudizio del valore teoretico di un pensiero, implica la sua assolutizzazione: nulla è oltre il divenire, nulla oltre la materia, di nuovo è implicito il giudizio sulla totalità, su un punto di vista che per definizione presume di comprendere in sé ogni contingenza, ogni tempo, ogni spazio, cioè un punto di vista espressione di quella metafisica dell'assoluto che si vuole contestare.

Ma anche no. Tra l'assoluto eterno e l'assoluto relativo esistono anche dei dati (valori, fatti) durevoli su cui si snoda la storia e il pensiero.

Citazione di: davintro il 24 Aprile 2019, 17:32:49 PM
Di nuovo, si ha la conferma che solo una metafisica può pretendere di contrapporsi a un'altra metafisica

Sì, una metafisica dei valori e beni durevoli, capace di individuare delle costanti antropologiche su cui fondare solidamente una metafisica nè eterna, nè relativista. Che questa metafisica si scientificizzi in una sorta di scienza umana multidisciplinare è assai probabile. Una sociopsiconeuro/scienza o /filosofia. Così facendo recupererà anche quella professionalità che gli specialisti reclamano, uscendo dal chiacchericcio fai-da-te che tanto aborrono.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Discussioni simili (5)