L'impossibilità di una filosofia senza metafisica

Aperto da davintro, 11 Aprile 2019, 20:01:46 PM

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green demetr

Citazione di: bobmax il 22 Ottobre 2019, 14:49:50 PM
Citazione di: green demetr il 21 Ottobre 2019, 18:22:23 PM

"Io sono figlio di Dio".....esattamente come lo dimostri?? ma bastaaaaaa.


"Chi crede non è ancora figlio di Dio"

Figlio di Dio si può solo esserlo, non crederlo.

Essendolo, non vi è dimostrazione che tenga, in quanto il Figlio e Dio sono Uno, ossia il Nulla.
Che è lo stesso fondamento di ogni possibile dimostrazione.

Non capisco proprio questo tuo continuo appellarsi al nulla.

Chi decide che il nulla sia "nulla"? come si fa a oltrepassare kant, se non si conosce Kant?

L'essere in quanto essere è veramente la più grande cantonata che la filosofia abbia avuto.
Era da un pò che non mi ci imbattevo.

Voglio dire, certo che l'essere è l'essere (ma allora a questo punto ha ragione Severino se c'è essere non ci può essere nulla. Il nulla esiste solo formalmente come descrizione del particolare, rispetto all'universale), ma l'essere è solo nel particolare, come dice Ipazia, nel "-ci" di Heideger.

Ma sopratutto come è conoscibile il nulla? E' chiaro che è un presupposto, che mina alla base la vera ontologia.

Poi da esistenzialista come giustifichi il nulla? come un aporia dell'esistenza?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

davintro

il punto fondamentale su cui, al netto della diversità dei vari filoni, ogni metafisica classica poggia è la convinzione della possibilità di una conoscenza razionale dei princìpi di verità assoluti, oltre il tempo e lo spazio, appunto oltre l'ambito della fisica. Opportunamente, si cita la critica kantiana e il suo attacco contro tale convinzione. Pur preoccupandomi di sembrare ripetitivo dato che degli appunti a Kant se ne è già parlato in altre discussioni, trovo opportuno ribadire che trovo infondata la svalutazione kantiana della conoscenza razionale metafisica, sulla base dell'assunto che non conosceremmo altro che fenomeni. La riduzione del sapere al sapere dei fenomeni, cioè di apparenze soggettive distinte dalle cose in sé, ha, al di là delle intenzioni di partenza, come inevitabile esito lo scetticismo, e ogni scetticismo cade nell'aporia e nell'autocontraddizione di affermare le proprie tesi sulla negazione della conoscenza di verità oggettive, e al contempo necessariamente dover riconoscere la verità di tale affermazione. Non si scampa dalla struttura intenzionale del pensiero, dalla presa di posizione di ogni giudizio come rispecchiante una verità oggettiva, a prescindere che lo sia di fatto. Anche se mi sbagliassi, ciò non toglierebbe il fatto che nel momento in cui penso qualcosa pongo ciò che penso come verità oggettiva, e negando la possibilità di conoscenza di tale oggettività dovrei smettere di pensare, e anche di dubitare. Ponendo le cose in sé come inconoscibili Kant deve coerentemente negare la presunzione di verità della sua stessa filosofia, e se anche i vari nichilismi di stampo antimetafisico (intendendo metafisico nell'accezione della metafisica classica) successivi come quelli di Nietzsche, Heidegger, o ogni pensierodebolismo di sorta, pensa di trarre legittimazione dalla critica kantiana, allora chiedo a chi di questi movimenti ne sa molto più di me, come potrebbero resistere all'autocontraddizione di cui sopra? Negare la conoscibilità di criteri di verità logici universali e apriori, senza ritrovarsi incapaci a legittimare scientificamente le loro tesi, sulla base di postulati che non debbano rimandare all'infinito per cercare quei punti fermi autoevidenti che non abbiano più bisogno di rimandare oltre se stessi per giustificarsi. La necessità di far coincidere filosofia e metafisica va rivendicato, dunque non solo, da un lato, contro ogni materialismo, che negando l'esistenza di una realtà sovrasensibile, renderebbe insensata la filosofia privandola di un suo oggetto peculiare di ricerca, distinto dalle scienze naturali, ma anche, dall'altro, da ogni forma di irrazionalismo, scetticismo, o relativismo teoretico che negando la possibilità di conoscenza dei principi primi, dei criteri universali di verità, privano la razionalità del loro appoggio. Se nel primo caso la filosofia sacrificherebbe la sua ragion d'essere nei confronti delle scienze naturali, in quest'ultimo la sacrificherebbe nei confronti delle manifestazioni estetiche, artistiche, in cui non si cerca di argomentare l'oggettività delle tesi, ma solo esprimere uno stato d'animo, una sensibilità del tutto soggettiva, senza pretendere di legittimare il proprio vissuto come universale. Un relativista, un irrazionalista, uno scettico sarebbe molto più coerente, se si estraniasse dal dibattito filosofico, dove occorre dimostrare/argomentare le verità delle proprie opinioni, e si dedicasse, senza alcun intento dispregiativo, all'arte, alla poesia, alla musica, dove nessuno pretende si portino argomenti a sostegno del proprio sentire soggettivo, ma ci si limita a godere della  bellezza delle creazioni che da tale sentire sono ispirate

Ipazia

@davintro

Non mi pare che sia meno contraddittoria la postulazione di un Dio incausato, tradotto a dimensione umana da guru di ogni specie, l'un contro l'altro armati. Perfino il più fine teo-logo della storia, il doppiamente scomunicato Benedetto Spinoza, dovette gettare la spugna col suo fatidico Deus sive Natura. E non poteva che essere quello l'approdo "a priori" della metafisica, in ciò che viene viene prima di lei, la fisica.

La quale non esenta da assist etici qualora si consideri la costellazione di bisogni che rende la vita possibile, e di desideri che la rendono gradevole. O quantomeno saggiamente sopportabile, realizzando "a posteriori" quell'attitudine alla vita che si delinea nel trascendentalismo kantiano. Il cui errore metafisico non sta nella sua inesistenza e insussistenza ma nella necessaria correzione "a posteriori" rispetto alla causa prima incausata Natura.

Gli "a priori" kantiani sono le condizioni materiali che rendono possibile lo sviluppo degli aspetti trascendentali della natura umana la cui metafisica non può che risolversi "a posteriori" nella presa d'atto dei requisiti fondativi della vita e nella necessità di dare loro soddisfazione. Tradotto in termini teisti si tratta di alcuni precetti delle tavole mosaiche e di quelle che vengono definite dalla dottrina cattolica "opere di misericordia".

A partire da tali cause è possibile fondare una metafisica "a posteriori" perfettamente coerente in cui i collegamenti tra teismo e ateismo si trovano sul terreno comune della precettistica umanistica fondata sulle evidenze naturali, prendendo atto che i fondamenti metafisici assoluti d'antan possono essere oggetto solo di fede, ma non di conoscenza oggettiva il cui unico fondamento autodimostrantesi rimane la Natura.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

#318
Citazione di: green demetr il 22 Ottobre 2019, 18:12:11 PM
Non capisco proprio questo tuo continuo appellarsi al nulla.

Chi decide che il nulla sia "nulla"? come si fa a oltrepassare kant, se non si conosce Kant?

L'essere in quanto essere è veramente la più grande cantonata che la filosofia abbia avuto.
Era da un pò che non mi ci imbattevo.

Voglio dire, certo che l'essere è l'essere (ma allora a questo punto ha ragione Severino se c'è essere non ci può essere nulla. Il nulla esiste solo formalmente come descrizione del particolare, rispetto all'universale), ma l'essere è solo nel particolare, come dice Ipazia, nel "-ci" di Heideger.

Ma sopratutto come è conoscibile il nulla? E' chiaro che è un presupposto, che mina alla base la vera ontologia.

Poi da esistenzialista come giustifichi il nulla? come un aporia dell'esistenza?

Occorre distinguere tra il nulla nichilistico e il Nulla metafisico.

Il nulla nichilistico è il vuoto valoriale: nulla vale!
Questa constatazione è l'inevitabile conclusione a cui giunge il pensiero razionale che guarda lucidamene il mondo.
Il nichilismo è perciò connaturato nella stessa razionalità, ne è l'altra faccia della medaglia.
Grandi menti, come Leopardi o Nietzsche, ne hanno colto l'essenza. Ma non sono stati in grado di superare, tranne in alcuni momenti, questa che ai loro occhi era la "verità" inoppugnabile.

Il Nulla metafisico, viceversa, consiste nell'oltrepassamento del nichilismo attraverso la messa in crisi dei capisaldi razionali che fondano la nostra interpretazione del mondo, e quindi alimentano lo stesso nichilismo.
Avviene cioè un rovesciamento del paradigma:
L'Etica non è un eventuale attributo della nostra realtà, ma ne è invece il Fondamento!
L'oggettività in sé, il divenire, sono messi in discussione e relativizzati.

In nome del Bene!

E poiché senza queste "verità" è impossibile il pensiero determinato, ciò che troviamo è il Nulla.
Nulla che è poi il Bene, il Nulla fonte di infinite possibilità.

Seppur paradossalmente, più che per quello che ha detto, Kant è importante per quello che non ha detto...
Ha infatti mostrato il definitivo smacco in cui inevitabilmente cade il pensiero che onestamente cerca la Verità.
Sono infatti le tautologie, i circoli in cui necessariamente il suo pensiero si imbatte, a mostrare il limite. Dove il pensiero razionale non può che infrangersi.

E si infrange perché la Verità può venire solo da noi stessi!
Dalla nostra profondità.
Che, appunto, per il pensiero razionale non può essere che Nulla.

Il Nulla metafisico è poi lo stesso Essere, come è ben presente nel cuore di ogni filosofia o religione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Franco

#319
Citazione di: green demetr il 21 Ottobre 2019, 18:22:23 PMCosì green demetr ( = gr) :

x Framco

Ascolta decidere quale è la differenza tra metafisica che comporta una politica dell'unità (sì sono d'accordo, almeno nel pensiero platonico-aristotelico) e filosofia che usa la politica come impedimento a che questa unità avvenga, significherebbe andare a fondo della questione.
Cosa che non vedo in nessun libro, in nessuna conferenza, figuriamoci in questo forum che è solo per amatori (come me).

Franco ( = F) :

Poni questioni difficilmente comprensibili. Quale sarebbe la filosofia che usa la politica allo scopo dell'impedimento di quell'unita'?

gr:

A mio parere è la capacità di capire il proprio vissuto.La domanda che chiede che la metafisica sia ancora utile è autoevidente per esperienza. Il fatto che tu non la veda come domanda, e che ti rifugi in un formalismo probabilmente vuoto di significato e di senso, mi fa dubitare assai della possibilità anche solo di porre la questione in maniera seria.

F:

Non riesco a comprendere in base a cosa tu deduca che per me la metafisica non sia domanda. Così come non riesco a comprendere la tua attribuzione di formalismo. Vorrei comprendere meglio il tuo giudizio.

gr:

Nel momento stesso in cui ti arrocchi nella metafisica, è evidente che non capisci il pensiero di Heidegger che pur citi, leggendo da Davintro.

F:

- Anche qui sono perplesso. In che senso quanto da me esposto fin qui costituirebbe un arroccarsi?
- Legheresti poi i il mio "arroccarmi" alla mia "incomprensione" del pensiero di Heidegger. In base a quali argomenti lo affermi?

gr:

La metafisica è finita dice Heidegger, e poi ancora, il pensiero della femonomenologia è impossibile in quanto un pericolo molto più grande (del fallimento della metafisica) è alle porte, ossia la Tecnica.

F:

a)
La tesi heideggeriana della fine della metafisica è una delle più fraintese.
Giacché con la "fine della metafisica" Heidegger ha inteso la fine di una sua configurazione storica. Per Heidegger la metafisica finisce nel senso del compimento di quell'estasi dell'Essere per la quale l'essere è inteso sul modello dell'ente. A finire dunque non è è non puo essere la metafisica come tale, bensì quella epoca della storia dell'essere (Seinsgeschichte) la cui essenza è la comprensione dell'essere come oggettita'.

b) non comprendo il nesso che poni tra fenomenologia e affermazione della Tecnica.

gr :

L'intera storia della metafisica è stata una menzogna. Spaccata in due da Kant.

F:

Con Kant, come ho già sottolineato, le cose sono molto più complesse. Che egli abbia spaccato in due la storia della metafisica, è una tesi che andrebbe assai attentamente vagliata.

gr:

Ma questa è una tua ridicola opinione, a confermare che sei un solo un vuoto formalista, che probabilmente Nietzche non l'ha mai letto. L'intera opera di Nietzche è uno smontamento delle cavolate teologiche cristiane.

F:

Come già più volte sottolineato, non sono punto d'accordo. Per smontare un sistema teologico bisogna farlo sul terreno dei suoi stessi strumenti. Il che non è mai stato fatto da Nietzsche.





green demetr

Citazione di: davintro il 23 Ottobre 2019, 01:09:57 AM
il punto fondamentale su cui, al netto della diversità dei vari filoni, ogni metafisica classica poggia è la convinzione della possibilità di una conoscenza razionale dei princìpi di verità assoluti, oltre il tempo e lo spazio, appunto oltre l'ambito della fisica. Opportunamente, si cita la critica kantiana e il suo attacco contro tale convinzione. Pur preoccupandomi di sembrare ripetitivo dato che degli appunti a Kant se ne è già parlato in altre discussioni, trovo opportuno ribadire che trovo infondata la svalutazione kantiana della conoscenza razionale metafisica, sulla base dell'assunto che non conosceremmo altro che fenomeni. La riduzione del sapere al sapere dei fenomeni, cioè di apparenze soggettive distinte dalle cose in sé, ha, al di là delle intenzioni di partenza, come inevitabile esito lo scetticismo, e ogni scetticismo cade nell'aporia e nell'autocontraddizione di affermare le proprie tesi sulla negazione della conoscenza di verità oggettive, e al contempo necessariamente dover riconoscere la verità di tale affermazione. Non si scampa dalla struttura intenzionale del pensiero, dalla presa di posizione di ogni giudizio come rispecchiante una verità oggettiva, a prescindere che lo sia di fatto. Anche se mi sbagliassi, ciò non toglierebbe il fatto che nel momento in cui penso qualcosa pongo ciò che penso come verità oggettiva, e negando la possibilità di conoscenza di tale oggettività dovrei smettere di pensare, e anche di dubitare. Ponendo le cose in sé come inconoscibili Kant deve coerentemente negare la presunzione di verità della sua stessa filosofia, e se anche i vari nichilismi di stampo antimetafisico (intendendo metafisico nell'accezione della metafisica classica) successivi come quelli di Nietzsche, Heidegger, o ogni pensierodebolismo di sorta, pensa di trarre legittimazione dalla critica kantiana, allora chiedo a chi di questi movimenti ne sa molto più di me, come potrebbero resistere all'autocontraddizione di cui sopra? Negare la conoscibilità di criteri di verità logici universali e apriori, senza ritrovarsi incapaci a legittimare scientificamente le loro tesi, sulla base di postulati che non debbano rimandare all'infinito per cercare quei punti fermi autoevidenti che non abbiano più bisogno di rimandare oltre se stessi per giustificarsi. La necessità di far coincidere filosofia e metafisica va rivendicato, dunque non solo, da un lato, contro ogni materialismo, che negando l'esistenza di una realtà sovrasensibile, renderebbe insensata la filosofia privandola di un suo oggetto peculiare di ricerca, distinto dalle scienze naturali, ma anche, dall'altro, da ogni forma di irrazionalismo, scetticismo, o relativismo teoretico che negando la possibilità di conoscenza dei principi primi, dei criteri universali di verità, privano la razionalità del loro appoggio. Se nel primo caso la filosofia sacrificherebbe la sua ragion d'essere nei confronti delle scienze naturali, in quest'ultimo la sacrificherebbe nei confronti delle manifestazioni estetiche, artistiche, in cui non si cerca di argomentare l'oggettività delle tesi, ma solo esprimere uno stato d'animo, una sensibilità del tutto soggettiva, senza pretendere di legittimare il proprio vissuto come universale. Un relativista, un irrazionalista, uno scettico sarebbe molto più coerente, se si estraniasse dal dibattito filosofico, dove occorre dimostrare/argomentare le verità delle proprie opinioni, e si dedicasse, senza alcun intento dispregiativo, all'arte, alla poesia, alla musica, dove nessuno pretende si portino argomenti a sostegno del proprio sentire soggettivo, ma ci si limita a godere della  bellezza delle creazioni che da tale sentire sono ispirate

Ma veramente sono i solipsisti o i monisti a dover spiegare come possano vedere Kant come tale.
Kant è invece il primo che dice che la metafisica è conoscibile ESATTAMENTE come FENOMENO, il fenomeno che appare non può che essere una manifestazione necessaria di un oggetto in sè.
Riguardo l'idea di Dio egli conclude voglio sempre ricordarlo, in quanto concordato con un giovane amico kantiano, che la critica di kant non è finita con le antinomie e la metafisica speciale, ma è contunuata fino agli esiti della critica del giudizio, dove Dio è presentato come ESTETICA. Il famoso cielo stellato sopra di me.

Hegel invece appunterà a Kant in non aver visto fino in fondo alla sua stessa intuizione ossia che il fenomeno è internamente la manifestazione dialettica dello spirito ossia di Dio.

Invece la metafisica pre-kantiana, distingue follemente tra una conoscenza sensibile ed una teologica. Ma chi decide della ratio teologica? Alla fine è sempre una fede.
Invece del fenomeno nessuno sà nulla prima, e perciò nessuno può dirlo, se non vivendolo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: bobmax il 23 Ottobre 2019, 09:43:03 AM
Citazione di: green demetr il 22 Ottobre 2019, 18:12:11 PM
Non capisco proprio questo tuo continuo appellarsi al nulla.

Chi decide che il nulla sia "nulla"? come si fa a oltrepassare kant, se non si conosce Kant?

L'essere in quanto essere è veramente la più grande cantonata che la filosofia abbia avuto.
Era da un pò che non mi ci imbattevo.

Voglio dire, certo che l'essere è l'essere (ma allora a questo punto ha ragione Severino se c'è essere non ci può essere nulla. Il nulla esiste solo formalmente come descrizione del particolare, rispetto all'universale), ma l'essere è solo nel particolare, come dice Ipazia, nel "-ci" di Heideger.

Ma sopratutto come è conoscibile il nulla? E' chiaro che è un presupposto, che mina alla base la vera ontologia.

Poi da esistenzialista come giustifichi il nulla? come un aporia dell'esistenza?

Occorre distinguere tra il nulla nichilistico e il Nulla metafisico.

Il nulla nichilistico è il vuoto valoriale: nulla vale!
Questa constatazione è l'inevitabile conclusione a cui giunge il pensiero razionale che guarda lucidamene il mondo.
Il nichilismo è perciò connaturato nella stessa razionalità, ne è l'altra faccia della medaglia.
Grandi menti, come Leopardi o Nietzsche, ne hanno colto l'essenza. Ma non sono stati in grado di superare, tranne in alcuni momenti, questa che ai loro occhi era la "verità" inoppugnabile.

Il Nulla metafisico, viceversa, consiste nell'oltrepassamento del nichilismo attraverso la messa in crisi dei capisaldi razionali che fondano la nostra interpretazione del mondo, e quindi alimentano lo stesso nichilismo.
Avviene cioè un rovesciamento del paradigma:
L'Etica non è un eventuale attributo della nostra realtà, ma ne è invece il Fondamento!
L'oggettività in sé, il divenire, sono messi in discussione e relativizzati.

In nome del Bene!

E poiché senza queste "verità" è impossibile il pensiero determinato, ciò che troviamo è il Nulla.
Nulla che è poi il Bene, il Nulla fonte di infinite possibilità.

Seppur paradossalmente, più che per quello che ha detto, Kant è importante per quello che non ha detto...
Ha infatti mostrato il definitivo smacco in cui inevitabilmente cade il pensiero che onestamente cerca la Verità.
Sono infatti le tautologie, i circoli in cui necessariamente il suo pensiero si imbatte, a mostrare il limite. Dove il pensiero razionale non può che infrangersi.

E si infrange perché la Verità può venire solo da noi stessi!
Dalla nostra profondità.
Che, appunto, per il pensiero razionale non può essere che Nulla.

Il Nulla metafisico è poi lo stesso Essere, come è ben presente nel cuore di ogni filosofia o religione.

Non ha senso proporre un nulla metafisico come paradigma anti-razionale.

Basterebbe chiamarlo estetica di un sentimento positivo, religioso o meno, che si basa sull'Essere, con la lettera maiuscola.

Ma è proprio quello che ha detto Heidegger tra l'altro.

Per quanto riguarda Nietzche egli si limita a constatare come il valore sia solo una pragmatica, basato su una fede. Una volta scopertasi come menzogna, rimane il semplice paradigma gerarchico, che opprime la libera espressione umana.
Il nichilismo è dunque solo una tappa, una volta che ci si accorge tutti che la fede in Dio è solo una menzogna, non rimane che il crollo dei valori, ossia l'implosione dell'individuo, che per la filsofia seria è sempre presunto.
Questo è un periodo storico che si instaura secondo la profezia nicciana, ai suoi albori.
E in particolare nella nostra società già secolarizzata, ma moralmente ancora in piedi grazie alla morale cattolica. Dopo 50 anni di stuti dei MEME sociali, finalmente l'elite è pronta a dare un nuovo scacco alla società. Non a caso Fukuyama ha pubblicato il suo secondo lavoro, che spiega come mai, il suo primo lavoro, ossia la fine della storia, come la vittoria dei valori americani (evangelici, più che cristiani), sia stato messo in discussione dalla crisi finanziaria. Questo libro pubblicato l'anno scorso e cestinato dal mio amato Zizek come inutile. è in realtà la perfetta descrizione di cosa sia l'individuo e come dobbiamo ricostruirlo, affinchè torniamo alla fine della storia.

Dunque uno può anche rimanere fermo al sentimento religioso, ma intanto è sempre Nietzche (e la sua analisi seria, e non falsificata di Fukuyama) a essere urgente.

PER ESSERE CHIARO mi pare sia più  nichilsita far finta di niente e dedicarsi a un DIO presunto (come faccio tra l'altro) che non affrontare la cosa insieme a nietzche (cosa che parimenti faccio) che mi pare l'essatto opposto del nichilismo.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

x FRANCO.

Non capisco cosa intendi con "rimanendo nello stesso ambito teologico."

Nel senso che veramente intendi fare una critica nello stesso ambito teologico, o era una domanda rivolta a me.
Ossia che io debba fare un critica al sistema teologico?
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: Ipazia il 23 Ottobre 2019, 07:31:42 AM
@davintro

Non mi pare che sia meno contraddittoria la postulazione di un Dio incausato, tradotto a dimensione umana da guru di ogni specie, l'un contro l'altro armati. Perfino il più fine teo-logo della storia, il doppiamente scomunicato Benedetto Spinoza, dovette gettare la spugna col suo fatidico Deus sive Natura. E non poteva che essere quello l'approdo "a priori" della metafisica, in ciò che viene viene prima di lei, la fisica.

La quale non esenta da assist etici qualora si consideri la costellazione di bisogni che rende la vita possibile, e di desideri che la rendono gradevole. O quantomeno saggiamente sopportabile, realizzando "a posteriori" quell'attitudine alla vita che si delinea nel trascendentalismo kantiano. Il cui errore metafisico non sta nella sua inesistenza e insussistenza ma nella necessaria correzione "a posteriori" rispetto alla causa prima incausata Natura.

Gli "a priori" kantiani sono le condizioni materiali che rendono possibile lo sviluppo degli aspetti trascendentali della natura umana la cui metafisica non può che risolversi "a posteriori" nella presa d'atto dei requisiti fondativi della vita e nella necessità di dare loro soddisfazione. Tradotto in termini teisti si tratta di alcuni precetti delle tavole mosaiche e di quelle che vengono definite dalla dottrina cattolica "opere di misericordia".

A partire da tali cause è possibile fondare una metafisica "a posteriori" perfettamente coerente in cui i collegamenti tra teismo e ateismo si trovano sul terreno comune della precettistica umanistica fondata sulle evidenze naturali, prendendo atto che i fondamenti metafisici assoluti d'antan possono essere oggetto solo di fede, ma non di conoscenza oggettiva il cui unico fondamento autodimostrantesi rimane la Natura.

Concordo con tutto! e sbaglio o è una apertura al mondo teologico? (lasciando da parte le ferite che ci ha inferto come mi è parso di capire da vecchi post)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Citazione di: green demetr il 23 Ottobre 2019, 21:54:24 PM
Concordo con tutto! e sbaglio o è una apertura al mondo teologico? (lasciando da parte le ferite che ci ha inferto come mi è parso di capire da vecchi post)

Il mondo teologico è emanazione umana come il mondo ateo. Molti dei suoi contenuti reali sono condivisibili e non possono essere gestiti diversamente. Anche sul piano teorico, tralasciando i numi, c'è molto da condividere. Ciò che vale rimane, anche se proviene dal mondo religioso. Altrimenti dovremmo fare un falò di millenni di pensiero umano. Nemmeno il Maestro lo fece, appoggiandosi a Dioniso ed evocando Zarathustra. Le ferite sono una questione personale. La filosofia e l'etica vanno oltre. Mi basta non mi impongano i loro idoli.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

green demetr

Citazione di: Ipazia il 23 Ottobre 2019, 22:43:30 PM
Citazione di: green demetr il 23 Ottobre 2019, 21:54:24 PM
Concordo con tutto! e sbaglio o è una apertura al mondo teologico? (lasciando da parte le ferite che ci ha inferto come mi è parso di capire da vecchi post)

Il mondo teologico è emanazione umana come il mondo ateo. Molti dei suoi contenuti reali sono condivisibili e non possono essere gestiti diversamente. Anche sul piano teorico, tralasciando i numi, c'è molto da condividere. Ciò che vale rimane, anche se proviene dal mondo religioso. Altrimenti dovremmo fare un falò di millenni di pensiero umano. Nemmeno il Maestro lo fece, appoggiandosi a Dioniso ed evocando Zarathustra. Le ferite sono una questione personale. La filosofia e l'etica vanno oltre. Mi basta non mi impongano i loro idoli.

Ottimo!
Vai avanti tu che mi vien da ridere

davintro

Citazione di: Ipazia il 23 Ottobre 2019, 07:31:42 AM@davintro Non mi pare che sia meno contraddittoria la postulazione di un Dio incausato, tradotto a dimensione umana da guru di ogni specie, l'un contro l'altro armati. Perfino il più fine teo-logo della storia, il doppiamente scomunicato Benedetto Spinoza, dovette gettare la spugna col suo fatidico Deus sive Natura. E non poteva che essere quello l'approdo "a priori" della metafisica, in ciò che viene viene prima di lei, la fisica. La quale non esenta da assist etici qualora si consideri la costellazione di bisogni che rende la vita possibile, e di desideri che la rendono gradevole. O quantomeno saggiamente sopportabile, realizzando "a posteriori" quell'attitudine alla vita che si delinea nel trascendentalismo kantiano. Il cui errore metafisico non sta nella sua inesistenza e insussistenza ma nella necessaria correzione "a posteriori" rispetto alla causa prima incausata Natura. Gli "a priori" kantiani sono le condizioni materiali che rendono possibile lo sviluppo degli aspetti trascendentali della natura umana la cui metafisica non può che risolversi "a posteriori" nella presa d'atto dei requisiti fondativi della vita e nella necessità di dare loro soddisfazione. Tradotto in termini teisti si tratta di alcuni precetti delle tavole mosaiche e di quelle che vengono definite dalla dottrina cattolica "opere di misericordia". A partire da tali cause è possibile fondare una metafisica "a posteriori" perfettamente coerente in cui i collegamenti tra teismo e ateismo si trovano sul terreno comune della precettistica umanistica fondata sulle evidenze naturali, prendendo atto che i fondamenti metafisici assoluti d'antan possono essere oggetto solo di fede, ma non di conoscenza oggettiva il cui unico fondamento autodimostrantesi rimane la Natura.


non vedo alcuna autocontraddizione nell'idea di una Causa prima incausata, piuttosto la vedo nel suo rifiuto, nel pensare di rispondere alla questione dell'origine della realtà fermandosi a cause incapaci di fondare loro stesse e necessitanti di riferirsi a cause pregresse, pregresse in senso logico, in un regresso all'infinito che sarebbe solo l'ammissione di un'incapacità di dare una risposta, cioè arrivare a una conclusione. Ed un conto è ammettere i nostri limiti conoscitivi riguardo la soluzione di un problema, un altro presentare come risposta un'affermazione direttamente derivante da tali limiti. Evitare di definire come "Dio", questa necessaria Causa prima, definendola piuttosto come "Natura" o termini il cui significato è comunemente riferito a enti dell'immanenza mondana, è del tutto legittimo, ma in questo caso dovremmo riconoscere come la distinzione tra un ateo e un panteista alla Spinoza resti prettamente terminologica, senza riguardare un contenuto teorico pressoché identico. Più in generale, perché qualsiasi posizione tesa a rigettare il modello di Dio di una certa tradizione teologica mostri la sua efficacia esplicativa, si troverà costretta ad attribuire al suo modello di Causa prima quelle proprietà che consentivano al Dio che si vuole sostituire la capacità di render ragione di quegli aspetti della realtà, dal punto di vista dei credenti in Esso. E ciò implica che ogni modello a-teista, per dimostrare di esser adeguato a rispondere alle stesse questioni a cui i credenti presumono di poter rispondere attraverso il Dio del teismo, finirà fatalmente per assomigliare in gran parte a quest'ultimo, assorbendone le facoltà che ne garantiscono la potenza esplicativa fino al punto da renderlo un'ipotesi non necessaria. Ma allora mi chiedo, sarebbe così assurdo continuare a questo punto a definire anche la Causa prima atea "Dio", sulla base della somiglianza con il modello teista che si vuol sostituire? Ecco perché, un po' per provocazione, ma molto per un certo fondo di verità, mi piace pensare e dire che gli atei non esistono, ma che sono in realtà credenti in qualcosa che non intendono definire "Dio". Per quanto riguarda la "dimensione umana", direi che si potrebbe individuare un livello entro cui l'attribuzione a Dio di facoltà umane, riflette quel complesso di condizioni che determinano l'uomo come soggetto libero, creativo, attivo e attuale, che lo pongono in un'ottica di relativa trascendenza rispetto alla passività materiale del mondo che lo circondano, condizioni costituenti la sua dimensione di spiritualità (fermo restando che tale margine di libertà è sempre limitato, che ogni ente mondano, compreso l'uomo, non è mai pieno spirito o piena materia, ma sintesi delle due componenti, che l'uomo ha una componente di spirito, dunque di libertà e attualità superiore a quello della pietra, ma non è puro spirito, Atto puro, come la pietra non è pura materia, ma materia formata, solo per il fatto che, esistendo, produce un certo potere causale sull'ambiente con cui è fisicamente in contatto). Per un principio di proporzionalità, appare ragionevole che le facoltà che consentono all'uomo questo, seppur parziale, margine di liberà nei confronti del mondo circostante, siano le stesse che, qui però presenti al massimo grado, consentono a Dio un margine di trascendenza assoluto della sua libertà nei confronti di tutta la creazione, compresa l'uomo stesso, come in una gerarchia di Matrioske, dove Dio, la matrioska più grande, comprende tutte le altre, l'uomo è una matrioska più piccola, ma a sua volta più grande delle altre, fino ad arrivare dentro la più piccola matrioska, al vuoto, puro Nulla, mera materia indeterminata, potenza senza alcuna attualizzazione, potenzialità astratta. E in contrasto con tutto ciò, si dovrebbe distinguere il complesso di proiezioni antropomorfiche su Dio del tutto arbitrarie e senza ragione, che esprimono solo un'esigenza psicologica della volontà soggettiva del credente di ritagliarsi un modello teologico su misura dei loro desideri e pregiudizi, e in questo livello, da non cristiano, mi troverei a dovere inserire anche la proiezione di un Dio che si fa corpo, muore e risorge. Il compito di una sana metafisica razionale dovrebbe essere quello di operare un setaccio, discernendo i due livelli, quello di un'umanizzazione di Dio entro i limiti entro cui è in coerenza necessaria con la classica definizione del Dio filosofico della Causa Prima, la cui esistenza è riconoscibile razionalmente, e quello che fuoriesce dai limiti, e diviene antropomorfizzazione sentimentale ed arbitraria, accettabile solo per un fideismo, a cui la filosofia come speculazione razionale non dovrebbe vincolarsi


per Green demetr

la radice greca di "fenomeno" richiama il significato di "apparizione", e l'apparizione (a meno di non stare in un'ottica come quella fenomenologico husserliana, in cui apparenza e certezza indubitabile coincidono, in quanto le apparenze di cui si occupa sono il residuo essenzialistico e trascendentale dei vissuti coscienti, evidenziati dall'epoche, ma non mi pare che sia quella la strada che Kant percorre) è sempre il regno della possibilità dell'errore e dell'inganno. Quindi se tutto ciò che possiamo conoscere sono  fenomeni, cioè apparenze soggettive, allora non potremmo in alcun modo occuparci delle "cose stesse", tematizzandole in una critica gnoseologica, perché non conoscendole, non potremmo intenderne il significato, nemmeno nell'ottica "negativa" del dichiararle inconoscibili (per dire che qualcosa è inconoscibile, dovrei comunque quantomeno intenderne il significato, cioè conoscerlo). Se invece in Kant i fenomeni manifestassero la presenza delle cose stesse, allora si dovrebbe smentire la premessa del "possiamo conoscere solo fenomeni". Affermare che i fenomeni manifestano le cose stesse vorrebbe dire riconoscere una relazione tra i due ambiti, il fenomenico, l'apparire soggettivo, e il reale oggettivo. Ma, come è evidente, per conoscere una relazione occorre conoscere (quantomeno a livello formale e minimale, il significato dei termini relazionati) i termini collegati, sia fenomeni che noumeni. Se Kant fosse radicalmente coerente con la premessa del fenomenico come invalicabile limite della nostra conoscenza, non potrebbe in alcun modo accorgersi che i fenomeni rimandano il loro darsi a una realtà oggettiva extrafenomenica, non dovrebbe nemmeno poter citare nei suoi testi "le cose stesse", di più, non potrebbe operare alcuna critica, alcuna affermazione, la cui pretesa di verità è sempre pretesa (pensiero come intenzionalità) di corrispondenza del discorso alla realtà oggettiva, cioè alla "cosa in sé". Ogni ponte che connetta il fenomenico al noumenico è rotto, perché all'orizzonte oltre al fenomenico non si vede nulla. Tolta la conoscibilità di quest'ultima, tolta ogni possibilità di affermare alcunché, di pensare, nell'autoaffondarsi di ogni scetticismo di sorta che citavo prima. L'unica prospettiva che resta è quella del puro estetismo, espressione delle pure sensazioni su se stessi e sul mondo, in modo rapsodico e caotico, sacrificando ogni struttura di pensiiero giudicante, cioè di critica

green demetr

Ciao Davintro.


PARTE 1, molto tecnica solo per DAVINTRO, sorry!  :(





un punto di partenza la rappresentazione (alla larga monisti)

Vedi il punto di partenza sul discoroso dell'originario, non ci distanzia moltissimo, ma è il tipo di discorso che scegliamo a determinare le nostre filosofie e sono quelle che sono molto lontane.

Ma rimanendo nell'alveo della tradizione andiamo a ragionare.

Uno dei pochi ricordi che ho delle lezioni di Spinicci è quello delle sintesi rappresentative.

Mi pare che in Kant siano attive e in Husserl passive, ossia Kant e Husserl non si capiscono.
A scanso di equivoci per me la fenomenologia di riferimento è quella escogiatata da Heidegger. (quindi nè kant nè hegel nè husserl).

Su Heidegger però mi sono fermato al problema del tempo. In quanto per lui è un ente. Mentre per la fisica classica è solo una misura.

Il problema fisico non è indifferente rispetto alle rappresentazioni (siano esse attive o passive).

Sia per Kant che per Hegel che per Husserl il tempo è un ente.

DUBBI


Questa cosa mi dà dei problemi, non riesco ad accettarla fino in fondo, comunque effettivamente agisco nel mondo con quel pensiero.

Il mio dubbio:
Come si spiegherebbe l'entropia? (ossia che i sistemi di riferimento continuano a cambiare man mano che scendiamo nella scala di misurazione, atomi, quark, particelle).

Infatti anche se il tempo fosse determinato dallo spazio (kant hegel husserl e heidegger) come potrebbe lo spazio essere generato da una EMERSIONE? come ormai viene chiamata in fisica.


la teoria del campo di higgs ci viene in soccorso (zizek)


Ma torniamo pure a far finta e invece rimane un problema, perchè dire entropia mi pare dire niente, e anzi forse come dice Zizek forse è quella la risposta, che l'origine è meno del niente!

Ossia che il niente è qualcosa  :) ....vedi le ultime scoperte sul campo di higgs Ossia che ci vuole il niente per avere qualcosa.
(in quel caso non si capisce come  ::) (non sono un fisico) , hanno ragione sia kant sia hegel sia husserl sia heidegger)

Ossia per presupporre il tempo, deve sussistere uno spazio PRESUNTO.

Ossia che allora è lo spazio l'origine.

Ma il problema filsofico è dunque teorico, ossia determinato l'incipit, cosa è per l'uomo?

E qui arriviamo a noi, per te il principio è la causa. Ma la causa per te è il motore immobile?

Si ma allora il motore immobile è esattamente il niente, ossia per usare il termine kantiano esso è la COSA (kantiana) da cui scaturisce, in quanto movimento!

Infatti si muove a partire dal niente, e cioè senza niente, niente si muove!  :o  e d'altronde come fa a muoversi qualcosa se non c'è qualcosa a cui riferirsi, appunto al niente. Non può essere qualcosa, come vorrebbe Severino che infatti individua nel tempo, quel niente che non esiste non come tale, ma come ente (particolare però).
In un certo senso è proprio così. (dunque ci aggiungo pure severino, ultimo della lista, ma non meno valente)
Non esiste niente, il nulla, senza che vi sia qualcosa che da esso proceda.

E a sua volta procede appunto il tempo. (in questo severino si discosta, in quanto il tempo è un ente come per lo spazio, il che non è vero in assoluto, ma per severino è vero in quanto il tempo è la rappresentazione (un ente rappresentato, un ente fenomenologico, e non metafisico) del giro degli enti infiniti.
OSSIA che il tempo NON sia un ente metafisico. Il tempo è la rappresentazione della follia, della terra isolata etc...)

Dunque siamo nella metafisica, dimostrata.

IL PROBLEMA DEL TEMPO COME FARO DELLA FILOSOFIA METAFISICA

Ora vengono i guai. Ossia il problema del tempo. (perchè si è semplicemente dimostrato ciò che giò aristotele sapeva, che dunque qualcosa esiste. e se esiste qualcosa, tutto esiste. e infatti lo spazio esiste come motore immobile. come cosa in sè. egli deriva dal niente, ma è meno di niente! infatti il campo di higgins si crea andando a dei bassissimi livelli energetici. ossia bombardando lo spazio vuoto si crea qualcosa dal niente. il che più ci penso più non ha senso, sebbene un filosofo lo sa già in partenza, come se le intuizioni fondamentali venissero dallo stesso movimento.

POSIZIONI DIVERSE (MA COMUNI IN UN CERTO SENSO)

KANT ED HEGEL

per Kant il tempo è una necessità, ossia una pre-ordianazione affinchè attraverso la rappresentazione reale, si avvera il destino dell'essere e dell'esserci (Dirà più precisamente Heidegger)

Per Hegel è invece il mezzo (come per Severino notare!), ossia la rappresentazione che informa il mondo di un destino si, ma di tipo dialettico.
Ossia scopre quello che viene chiamato da Freud il principio di morte.
La negazione che si rappresenta SEMPRE come SINTESI, è l'idea stessa del tutto (del tutto spazio-temporale) che si realizza come sua continua negazione. (esattamente come il campo di higgs, testimonia di qualcosa) ossia parzialmente.

Sia Kant che Hegel pensano dunque il destino come il naturale compimento della storia.

Essi dunque pensano la rappresentazione come attiva, ossia è l'attività del soggetto che determina questo destino stesso.
Ovvero il pensiero come RIFLESSO DEL SUO DESTINO.

HUSSERL

e' husserl il primo a ribaltare la questione. Non esiste destino soggettivo destinale, esiste invece un destino oggettivo destinale.

Ossia è la cosa stessa che decide del soggetto, in quanto essa DECIDE (?????) di darsi all'uomo come tale.

In questo senso la filosofia analitica pedissequamente segue le direttive. (quasi che l'oggetto fosse un algoritmo pre-ordinato.

Per costoro il soggetto stesso è un oggetto.

Husserl per lo meno lo vede ancora come co-operazione, ossia dell'oggetto che vuole farsi scoprire e il soggetto che lo vuole scoprire, e lo percepisce come spazio vuoto. (di nuovo!)

Oddio sono molto d'accordo con Husserl, effettivamente nello stato di meditazione questo avviene.  :-[ 

Ma io MAI mi sognerei di dire che un oggetto decide di farsi vedere da me.

In questo senso, per dimostrare che la rappresentazione attiva è errata, ci sono migliaia di milioni di esperimenti scientifici di questa gente disumana, che hanno in testa di distruggere l'idealismo.

Come se servisse dico io! Nessuno capisce più cosa sia l'idealismo. :'(

comunque sono tutti felici nell pantagruelica cena sui resti dell'idealismo. :(

Il che mi fa abbastanza ridere, è ovvio che la rappresentazione attiva è falsa.....ma non è forse proprio quello che va dicendo Kant???

Il fatto che sia falsa, non incide minimanente sulla rappresentazione.

Il soggetto folle non ha forse una sua rappresentazione?

Quello che sta gente non capisce è che la rappresentazione è ineliminabile, esattamente come è ineliminabile il tempo.

La percezione errata è errata solo tramite calcoli, moduli e compagnia bella, ma a partire da una temporalità.

Da un delta di tempo ossia. Deve esistere una variazione degli stati di rappresentezione che solo un soggetto attivo può decidere l'oggettività. (in questo plaudo SPINICCI che l'ha capito)

La rappresentazione oggettiva (fossanco algoritmica) non ha alcun senso senza che vi sia un delta tempo delle rappresentazioni passive.

MA il delta tempo è esattamente il delta che decide necessariamente l'esistenza di un soggetto. (qua rimango da solo ahimè, ossia insieme a kant ed hegel, e heidegger)

Proprio perchè il tempo esiste, noi supponiamo di esserci, ed essendoci decidiamo a quale rappresentazione passiva indirizzarci.

Per esempio Se sono sveglio o se sto domrendo, problema alla base di tutte quest cose, fin dal tempo dei greci!!!!

Risoloto da Locke, proprio con il posizionamento del soggetto in uno spazio. (nel sogno lo spazio è deformato dal tempo, ossia è il soggetto che deforma il tempo. e qui siamo in piena letterattura novecentesca, kafak l'antesignano e poin proust joice e la poesia in generale)

Senza spazio non esiste reale! (e il reale è la sua rappresentazione temporale!)


Se lo spazio è hackerato, (l'acqua che piega il ramo, o tutte le altre cose inventate dagli studiosi di percezione) hackerata sarà la rappresetazione. Ma una volta ripreso il ramo, il calcolo normale ritornerà, il ramo è dritto!

E' dunque il tempo che decide della validità delle credenze del soggetto.

La crisis è dunque proprio all'interno delle categorie storiche. (e della loro destinalità, è quasi indifferente che la rappresentazione sia passiva o attiva. Che poi è invece quello che continuano a dire i nemici dell'idealismo! senza capire, ma hussel lo capì, che il problema non è la cosa in sè, ma del soggetto che ne decide in un determinato momento storico.)

DESTINALE, sia che sia attiva sia che sia passiva, come ormai i più pensano che sia.

Il problema è dunque per me del resto di queste rappresentazioni, ossia il problema del soggetto correlato ai suoi fantasmi (CARLO SINI DOCET)

Come già detto in altre maniere ma sostanzialmente medesimi da kant hegel marx (new entry) e heidegger, e in fin di vita anche da husserl.

Ecco fatta questa breve premessa, che mi soddisfa, passiamo alle tue domande.

fine prima parte
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

parte 2

cit DAVINTRO


Ogni ponte che connetta il fenomenico al noumenico è rotto, perché all'orizzonte oltre al fenomenico non si vede nulla.


esatto!

ma come spero di averti cominciato a farti balenare in mente, è proprio di fronte a questa aporia, apparente, che sei costretto ad affermare che esista un motore immobile!

Ossia se non c'è nulla come mai c'è un fenomeno?

E sopratutto un movimento? (o nei termini severiniani un apparire degli enti infiniti?)

E' ovvio che devi presupporlo proprio in base al pndc! ovviamente il nulla rimane nulla ma in esso qualcosa si muove!!!


E se si muove dunque non è nulla, ma deve essere qualcosa!! appunto la cosa in sè, la cosa kantiana.

In tedesco infatti è la Cosa, non la cosa in sè, che sembra quasi una rappresentazione.

E che dà adito al tuo errore, che però ripeto è comune. Quindi niente di male!

Anzi già che l'hai colto vuol dire che un pò ci hai studiato e riflettuto.  :)



Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Cit Davintro



Ecco perché, un po' per provocazione, ma molto per un certo fondo di verità, mi piace pensare e dire che gli atei non esistono, ma che sono in realtà credenti in qualcosa che non intendono definire "Dio". Per quanto riguarda la "dimensione umana", direi che si potrebbe individuare un livello entro cui l'attribuzione a Dio di facoltà umane, riflette quel complesso di condizioni che determinano l'uomo come soggetto libero, creativo, attivo e attuale, che lo pongono in un'ottica di relativa trascendenza rispetto alla passività materiale del mondo che lo circondano, condizioni costituenti la sua dimensione di spiritualità (fermo restando che tale margine di libertà è sempre limitato, che ogni ente mondano, compreso l'uomo, non è mai pieno spirito o piena materia, ma sintesi delle due componenti, che l'uomo ha una componente di spirito, dunque di libertà e attualità superiore a quello della pietra, ma non è puro spirito, Atto puro, come la pietra non è pura materia, ma materia formata, solo per il fatto che, esistendo, produce un certo potere causale sull'ambiente con cui è fisicamente in contatto).


Mi pare molto sensato quello che scrivi. Mi sembri molto vicino alla posizione di Spinicci, ossia rappresentazioni passive ma intenzionalità mista (ossia sia attiva del soggetto, sia passiva limitante dell'oggetto).


Spero che tu capisca che il tema della morte di dio, non c'entra nulla con l'esistenza di un dio in questi termini posto!
ll primo è dentro la tradizione morale il secondo quello di cui ci stiamo occupando è dentro la tradizione metafisica.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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