L'illusione del libero arbitrio

Aperto da bobmax, 18 Novembre 2018, 20:50:53 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 10 Dicembre 2018, 08:03:00 AM
Citazione di: sgiombo il 09 Dicembre 2018, 11:42:34 AM

Quella della libertà o meno da costrizioni estrinseche mi sembra tutt' altra questione, molto più filosoficamente (sia ben chiaro: per quanto riguarda la conoscenza della realtà astrattamente considerata) banale: ...

....Ma la libertà da costrizioni e inique limitazioni estrinseche della propria volontà (cui aspira chi lotta per questo nobilissimo scopo) non é né "libertà terra terra" (anzi!), né la libertà intesa "filosoficamente" coma libero arbitrio (per chi come me crede che si tratti di un' illusione; e anche per chi lo ritiene reale).


Di questa nobilissima libertà è tempo che la filosofia, almeno quella della prassi, si faccia carico, scendendo dall'Olimpo delle Idee Assolute che ormai hanno sfondato tutti i muri della banalità.
Citazione
MI pare abbia almeno cominciato a farlo (più o meno bene) da tempo.


Il comportamento umano è territorio di (in)determinismo debole segnato dal bivio dell'opzione che trasforma, con rigore filosofico "assoluto", la questione l.a. in questione etica.
Citazione
Questo però andrebbe dimotrato, non solo enunciato.


Spalancando con ciò le enormi praterie filosofiche non solo di una Spartaco che lotta contro le "coercizioni estrinseche", ma pure di un Engels e di un Marx che superando le "coercizioni intrinseche" di classe si mettono a scrivere la Bibbia degli esclusi.
Citazione
Le scelte degli intellettuali borghesi Marx ed  Engeks di stare dalla parte della classe del proletariato contro la "propria" non sono una confutazione del determinismo: niente impedisce che ciò accada deterministicamente in seguito alle vicende personali e sociali di ogni soggetto umano.

Citazione di: sgiombo il 09 Dicembre 2018, 11:42:34 AM

Che mio figlio quando era piccolo soggettivamente fosse convinto (illusoriamente) di voler fare incondizionatamente, per libero arbitrio quello che talora gli ho impedito (o a volte tentato vanamente di impedire) che facesse non inficia minimamente il fatto che invece lo voleva come effetto deterministico inevitabile di cause costituite dal suo "modo di essere" (tanto per intenderci).


Quel "vanamente" sconsolato dimostra quanto debole diventi il determinismo una volta installatosi nella psiche di un cucciolo  ;D Un determinismo autocontraddittorio a partire dalle sue stesse pulsioni, come se la natura, che teleologica non è, si fosse sfidata da sola, producendo materia vivente teleologica assai. Dialettica pura, in cui la causa finale emerge dal sua negativo ...
Citazione
Non vedo proprio dove stia la dimostrazione (e nemmeno la sconsolatezza": mi pare semplice realismo).

Concetti autocontraddittori come quello di "natura, che teleologica non è" ma che " si fosse sfidata da sola, producendo materia vivente teleologica assai" per me sono del tutto senza senso.

Ipazia

La dimostrazione sta nell'evidenza. Com'è evidente che la coperta causale, ciascuno la tira dalla sua parte. Come giustamente sottolineava Jacopus, la questione è razionalmente indecidibile. Quindi ognuno si tenga le sue (in)determinazioni e bias causali. Contrariamente all'assolutismo metafisico, la realtà ha infinite sfumature di possibile e la sintesi avviene per dosi variabili di contrari. L'unica oggettività possibile è sul dosaggio della sintesi. Sul grado di libertà. Doppiamente metadiscorso. Perchè anche il contesto va definito prima delle antitesi. Dato il contesto e le sue possibilità si può "scientificamente" definire il range di libertà praticabile. Più ampio nel contesto proprio della creatività artistica e logica, più ridotto nelle interazioni con la natura. Intermedio nel contesto etico che è sintesi di natura e creatività. Questo è il regno della libertà umana.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

"Là dove c'è il tuo tesoro, là c'è il tuo cuore." Sono parole di Gesù, riportate dal Vangelo. Eraclito qualche secolo prima: "ethos anthropos daimon", il carattere é il destino dell'uomo.
Ecco due tradizioni di pensiero che ci rivelano un messaggio analogo: il destino, l'ananke, è un filo che si dipana, ma che aiutiamo noi stessi a dipanare in un certo modo. È lo stesso messaggio della teoria cognitiva: tendiamo a ripetere gli stessi comportamenti e quei comportamenti ci condizionano e innescano i comportamenti futuri, comportamenti che sono le nostre attitudini, inclinazioni, tesoro ed ethos.
Ma essendo esseri sociali i "tesori" e gli "ethos" sono condizionati e relativizzati, oltre che dalle precondizioni ambientali, dai nostri pattern comportamentali e dal nostro interagire sociale.
Ma come singoli, anche noi siamo parte delle precondizioni ambientali degli altri, concausa dei pattern comportamentali e alter-ego dei rapporti sociali. Avviene così una circolarità fra il nostro apporto libero e creativo e le predeterminazioni socio-ambientali e comportamentali.
Seguitemi però ancora più in profondità. Abusero' della vostra pazienza.
C'è un mito che ha molto da dire, quello di Edipo. La storia è nota: ad Edipo è stato profetizzato un destino terribile: ucciderà suo padre e sposerà sua madre. Proprio per evitare questo tragico destino Edipo viene abbandonato ed adottato dal re di Corinto e da Corinto fugge per paura di uccidere il suo padre adottivo, ma nella strada incontrerà il suo vero padre, Laio, e lo ucciderà. Come nella canzone "Samarcanda", ogni sforzo sembra vano, le Moire hanno filato, misurato e tagliato. Il fato, il già detto è compiuto.
A Tebe, come re, Edipo sposa Giocasta, sua madre, ma una terribile pestilenza invade la città e solo se sarà trovato l'assassino di Laio, la pestilenza avrà termine. Edipo, il risolutore degli enigmi , qui fonda il pensiero moderno. Non ascolta Tiresia e neppure la moglie che lo mettono in guardia. Edipo deve sapere anche se Tiresia, simbolo del mondo primordiale lo avvisa del suo terribile destino. La conoscenza è il daimon di Edipo. Le Moire trionferanno ancora ma Edipo, sopravvissuto a sé stesso, assumerà su di sé il peso e la colpa di quanto accaduto, nonostante sia del tutto incolpevole. O meglio una colpa ce l'ha e risiede nell'hybris di conoscenza, nel non aver ascoltato chi gli diceva "fermati". Ma al termine, una volta smascherato, avrebbe potuto uccidersi, e invece decide di vivere per essere l'emblema della sua storia, che "responsabilmente" si prende sulle spalle, come un successivo agnello di Dio.
Cambiamo scenario. Sono trascorsi 2300 anni. Freud prende in prestito Edipo per il suo più famoso teorema. Ma Freud assimila da Edipo proprio l'ybris della conoscenza, quando teorizza la presenza di un inconscio che si nutre del non detto, dei segreti familiari, dei traumi più vergognosi, che determinano inconsapevolmente l'agire umano. Solo rischiarando il mistero, la nebbia, il trauma e la violenza originaria che alimentano l'inconscio, l'uomo può aspirare ad un livello di maggiore autonomia e libertà.
Come potete ben vedere, determinismo vs libero arbitrio è un dibattito che ha ancora tanti dardi da lanciare.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

sgiombo

#213
Citazione di: Ipazia il 10 Dicembre 2018, 12:52:59 PM
La dimostrazione sta nell'evidenza. Com'è evidente che la coperta causale, ciascuno la tira dalla sua parte. Come giustamente sottolineava Jacopus, la questione è razionalmente indecidibile. Quindi ognuno si tenga le sue (in)determinazioni e bias causali. Contrariamente all'assolutismo metafisico, la realtà ha infinite sfumature di possibile e la sintesi avviene per dosi variabili di contrari. L'unica oggettività possibile è sul dosaggio della sintesi. Sul grado di libertà. Doppiamente metadiscorso. Perchè anche il contesto va definito prima delle antitesi. Dato il contesto e le sue possibilità si può "scientificamente" definire il range di libertà praticabile. Più ampio nel contesto proprio della creatività artistica e logica, più ridotto nelle interazioni con la natura. Intermedio nel contesto etico che è sintesi di natura e creatività. Questo è il regno della libertà umana.


Come ci ha insegnato David Hume, é indecidibile la questione se il mondo materiale naturale é una successione ordinata (deterministica) di cause da effetti o meno.

Ma se si vuole pensare e parlare sensatamente, non autocontraddittoriamente, allora non si può affermare che é possibile la conoscenza scientifica, ovvero che sono conoscibili le leggi del succedersi o "concatenarsi" causale degli eventi (il che implica necessariamente che esse realmente "vigano", non potendosi conoscere veracemente che qualcosa esiste realmente se tale cosa non esiste realmente; id est: implica necessariamente la realtà del determinismo, per lo meno in un' accezione debole, probabilistica-statistica), ed inoltre -contraddicendosi- che é reale l' indeterminismo (in generale, e dunque anche la sua fattispecie "libero arbitrio" nell' ambito dell' agire umano o animale).

In caso di possibilità della conoscenza scientifica, conoscere (non sempre possibile di fatto) il ventaglio dei possibili, indeterminati eventi futuri non può essere non contraddittoriamente, sensatamente inteso che come la loro soggettiva calcolabilità e prevedibilità (dato un determinato contesto noto, cioé data la -limitata- conoscenza soggettiva di un determinato contesto), nell' ambito del loro oggettivo accadere necessariamente determinato (per lo meno nei loro rapporti quantitativi complessivi, se non anche in ciascuno di essi) secondo regole o modalità  iderogabilmente determinate, e dunque univocamente, necessariamente in un unico modo. Mentre solo se non "vigessero" realmente tali regole o modalità  iderogabilmente determinate (ergo: se non fosse possibile al conoscenza scientifica), allora non autocontraddittoriamente, sensatamente si potrebbe pensare realmente possibile l' indeterminismo in generale, e nel suo ambito in particolare l'indeterminismo (ovvero: il libero arbitrio) dell' agire umano.
Questa é una dimostrazione logica della sicura, certa incompatibilità dell' indeterminismo, per lo meno in senso forte, con la conoscenza scientifica.
Circa la (eventuale; qui non dimostrata impossibile) compatibilità con la conoscenza scientifica di un indeterminismo debole (probabilistico - statistico), a proposito della questione del libero arbitrio essa si limiterebbe a stabilire che ciascuna singola azione umana é casuale (indeterminata: ergo del tutto casuale, fortuita, come se ogni singola scelta umana conseguisse a un "interiore lancio di un dado o più dadi non truccati": una certa opzione se uscisse un certo numero da 1 a 6 oppure da 1 a 12 o da 1 a 64, ecc., una qualche altra opzione se, del tutto a casaccio, uscisse un qualche altro numero), mentre il comportamento complessivo di ogni uomo (il rapporto fra le scelte più o meno buone e quelle più o meno malvagie, ovvero quello che ne stabilirebbe le caratteristiche etiche, posto che nessuno é perfetto e anche i migliori prima o poi compiono qualche azione riprovevole e anche i peggiori qualche azione encomiabile), sarebbe comunque inderogabilmente deterministico.
Credo che chi (coltivando di fatto in questo modo dentro di sé un insuperato "residuo di religiosità" o di "soprannaturalismo"; magari suo malgrado: ti invito senza sicumera, amichevolmente a rifletterci...) aspiri ad essere dotato di libero arbitrio ritenendo aprioristicamente, soggettivamente "degradante" o in qualche modo "sminuente" la propria umanità il fatto di agire nel modo in cui funzionerebbe una qualsiasi macchina, non potrebbe esserne troppo soddisfatto (per lo meno, se anche non ne fosse  invece completamente deluso nella sua aspirazione; che personalmente non condivido).

Se vuoi che tela dica tutta, penso che la concezione epicurea del divenire, con il "clinamen", trattata con evidente approvazione da Marx nella sua tesi di laurea, é incompatibile con la possibilità della conoscenza scientifica, contrariamente a quella democritea.

Circa la maggiore apparente "libertà" dell' agire umano rispetto al resto del divenire naturale (in caso di conoscibilità scientifica), essa si riduce puramente e semplicemente alla molto maggiore complessità e dunque soggettiva imprevedibilità o incalcolabilità di fatto del primo rispetto al secondo, nell' oggettivo identico divenire deterministico per lo meno in senso debole: tutto lì!

Ipazia

Non ho messo a caso le "" su "scientificamente". La scienza deve essere deterministica, ovvero deduttiva, per svolgere il suo lavoro. Non è detto che la realtà lo sia altrettanto. E il tuo Hume mi pare ne abbia pure parlato. Calcoli astronomici e orientamento funzionavano anche con la scienza geocentrica. Col mercurio, che funzionava alla grande contro alcune infezioni, si sono avvelenate secoli di generazioni umane, incluso pare Mozart. Credo che i residui di religiosità li abbia chi pensa che il determinismo scientifico abbia preso il posto della Verità rivelata dai numi.

Io mi limito a porre, per quanto possibile, alcune evidenze, come la volontà umana, su binari altrettanto rigorosi, con tutti i loro limiti, delle scienze esatte, restringendo il campo contestuale fino al livello di comportamenti umani realmente liberi di elaborare strategie per esseri liberi da le catene che glielo impediscono. Tanto nelle grandi (etica) che nelle piccole (gusto) cose.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Lou

#215
Citazione di: Phil il 06 Dicembre 2018, 18:51:41 PM
Credo che il concetto di libertà, per non collassare su se stesso, non debba essere assolutizzato: si è liberi sempre da qualcosa, mai in assoluto (altrimenti scatterebbe l'aporia autoreferenziale). Parimenti l'arbitrio è sempre arbitrio di qualcuno, quindi presuppone una struttura interpretativa del reale non assoluta, ma soggettiva.
Se l'arbitrio rimanda all'individuo nella sua singolarità, la libertà non può rimandare alla volontà (non posso non volere ciò che voglio, nemmeno quando voglio cambiare idea) né ai meccanismi decisionali (non posso scegliere secondo logiche e prospettive che non siano state prima integrate dai/nei miei stessi meccanismi decisionali).
Se quindi, fino a prova contraria, non si può essere liberi dalla propria volontà né da come si ragiona, qual'è la "libertà" del libero arbitrio, da cosa si è liberi?
Non si rischia di confondere la "libertà" dell'arbitrio con quella della sua attuazione pratica?
Cerco indizi pensandola via negationis: come limitare la "libertà" del libero arbitrio? Cosa rende un arbitrio "non libero" (e da cosa)? Tutta questione di circonvenzione e plagio, o si tratta di fare una tassonomia di ciò che rende tale il "nostro" arbitrio?
Cosa si perderebbe a parlare semplicemente di «arbitrio», senza usare quella "parolaccia vetero-umanista" tanto cara ai demagoghi e agli adolescenti?


P.s.
Chiaramente, si può deviare da tale questione percorrendo differenti strade: quella dell'istanza teologica (con le sue antinomie e "misteri" che legano libero arbitrio e peccato), quella storico-culturale (con riflessioni politiche o antropologiche sulle declinazioni delle libertà), quella epistemologica (con il causalismo che assedia sempre più l'apparentemente casuale), quella esistenziale (con l'interrogarsi estetizzante sul "peso" della eventuale libertà), quella etica (figlia di quella teologica e madre di quella giuridica, in cui la libertà è "incatenata" alla responsabilità, e vengono entrambe pesate sui piatti della bilancia para-utilitaristica «bene/male»), etc.
Di contro si potrebbe obiettare: se io sono volontà e se la volontà è automa, io non sono forse libero unicamente nel volere? Non sono libero dallo schiantarmi se sono in caduta da un ponte, ma resto libero di volermi non schiantare o schiantare? Sono libero di volere A o nonA? È preservata la libertà di volere?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

sgiombo

#216
Citazione di: Ipazia il 10 Dicembre 2018, 18:48:00 PM
Non ho messo a caso le "" su "scientificamente". La scienza deve essere deterministica, ovvero deduttiva, per svolgere il suo lavoro. Non è detto che la realtà lo sia altrettanto. E il tuo Hume mi pare ne abbia pure parlato. Calcoli astronomici e orientamento funzionavano anche con la scienza geocentrica. Col mercurio, che funzionava alla grande contro alcune infezioni, si sono avvelenate secoli di generazioni umane, incluso pare Mozart.
Citazione
Se la scienza (le teorie scientifiche) é deterministica ma la realtà (materiale naturale) no, che cosa conosce (descrive) la scienza?

La fantasia?
La realtà metafisica?
Le idee platoniche?
Le coorti angeliche?
L' inconscio freudiano?

Certo che il "mio" Hume ha avuto la consapevolezza del carattere non dimostrabile logicamente né constatabile empiricamente del divenire ordinato secondo concatenazioni cause-effetti della natura.
Ma ciò non toglie che o la natura diviene in siffatto modo, oppure la conoscenza scientifica (che compie inferenze sia deduttive, sia induttive) é falsa. Almeno le scienze naturali, rimanendo vere le solo scienze logico-matematiche.

Che ci siano state anche teorie scientifiche che hanno funzionato in pratica essendo solo molto limitatamente vere e in larga misura false (in generale le conoscenze scientifiche non sono mai conoscenze vere in assoluto, integrali, compiute, "perfette" della natura; questo l' ho imparato quando ero giovane da Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin) non fa che ulteriormente corroborare le geniali considerazioni di Hume (già inattaccabili di loro).



Credo che i residui di religiosità li abbia chi pensa che il determinismo scientifico abbia preso il posto della Verità rivelata dai numi.
Citazione
Infatti io non penso affatto che il determinismo scientifico abbia preso il posto della Verità rivelata dei numi

Non per niente cito sempre il "mio" Hume, che ammiro più di qualsiasi altro filosofo, il quale per primo (almeno in epoca moderna) ne ha messo in evidenza la insuperabile incertezza, dubitabilità:

altro che "Verità rivelata dei numi" ! ! !

Lo pensa invece, evidenziando a mio parere residui insuperati (e magari inconsapevoli) di credenza nella "soprannaturalità" (la quale é una "grossa", molto importante componente della religiosità) chi vorrebbe negare il determinismo naturale perché si sente sminuito come persona umana qualora "funzionasse" divenisse, vivesse come un qualsiasi banale evento naturale o una qualsiasi macchina artificiale, cioé se non si crede dotata di libero arbitrio, ovvero di qualcosa che nega il divenire naturale deterministico, che letteralmente gli é "superiore" o che comunque é necessario a fare delle persone umane qualcosa di suffficientemente degno di considerazione, senza il quale sarebbero ridotte a banali "cose" materiali, a volgari processi meccanici.

Io mi limito a porre, per quanto possibile, alcune evidenze, come la volontà umana, su binari altrettanto rigorosi, con tutti i loro limiti, delle scienze esatte, restringendo il campo contestuale fino al livello di comportamenti umani realmente liberi di elaborare strategie per esseri liberi da le catene che glielo impediscono. Tanto nelle grandi (etica) che nelle piccole (gusto) cose.
Citazione
Evidente é che se la conoscenza scientifica é vera tutto ciò che accade nel mondo materiale - naturale, compreso il comportamento umano, accade deterministicamente (almeno in senso debole); dunque il comportamento umano può essere più o meno libero da coercizioni estrinseche (coartazioni della sua volontà), ma non arbitrario (non non deterministicamente regolato, in particolare quanto alla sua volontà considerata astrattamente, indipendentemente dalla sua realizzazione di fatto o frustrazione per cause di forza maggiore).

Essere liberi di elaborare strategie per esseri liberi da le catene che glielo impediscono é diversa cosa dal libero arbitrio (= essere liberi di elaborare strategie per esseri liberi da le proprie intrinseche condizioni che le causano, le determinano, gliele impongono).

sgiombo

Citazione di: Lou il 10 Dicembre 2018, 18:55:07 PM

Di contro si potrebbe obiettare: se io sono volontà e se la volontà è automa, io non sono forse libero unicamente nel volere? Non sono libero dallo schiantarmi se sono in caduta da un ponte, ma resto libero di volermi non schiantare o schiantare? Sono libero di volere A o nonA? È preservata la libertà di volere?

Resti libera di volerti non schiantare o schiantare se nessuno ti impedisce di schiantarti (non ti trattiene nessuno) né di non schiantarti (non ti getta a forza giù dal ponte nessuno), a seconda di come il tuo modo di essere ti determina ad agire o meno: é preservata la tua libertà da coercizioni estrinseche.

Phil

Citazione di: Lou il 10 Dicembre 2018, 18:55:07 PM
io non sono forse libero unicamente nel volere?
Libera da/di cosa? Senza determinazioni la libertà è per me solo una "parolaccia" enfatica.

Citazione di: Lou il 10 Dicembre 2018, 18:55:07 PM
Non sono libero dallo schiantarmi se sono in caduta da un ponte, ma resto libero di volermi non schiantare o schiantare? Sono libero di volere A o nonA?
Non credo si possa essere liberi di volere (salva l'ovvia constatazione che la mia volontà è libera dalla volontà altrui; circonvenzione e plagio a parte, come si diceva), poiché non si è liberi dalla propria volontà: se non voglio schiantarmi, sono davvero libero di volere il contrario? Forse solo a parole, nei fatti non ci riesco... e se ci riesco non è solo perché ho voluto volere altro, ma perché altro ha causato un mutamento della volontà (con «altro» intendo, ad esempio, un'intuizione, la follia, etc.).

Secondo me, siamo costretti a volere ciò che vogliamo più di quanto siamo "liberi" di volerlo (se proprio vogliamo applicare libertà/costrizione a volontà, arbitrio, etc. intreccio che non ritengo sempre necessario, detto fra noi ;) ).

Si può fare anche un esperimento: pensa a qualcosa che vuoi, poi prova a non volerlo più; ci riesci? Sei dunque davvero libera di/dal volere?
Certo, puoi dire e/o pensare "non lo voglio più!", ma è davvero cambiata la tua volontà? C'è davvero una meta-volontà che ci fa volere ciò che vogliamo o semplicemente vogliamo e basta (a causa di meccanismi psicologici, biologici e/o altro)?
Forse si può essere liberi di fare ciò che si vuole (se si vuole ciò che si può fare), ma non si può essere liberi di volere ciò che non si vuole.

Citazione di: Lou il 10 Dicembre 2018, 18:55:07 PM
È preservata la libertà di volere?
Prima dell'istanza di preservarla: «libertà di volere», in fondo, che significa?

Ipazia

#219
Citazione di: Phil il 11 Dicembre 2018, 01:46:11 AM
Citazione di: Lou il 10 Dicembre 2018, 18:55:07 PM
io non sono forse libero unicamente nel volere?
Libera da/di cosa? Senza determinazioni la libertà è per me solo una "parolaccia" enfatica.

Questa ci può anche stare. Vale per tutte le "parolacce" enfatiche: verità, giustizia, uguaglianza, bene,...

Quindi rimane la questione: la determinazione della libertà quanta libertà toglie alla libertà ?

Direi poca perchè la libertà si regge su una pulsione originaria come la fame, l'identità, l'amore. Pulsione non autosufficiente perchè necessita di un riscontro esterno per essere soddisfatta, ma la cui soddisfazione come per il cibo, l'autostima, l'essere amati, è necessaria per il pieno dispiegamento delle potenzialità umane. Personalmente non rinuncerei a questa "parolaccia" scritta in tutte le costituzioni e trattati sui diritti umani. Libertà da finalizzata a libertà di, non libertà di volere che, concordo, resta un nonsenso metafisico.

L'illusione. Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus ("la rosa primigenia esiste solo nel nome, possediamo soltanto nudi nomi"). Tralasciando tutti i paroloni e andando alla nuda materia: quanta illusione c'è nella parola "atomo" ? Per un chimico poca, perchè tutto il suo contesto effettuale manipola atomi. Per un fisico già di più. E per certi processi stellari o situazioni estreme di laboratorio, di atomi proprio non se ne vedono, perchè totalmente frammentati nei loro componenti.

Per la libertà, o l.a., vale la stessa cosa. Vi sono contesti in cui esiste e contesti no. Contesti, come quello di Spartaco o di uno schiavo alla catena, in cui occupa tutto l'orizzonte esistenziale e contesti in cui possiamo lasciarla sonnecchiare come imperativo categorico nel migliore dei mondi possibili.

Come per tutte le parole e paroloni è sempre il contesto la misura della loro verità.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

Per molte persone religiose  ( ma non per Lutero e Calvino...)il libero arbitrio esiste e ci è dato da Dio. E questo è un motivo di fede.
 I non-religiosi, che ritengono tutto il nostro agire non-libero ma determinato da cause e condizioni,  sono costretti ad agire come se il libero arbitrio esistesse, in quanto non è possibile conoscere tutte le infinite cause e condizioni che fanno scegliere A invece che B.
Anche perchè tutte queste cause e condizioni non interagiscono tra loro sempre allo stesso modo e quindi danno vita ad effetti sempre diversi e imprevedibili. Io stesso muterò tra un attimo il mio desiderio di scrivere qualcosa sul libero arbitrio e me ne pentirò probabilmente, anche se sembra (apparentemente) non siano intercorse nel frattempo mutazioni nelle cause che mi hanno spinto a scriverlo...
Secondo me tra i fenomeni mentali e quelli fisici permane una forte dose di incertezza che fornisce combustibile all'esistenza di un certo grado di libertà, libertà che in teologia diventa  "libero arbitrio".
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Concordo con gli ultimi due interventi, con la precisazione che anche volentieri, o meglio ancora "indifferentemente", senza farsene un problema esistenziale e non necessariamente "per costrizione subita obtorto collo", come crollo di una dolce illusione, si può ritenere tutto il nostro agire non-libero da condizionamenti intrinseci ma determinato da cause e condizioni "nostre proprie" ed agire come se il libero arbitrio esistesse, in quanto non è possibile conoscere tutte le infinite cause e condizioni che fanno scegliere A invece che B .

E che tra i fenomeni mentali e quelli fisici permane una forte dose di incertezza che fornisce combustibile all'esistenza dell' illusione di un certo grado di libertà intesa come indeterminismo intrinseco, libertà illusoria che in teologia diventa  "libero arbitrio".

E inoltre che in Contesti, come quello di Spartaco o di uno schiavo alla catena, é la libertà da costrizioni estrinseche (non l' indeterministico libero arbitrio) per le quale lottare fino all' ultimo respiro ad occupare tutto l'orizzonte esistenziale, mentre tende facilmente ad essere lasciarla sonnecchiare come imperativo categorico nel migliore dei mondi possibili in altri contesti.

Firmato: il solito pignolissimo rompiballe.

Phil

Citazione di: Ipazia il 11 Dicembre 2018, 10:29:23 AM
Personalmente non rinuncerei a questa "parolaccia" scritta in tutte le costituzioni e trattati sui diritti umani. Libertà da finalizzata a libertà di, non libertà di volere che, concordo, resta un nonsenso metafisico.
Non posso che sottoscrivere, poiché il mio punto di partenza cronologico (l'incipit del mio primo post sul tema) è proprio questo:
Citazione di: Phil il 06 Dicembre 2018, 18:51:41 PM
Credo che il concetto di libertà, per non collassare su se stesso, non debba essere assolutizzato: si è liberi sempre da qualcosa, mai in assoluto
La libertà assoluta, santificata e asintoticamente fluttuante nell'iperuranio, è quella che invece ascriv(ev)o a demagoghi, adolescenti e poeti (con annessa licenza).



Citazione di: Sariputra il 11 Dicembre 2018, 11:52:44 AM
I non-religiosi, che ritengono tutto il nostro agire non-libero ma determinato da cause e condizioni,  sono costretti ad agire come se il libero arbitrio esistesse
Non colgo la necessità di tale costrizione. Se mi considero una risultante dinamica di differenti elementi che mi compongono (psiche, volontà, biologia, etc.) e che mi eccedono e circondano (cultura, società, mondo materiale, etc.), non c'è alcun problema a ridurre il libero arbitrio a semplice arbitrio (inteso come discrezionalità), svincolandolo (liberandolo?) dalla connivenza di una libertà istrionica.
Ammettere che il proprio arbitrio sia condizionato, "costretto" ad essere ciò che è (nella sua mutevolezza) è come ammettere di avere il corpo che si ha senza averlo scelto con libertà, o di avere i gusti che si hanno senza averli scelti liberamente, etc.

Citazione di: Sariputra il 11 Dicembre 2018, 11:52:44 AM
non è possibile conoscere tutte le infinite cause e condizioni che fanno scegliere A invece che B.
Il non conoscere esattamente tutto ciò che determina ogni nostra scelta è piuttosto marginale; il non sapere esattamente quali discorsi ci hanno più influenzato da bambini e persino quali siano i nostri genitori, non ci impedisce di constatare che siamo come siamo (tale conoscenza delle cause influenzerebbe l'interpretazione del come siamo, non il come siamo).


«Libero arbitrio» è un po' come dire «calda martellata»: può essere caldo (e sempre relativamente ad altro da se) il chiodo, il martello, il muro, etc. ma la martellata non è propriamente né calda né fredda.
Voler indagare la temperatura della martellata risulterebbe una ricerca senza fine (in entrambi i sensi ;) ); tuttavia lo è perché è ardua, perché abbiamo limiti cognitivi, perché la scienza non è ancora pronta, perché la temperatura si disvela ritraendosi nell'Essere, oppure semplicemente perché è un falso problema o un problema mal posto?


P.s.
Non so se la fisica attuale riesca ad esprimersi persino su qualcosa di simile alla «temperatura della martellata», considerando differenziali termici o gradienti subatomici o affini, ma spero si capisca che qui è solo un esempio; avrei potuto parlare del «colore della martellata» o altri qui pro quo semantici.

P.p.s.
@sgiombo Stavolta sei stato tu ad anticiparmi (in parte) mentre scrivevo il post.

sgiombo

Citazione di: Phil il 11 Dicembre 2018, 15:45:05 PM

Ammettere che il proprio arbitrio sia condizionato, "costretto" ad essere ciò che è (nella sua mutevolezza) è come ammettere di avere il corpo che si ha senza averlo scelto con libertà, o di avere i gusti che si hanno senza averli scelti liberamente, etc.
Citazione
...che si é venuti la mondo così come si é venuti al mondo, senza averlo voluto.

"Le cose" non potrebbero "stare" che così (e in che altro modo diversamente?).


P.p.s.
@sgiombo Stavolta sei stato tu ad anticiparmi (in parte) mentre scrivevo il post.
Citazione
Un po' per uno non fa male a nessuno (vecchio proverbio per bambini in età pre-scolare).

Statemi tutti benone!

Sariputra

Essendo il 'libero arbitrio' sostanzialmente un concetto teologico cristiano bisogna dire, ad onor del vero, che nemmeno per la chiesa l'uomo è veramente 'libero' (l'unica libertà assoluta da cause e condizioni può dimorare solo nell' Incondizionato, in questo caso Dio...).  L'essere umano non può trarsi dalla sua condizione determinata dal 'peccato' (corrotta per il cristianesimo..cioè di 'separazione') se non per mezzo della Grazia. Infatti Agostino separa il libero arbitrio dalla libertà. Il libero arbitrio non è altro quindi che la possibilità data di scegliere tra due opzioni (bene o male...) in virtù di questa Grazia che Dio dona attraverso lo Spirito. Grazia che è quindi una volontà profonda ( un anelito disperato quasi ...) di andare verso il bene , continuamente  ostacolata dalla forza avversa che tende a separare la creatura dal Creatore. Pertanto ritengo piuttosto 'superficiali' certe affermazioni che si leggono , anche su Internet, nelle quali sembra che la teologia indichi nel libero arbitrio una sorta di 'libertà assoluta' data all'uomo, svincolata da cause e condizioni e poggiante unicamente in un'intrinseca volontà soggettiva. Non è così...Agostino stesso infatti si rifà in proposito alle parole di Paolo di Tarso: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. " Paolo stesso s'accorge di non essere 'libero' ma determinato  nel suo agire da ciò che 'non vuole' ossia dalla sua stessa 'natura' d'uomo. Però anela al bene, che è il moto interiore della Grazia...anch'essa, in un certo senso, logicamente condizionante  l'aspirazione e l'agire stesso.
Agostino distingue dunque la libertà propriamente detta, definita come  "la capacità di dare realizzazione ai nostri propositi", dal libero arbitrio, da lui  inteso invece come la possibilità di scegliere, in linea teorica, tra opzioni contrapposte, ossia tra il bene e il male. Il libero arbitrio entrerebbe quindi in gioco solo nel momento della scelta, rivolgendosi ad esempio al bene. La "libertà" sarebbe però incapace di realizzarla proprio perché 'condizionata'.

Nell'Islam invece lo scontro, apparentemente irrisolvibile, tra i concetti di libera volontà, intesa come umano libero arbitrio, e di determinismo, ossia di divina predeterminazione, è da sempre oggetto di un grande interesse, ma soprattutto di accesa controversia, delineandosi non esclusivamente come un problema accademico o teologico-filosofico, ma anche politico, in virtù delle ripercussioni che tale dottrina possiede in ambito sociale. Secondo una serie di tradizioni, lo stesso Profeta Abū l-Qāsim Muḥammad ibn ʿAbd Allāh ibn ʿAbd al-Muṭṭalib al-Hāshim  :P   avrebbe scoraggiato le speculazioni in materia (in effetti appare anche a me una speculazione sterile... :( ).L'Islam, quale religione di legge rivelata, implica l'esistenza di un'intelligenza capace di cogliere il significato di tale legge e quindi la 'libertà' è sempre vincolata alla legge, anche se è presente la concezione di un'adeguata retribuzione all'azione umana («Iddio non imporrà a nessun'anima pesi più gravi di quel che possa portare. Quel che si sarà guadagnato sarà a suo vantaggio e quel che si sarà guadagnato sarà a suo svantaggio» (Cor. 2,286)
Nella teologia islamica la nozione dell'uomo come delegato di Dio diventa potenzialmente alternativa a quella di libertà (ed è interessante teologicamente il concetto...). L'uomo è chiamato a concorrere alla creatività divina secondo condizioni individuali. Il muslim, nel suo mettersi in rapporto con Dio, si riconosce con fierezza  quale Suo servo o 'abd, prendendo coscienza della trascendenza del suo Signore e della conseguente distanza esistente tra stato umano e divinità; riconosce in Allah quindi il proprio rabb, signore e maestro e nell'esercizio della divina rubūbiyya (signoria) riscopre l'onnipotente sovranità del Creatore. Corollario della condizione dell'uomo quale "servo" di Dio sarebbe il non aspirare a una normale forma di libertà (ikhtiyār).L'inferiorità di questo stato di 'servitù' sarebbe però ampiamente riscattato dall'investitura divina che lo rende Suo amministratore sulla terra. Tale "eredità", che per il credente è meccanismo insieme di riscatto e responsabilizzazione, viene affidata secondo l'Islam a ogni individuo all'interno del proprio campo d'azione.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Discussioni simili (5)