L'illusione del libero arbitrio

Aperto da bobmax, 18 Novembre 2018, 20:50:53 PM

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davintro

direi che la "libertà da" può essere vista come insufficiente al darsi della "libertà di" solo nel momento in cui si ipotizza la concreta possibilità di una condizione di pura stasi dell'attività vitale: se tale possibilità fosse reale, allora anche l'eliminazione di ogni ostacolo esteriore (la "libertà da") non basterebbe a determinare la "libertà di", perché anche nell'assenza di impedimenti esterni il soggetto non esprimerebbe la propria identità interiore, perché scarica di energie creative atte a porre la sua libertà come qualcosa di costruttivo. Il punto è che tale condizione di stasi è un controsenso fintanto che si parla di esseri viventi: la vita è per definizione energia, attività, è attività movente da un principio interno, una spinta dinamica costante che quanto meno è deviata e ostacolato da fattori estrinseci, tanto più riesce ad assecondare l'inclinazione interiore del soggetto a realizzare se stesso, ad esprimere negli oggetti che produce la sua autonomia, cioè si fa soggetto "libero di", che esprime positivamente la libertà negli effetti delle sue azioni. A livello logico-concettuale è certamente corretto distinguere le due accezioni di libertà, ma nel momento esistenziale concreto mi pare che si implichino tra loro reciprocamente, in modo proporzionale e necessario

Ipazia

Citazione di: Lou il 07 Dicembre 2018, 21:55:53 PM
Collegate siano ok, le "due" libertá (che in ogni caso non sono "cose") comunque collegate, non significa -lo stesso. Ne converrai. Ora se si vuole ibridare e annacquare il concetto di libero arbitrio in libertà da per far tornare i conti, va pur bene, per carità.

La correlazione tra libero "da" e "libero di" esiste e davintro ha anche cercato di spiegarla. La seconda implica la prima. Quanto alla "cosa" non ho mai detto che libertà sia una cosa. E' un concetto su cui stiamo ragionando. Ma nemmeno la considero un annacquamento del concetto di l.a.

Se per l.a. intendiamo (ma non credo) la sua accezione cristiana in relazione al peccato, non credo sia l'argomento della discussione, visto che è stata aperta in questo comparto. Quindi si arriva al concetto filosofico di libertà. Escludiamo pure l'assoluta Libertà metafisica essendo il tutto causato da qualcos'altro.  Quindi rimane solo la possibilità di una libertà di tipo pratico, naturalmente e socialmente circoscritta da determinazioni invalicabili.

Esiste questa libertà pragmatica ? Io affermo di sì e la derivo non da fondamenti assoluti ma da differenziali, da gradienti, tra situazioni a diverso grado di libertà. Non è un'invenzione moderna e nemmeno un trastullo per adolescenti o una bufala da demagoghi. Almeno Spartaco non la intendeva così e nemmeno coloro che crocefissero gli schiavi sulla via Appia. Era una libertà concreta conseguita attraverso una scelta rivoluzionaria che aumentava il grado di libertà di umani che socialmente partivano da zero. Uno zero relativo determinato da una società schiavistica. Tanto per la fisica che per la metafisica di questa libertà ha senso parlare. Anzi queste libertà, al plurale, perchè ogni contesto ha i suoi gradi di libertà specifici. Per un amputato la protesi è la sua libertà. Per un travet la libertà è quando timbra il cartellino in uscita. E così via. Illusione ? Ditelo a tutti costoro. Oppure a vostro figlio quando vuole fare qualcosa e voi glielo impedite  ;D

Se la filosofia non se ne fa nulla di questa libertà terra-terra mi spiace molto per la filosofia. Significa che non ha ancora capito qual'è la misura di tutte le cose. Protagora ne sarà sicuramente dispiaciuto.

Non ce l'ho con la filosofia. Per me anche la scienza è filosofia: naturale. Ce l'ho coi sofismi autoreferenziali che si espandono nel nulla metafisico pretendendo di subordinare la realtà alle loro semantiche.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

enrico 200

esiste ma non va inteso necessariamente in termini di testa ma di coscienza: testa per dire "se io non so tutto come posso essere responsabile del tutto ciò che mi accade ?" e da li l'illusione parziale della mancanza di libero arbitrio; mentre coscienza sta per dire forse " tutto ciò che mi accade è semplicemente un riflesso del mio interno ?" e quindi completamente responsabile ?
;D

and1972rea

Se dovessimo valutare in termini prettamente deterministici l'esistenza del libero arbitrio sulla base dell'antico principio di relazione causale, dovremmo logicamente dedurre che la catena che lega una mia scelta presente è iniziata al principio con una causa mai causata , mai stata effetto di alcuna altra causa,un immobile inizio del Tutto; in definitiva , secondo questa visione aristotelica della libertà ,il mio arbitrio verrebbe legato ad una catena appesa al nulla ,svincolata da tutto e quindi essenzialmente libera nel suo principio. Anche se questa catena origina fuori di me, essa termina dentro di me, e nulla mi obbliga a pensarla come una restrizione, così come una cane legato ad una catena sciolta non dovrebbe sentirsi trattenuto da alcunchè( anche se così non è, perchè continuerebbe a sentirsi legato per il solo fatto di avere una catena al collo)
Se dovessimo, invece, valutare in termini modernamente deterministici l'esistenza del libero arbitrio sulla base del più evoluto concetto di relazione sincronica, dovremmo allora logicamente dedurre che ogni scelta è un evento apparentemente circoscritto nel tempo e nello spazio , ma realmente relazionato ad ogni parte del Tutto sia nel tempo che nello spazio, e quindi , noi dovremmo concludere che la nostra libertà è totale , poichè in ogni nostra singola decisione si esprime l'intero universo in tutta la sua assolutezza.
Conclusione personale: siamo nati liberi 😄!

sgiombo

Citazione di: Phil il 07 Dicembre 2018, 23:03:30 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Dicembre 2018, 18:35:04 PM
anche tu tendi a pensare che "parlar male della filosofia "non sta bene"?
Il «non sta bene» mi fa pensare ad una consuetudine sociale, tendenzialmente affine al politicamente corretto e alla buona educazione; tuttavia, nel mio piccolo, parlar male (della filosofia o altro) non mi pare in sé un male: se lo si fa con cognizione di causa, può essere brusco spunto per un'utile critica; se lo si fa senza cognizione di causa, è un parlare innocuo, il cui significato è disinnescato dalla propria infondatezza.
Citazione
Per restare nel faceto (che altro non é fin dal' inizio, nelle mie intenzioni, questa digressione dalla discussione principale) a me sembra però evidente che in generale (ma in particolare perfino, almeno in qualche misura, in questo forum -o almeno in questa sua sezione "filosofica"; e questo la dice lunga sul "generale") é consuetudine conformistica e politicamente corretta parlar male della filosofia (piuttosto che della scienza, di fatto meno esecrata a mio modo di vedere; o dell' irrazionalismo e della superstizione, ancor meno).

Questa mi sembra una valutazione (indubbiamente soggettiva ma discretamente fondata sull' osservazione dei fatti reali, anche se -non posso negarlo- "incoraggiata" in qualche misura dalla mia avversione -quasi maniacale? maniacale tout court?- al politicamente corretto che tende a farmi ritenere più politicamente scorrette e anticonformistiche di quanto non siano in realtà le mie convinzioni; credo sia almeno incoraggiante o "consolante" il fatto che me ne renda conto).

Mi scuso per il narcisismo.



Citazione di: Lou il 07 Dicembre 2018, 17:35:18 PM
Scusate, chiedo in estrema sintesi, ma non vi risulta che concettualmente il libero arbitrio si configuri quale "libertà di", non "libertà da"
Secondo me, schematizzando: libertà di "verbo-x" = libertà da tutto ciò che impedisce "verbo-x".
Il volere come "terzo incomodo" fra libertà e arbitrio, merita indagini anche con altre "grammatiche" (su cui mi pongo le domande del post n. 174).
Citazione
Mi sembra (se non fraintendo, in sostanziale accordo con le tue considerazioni nell ' intervento #174) che il volere sia il "terzo incomodo" fra libero arbitrio e determinismo estrinseco alla propria volontà (costrizione subita per "causa di forza maggiore"), in quanto (ritenuto essere) determinato -deterministico- intrinsecamente.

sgiombo

Citazione di: viator il 08 Dicembre 2018, 01:28:51 AM
Salve Lou. Prendere una decisione, fare una scelta, e' comportamento che si può adottare in due precise condizioni :

1- il pensare che nulla di esterno ci stia condizionando e che quindi la scelta sorga spontaneamente da nostri contenuti mentali gestibili unicamente dal "sè" (attraverso la coscienza) e costituenti la funzione mentale del nostro "libero arbitrio".

2 - l'essere consapevoli che il nostro "sè", le nostre menti e funzioni mentali, le nostre scelte e decisioni, la nostra coscienza.....sono tutti stati generati da ciò che ci preesisteva, sono connessi con tutto ciò che ci circonda, sono in balia di cause che continuamente ci influenzano.

Ora, è chiaro che la maggior parte della gente è convinta che il libero arbitrio esista e funzioni. E' tutta gente che non ha mai avuto occasione, voglia o capacità di riflettere sul funzionamento complessivo del mondo, limitandosi od essendo costretta a confrontarsi solamente con gli aspetti più immediati, contingenti, utili e limitati dell'esistenza.
Costoro fanno bene a credere così, visto che la riflessione sul funzionamento complessivo del mondo non ha mai arricchito nessuno, guarito nessuna malattia, risolto alcun problema pratico. Così il (loro) mondo funziona, Perchè cercarne uno più complicato e del tutto infruttuoso ? Per costoro quindi vale la condizione nr, 1.

C'è poi la minoranza che riflette giungendo a conclusioni opposte. Costoro sono - esistenzialmente e socialmente - quasi tutti dei privilegiati, essendo liberi  da preoccupazioni stringenti, bisogni impellenti, angosce devastanti.
Ciò permette loro di dedicarsi alla riflessione improduttiva, cioè di utilizzare il loro "presunto libero arbitrio" proprio per stabilire che il libero arbitrio individuale e sovrano è solamente una illusione.

Perciò gli "1" vivono il l.a. come questione puramente soggettiva (esistenziale, pragmatica), mentre i "2" arrivano ad afferrare l'oggettività della sua inesistenza.

Nota : La fenomenologia (intesa, credo, come studio dell'insieme dei fenomeni da noi riconoscibili) riguarda la filosofia ma, mi sembra, molto di più la prassi. Saluti.

Devo dire che sono in accordo con quasi tutte queste considerazioni (...succede nelle migliori famiglie).

Dissento solo dal fatto che la riflessione sul funzionamento complessivo del mondo non avrebbe mai arricchito nessuno, guarito nessuna malattia, risolto alcun problema pratico. Così il (loro -di coloro che si illudono circa il libero arbitrio-) mondo funzionerebbe.
Perché credo che spesso i nodi del reale funzionamento del mondo vengano al pettine, nel bene (arricchirsi, per chi senta questa aspirazione, e guarire le malattie, per tutti); anche in generale, e non tanto in particolare per quanto riguarda questioni eminentemente teoriche quale quella del libero arbitrio. 

In un deprecabile attacco di buonismo mi scuso anche per la pignoleria.

sgiombo

Citazione di: Jacopus il 08 Dicembre 2018, 11:15:52 AM
@Viator. La tua interpretazione è riduttiva. Non esistono due ipotesi che si escludono a vicenda come se si fosse in un processo digitale sì/no.
Sartre dice da qualche parte: "fai quel che puoi di ciò che la vita ti ha fatto". Determinismo e libera volontà necessariamente devono convivere perché l'ambiente condiziona allo stesso modo di come le singole parti dell'ambiente lo condizionano. Agenti dotati di una parziale libera volontà, precondizioni determinate dall'ambiente (in  senso esteso) e caso influenzano e realizzano l'agire umano secondo proporzioni modificate e modificabili dalla stessa evoluzione culturale umana.


Non riesco a dare un significato (coerente) ai concetti di "parziale libera volontà" e di "influenza e realizzazione secondo proporzioni  modificate e modificabili dalla stessa evoluzione culturale umana da parte sia di precondizioni determinate dall'ambiente (e dalla natura intrinseca di ciascuno) sia dal caso".

Per me la realtà "digitalmente" (logicamente) può solo (essere pensata, intesa sensatamente) essere o causale ossia indeterministica, oppure deterministica (per lo meno in senso debole, probabilistico - statistico) e tertuim non datur.  

sgiombo

#202
Citazione di: Ipazia il 08 Dicembre 2018, 17:53:08 PM
Citazione di: Lou il 07 Dicembre 2018, 21:55:53 PM
Collegate siano ok, le "due" libertá (che in ogni caso non sono "cose") comunque collegate, non significa -lo stesso. Ne converrai. Ora se si vuole ibridare e annacquare il concetto di libero arbitrio in libertà da per far tornare i conti, va pur bene, per carità.

La correlazione tra libero "da" e "libero di" esiste e davintro ha anche cercato di spiegarla. La seconda implica la prima. Quanto alla "cosa" non ho mai detto che libertà sia una cosa. E' un concetto su cui stiamo ragionando. Ma nemmeno la considero un annacquamento del concetto di l.a.

Se per l.a. intendiamo (ma non credo) la sua accezione cristiana in relazione al peccato, non credo sia l'argomento della discussione, visto che è stata aperta in questo comparto. Quindi si arriva al concetto filosofico di libertà. Escludiamo pure l'assoluta Libertà metafisica essendo il tutto causato da qualcos'altro.  Quindi rimane solo la possibilità di una libertà di tipo pratico, naturalmente e socialmente circoscritta da determinazioni invalicabili.

Esiste questa libertà pragmatica ? Io affermo di sì e la derivo non da fondamenti assoluti ma da differenziali, da gradienti, tra situazioni a diverso grado di libertà. Non è un'invenzione moderna e nemmeno un trastullo per adolescenti o una bufala da demagoghi. Almeno Spartaco non la intendeva così e nemmeno coloro che crocefissero gli schiavi sulla via Appia. Era una libertà concreta conseguita attraverso una scelta rivoluzionaria che aumentava il grado di libertà di umani che socialmente partivano da zero. Uno zero relativo determinato da una società schiavistica. Tanto per la fisica che per la metafisica di questa libertà ha senso parlare. Anzi queste libertà, al plurale, perchè ogni contesto ha i suoi gradi di libertà specifici. Per un amputato la protesi è la sua libertà. Per un travet la libertà è quando timbra il cartellino in uscita. E così via. Illusione ? Ditelo a tutti costoro. Oppure a vostro figlio quando vuole fare qualcosa e voi glielo impedite  ;D

Se la filosofia non se ne fa nulla di questa libertà terra-terra mi spiace molto per la filosofia. Significa che non ha ancora capito qual'è la misura di tutte le cose. Protagora ne sarà sicuramente dispiaciuto.

Non ce l'ho con la filosofia. Per me anche la scienza è filosofia: naturale. Ce l'ho coi sofismi autoreferenziali che si espandono nel nulla metafisico pretendendo di subordinare la realtà alle loro semantiche.


"Avercela con la filosofia" (in generale) non é comunque vietato da nessuno (in questo forum, ovviamente; può solo essere valutato più o meno positivamente o negativamente, come più o meno politicamente corretto -oops; mi scuso- ecc. a seconda delle opinioni di ciascuno).
Poi ovviamente esistono regimi politici più o meno tolleranti oppure repressivi verso queste o quelle determinate filosofie.

Ma non vedo differenze fra "libero arbitrio" inteso nell' accezione cristiana in relazione al peccato e inteso più laicamente come concetto filosofico di libertà "interiore", di indeterminismo (== casualismo) del volere proprio di ciascuno: mi sembra che in entrambi i casi si intenda come possibilità di agire, non tanto (banalmente e ovviamente) in quanto non costretti da altri o da altro contro la nostra propria intrinseca volontà, ma invece in quanto non determinati intrinsecamente dalla nostra propria natura: potere compiere -operare come manifestazione delle propria volontà e non, e  indipendentemente dall' eventuale realizzazione o soddisfazione  di fatto o meno di essa- scelte che potrebbero non essere quelle che di fatto sono a causa di come siamo (fatti), ma invece potrebbero essere altre, diverse indipendentemente da (in barba a) come siamo (fatti).

Quella della libertà o meno da costrizioni estrinseche mi sembra tutt' altra questione, molto più filosoficamente (sia ben chiaro: per quanto riguarda la conoscenza della realtà astrattamente considerata) banale: é ovvio (e non per questo meno "glorioso":  splendido, grandioso, e meritorio della memoria riconoscente e dell'  ammirazione imperitura di ogni persona buona e giusta; su questo non ci piove) che Spartaco e i suoi seguaci lottarono (eroicamente) per cambiare la loro situazione di "libertà da costrizioni estrinseche (socialmente condizionata) zero".
Ma la questione filosofica é: lo fecero a casaccio o perché erano divenuti più o meno conseguentemente coscienti dei loro diritti negati di uomini e della possibilità per lo meno di tentare di realizzarli, per il loro coraggio e determinazione nel perseguire questo scopo (derivante anche dalla consapevolezza più o meno matura che il lottare per farlo ed eventualmente soccombere sarebbe stato comunque più degno di essere perseguito, meglio realizzante la loro umanità che il continuare a subire)?

Ma la libertà da costrizioni e inique limitazioni estrinseche della propria volontà (cui aspira chi lotta per questo nobilissimo scopo) non é né "libertà terra terra" (anzi!), né la libertà intesa "filosoficamente" coma libero arbitrio (per chi come me crede che si tratti di un' illusione; e anche per chi lo ritiene reale).

Che mio figlio quando era piccolo soggettivamente fosse convinto (illusoriamente) di voler fare incondizionatamente, per libero arbitrio quello che talora gli ho impedito (o a volte tentato vanamente di impedire) che facesse non inficia minimamente il fatto che invece lo voleva come effetto deterministico inevitabile di cause costituite dal suo "modo di essere" (tanto per intenderci).

everlost

Citazione di: sgiombo il 09 Dicembre 2018, 11:42:34 AM
Quella della libertà o meno da costrizioni estrinseche mi sembra tutt' altra questione, molto più filosoficamente (sia ben chiaro: per quanto riguarda la conoscenza della realtà astrattamente considerata) banale: é ovvio (e non per questo meno "glorioso":  splendido, grandioso, e meritorio della memoria riconoscente e dell'  ammirazione imperitura di ogni persona buona e giusta; su questo non ci piove) che Spartaco e i suoi seguaci lottarono (eroicamente) per cambiare la loro situazione di "libertà da costrizioni estrinseche (socialmente condizionata) zero".
Ma la questione filosofica é: lo fecero a casaccio o perché erano divenuti più o meno conseguentemente coscienti dei loro diritti negati di uomini e della possibilità per lo meno di tentare di realizzarli, per il loro coraggio e determinazione nel perseguire questo scopo (derivante anche dalla consapevolezza più o meno matura che il lottare per farlo ed eventualmente soccombere sarebbe stato comunque più degno di essere perseguito, meglio realizzante la loro umanità che il continuare a subire)?
Credo che le persone non agiscano mai a casaccio, certo non quando si trovano di fronte a scelte fondamentali per la loro vita ma nemmeno quando entrano in un bar a prendere un caffè. 
Le azioni quotidiane sembrano casuali solo perché, essendo le loro cause molto banali e ordinarie, non le reputiamo degne di considerazione, e il più delle volte non ci accorgiamo neppure di seguire un ragionamento o di fare una valutazione perché agiamo soprappensiero, in modo quasi automatico.
Le azioni insolite  richiedono maggiore attenzione e ragionamento cosciente, perciò lì ci possiamo accorgere di esercitare questo benedetto o dannato libero arbitrio.
Il problema è che, a mio modesto parere, anche se le costrizioni estrinseche -sociali o materiali - pesano parecchio, alla fine la scelta è sempre nostra, e ciò significa che abbiamo sempre un certo grado di libertà, per quanto condizionata.
Dice bene Sariputra: abbiamo in mano delle carte che possono essere buone o cattive,  giocarle dipende solo da noi.
Se finiamo col perdere la partita senza aver sbagliato nessuna mossa, solo perché le carte ci portano a perdere, questo non significa che non abbiamo preso delle decisioni coscienti e persino il fatto che l'esito negativo ci sia sembrato prevedibile fin dall'inizio non toglie loro alcun valore, in quanto abbiamo comunque scelto di tentare. 
Infatti avevamo almeno un paio di  alternative: alzarci dal tavolo e non giocare o ricominciare una nuova partita con altre carte, confidando nella fortuna. 
Mi rendo conto di star dicendo, con questo, che il libero arbitrio si esercita ogni volta che agiamo consapevolmente...quindi molto spesso se non sempre, a meno di non ritenere, in base alle recenti scoperte scientifiche, che tutte le scelte, anche quelle più semplici, siano prese dal nostro cervello prima ancora che ce ne rendiamo conto, ma non so quanto sia corretto dal punto di vista filosofico. ???
Non capisco però perché si debba negare l'esistenza del l.a. solo perché non lo troviamo mai assoluto, puro e svincolato dalle contingenze. Non esiste un mondo privo di contingenze. Se esistesse, non sarebbe un mondo fisico e lì forse non avremmo neanche necessità di prendere decisioni.

Jacopus

#204
Sgiombo@. Con un linguaggio burocratico degno di un dramma kafkiano intendevo dire:
1) La libera volontà è umanamente sempre relativa e mai assoluta. Anche se volessi fortissimamente volare agitando le braccia non ci riuscirei.
2) Credo che il concetto di "libertà di agire" sia un concetto privo di dimostrazioni scientifiche (le uniche alle quali riconosco validità) così come per il principio "determinista". Le scoperte di molte discipline, psicologiche, neurologiche, comportamentali, hanno però ridotto notevolmente il grado di libertà che si supponeva avesse il genere umano nel periodo di massimo splendore della cultura moderna, pur non annullandolo. In altri periodi storici e in altre culture, per diverse strade, si ripete il confronto fra libertà di agire e costrizioni ambientali che ci dirigono. Non potendo essere contemporaneamente entomologi ed insetti, questo fatto, insieme alla -  ripeto - assenza di incontrovertibili dimostrazioni scientifiche a favore dell'una o dell'altra tesi, mi fa concludere che le nostre stesse convinzioni orientano il nostro agire. E così il determinista potrebbe dal suo determinismo trarre conclusioni assolutorie dal suo agire oppure la dimostrazione della sua santità, come avvenuto ai calvinisti. Oppure adeguarsi all'opinione altrui sul proprio agire, secondo le modalità che Bateson-Watzklavitz definivano "profezia che si autoavvera". In altri termini, voglio dire che questa materia è anche "ideologica" e, come ogni forma di conoscenza, in grado di modificare il nostro agire per il solo fatto di credere ad un principio oppure ad un altro. "La' dov'è il tuo tesoro, sarà il tuo cuore", disse un grande saggio del passato.
Se si è invece a conoscenza di dimostrazioni scientifiche "fondate" alla stessa stregua dell'evoluzionismo o della teoria eisteniana si prega di citare le fonti (magari è già stato fatto e me le sono perse).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 09 Dicembre 2018, 11:42:34 AM

Quella della libertà o meno da costrizioni estrinseche mi sembra tutt' altra questione, molto più filosoficamente (sia ben chiaro: per quanto riguarda la conoscenza della realtà astrattamente considerata) banale: ...

....Ma la libertà da costrizioni e inique limitazioni estrinseche della propria volontà (cui aspira chi lotta per questo nobilissimo scopo) non é né "libertà terra terra" (anzi!), né la libertà intesa "filosoficamente" coma libero arbitrio (per chi come me crede che si tratti di un' illusione; e anche per chi lo ritiene reale).


Di questa nobilissima libertà è tempo che la filosofia, almeno quella della prassi, si faccia carico, scendendo dall'Olimpo delle Idee Assolute che ormai hanno sfondato tutti i muri della banalità. Il comportamento umano è territorio di (in)determinismo debole segnato dal bivio dell'opzione che trasforma, con rigore filosofico "assoluto", la questione l.a. in questione etica. Spalancando con ciò le enormi praterie filosofiche non solo di una Spartaco che lotta contro le "coercizioni estrinseche", ma pure di un Engels e di un Marx che superando le "coercizioni intrinseche" di classe si mettono a scrivere la Bibbia degli esclusi.

Citazione di: sgiombo il 09 Dicembre 2018, 11:42:34 AM

Che mio figlio quando era piccolo soggettivamente fosse convinto (illusoriamente) di voler fare incondizionatamente, per libero arbitrio quello che talora gli ho impedito (o a volte tentato vanamente di impedire) che facesse non inficia minimamente il fatto che invece lo voleva come effetto deterministico inevitabile di cause costituite dal suo "modo di essere" (tanto per intenderci).


Quel "vanamente" sconsolato dimostra quanto debole diventi il determinismo una volta installatosi nella psiche di un cucciolo  ;D Un determinismo autocontraddittorio a partire dalle sue stesse pulsioni, come se la natura, che teleologica non è, si fosse sfidata da sola, producendo materia vivente teleologica assai. Dialettica pura, in cui la causa finale emerge dal sua negativo ...
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

X Everlost e Iacopus

Sia quando si agisce senza sforzarsi di scegliere a ragion veduta (perché magari si compiono azioni ripetitive, banali, comunque irrilevanti e sicuramente non pericolose), sia quando si pondera una scelta e la si compie a ragion veduta, logica impone che ciò accade in quanto determinato dalle circostanze (innanzitutto interiori, quanto alla volontà in sé, alle intenzioni), oppure in maniera non determinata da alcunché, id est: casuale.

O scegliamo più o meno bene perché siamo persone più o meno buone buone e più o meno male perché siamo persona più o meno malvagie, oppure scegliamo più o meno "bene" (in realtà: fortunatamente) o più o meno male (in realtà: sfortunatamente) senza alcun motivo determinate, id est: a casaccio.

IL "tertium", se esiste, me lo dovreste mostrare (e il flatus vocis "libero arbitrio" non ne é di certo un esemplare). 

Ipazia

Il tertium è la causa finale, la sintesi dialettica, il processo deduttivo-induttivo che inventa il futuro nell'arco logico che va dalla ricerca scientifica più avanzata al gettare la moneta per aria. Salvo, duemila anni dopo, accorgersi che era meglio se usciva "testa". Pur non sapendo se sarebbe stato veramente così. E neppure fra duemila anni lo sapremo. Se ci arriveremo. Perchè, accidenti a parte, abbiamo scardinato anche il rassicurante codice genetico previsto da mamma Natura. Rasentando veramente il libero arbitrio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jean

Citazione di: enrico 200 il 08 Dicembre 2018, 19:01:18 PM
esiste ma non va inteso necessariamente in termini di testa ma di coscienza: testa per dire "se io non so tutto come posso essere responsabile del tutto ciò che mi accade ?" e da li l'illusione parziale della mancanza di libero arbitrio; mentre coscienza sta per dire forse " tutto ciò che mi accade è semplicemente un riflesso del mio interno ?" e quindi completamente responsabile ?

ciao enrico 200,

quel che siamo, identità-personalità-io-ecc. (come meglio ci piace chiamarlo) è  un unicum che non si può definire se non all'interno delle regole semantiche di un linguaggio.

Per cui giustamente ti poni la questione di come vada inteso (quel che siamo), distinguendo tra "testa", quale contenuto delle memorie, emozioni, esperienze ecc. e "coscienza", per la quale differenti linguaggi propongono diverse interpretazioni.

Forse bobmax (che mi auguro riprenda a frequentare il forum) converrebbe che, almeno ad un primo livello, per coscienza si possa intendere il "testimone" dei contenuti passati ed in essere.

In questa accezione per il "testimone" non si pone alcuna questione di libero arbitrio, non partecipando (se non come "specchio interno") all'elaborazione degli stessi.

Mentre per la "testa" è ragionevole supporre  che i contenuti accumulati intervengono nella risposta per quelli a venire da parte di quell'identità-personalità-io- ecc. 

Semplice, no?


 
(Ps- lo scriver bene, come qui hai dimostrato saper fare, corrisponde ad una tavola ben apparecchiata...) 
 

Un cordiale saluto
Jean

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 10 Dicembre 2018, 09:00:32 AM
Il tertium è la causa finale, la sintesi dialettica, il processo deduttivo-induttivo che inventa il futuro nell'arco logico che va dalla ricerca scientifica più avanzata al gettare la moneta per aria. Salvo, duemila anni dopo, accorgersi che era meglio se usciva "testa". Pur non sapendo se sarebbe stato veramente così. E neppure fra duemila anni lo sapremo. Se ci arriveremo. Perchè, accidenti a parte, abbiamo scardinato anche il rassicurante codice genetico previsto da mamma Natura. Rasentando veramente il libero arbitrio.


Le cause finali (se proprio vogliamo continuare a tenere in considerazione oltre i limiti della storia della filosofia, entro i quali é certamente di notevole interesse, questo reperto archeologico aristotelico), e comunque le intenzioni e gli scopi umani, non dimostrano il libero arbitrio essendo compatibilissimi con il determinismo (anche nelle scelte di intervenire tecnicamente sul codice genetico, oltre alle molteplici altre); mentre la ricerca scientifica addirittura ne necessita (per lo meno in forma debole).

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