L'illusione del libero arbitrio

Aperto da bobmax, 18 Novembre 2018, 20:50:53 PM

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sgiombo

Citazione di: everlost il 03 Dicembre 2018, 21:09:50 PM

Non credi però che il fatto di avere un'indole buona e generosa piuttosto che cattiva ed egoistica sia da considerare anche quello fortuna o sfortuna?

Citazione
Sì, lo credo in ultima analisi (anche se si può decidere di sforzarsi a cambiare, lo si fa sempre deterministicamente in conseguenza (effetto conseguente causa) di come si era prima di decidere di cercare di cambiare se stessi; e in quel momento si era così come si era (decidendo di conseguenza) non per propria libera scelta.

Può lasciare l' amaro in bocca, ma così inevitabilmente "stanno le cose".
E come potrebbero stare altrimenti?
Bisognerebbe che fossimo dei (cause di noi stessi -mannaggia! non mi ricordo come di dice in latino al plurale! Avrei fatto una figura da sapientone!); ammesso che si tratti di un concetto sensato e non autocontraddittorio, sul che ho dei dubbi.


Questo punto del tuo ragionamento non mi è chiaro.
Se un'azione buona è determinata dalla bontà intrinseca, si è veramente liberi di scegliere il bene? Non lo si sceglie automaticamente, seguendo ciò che suggerisce d'istinto la natura? Una persona collerica e violenta che tende ad aggredire il prossimo e a sopraffarlo, lo fa per libera scelta?

Citazione
Si é liberi se lo si sceglie autonomamente.
Davintro (dal quale dissento su altre questioni come Ipazia, la quale ha illustrato magnificamente le ragioni del dissenso anche mio) l' ha spiegato a mio parere molto chiaramente ed efficacemente): si é liberi se nessuna forza (naturale od umana) estrinseca ci costringe a scegliere contro la nostra propria volontà deterministicamente causata dalla nostra propria natura più o meno "virtuosa" o malvagia a seconda dei casi (natura che non ci siamo dati ma ci é capitata senza nostro merito o demerito, ma non potrebbe essere altrimenti; e non per questo -non per la consapevolezza di questo- ci comporteremo -deterministicamente- meno decisamente e con miore impegno e forza di volontà di come ci comporteremmo se lo ignorassimo).





Libera scelta mi sembrerebbe, eventualmente, fare l'opposto, ossia forzare la propria tendenza naturale in nome del bene o del male (credo più  probabile la prima alternativa, ma solo perché immagino che i buoni raramente opterebbero per il male).

CitazioneMa nel momento in cui si decide di forzare la propria volontà si é come si é, e conseguentemente si decide come si decide, non per propria volontà.




Ad esempio, aiutare un poveraccio senza casa quando non si è propensi all'altruismo mi sembra un buon esempio di libero arbitrio.

Citazione
Scusa, ma a me invece sembra un buon esempio di contraddizione in termini: se non si é propensi all' altruismo per definizione raramente si aiuterà un poveraccio senza casa (tanto meno frequentemente quanto meno si é propensi all' altruismo).





Certo qualcuno osserverebbe che non lo è perché l'agire dipende anche dall'educazione, dalla società o dai principi religiosi, ma alla fin fine una scelta personale la si compie sempre. Nessuno obbliga a fare la carità e l'egoista, se vuole, tiene stretto il portafoglio e tira dritto anche se vive in un mondo di teneroni e sta arrivando il Natale.
Non arrivo a pensare come Socrate che la gente non farebbe mai il male se ne fosse consapevole, perché alcuni sanno benissimo cosa comporta eppure lo vogliono fare.
E' parecchio complicato.
CitazioneCertamente é parecchio complicato.
E certamente si é come si é (soprattutto in quanto ci é propriamente personale, ci differenza dagli altri, piuttosto che in ciò che genericamente ci accomuna agli altri, che invece é prevalentemente condizionato dal genoma) soprattutto in dipendenza dall'educazione, dalla società o dai principi religiosi (e più genericamente culturali); ed é in base a come si é, cioé intrinsecamente-deterministicamente e non liberoarbitrariamente (cioé liberamente da coercizioni intrinseche, non dalle nostre proprie caratteristiche intrinseche) che si agisce (se é vera la conoscenza scientifica, e se valutare eticamente il nostro agire é sensato).

Ipazia

#151
Perfino la semantica della causalità complotta contro chi nega il l.a.: nel mondo deterministico della natura non esiste la causa finale. Essa esiste solo nella sfera inderministica della volontà umana  8)

Esiste in effetti la possibilità che il diritto non discenda dall'etica. Potrebbe essere nato sotto un cavolo  :P
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2018, 22:23:24 PM
Perfino la semantica della causalità complotta contro chi nega il l.a.: nel mondo deterministico della natura non esiste la causa finale. Essa esiste solo nella sfera inderministica della volontà umana  8)
Citazione
Non per fare il pignolo (infatti non lo faccio, semplicemente lo sono; perdonatemi: chi é senza difetti scagli la prima pietra), ma le cause finali della mente umana hanno un corrispettivo neurofisiologico che "funziona" (diviene) deterministicamente e deterministicamente regola il comportamento (teorico e pratico) degli uomini.

La semantica (del parlare quotidiano, ma in qualche caso anche dei filosofi) talvolta inganna... 

Esiste in effetti la possibilità che il diritto non discenda dall'etica. Potrebbe essere nato sotto un cavolo  :P

Ipazia

Non per fare la pignola, ma sei ricaduto nella fallacia teistica della causa prima  :P (che, a differenza dei teisti in cui è solo argomento fallace, in questo caso è vera, ma non spiega i fenomeni trascendentali contenuti nella "causa finale" spiegati anche dai profeti del marxismo e ripresi nell'ottimo testo di M.Cini at. altri "l'ape e l'architetto")

Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall'ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. (K.Marx, Capitale, Libro I)
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sgiombo

#154
Citazione di: Ipazia il 04 Dicembre 2018, 08:40:03 AM
Non per fare la pignola, ma sei ricaduto nella fallacia teistica della causa prima  :P (che, a differenza dei teisti in cui è solo argomento fallace, in questo caso è vera, ma non spiega i fenomeni trascendentali contenuti nella "causa finale" spiegati anche dai profeti del marxismo e ripresi nell'ottimo testo di M.Cini at. altri "l'ape e l'architetto")

Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall'ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. (K.Marx, Capitale, Libro I)



Mi corre l' obbligo di precisare che ho una pessima opinione di Marcello Cini e soprattutto de L' ape e l' architetto.

E continuando nella pignoleria:

Il marxismo é una scienza (sia pure umana) e non ha alcun profeta (questa da te non me l' aspettavo proprio; va beh, sarà una metafora...) ma solo ricercatori.
E senza tirare in ballo il discusso materialismo dialettico (secondo me discusso """troppo"""; nel senso di "messo in discussione", negato come filosofia realmente propria di Marx e non solo di Engels, Lenin, Stalin e altri; quando non puramente e semplicemente demonizzato; personalmente non lo seguo, ma lo apprezzo non poco, per quanto criticamente), sono convinto che il materialismo storico non contraddica per niente il determinismo del divenire naturale, in quanto non lo viola il suo oggetto di studio (ma invece lo sviluppa "creativamente" attraverso un "salto dialettico"; quasi letteralmente: nel senso in cui, nella sintesi, tesi e antitesi non sono semplicemente negate, annullate ma "superate").

Ma resto sempre in credito* di una spiegazione di come il trascendente, o per lo meno "trascendentale", (complemento oggetto: la materia) si rapporti non contraddittoriamente (non si "incastri") con la materia stessa e prima ancora di come una monista materialista possa in maniera logicamente corretta ammettere l' esistenza (e una fondamentale funzione storica!) di qualcosa che trascenda la materia stessa.

___________________________________
* Non prendertela: la metafora vuole essere cordiale e benevola; ci tengo a non urtare nessuno, men che meno l' ottima critica delle ideologie correnti Ipazia, di cui ho grande stima (e adesso spero proprio non mi darete del buonista, ne sarei davvero offeso: scrivo questo in assoluta sincerità, semplicemente perché lo penso e mi sembra giusto evitare spiacevoli equivoci).

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 04 Dicembre 2018, 09:32:01 AM

Ma resto sempre in credito* di una spiegazione di come il trascendente, o per lo meno "trascendentale", (complemento oggetto: la materia) si rapporti non contraddittoriamente (non si "incastri") con la materia stessa e prima ancora di come una monista materialista possa in maniera logicamente corretta ammettere l' esistenza (e una fondamentale funzione storica!) di qualcosa che trascenda la materia stessa.

Allo stesso modo in cui un capitalista e un intellettuale borghese fondarono il movimento storico più importante contro il capitalismo e l'ideologia borghese liberale/liberista.

Il monismo per me è genetico, non evolutivo. Sono materialista come causa prima, non come divenire e il riscontro di cui sopra me ne dà ragione. La materia genera qualcosa che materia non è. Capita anche nelle migliori famiglie  ;D
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve Ipazia. Noto con sarcasmo che il concetto filosofico di materia non riconosce ad essa una qualche parentela con la sua gemellina eterozigote, l'energia. Per il filosofo sembra proprio che l'energia esista sì, ma sia figlia di genitori diversi che abitano in un altro continente.

Invece una ipotesi assai seria, secondo me, è che la materia generi ciò che la "trascende" sotto forma di energia mentre l'energia genererebbe ciò che la "immanizza" (ti piace il termine, o preferisci "trascende" ?).

Eh già...perché molti trattano di materialismo evitando di ipotizzare che lo spiritualismo potrebbe forse venir chiamato energismo. Certo lo spiritualismo non scalda e non aiuta a svolgere un lavoro, ma ciò solo perché all'interno del proprio ambito esso funge solo a livelli energetici molto molto bassi (e questo è anche elogiativo della sua insuperabile efficienza).

Il problema è l'ostinata separazione che troppe dottrine insistono nel mantenere tra "materia" e "spirito", dovuta in parte ad interessi umani ed in parte a mancanza di fantasia.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 04 Dicembre 2018, 11:27:43 AM
Citazione di: sgiombo il 04 Dicembre 2018, 09:32:01 AM

Ma resto sempre in credito* di una spiegazione di come il trascendente, o per lo meno "trascendentale", (complemento oggetto: la materia) si rapporti non contraddittoriamente (non si "incastri") con la materia stessa e prima ancora di come una monista materialista possa in maniera logicamente corretta ammettere l' esistenza (e una fondamentale funzione storica!) di qualcosa che trascenda la materia stessa.

Allo stesso modo in cui un capitalista e un intellettuale borghese fondarono il movimento storico più importante contro il capitalismo e l'ideologia borghese liberale/liberista.

Il monismo per me è genetico, non evolutivo. Sono materialista come causa prima, non come divenire e il riscontro di cui sopra me ne dà ragione. La materia genera qualcosa che materia non è. Capita anche nelle migliori famiglie  ;D

Salvo l' ultima arguta osservazione, devo dire che non capisco proprio.

sgiombo

Citazione di: viator il 04 Dicembre 2018, 12:48:01 PM
Salve Ipazia. Noto con sarcasmo che il concetto filosofico di materia non riconosce ad essa una qualche parentela con la sua gemellina eterozigote, l'energia. Per il filosofo sembra proprio che l'energia esista sì, ma sia figlia di genitori diversi che abitano in un altro continente.

Invece una ipotesi assai seria, secondo me, è che la materia generi ciò che la "trascende" sotto forma di energia mentre l'energia genererebbe ciò che la "immanizza" (ti piace il termine, o preferisci "trascende" ?).

Eh già...perché molti trattano di materialismo evitando di ipotizzare che lo spiritualismo potrebbe forse venir chiamato energismo. Certo lo spiritualismo non scalda e non aiuta a svolgere un lavoro, ma ciò solo perché all'interno del proprio ambito esso funge solo a livelli energetici molto molto bassi (e questo è anche elogiativo della sua insuperabile efficienza).

Il problema è l'ostinata separazione che troppe dottrine insistono nel mantenere tra "materia" e "spirito", dovuta in parte ad interessi umani ed in parte a mancanza di fantasia.

Ma tanto la massa quanto l' energia non sono che due diverse forme di materia che si trasformano l' una nell' altra (reciprocamente) secondo proporzioni universali e costanti.

davintro

#159
Sgiombo scrive:

"Ma secondo me é proprio il determinismo a rendere sensata qualsiasi valutazione etica (e anche qualsiasi condanna panale o encomio o premio al buon comportamento a qualsiasi titolo).

Secondo me si fa una gran confusione fra lo scegliere liberamente da costrizioni estrinseche (dato che sicuramente chi é costretto a fare qualcosa contro la sua propria volontà non può ovviamente esserne ritenuto responsabile: se mi minacciano di morte con un mitra spianato se non compio un furto, il ladro non sono certo io, ma invece chi mi ci costringe con le forza delle armi), e il libero arbitrio inteso come indeterminismo, ovvero assenza di determinazioni intrinseche nelle scelte).
E' proprio il determinismo intrinseco delle scelte (se c' é; essendo indimostrabile che esista quanto che non esista) a far sì che chi sceglie bene é eticamente buono e chi seceglie male é eticamente malvagio.
Infatti é la sua bontà a determinare intrinsecamente -e non per coercizione subita da altri- le sue scelte buone o la sua malvagità a determinare le sua scelte cattive. Che se invece non fosse il suo modo di essere (più o meno buono o malvagio) a determinarle, allora (inevitabilmente vorrebbe dire che) le scelte di ciascuno avverrebbero a casaccio, come se nella propria mente avvenisse il lancio di una moneta: nel caso uscisse "testa" si agirebbe bene, nel caso uscisse croce" male: e allora nessuno in nessun senso potrebbe essere considerato buono o malvagio, ma casomai fortunato o sfortunato."





Sono molto d'accordo su questo punto; la responsabilità delle scelte  ha senso non in un'ottica indeterminista, ma in una condizione dove il principio determinante è intrinseco al soggetto che le compie, in assenza di questa condizione, ciò che determina dovrebbe essere esterno al soggetto, cioè qualcosa verso cui rimpallare la responsabilità e quindi rinunciare a riconoscere le proprie azioni come davvero rappresentative della propria coscienza morale, dato che il principio da cui sorgono non sarebbe innestato all'interno della propria identità personale.


Non sono d'accordo invece nel considerare come mero "politically correct", qualcosa di ipocrita e buonista, l'idea che il fine delle pene debba limitarsi alla rieducazione del criminale e alla prevenzione di nuovi reati. A mio avviso invece questa impostazione è coerente con la natura autentica dello stato: lo stato non è una realtà originaria, naturale, ma artificiale, prodotto della volontà associativa di singoli individui, che considerano la limitazione della libertà a causa delle leggi statali un male minore rispetto al male che subirebbero in una società del tutto caotica, dove vige solo la legge del più forte. Stando così le cose, lo stato non può essere considerato un fine, un valore etico a se stante, ma solo un mezzo, uno strumento pratico necessario a tutelare delle esigenze, queste sì etiche, perché avvertite, dal concreto vissuto dei singoli individui in carne e ossa, il cui insieme forma la comunità di popolo fondatrice dello stato, ragion d'essere di quest'ultimo. Ora, sanzionare con una pena un individuo sulla base di un giudizio morale di colpa, implica che il soggetto che stabilisce la sanzione si ponga come un'autorità morale superiore rispetto all'individuo oggetto del suo giudizio, ma se lo stato è un mezzo, e non fine in sé, mezzo al servizio di valori superiori come il benessere degli individui che legittimano la sua autorità, allora appare chiaro che tale porsi come autorità morale giudicante è a tutti gli effetti un abuso di poteri da parte dello stato, un contravvenire ai limiti del ruolo per il quale lo stato esiste. Se il mezzo è sempre moralmente inferiore rispetto al fine verso cui è ordinato, l'idea di uno stato, il mezzo, che presume di giudicare moralmente degli individui, il fine, pretendendo di avere un valore superiore ad essi, è del tutto assurda, una contraddizione, un'inversione logica.Se lo stato intende restare coerente col fine per cui è sorto, cioè il benessere complessivo della comunità di popolo che lo ha fondato, allora l'attribuzione della pena non può essere attuata in nome di una, inesistente, autorità morale con cui porsi al di sopra di essa, ma solo sulla base di un calcolo pratico di costi/benefici: danneggiare un individuo, togliendoli la libertà, se e solo se risulta strettamente necessario a tutelare un bene maggiore, la tutela di tanti altri individui, i cui diritti sarebbero messi in pericolo dal lasciare a piede libero il criminale. Un giudizio morale di colpa può essere formulato solo da un singolo individuo, unico reale depositario di un sentimento valoriale.


Per Ipazia

La distinzione tra diritto ed etica, almeno per come volevo intenderla io, non riguardava il piano genetico-causale della formazione del diritto, non voleva dire che il diritto sorge indipendentemente da una visione etica prevalente nella cultura della comunità di popolo che istituisce lo stato, indipendenza che sarei d'accordo nel negare, voleva dire che il diritto, una volta istituito, non è necessariamente un'autorità etica, un valore a se stante, quindi legittimato ad imporre una propria morale (che sarebbe solo quella personale dei governanti) a prescindere dalla pluralità di punti di vista interna alla comunità. Cioè, un conto è ammettere che lo stato sia chiamato a esaudire delle istanze che potremmo definire "etiche", cioè un'idea di giustizia, consistente nei fini in base ai quali le persone hanno sentito la necessità di dotarsi di leggi, un altro pensare che lo stato sia legittimato a istituire una propria peculiare idea di giustizia, anche se in contrasto con i convincimenti etici di molti cittadini. Nel primo caso l'azione statale resterebbe nell'alveo della sua condizione di "strumento" al servizio della comunità, il diritto al servizio dell'etica (anche se derivato da questa) nel secondo lo stato pretende di assurgere a una propria autonoma e autoreferenziale dignità etica, e il diritto non si limita più a derivare dall'etica, ma finisce col coincidere ontologicamente con essa. Il primo caso resta accettabile all'interno di una certa visione liberale, il secondo si pone in deciso contrasto con questa. Poi contestare la visione liberale è legittimo (anche se non condivisibile), se si ammette che la mia idea di distinguere in questo modo etica e diritto rientra nelle premesse di tale visione, allora non vedo dove il mio discorso sia incoerente (internamente, si intende)

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 04 Dicembre 2018, 14:24:32 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Dicembre 2018, 11:27:43 AM
Citazione di: sgiombo il 04 Dicembre 2018, 09:32:01 AM

Ma resto sempre in credito* di una spiegazione di come il trascendente, o per lo meno "trascendentale", (complemento oggetto: la materia) si rapporti non contraddittoriamente (non si "incastri") con la materia stessa e prima ancora di come una monista materialista possa in maniera logicamente corretta ammettere l' esistenza (e una fondamentale funzione storica!) di qualcosa che trascenda la materia stessa.

Allo stesso modo in cui un capitalista e un intellettuale borghese fondarono il movimento storico più importante contro il capitalismo e l'ideologia borghese liberale/liberista.

Il monismo per me è genetico, non evolutivo. Sono materialista come causa prima, non come divenire e il riscontro di cui sopra me ne dà ragione. La materia genera qualcosa che materia non è. Capita anche nelle migliori famiglie  ;D

Salvo l' ultima arguta osservazione, devo dire che non capisco proprio.

Peccato, perchè è questo il cuore della questione. Se Marx ed Engels fossero stati plasmati da un monismo materialistico ferreo, il "materialismo scientifico" non sarebbe mai nato. Ad un certo punto ci si è accorti dell'autonomia del politico. Fochino. L'autonomia del pensiero va oltre politica, materia ed energia. Ci va così oltre da, come dice un altro grande musicista-poeta, inventare i mondi sui quali guardare.

Non ridurrei le facoltà cognitive all'energia che è certamente l'altra faccia della materia nel mondo reale, ma molto più della materia concetto speculativo. Einstein ha stabilito un'equivalenza che, a livello ontologico/filosofico, ha generato molti fraintendimenti. L'energia della formula Einsteniana è quella che si genera dalla rottura dei legami atomici nelle reazioni di fissione e fusione nucleare con conversione di una parte di materia in energia. La reazione inversa e -> m è molto più complicata e richiede comunque delle particelle (quindi materia) all'interno di campi con gradienti di energia assai elevati. L'energia deriva da una differenza di potenziale tra campi diversi (elettromagnetici, gravitazionali, quantistici) che mette in movimento materia. Quindi tra materia ed energia la differenza ontologica rimane. Altrettanto rimane una differenza ontologica tra energia e pensiero, oggetti immateriali entrambi, ma il secondo assai più arcano del primo da decifrare.
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Ipazia

#161
Citazione di: davintro il 04 Dicembre 2018, 15:43:30 PM
Per Ipazia
La distinzione tra diritto ed etica, almeno per come volevo intenderla io, non riguardava il piano genetico-causale della formazione del diritto, non voleva dire che il diritto sorge indipendentemente da una visione etica prevalente nella cultura della comunità di popolo che istituisce lo stato, indipendenza che sarei d'accordo nel negare, voleva dire che il diritto, una volta istituito, non è necessariamente un'autorità etica, un valore a se stante, quindi legittimato ad imporre una propria morale (che sarebbe solo quella personale dei governanti) a prescindere dalla pluralità di punti di vista interna alla comunità.

Non so se intendevi scrivere stato al posto di diritto. E' evidente che il diritto una volta codificato diventa vincolante per tutti e non può essere alla marchese del Grillo, ma tu continui anche di seguito a ignorare la natura parziale, classista del diritto, ovvero la legge scritta dai vincitori ...

Citazione di: davintro il 04 Dicembre 2018, 15:43:30 PM
Cioè, un conto è ammettere che lo stato sia chiamato a esaudire delle istanze che potremmo definire "etiche", cioè un'idea di giustizia, consistente nei fini in base ai quali le persone hanno sentito la necessità di dotarsi di leggi, un altro pensare che lo stato sia legittimato a istituire una propria peculiare idea di giustizia, anche se in contrasto con i convincimenti etici di molti cittadini.

... ai quali non gliene può fregar di meno di rappresentare le etiche, e soprattutto i diritti, delle "persone" o "cittadini" che non fanno parte del gruppo egemone che ha imposto la legge. D'altro canto è inevitabile che molti convincimenti etici siano disattesi, come nel caso dell'ivg. Quindi la contrapposizione non è tra stato inteso metafisicamente e cittadini, ma tra gruppi sociali, classi, fedi, all'interno dello stato in cui si realizzano egemonie ad assetto variabile che diventano legge, diritto.

Citazione di: davintro il 04 Dicembre 2018, 15:43:30 PM
Nel primo caso l'azione statale resterebbe nell'alveo della sua condizione di "strumento" al servizio della comunità, il diritto al servizio dell'etica (anche se derivato da questa) nel secondo lo stato pretende di assurgere a una propria autonoma e autoreferenziale dignità etica, e il diritto non si limita più a derivare dall'etica, ma finisce col coincidere ontologicamente con essa. Il primo caso resta accettabile all'interno di una certa visione liberale, il secondo si pone in deciso contrasto con questa. Poi contestare la visione liberale è legittimo (anche se non condivisibile), se si ammette che la mia idea di distinguere in questo modo etica e diritto rientra nelle premesse di tale visione, allora non vedo dove il mio discorso sia incoerente (internamente, si intende)

Secondo me il tuo discorso può essere reso coerente ("se ne può parlare ...) ma non nei termini in cui lo risolvi tu a partire da persone, cittadini, comunità, astratte contrapposti allo stato etico, ma proprio dalla caratteristica dello stato di mediatore tra etiche diverse, pur conservando una sua etica egemone che converte in legge, ovvero diritto, erga omnes. Mi spiego meglio:

In ogni comunità costituita giuridicamente vi sono contenuti etici di natura "strategica" che fondano il diritto di quella comunità.

Alcuni sono di carattere pressochè universale perchè legati al valore etico fondamentale di ogni vivente: il diritto alla vita. Infatti l'omicidio, con eccezioni più o meno larghe (inclusa ovviamente la legittima difesa, ma anche l'omicidio di stato individuale e collettivo, la guerra), è considerato reato in tutti i codici.

Vi sono altri contenuti etici che definirei non-strategici che sono lasciati alla libertà individuale e costituiscono quello che noi moderni chiamiamo diritti civili (sesso, religione, alimentazione, residenza, opinione politica * ...). Tanto più si amplia lo spazio dei diritti civili tanto più uno stato si allontanerebbe dallo stereotipo liberale dello stato etico. Su questo posso anche concordare, solo che l'etica liberata dei diritti civili è un terreno ancora più insidioso e opinabile di quello reso trasparente dal diritto che formalizza i suoi contenuti etici "strategici". Il che non è una negazione dell'alto valore dei diritti civili, ma un richiamo alla relatività storica degli stessi e a non trascurare la loro possibile evoluzione verso uno stato non-etico, altrettanto pestilenziale di uno stato etico secondo l'immaginario liberale.

* finchè resta opinione, pensiero.
.
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sgiombo

Citazione di: davintro il 04 Dicembre 2018, 15:43:30 PM


Non sono d'accordo invece nel considerare come mero "politically correct", qualcosa di ipocrita e buonista, l'idea che il fine delle pene debba limitarsi alla rieducazione del criminale e alla prevenzione di nuovi reati.

CitazioneA me pare sia una posizione "politicamente corretta" de facto (il che non é l' aspetto importante della questione, ovviamente: non é un argomento per provare l' infondatezza o la falsità delle tue convinzioni; però un po' narcisisticamente ci tengo a sottolineare la mia scorrettezza politica in ogni occasione che mi capita di dimostrarla).



A mio avviso invece questa impostazione è coerente con la natura autentica dello stato: lo stato non è una realtà originaria, naturale, ma artificiale, prodotto della volontà associativa di singoli individui, che considerano la limitazione della libertà a causa delle leggi statali un male minore rispetto al male che subirebbero in una società del tutto caotica, dove vige solo la legge del più forte. Stando così le cose, lo stato non può essere considerato un fine, un valore etico a se stante, ma solo un mezzo, uno strumento pratico necessario a tutelare delle esigenze, queste sì etiche, perché avvertite, dal concreto vissuto dei singoli individui in carne e ossa, il cui insieme forma la comunità di popolo fondatrice dello stato, ragion d'essere di quest'ultimo. Ora, sanzionare con una pena un individuo sulla base di un giudizio morale di colpa, implica che il soggetto che stabilisce la sanzione si ponga come un'autorità morale superiore rispetto all'individuo oggetto del suo giudizio, ma se lo stato è un mezzo, e non fine in sé, mezzo al servizio di valori superiori come il benessere degli individui che legittimano la sua autorità, allora appare chiaro che tale porsi come autorità morale giudicante è a tutti gli effetti un abuso di poteri da parte dello stato, un contravvenire ai limiti del ruolo per il quale lo stato esiste.

Citazione
Se, come me (contro nichilismo e relativismo) si ritiene che esistono imperativi etici di fatto universali (fatto ben spiegabile dalla teoria scientifica dell' evoluzione biologica) anche se non tali "di diritto", non dimostrabili logicamente ma semplicemente constatabili, allora i cittadini hanno il diritto che lo stato tuteli e imponga a tutti il rispetto di tali imperativi etici di fatto, compresa l' esigenza di punire adeguatamente chi li viola come finalità in sé e non solo come mezzo per il buon vivere sociale.




Se il mezzo è sempre moralmente inferiore rispetto al fine verso cui è ordinato, l'idea di uno stato, il mezzo, che presume di giudicare moralmente degli individui, il fine, pretendendo di avere un valore superiore ad essi, è del tutto assurda, una contraddizione, un'inversione logica.Se lo stato intende restare coerente col fine per cui è sorto, cioè il benessere complessivo della comunità di popolo che lo ha fondato, allora l'attribuzione della pena non può essere attuata in nome di una, inesistente, autorità morale con cui porsi al di sopra di essa, ma solo sulla base di un calcolo pratico di costi/benefici: danneggiare un individuo, togliendoli la libertà, se e solo se risulta strettamente necessario a tutelare un bene maggiore, la tutela di tanti altri individui, i cui diritti sarebbero messi in pericolo dal lasciare a piede libero il criminale. Un giudizio morale di colpa può essere formulato solo da un singolo individuo, unico reale depositario di un sentimento valoriale.

Citazione
Fra i fini dello stato può benissimo (anzi, secondo me deve) esserci la comminazione delle giuste punizioni ai colpevoli (anche come fine a se stesso, oltre che per prevenire ulteriori crimini).

Ribadisco che credo contro il relativismo morale che esistano valori etici di fatto universali anche se non perché dimostrabili logicamente ma solo perché constatabili empiricamente (e molto bene spiegabili dalla scienza biologica).



sgiombo

#163
Citazione di: Ipazia il 04 Dicembre 2018, 16:36:17 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Dicembre 2018, 14:24:32 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Dicembre 2018, 11:27:43 AM
Citazione di: sgiombo il 04 Dicembre 2018, 09:32:01 AM

Ma resto sempre in credito* di una spiegazione di come il trascendente, o per lo meno "trascendentale", (complemento oggetto: la materia) si rapporti non contraddittoriamente (non si "incastri") con la materia stessa e prima ancora di come una monista materialista possa in maniera logicamente corretta ammettere l' esistenza (e una fondamentale funzione storica!) di qualcosa che trascenda la materia stessa.

Allo stesso modo in cui un capitalista e un intellettuale borghese fondarono il movimento storico più importante contro il capitalismo e l'ideologia borghese liberale/liberista.

Il monismo per me è genetico, non evolutivo. Sono materialista come causa prima, non come divenire e il riscontro di cui sopra me ne dà ragione. La materia genera qualcosa che materia non è. Capita anche nelle migliori famiglie  ;D

Salvo l' ultima arguta osservazione, devo dire che non capisco proprio.

Peccato, perchè è questo il cuore della questione. Se Marx ed Engels fossero stati plasmati da un monismo materialistico ferreo, il "materialismo scientifico" non sarebbe mai nato. Ad un certo punto ci si è accorti dell'autonomia del politico. Fochino. L'autonomia del pensiero va oltre politica, materia ed energia. Ci va così oltre da, come dice un altro grande musicista-poeta, inventare i mondi sui quali guardare.
Citazione di: Ipazia il 04 Dicembre 2018, 16:36:17 PM
Citazione


In realtà risposta di Sgiombo:

(Probabile lapsus per "materialismo storico" o per "socialismo scientifico").

Ma fammi capire.
Cos' é un "monismo materialistico non ferreo"?
Un mondo (fenomenico, almeno per me, non in sé) nel quale intervengono contro le leggi fisiche del divenire fattori extranaturali, che "autonomizzano" il politico dalle leggi fisiche consentendogli di violarle?

E che significa che "L'autonomia del pensiero va oltre politica, materia ed energia"?

Che (alla maniera di Cartesio) il pensiero interferisce con la materia attraverso qualche "succedaneo della ghiandola pineale"?
Perché se invece si trattasse di mero epifenomenismo, allora il pensiero sarebbe del tutto irrilevante riguardo alle attività umane (individuali e sociali, interamente regolare, determinate esclusivamente dai cervelli), con buona pace del libero arbitrio nelle scelte umane chimicamente-fisicamente determinate.

Che (alla maniera di taluni materialisti) il pensiero sarebbe nel cervello, nel quale imporrebbe una violazione delle leggi fisiche deterministiche per imporvi il libero arbitrio?
Perché invece secondo me i corrispettivi materiali del pensiero e della volontà umana (e non: il pensiero e la volontà umana) seguono leggi neurofisiologiche che non violano le leggi biologiche, le quali a loro volta non violano le leggi chimiche, le quali non violano quelle della fisica.
Altrimenti, se "talvolta", "in determinati casi" le leggi fisiche vengono violate, allora in realtà, a ben vedere (oltre le immediate apparenze ingannevoli), non esiste un (reale) divenire naturale ordinato secondo (tali) leggi universali e costanti, ma invece esiste il caos indeterministico (reale), nel coso del quale accadono "talora", in determinate circostanze delle meramente apparenti sequenze di eventi ordinati; come nel caso di cento lanci di una moneta non truccata (inclusi nell' ambito di parecchi fantastiliardi di lanci totali nei quali si avrebbe un realmente disordinato, caotico, irregolare succedersi di esiti "tesa" ed esiti "croce") si verificassero cento esiti consecutivi tutti "testa" o tutti "croce". così da ingannevolmente dare l' impressione delle realmente inesistente "legge del lancio della moneta" falsamente recitante: "gli esiti del lancio stesso della moneta sono sempre gli stessi, uguali (sempre "testa" oppure sempre "croce")".


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Non ridurrei le facoltà cognitive all'energia che è certamente l'altra faccia della materia nel mondo reale, ma molto più della materia concetto speculativo.
CitazioneA me quello di "energia" pare invece un concetto non affatto "speculativo" ma al contrario naturalissimamente empirico, esattamente come quello di "massa" e quello (generico) di "materia" che li include entrambi restando costante nelle trasformazioni secondo universali e costanti rapporti quantitativi dell' una nell' altra.
Ovviamente le facoltà mentali e più in generale coscienti c' entrano come i cavoli a merenda con l' energia (una forma naturalissimamente assunta, in determinate circostanze e in determinate quantità regolate dalle leggi fisiche, dalla materia complessiva, per l' appunto secondo le leggi naturali -fisiche, dal greco- del divenire del mondo materiale -id est: massivo e/o energetico- stesso).

Einstein ha stabilito un'equivalenza che, a livello ontologico/filosofico, ha generato molti fraintendimenti.
CitazioneInfatti, appunto (e senza colpe da parte di Einstein)!

L'energia della formula Einsteniana è quella che si genera dalla rottura dei legami atomici nelle reazioni di fissione e fusione nucleare con conversione di una parte di materia
CitazioneRectius: massa.

in energia. La reazione inversa e -> m è molto più complicata e richiede comunque delle particelle (quindi materia)
CitazionePiù precisamente: massa (materia massiva: particelle-onde dotate di massa).

***La "m" della formula einsteiniana non sta affatto per "materia" ma invece per "massa"***.

all'interno di campi con gradienti di energia assai elevati. L'energia deriva da una differenza di potenziale tra campi diversi (elettromagnetici, gravitazionali, quantistici) che mette in movimento materia
CitazioneIdem.

. Quindi tra materia
CitazioneIdem.

ed energia la differenza ontologica rimane.
CitazioneNo!
Trattandosi di due diverse forme della stessa "cosa ontologica", la materia (complessiva, genericamente intesa), la quale si trasforma dall' una all' altra forma secondo proporzioni universali e costanti, ma rimanendo complessivamente sempre di quantità totale invariata.

Altrettanto rimane una differenza ontologica tra energia e pensiero, oggetti immateriali entrambi, ma il secondo assai più arcano del primo da decifrare.
Citazione
No, guarda che l' energia, contrariamente al pensiero, é materia al 100% esattamente come la massa: sono due forme alternative (e coesistenti) della stessa "cosa ontologica" che é la materia complessiva, la quale si trasforma continuamente dall' una all' altra e viceversa senza che se ne "distrugga" (che ne cessi di esistere) né se ne "crei" (cominci ad esistre dal "nulla") mai alcuna quantità.

Ipazia

L'energia si manifesta solo quando c'è una differenza di potenziale. La materia invece si manifesta sempre ed è messa in movimento da questa differenza di potenziale. Finora la fisica è riuscita a metterle insieme solo matematicamente, non fisicamente (ontologicamente). Può darsi che la quantistica riesca a farlo a partire dal pattern dei campi, ma Heisenberg gode ancora di ottima salute.

"Materia" e pensiero: la causa prima non vale, lasciamola ai teisti e agli esecutori testamentari. Il secondo è sicuramente generato dalla prima ma gode di relativa autonomia e creatività (il pensiero è creazionista  :D ) tant'è che la materia di suo non avrebbe prodotto nemmeno uno spillo.  C'è un fantasma che si aggira per il mondo, si chiama "causa finale", non previsto da mamma natura che i dadi li getta a caso.

Sia chiaro, non pretendo si tratti di episteme finale, ma per ora mi pare la più convincente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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