L'illusione del libero arbitrio

Aperto da bobmax, 18 Novembre 2018, 20:50:53 PM

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sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 02 Dicembre 2018, 18:08:58 PM

Ciao Sgiombo
Non credi che occorra (e per far questo bisogna risalire ad Aristotele) fare distinzione fra cause "diverse e possibili"
(in queste trova la propria radice il determinismo scientifico) e causa "prima", o "incausata" (che è, dicevo
in questa stessa discussione - risposta #51 -, la radice del determinismo "forte" - e anche della negazione del
libero arbitrio)?
saluti

Non comprendo bene.

Ma mi sembra che il determinismo alla base delle scienze naturali sia un' assunzione indimostrabile, così come l' esistenza di Dio.

Ma (contrariamente all' esistenza di Dio) necessaria perché si dia possibilità di conoscenza scientifica del mondo materiale naturale.
E che il conseguente determinismo "scientifico" sia non meno forte e incompatibile con il libero arbitrio di un determinismo fondato sulla fede in Dio (che peraltro da parte di non pochi autocontraddittoriamente si pretende compatibile con il libero arbitrio).

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 02 Dicembre 2018, 19:46:11 PM
Citazione di: sgiombo il 02 Dicembre 2018, 15:15:32 PM

MIa risposta corretta:
MI sembra evidente (e genialmente rilevato da Hume); ma chi nega (e non: chi afferma!) l' indeterminismo (per lo meno un indeterminismo relativo, limitato, "debole", ovvero probabilistico-statistico) non può -per definizione; di "conoscenza scientifica"- coerentemente, non contraddittoriamente credere nella verità della conoscenza scientifica stessa (se lo fa, inevitabilmente cade in contraddizione; come giustamente insiste a far rilevare SamuleSilver, il suo discorso si svolge su un piano logico formale, non empirico).


Accidenti, ho sbagliato anche la correzione (la mia paura dell' Alzheimer cresce...), ma credo comunque che si sia capito.


Non c'è contraddizione perchè l'insieme "volontà umana" pur essendovi in parte sovrapposto (per la parte deterministica) non coincide con l'insieme "determinismo forte" su cui la tecnoscienza ha la sua giurisdizione. L'area trascendente non è regolata dalla legge di causa-effetto ma da scelte di tipo probabilistico in cui nessuno ha la Verità dalla sua parte. La verità si manifesta solo a posteriori, e comunque sarà sempre parziale, perchè non sapremo mai come sarebbe andata se avessimo diretto la volontà verso altri percorsi. Possiamo però indagare i circoli di retroazione che ci mostrano analogie e ci permettono di formulare altre ipotesi.

Citazione
Ma non riesco a concepire come qualcosa di sensato una volontà umana (ma penso entro certi limiti anche animale) che fosse in parte rientrante nel determinismo "forte" del resto della natura, in parte eccedente lo stesso.
Penso che un certo insieme di fenomeni "continuo", senza separazioni fra sue parti reciprocamente trascendenti, come é il comportamento umano (di ciascun singolo uomo), possa essere o caratterizzato da modalità generali astratte universali e costanti, immutabili (= deterministico, senza libero arbitrio), oppure no (ovvero caotico, casuale, con possibilità di libero arbitrio).
Che senso potrebbe avere un divenire in parte deterministico, in parte no?
Sarebbe come ammettere che possano accadere miracoli; ma allora la pretesa "parte deterministica" del divenire sarebbe in realtà costituita da un fraintendimento dovuto ad una "stranissima" serie di coincidenze fortuite apparentemente deterministiche ma in realtà indeterministiche: un po' come se, lanciando una moneta non truccata, si ottenessero -per uno strano caso fortuito (non impossibile in linea puramente teorica) e non per un' inesistente ma solo falsamente apparente "legge del lancio dei dadi"- dieci o quindici risultati consecutivi uguali, tutti "testa" o tutti "croce".

Sul probabilismo (ammessa l' interpretazione corrente della M.Q.; e ulteriormente ammesso che la M.Q. possa essere pertinente agli eventi neurofisiologici cerebrali) continuo a pensare che si possa intendere tanto come un determinismo (circa le proporzioni complessive fra gli eventi) quanto con un indeterminismo (circa i singoli eventi) "debole" (a seconda dei gusti), di una complementarità fra aspetti deterministici forti e aspetti indeterministici forti del divenire naturale, e che comunque consentirebbe una sensata valutabilità etica delle scelte umane solo in virtù della sua "componente deterministica forte".
Ma che libero arbitrio mai sarebbe la aleatorietà di ciascuna singola scelta nella inevitabilità dei rapporti numerici nel complesso di tutte le scelte?
Ti sentiresti davvero soddisfatta, a pensarci bene (come aspirante al libero arbitrio, quale evidentemente mi sembri), dal fatto di poter agire liberamente allo stesso modo di un dado che in ogni singolo lancio può cadere con la faccia recante un qualsiasi numerio da 1 a 6, ma nel complesso cadesse ineluttabilmente con ciascun numero 1/6 delle volte? Ovvero se ciascuna tua scelta potrebbe essere generosa e magnanima oppure gretta e meschina, ma il numero delle tue scelte più o meno generose e di quello più o meno meschine fosse inderogabilmente stabilito? (Nota che comunque in questo caso comunque il tuo essere più o meno buona o più o meno malvagia sarebbe tale in virtù del determinismo proprio delle proporzioni complessive delle tue azioni e non dell' indeterminismo proprio di ciascuna di esse).

Per esempio: la questione demografica. Qualcuno pensa che questo pianeta possa tollerare una prolificazione infinita, altri pensano che sia arrivato il momento di ridurre la pressione antropica sul pianeta. Questo è lo spazio del l.a. del soggetto collettivo homo sapiens e per sapere chi ha ragione bisogna sperimentarlo. Non c'è alcun caso o caos all'origine, e neppure una formula deterministica forte che ci dia, anticipatamente, il responso. Possiamo usare un principio di cautela, oppure puntare sull'incremento delle forze produttive per cavalcare la tesi opposta. Tutto molto razionale, ma praticamente indeterministico visto la sovrabbondanza di parametri in gioco e la nostra ignoranza su di essi. Quindi alla fine la scelta sarà etico/politica, ovvero indeterministica.

Citazione
Secondo me si sa benissimo chi ha ragione (le risorse naturali sono limitate e così pure la potenza umana nello sfruttarle, per quanto in tendenziale -ma non illimitata- crescita; ma sicuramente non fino all' infinito; questo é un caso in cui non si scappa dal determinismo oggettivo; ciò che c' é di indeterministico é solo conseguenza della nostra conoscenza soggettiva del sistema, che comunque pur non consentendoci di stabilire quali limiti siano incompatibili con la nostra sopravvivenza di specie e dunque da non rischiare assolutamente di superarsi imponendoci un atteggiamento prudente, tuttavia ci consente benissimo di essere certi che le attività antropiche non possono affatto essere illimitate in un ambiente di fatto e non fantascientificamente o ideologicamente -scientisticamente- praticabile che é limitato).
Ma purtroppo il potere ce l' ha chi ha torto.
Quindi alla fine la scelta sarà etico/politica [fin qui concordo, ma], ovvero deterministica.

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 03 Dicembre 2018, 11:46:09 AM

Ma non riesco a concepire come qualcosa di sensato una volontà umana (ma penso entro certi limiti anche animale) che fosse in parte rientrante nel determinismo "forte" del resto della natura, in parte eccedente lo stesso.
Penso che un certo insieme di fenomeni "continuo", senza separazioni fra sue parti reciprocamente trascendenti, come é il comportamento umano (di ciascun singolo uomo), possa essere o caratterizzato da modalità generali astratte universali e costanti, immutabili (= deterministico, senza libero arbitrio), oppure no (ovvero caotico, casuale, con possibilità di libero arbitrio).
Che senso potrebbe avere un divenire in parte deterministico, in parte no?
Sarebbe come ammettere che possano accadere miracoli; ma allora la pretesa "parte deterministica" del divenire sarebbe in realtà costituita da un fraintendimento dovuto ad una "stranissima" serie di coincidenze fortuite apparentemente deterministiche ma in realtà indeterministiche: un po' come se, lanciando una moneta non truccata, si ottenessero -per uno strano caso fortuito (non impossibile in linea puramente teorica) e non per un' inesistente ma solo falsamente apparente "legge del lancio dei dadi"- dieci o quindici risultati consecutivi uguali, tutti "testa" o tutti "croce".

"Che senso potrebbe avere un divenire in parte deterministico, in parte no?" Il senso dell'emergere nel corso dell'evoluzione di organismi biologici senzienti e in grado di relazionarsi interattivamente con la natura. La quale di rigorosamente deterministico ha solo la memoria genetica. Hai ragione a chiamare in causa anche il "sapere" animale, perchè anche gli animali più evoluti, attraverso le cure parentali, trasmettono informazioni e conoscenze da una generazione all'altra, che il cucciolo non potrebbe mai sviluppare solo a partire dal dna, in cui sono presenti in potenza, ma non in atto, come dicono in filosofi, o in forma embrionale come dicono i biologi. La trasmissione di conoscenze è trascendentale, indeterministica, e si accompagna ad un ampliamento del grado di libertà rispetto alla rigidità dei meccanismi deterministici biologici.

Il caso. Che la volontà sia indeterministica non significa che non sia fortemente determinata, ovviamente nel rispetto di tutti i vincoli deterministici. Quindi escluderei discorsi diversivi sul caso che interviene al 100/100 solo nella selezione darwiniana, mentre nelle determinazioni della volontà interviene nella forma della fortuna o fato, su cui comunque , la virtù, ovvero la volontà, è in grado di determinare i mutamenti di rotta; quando possibile, perchè la morte, dell'individuo, branco o pianeta, chiude tutti i discorsi.

Il caos. Essendo un concetto filosofico che presuppone un ordine a priori lo lascio ai metafisici e al mito di Pandora ;D In fisica è sempre riconducibile ad una qualche funzione matematica che, a posteriori, lo formalizza attraverso il calcolo statistico più o meno accurato secondo le conoscenze empiriche di cui si dispone.

Chiudendo il discorso. Determinati al 100% sono solo nascita e morte. Quello che succede in mezzo gode di gradi di libertà a geometria variabile secondo lo sviluppo evolutivo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: davintro il 02 Dicembre 2018, 23:34:32 PM

Il punto è che nel nostro stato di diritto, e giustamente aggiungerei, le pene non  dovrebbero infliggersi sulla base del riconoscimento di una "colpa", che la pena dovrebbe pareggiare in nome del principio vendicativo dell' "occhio per occhio, dente per dente". L'obiettivo della giustizia dovrebbe essere quello di garantire nel modo più efficace possibile la preservazione della sicurezza dei cittadini, evitando però inutili violenze quando queste non sono strettamente necessarie al fine della tutela di tale sicurezza. Quindi per lo stato di diritto non ha alcun senso porsi il problema se la causa che ha spinto un assassino a compiere i suoi crimini riguardi o meno il suo libero arbitrio. Ormai il danno è fatto, l'unica cosa che si può fare è cercare di evitare nuovi crimini valutando la sua pericolosità sociale, quindi valutare se la causa che lo ha spinto avrebbe o no ancora la forza per spingerlo a commetterli di nuovo. In questo senso il tema giudiziario è slegato dalla riflessione sul libero arbitrio. Poi ovviamente se ci si allontana dal modello dello stato di diritto liberale e garantista e ci si vuole porre nel contesto dello "stato etico" dove la morale viene confusa con la legge, allora la pena non potrà più limitarsi a un effetto preventivo/pratico, ma dovrà sanzionare moralmente il reo, finendo con l'identificare la giustizia con la vendetta, e sarà allora necessario valutare l'effettivo spessore morale del condannato, la sua responsabilità, e quanto il suo libero arbitrio è stato davvero determinante per il compimento dei suoi reati, ma, ripeto, questo è tutt' altro contesto

Tutto questo discorso ha un'impostazione ideologica fondata sulla bufala liberale/liberista dello stato etico contrapposto allo stato di diritto. Bufala in quanto il diritto è solo il catechismo di un'etica consolidata e dominante. Il catechismo greco non prevedeva l'uguaglianza, neppure formale, degli uomini, era pedofilo, sessista e si fondava sulla sacralità della polis, dallo stesso Socrate accettata e rilanciata quando beve la cicuta. Il catechismo liberale prevede la sacralità della proprietà privata, l'uguaglianza (formale) degli uomini, e solo da poco tempo ha espunto sessismo e pedofilia dai comportamenti leciti etici ovvero giuridici.

Questo separare etica da diritto è l'artificio liberale che libera la tecnica "neutrale" dai suoi fondamenti etici, così come in economia separa il "diritto economico" ovvero il capitale dal suo fondamento etico ed etologico: il lavoro.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Sariputra

Mah!...Secondo me la fate troppo complessa. :)
Ritorno al mio concetto già espresso: di determinate ci sono le carte, il gioco è nostro.
Esempio banale: Un nato cieco non potrà scegliere tra il diventare pilota o pittore, ma sicuramente potrà scegliere tra essere musicista o filosofo.
L'arbitrio infatti (definizione da vocabolario) è la "facoltà di valutare e operare secondo la propria volontà". L'arbitrio  è quindi la facoltà di scegliere in base a determinate carte in tuo possesso e secondo la tua volontà e non significa affatto libertà da ogni condizione. Una condizione base infatti è proprio il poter disporre di una volontà...
Il mio libero arbitrio mi ha fatto scrivere questo breve post. Avrei potuto non scriverlo? Certamente...la domanda interessante è piuttosto questa: perchè l'ho scritto?... :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

davintro

Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2018, 14:32:33 PM
Citazione di: davintro il 02 Dicembre 2018, 23:34:32 PMIl punto è che nel nostro stato di diritto, e giustamente aggiungerei, le pene non dovrebbero infliggersi sulla base del riconoscimento di una "colpa", che la pena dovrebbe pareggiare in nome del principio vendicativo dell' "occhio per occhio, dente per dente". L'obiettivo della giustizia dovrebbe essere quello di garantire nel modo più efficace possibile la preservazione della sicurezza dei cittadini, evitando però inutili violenze quando queste non sono strettamente necessarie al fine della tutela di tale sicurezza. Quindi per lo stato di diritto non ha alcun senso porsi il problema se la causa che ha spinto un assassino a compiere i suoi crimini riguardi o meno il suo libero arbitrio. Ormai il danno è fatto, l'unica cosa che si può fare è cercare di evitare nuovi crimini valutando la sua pericolosità sociale, quindi valutare se la causa che lo ha spinto avrebbe o no ancora la forza per spingerlo a commetterli di nuovo. In questo senso il tema giudiziario è slegato dalla riflessione sul libero arbitrio. Poi ovviamente se ci si allontana dal modello dello stato di diritto liberale e garantista e ci si vuole porre nel contesto dello "stato etico" dove la morale viene confusa con la legge, allora la pena non potrà più limitarsi a un effetto preventivo/pratico, ma dovrà sanzionare moralmente il reo, finendo con l'identificare la giustizia con la vendetta, e sarà allora necessario valutare l'effettivo spessore morale del condannato, la sua responsabilità, e quanto il suo libero arbitrio è stato davvero determinante per il compimento dei suoi reati, ma, ripeto, questo è tutt' altro contesto
Tutto questo discorso ha un'impostazione ideologica fondata sulla bufala liberale/liberista dello stato etico contrapposto allo stato di diritto. Bufala in quanto il diritto è solo il catechismo di un'etica consolidata e dominante. Il catechismo greco non prevedeva l'uguaglianza, neppure formale, degli uomini, era pedofilo, sessista e si fondava sulla sacralità della polis, dallo stesso Socrate accettata e rilanciata quando beve la cicuta. Il catechismo liberale prevede la sacralità della proprietà privata, l'uguaglianza (formale) degli uomini, e solo da poco tempo ha espunto sessismo e pedofilia dai comportamenti leciti etici ovvero giuridici. Questo separare etica da diritto è l'artificio liberale che libera la tecnica "neutrale" dai suoi fondamenti etici, così come in economia separa il "diritto economico" ovvero il capitale dal suo fondamento etico ed etologico: il lavoro.

uscendo per un attimo dal tema della discussione (ma spero ci si potrà tornare a breve, magari in topic maggiormente "ad hoc"), direi che la distinzione tra etica e diritto può basarsi su un assunto che io trovo logico, cioè i valori etici non sono "fatti", realtà oggettivamente esistenti in natura, ma ideali indicanti un "dover essere", criteri di giudizi non descrittivi, ma prescrittivi. in quanto fondativi delle azioni (se così non fosse, se i valori etici fossero fatti oggettivi, che bisogno ci sarebbe di agire per realizzarli, dato che già sarebbero realizzati? Se il "dover essere" coincidesse con l' "essere" allora la realtà così come è dovrebbe appagare moralmente chiunque, mentre l'insoddisfazione tra la realtà così come è e la realtà come vorremmo che fosse testimonia lo scarto tra l'oggettività della prima, e la soggettività ideale della seconda). E se il compito della politica è quello di garantire un massimo livello di benessere per il massimo numero di cittadini possibile, e il benessere coincide con una vita condotta con i propri valori personali e soggettivi, allora la conseguenza che trovo più logica è quella di non far coincidere il diritto, che deve ispirare delle leggi che riguardano la vita di tutti, con un sentimento etico soggettivo, che, se coincidesse con il diritto, dovrebbe per forza coincidere con il sentimento etico soggettivo dei governanti, o più in generale della classe politica che fa le leggi, che imporrebbero i LORO personali valori etici, le LORO condizioni esistenziali di benessere, al resto della popolazione, composta, almeno potenzialmente, di individui che perseguono diversi valori, e diversi modelli di realizzazioni della personalità, cioè di benessere (come nel caso delle teocrazie, che sono modelli di stato etico, né più né meno dei totalitarismi laici"). Ecco che la distinzione etica/diritto diventa la strategia più efficiente perché più persone possibili possano accedere a un livello di benessere, seguendo i loro valori personali, senza essere ostacolati da interventi esterni ispirati a valori diversi da loro e contrapposti. La neutralità assoluta dello stato può considerarsi come un'astrazione impossibile da seguire in forma pura, ma almeno si potrebbe mantenerlo come ideale regolativo, a cui cercare di ispirarsi nel modo più coerente possibile, entro i limiti dell'imperfezione umana e delle contingenze storiche empiriche entro le quali cerchiamo di applicare gli assunti teorici

davintro

Citazione di: Sariputra il 03 Dicembre 2018, 15:31:59 PMMah!...Secondo me la fate troppo complessa. :) Ritorno al mio concetto già espresso: di determinate ci sono le carte, il gioco è nostro. Esempio banale: Un nato cieco non potrà scegliere tra il diventare pilota o pittore, ma sicuramente potrà scegliere tra essere musicista o filosofo. L'arbitrio infatti (definizione da vocabolario) è la "facoltà di valutare e operare secondo la propria volontà".L'arbitrio è quindi la facoltà di scegliere in base a determinate carte in tuo possesso e secondo la tua volontà e non significa affatto libertà da ogni condizione. Una condizione base infatti è proprio il poter disporre di una volontà... Il mio libero arbitrio mi ha fatto scrivere questo breve post. Avrei potuto non scriverlo? Certamente...la domanda interessante è piuttosto questa: perchè l'ho scritto?... :(

Il punto è stabilire se dobbiamo intendere come "libero arbitrio" solo una condizione di assenza di cause determinanti che spingono all'essere filosofo o musicista, una condizione nella quale la scelta effettivamente attuata avrebbe potuto essere diversa, al punto che ci è assolutamente impossibile rintracciarne i motivi che ci hanno fatto propendere per un strada anziché un'altra (ma l'ignoranza riguardo la risposta ad una certa questione non può mai essere la soluzione alla questione stessa, ma solo l'ammissione dei limiti della nostra conoscenza rispetto alla realtà, che però, in quanto "realtà" è  tale indipendentemente dal sapere soggettivo che abbiamo su di essa), oppure, in linea col modello compatibilista, possiamo intendere il libero arbitrio anche nel caso che il principio determinante della scelta sia la nostra identità, il nucleo interiore e innato della nostra personalità, e non un fattore esterno e ambientale. In quest'ultimo il libero arbitrio esisterebbe, in quanto non implicherebbe l'assenza in assoluto di causalità, ma farebbe coincidere quest'ultima con noi stessi, che saremmo dunque responsabili a tutti gli effetti delle nostre scelte, cioè libero arbitrio non come assurda indeterminazione, ma come autonomia. Poi, essendo sulla base della nostra finitezza, mai completamente autonomi, ma sempre individui in relazione con un'alterità, il libero arbitrio non sarebbe mai elemento esaustivo nella spiegazione del nostro agire, ma componente parziale: non siamo mai del tutto liberi, ma lo siamo sempre "più o meno", nella misura in cui la scelta esprime davvero la nostra personalità originaria. Un libero arbitrio, se si vuole, relativo, parziale, ma comunque a suo modo esistente e riconoscibile sulla base di un determinato parametro

0xdeadbeef

Citazione di: sgiombo il 03 Dicembre 2018, 09:26:20 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 02 Dicembre 2018, 18:08:58 PM

Ciao Sgiombo
Non credi che occorra (e per far questo bisogna risalire ad Aristotele) fare distinzione fra cause "diverse e possibili"
(in queste trova la propria radice il determinismo scientifico) e causa "prima", o "incausata" (che è, dicevo
in questa stessa discussione - risposta #51 -, la radice del determinismo "forte" - e anche della negazione del
libero arbitrio)?
saluti

Non comprendo bene.

Ma mi sembra che il determinismo alla base delle scienze naturali sia un' assunzione indimostrabile, così come l' esistenza di Dio.

Ma (contrariamente all' esistenza di Dio) necessaria perché si dia possibilità di conoscenza scientifica del mondo materiale naturale.
E che il conseguente determinismo "scientifico" sia non meno forte e incompatibile con il libero arbitrio di un determinismo fondato sulla fede in Dio (che peraltro da parte di non pochi autocontraddittoriamente si pretende compatibile con il libero arbitrio).


Ciao Sgiombo
Rispondendo all'amico Bobmax, che nega il libero arbitrio, dicevo che tale negazione non era fondata su una causalità
di tipo scientifico (come mi sembra lui ritenga), ma sulla causalità "ontologica", cioè su una causalità indimostrabile
(come del resto indimostrabile è l'esistenza del libero arbitrio).
A tal proposito citavo i diversi concetti di causalità che troviamo in Aristotele, il quale appunto afferma vi sono cause
"diverse e possibili" (e in queste risiede la radice della causalità scientifica) e una causa detta "prima" (o "incausata",
da qui il concetto di "motore immobile" che sarà ripreso da T.d'Aquino per fondare la sua teologia), la quale ritengo
appunto sia quella affermata da Bobmax nella sua negazione del libero arbitrio.
Ora, a parer mio le cause "diverse e possibili" (cioè la causalità scientifica, o "debole" per usare un termine qui usato)
non sono incompatibili con il libero arbitrio (che, beninteso, rimane indimostrabile). Viceversa incompatibile è la
causa "prima", o causa "ontologica", che essendo alla fin fine la medesima di Parmenide, recita che l'essere che è non
può essere diversamente da come è (cioè esclude categoricamente la stessa categoria della "possibilità", che è a
fondamento del libero arbitrio).
saluti

everlost

#143
Ciao Sariputra.

CitazioneIl mio libero arbitrio mi ha fatto scrivere questo breve post. Avrei potuto non scriverlo? Certamente...la domanda interessante è piuttosto questa: perchè l'ho scritto?... 
Per far riflettere e nel contempo divertire i lettori con la tua sagacia?  ;)
Anche se non lo sai o non ci pensi, c'è sempre uno scopo. Può darsi che tu lo nasconda anche a te stesso, per pudore o altro, ma non ce la fai mai...perché i lettori, regolarmente...ti sgamano!  :D
Un vecchio sacerdote diceva sempre: ogni vita è una lettera (oggi diremmo 'un post'). E come ogni lettera, la vita di una persona ha il suo scopo e la sua conclusione,  allegra o triste, certe volte drammatica, ogni tanto speciale e degna di essere ricordata.
Ecco, io spero che il buon prete avesse ragione. Anzi voglio crederci.

Davintro,
grazie della risposta:

CitazioneIl punto è che nel nostro stato di diritto, e giustamente aggiungerei, le pene non  dovrebbero infliggersi sulla base del riconoscimento di una "colpa", che la pena dovrebbe pareggiare in nome del principio vendicativo dell' "occhio per occhio, dente per dente". L'obiettivo della giustizia dovrebbe essere quello di garantire nel modo più efficace possibile la preservazione della sicurezza dei cittadini, evitando però inutili violenze quando queste non sono strettamente necessarie al fine della tutela di tale sicurezza. Quindi per lo stato di diritto non ha alcun senso porsi il problema se la causa che ha spinto un assassino a compiere i suoi crimini riguardi o meno il suo libero arbitrio. Ormai il danno è fatto, l'unica cosa che si può fare è cercare di evitare nuovi crimini valutando la sua pericolosità sociale, quindi valutare se la causa che lo ha spinto avrebbe o no ancora la forza per spingerlo a commetterli di nuovo. In questo senso il tema giudiziario è slegato dalla riflessione sul libero arbitrio. Poi ovviamente se ci si allontana dal modello dello stato di diritto liberale e garantista e ci si vuole porre nel contesto dello "stato etico" dove la morale viene confusa con la legge, allora la pena non potrà più limitarsi a un effetto preventivo/pratico, ma dovrà sanzionare moralmente il reo, finendo con l'identificare la giustizia con la vendetta, e sarà allora necessario valutare l'effettivo spessore morale del condannato, la sua responsabilità, e quanto il suo libero arbitrio è stato davvero determinante per il compimento dei suoi reati, ma, ripeto, questo è tutt' altro contesto
Anche se qualcuno ti ha già replicato con la sua solita competenza e sinteticità (ma quanto ti ammiro Ipazia! :P) azzardo i miei soliti due centesimi di non filosofia.
A livello ideale ti do ragione, è vero che in una nazione liberale e garantista (poi dipende dal significato attribuito ai termini)

Citazionele pene non  dovrebbero infliggersi sulla base del riconoscimento di una "colpa",

altrimenti i  tribunali agirebbero come barbari, in base alla legge del taglione. E noi non siamo barbari.
Anche se, dicendo ciò, mi viene subito in mente l'immagine delle esecuzioni capitali in certi stati americani, con saletta annessa ad uso dei parenti; sai quando tirano la tenda e loro si gustano il macabro spettacolo? Anche questo attiene alla nostra grande 'civiltà' occidentale...
Non dovrebbe prevalere l'aspetto punitivo, invece temo che di fatto succeda.
Tant'è vero che nelle motivazioni delle sentenze, parlo soprattutto di quelle penali, non so se ne conosci qualcuna, le valutazioni sullo spessore morale del condannato non mancano quasi mai. In alcune le Corti non vanno per il sottile, esprimendo pesanti giudizi sulla personalità del reo, su quanto sia stato crudele il delitto e abietto il movente.
Tutto vero magari, per carità, ma decisamente moralistico. E immagino che tale atteggiamento pesi non poco sul verdetto dei giurati.
Poi nelle condanne è previsto un risarcimento in denaro alle parti civili: a volte si tratta anche di cifre cospicue che non potranno mai essere pagate, perciò mi chiedo che senso abbia, se non quello punitivo, anche solo simbolico, senza tralasciare una quota di vendetta quando si sente dire "ecco, finalmente la famiglia di....ha ottenuto giustizia". Come se la morte di una persona cara avesse un prezzo. Come se sapere  il responsabile  in carcere appianasse i conti!
E all'atto pratico, ragionando come dici tu, chi garantisce che dopo  tot anni di riabilitazione un criminale non sia recidivo causando nuovi e peggiori danni?
Chi stabilisce la maggiore o minore pericolosità sociale di una persona? Son belle gatte da pelare.
Però il discorso che facevo prima non si limita al rapporto tra etica e diritto, argomento che richiederebbe discussioni infinite e almeno un thread dedicato...riguarda in generale i rapporti umani. Ecco, ritengo che cambierebbero molto se tutti o i più fossero convinti che il libero arbitrio non esiste.
Ma siamo sempre nel campo delle opinioni personali.
Con stima

sgiombo

Citazione di: everlost il 02 Dicembre 2018, 23:01:22 PM

Per la gente comune come me, non credere più nel l.a. significa, in parole povere, non ritenere  più che gli individui facciano il male o il bene per scelta, ma che vi siano sempre o il più delle volte costretti da cause più forti della loro volontà ( ad esempio il brutale caso, o forse il caos, il destino, la Peppa Tencia, la peperonata della suocera, la pasticca, oppure una divinità, un demone, un angelo, secondo le proprie opinioni  e abitudini).
Alla fine, dopo il carosello interpretativo cosa resta? Che intanto il diritto - civile e penale - dovrebbe essere completamente riformato perché non avrebbe senso punire con l'ergastolo un omicida costretto da cause endogene ed esogene. Ma poi non si potrebbe nemmeno dare premi e lodi ai benefattori, e qui dovrebbe cambiare un'altra bella fetta della società attuale e perfino le religioni più seguite in occidente. Questo caro Sgiombo  mi è chiarissimo.  :)
Citazione
Ma secondo me é proprio il determinismo a rendere sensata qualsiasi valutazione etica (e anche qualsiasi condanna panale o encomio o premio al buon comportamento a qualsiasi titolo).

Secondo me si fa una gran confusione fra lo scegliere liberamente da costrizioni estrinseche (dato che sicuramente chi é costretto a fare qualcosa contro la sua propria volontà non può ovviamente esserne ritenuto responsabile: se mi minacciano di morte con un mitra spianato se non compio un furto, il ladro non sono certo io, ma invece chi mi ci costringe con le forza delle armi), e il libero arbitrio inteso come indeterminismo, ovvero assenza di determinazioni intrinseche nelle scelte).
E' proprio il determinismo intrinseco delle scelte (se c' é; essendo indimostrabile che esista quanto che non esista) a far sì che chi sceglie bene é eticamente buono e chi seceglie male é eticamente malvagio.
Infatti é la sua bontà a determinare intrinsecamente -e non per coercizione subita da altri- le sue scelte buone o la sua malvagità a determinare le sua scelte cattive. Che se invece non fosse il suo modo di essere (più o meno buono o malvagio) a determinarle, allora (inevitabilmente vorrebbe dire che) le scelte di ciascuno avverrebbero a casaccio, come se nella propria mente avvenisse il lancio di una moneta: nel caso uscisse "testa" si agirebbe bene, nel caso uscisse croce" male: e allora nessuno in nessun senso potrebbe essere considerato buono o malvagio, ma casomai fortunato o sfortunato.



Non che mi dispiaccia, dopotutto...ma ritengo che sarebbe una rivoluzione tremenda se la maggior parte delle persone ragionasse così.
Il mondo, il quale se ne infischia delle teorie e dei sillogismi filosofici, continuerà ad essere quello che è : un pessimo posto in cui vivere, con o senza libero arbitrio.
Con una piccola differenza, però: se delinquere per la maggioranza che legifera  non sarà più una colpa imputabile ai singoli, andrà al manicomio criminale o al carcere speciale solo chi è molto pericoloso mentre gli altri rei se la caveranno con poco, magari con gli arresti domiciliari o con un percorso riabilitativo in qualche ospizio per anziani. Sta già succedendo ad alcuni più uguali degli altri. Qualcuno ancora borbotta, qualcuno strilla, oggi: domani non si sa.
Il mondo diventerà peggiore? Forse no. Ma mi ribolle il sangue se penso che un barbaro assassino dopo pochi anni potrà camminare fra la gente a testa alta, autorizzato a giustificarsi con la scusa che se ha fatto a pezzi una ragazzina, è successo per via del testosterone, dell'onore maschile offeso, del diavolo tentatore.
Adamo del resto insegna: è stata Eva, lei gli ha detto di mangiare la mela. Ed Eva incolpa il subdolo serpente. Caino, poi...va be'.
Sarò retrograda, eppure sono affezionata al buon vecchio senso di colpa, al biasimo sociale ed anche alle vecchie  penitenze, purché proporzionate e decisamente non come quelle bibliche che solo un'immensa fede in Dio può rendere accettabili.
E mi piace immaginare un mondo in cui i buoni genuini ricevono almeno qualche gratificazione al posto di una pedata nel posteriore, come invece capita loro spesso.
Citazione
Anch' io sono convinto che un barbaro assassino violentatore deve essere adeguatamente punito (e proporzionalmente gli autori di crimini meno gravi ed efferati): contro il politicamente corretto (come sempre!) ritengo che scopi della pena non siano solo la rieducazione e la prevenzione di crimini futuri, ma anche, a pieno titolo, l' espiazione delle colpe morali (e infatti credo che l' unico modo per dimostrare di essere pentiti -da esigersi inflessibilmente da parte di coloro cui si chieda il perdono come condizione per concederlo- sia non già il pretendere furbescamente riduzioni di pena, ma invece il chiedere e ottenere inasprimenti!
Ma tutto questo ha senso solo se l' agire di ciascuno é conseguenza deterministica (come di causa da effetto) delle sue intrinseche quaità morali più  meno buone, e non del libero indeterministico arbitrio, che é esattamente come dire del puro caso.

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2018, 14:14:28 PM

"Che senso potrebbe avere un divenire in parte deterministico, in parte no?" Il senso dell'emergere nel corso dell'evoluzione di organismi biologici senzienti e in grado di relazionarsi interattivamente con la natura. La quale di rigorosamente deterministico ha solo la memoria genetica. Hai ragione a chiamare in causa anche il "sapere" animale, perchè anche gli animali più evoluti, attraverso le cure parentali, trasmettono informazioni e conoscenze da una generazione all'altra, che il cucciolo non potrebbe mai sviluppare solo a partire dal dna, in cui sono presenti in potenza, ma non in atto, come dicono in filosofi, o in forma embrionale come dicono i biologi. La trasmissione di conoscenze è trascendentale, indeterministica, e si accompagna ad un ampliamento del grado di libertà rispetto alla rigidità dei meccanismi deterministici biologici.
Citazione
L' emersione dalla natura della cultura (dalla storia naturale della storia umana; salvo gli "embrionali" accenni di cultura di certe altre specie animali)  non contraddice (ma casomai sviluppa coerentemente, anziché limitarsi a proseguirlo pedissequamente) il divenire della natura; il quale, se é possibile la conoscenza scientifica (almeno in qualche misura vera) della natura stessa (storia naturale e anche storia umana in quanto sviluppo coerente e non contraddittorio della storia naturale), allora non può che essere deterministico (= mutamento limitato, parziale, relativo; id est: fissità limitata, parziale, relativa; ovvero divenire ordinato secondo modalità o leggi generali astratte universali e costanti; per lo meno -anche ammessi, ma da me non concessi, il carattere ontologico-oggettivo e non meramente gnoseologico o epistemologico-soggettivo dell' indeterminismo quantistico e la sua rilevanza di fatto nella neurofisiologia cerebrale- di tipo probabilistico-statistico (cioé "deterministico debole" ovverosia "indeterministico debole" a seconda dei gusti).

Il fatto sacrosantamente vero che il comportamento (men che meno umano) non é determinato "unilateralmente" dal genoma, ma invece dall' interazione -causale, deterministica!- fra genoma e ambiente (e secondo me il ruolo del genoma é nettamente preponderante per quanto riguarda gli aspetti comuni a tutti, generici del comportamento umano, mentre quello dell' ambiente é nettamente preponderante per quanto riguarda le caratteristiche peculiari, i tratti propriamente personali di ciascuno), non ne inficia minimamente il carattere deterministico: semplicemente ne evidenzia l' enorme complessità e conseguente imprevedibilità, l' incalcolabilità di fatto: La trasmissione di conoscenze è immanente (al mondo fenomenico materiale), deterministica (per o meno in senso "debole", probabilistico-statistico), e non si accompagna ad alcun ampliamento del grado di libertà rispetto alla rigidità dei meccanismi deterministici biologici, ma puramente e semplicemente ad un aumento dei loro gradi di """libertà""" deterministici , del ventaglio di diversi comportamenti tutti ineluttabilmente deterministici.




Il caso. Che la volontà sia indeterministica non significa che non sia fortemente determinata, ovviamente nel rispetto di tutti i vincoli deterministici
CitazionePalese contraddizione.




. Quindi escluderei discorsi diversivi sul caso che interviene al 100/100 solo nella selezione darwiniana, mentre nelle determinazioni della volontà interviene nella forma della fortuna o fato, su cui comunque , la virtù, ovvero la volontà, è in grado di determinare i mutamenti di rotta; quando possibile, perchè la morte, dell'individuo, branco o pianeta, chiude tutti i discorsi.
CitazioneMa tutto questo (mutazioni genetiche selezionate naturalmente -Darwin- e volontà umana, ivi compresa la componente -Machiavelli- "virtù") non é che determinismo ontologico oggettivo talmente complesso da essere conoscibile di fatto, da potere effettivamente essere conosciuto (gnoseologicamente-soggettivamente) solo come indeterminismo (debole: probabilistico statistico, e non caos assoluto).




Il caos. Essendo un concetto filosofico che presuppone un ordine a priori lo lascio ai metafisici e al mito di Pandora ;D In fisica è sempre riconducibile ad una qualche funzione matematica che, a posteriori, lo formalizza attraverso il calcolo statistico più o meno accurato secondo le conoscenze empiriche di cui si dispone.
CitazioneSe qualcosa é matematicamente calcolabile allora non é caotico, ma deterministico (per lo meno in senso debole, probabilistico statistico).




Chiudendo il discorso. Determinati al 100% sono solo nascita e morte. Quello che succede in mezzo gode di gradi di libertà a geometria variabile secondo lo sviluppo evolutivo.
CitazioneDi fatto conoscibili con certezza al 100% sono nascita e morte; quello che succede in mezzo non lo é; ma oggettivamente é comunque deterministico (se é possibile conoscere scientificamente la natura).

Ipazia

Citazione di: davintro il 03 Dicembre 2018, 17:49:54 PM

uscendo per un attimo dal tema della discussione (ma spero ci si potrà tornare a breve, magari in topic maggiormente "ad hoc"), direi che la distinzione tra etica e diritto può basarsi su un assunto che io trovo logico, cioè i valori etici non sono "fatti", realtà oggettivamente esistenti in natura, ma ideali indicanti un "dover essere", criteri di giudizi non descrittivi, ma prescrittivi. in quanto fondativi delle azioni (se così non fosse, se i valori etici fossero fatti oggettivi, che bisogno ci sarebbe di agire per realizzarli, dato che già sarebbero realizzati? Se il "dover essere" coincidesse con l' "essere" allora la realtà così come è dovrebbe appagare moralmente chiunque, mentre l'insoddisfazione tra la realtà così come è e la realtà come vorremmo che fosse testimonia lo scarto tra l'oggettività della prima, e la soggettività ideale della seconda).

tal quale il diritto. Chi ha mai detto che l'etica è oggettiva ? Non lo è neppure il diritto. Sono entrambi determinati dai principi etici condivisi di una determinata società. Ovviamente ci sono delle differenze, ma sono funzionali, non sostanziali. E se ne può pure parlare ...

Citazione di: davintro il 03 Dicembre 2018, 17:49:54 PM

E se il compito della politica è quello di garantire un massimo livello di benessere per il massimo numero di cittadini possibile, e il benessere coincide con una vita condotta con i propri valori personali e soggettivi, allora la conseguenza che trovo più logica è quella di non far coincidere il diritto, che deve ispirare delle leggi che riguardano la vita di tutti, con un sentimento etico soggettivo, che, se coincidesse con il diritto, dovrebbe per forza coincidere con il sentimento etico soggettivo dei governanti, o più in generale della classe politica che fa le leggi, che imporrebbero i LORO personali valori etici, le LORO condizioni esistenziali di benessere, al resto della popolazione, composta, almeno potenzialmente, di individui che perseguono diversi valori, e diversi modelli di realizzazioni della personalità, cioè di benessere (come nel caso delle teocrazie, che sono modelli di stato etico, né più né meno dei totalitarismi laici"). Ecco che la distinzione etica/diritto diventa la strategia più efficiente perché più persone possibili possano accedere a un livello di benessere, seguendo i loro valori personali, senza essere ostacolati da interventi esterni ispirati a valori diversi da loro e contrapposti. La neutralità assoluta dello stato può considerarsi come un'astrazione impossibile da seguire in forma pura, ma almeno si potrebbe mantenerlo come ideale regolativo, a cui cercare di ispirarsi nel modo più coerente possibile, entro i limiti dell'imperfezione umana e delle contingenze storiche empiriche entro le quali cerchiamo di applicare gli assunti teorici

Tutto questo discorso è alquanto incoerente e idealistico. La politica è governo della polis reale, non di quella ideale. La politica di una società classista non tutela certo le classi subalterne. E il diritto segue a ruota. Lo stato non è neutro per definizione. E' stato istituito e continua a funzionare a tutela della parte socialmente egemone. Lo so che la teoria liberale glissa su tutto ciò e postula un'uguaglianza teorica, sempre contraddetta dai fatti economici su cui si incardina pure il diritto nella società borghese liberale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

everlost

Ciao Sgiombo!
Comincio a sentirmi un po' meno persa, almeno in questo caso. 
Certo tu sei uno che va controcorrente senza paura, poco politicamente corretto ma diretto.
CitazioneMa secondo me é proprio il determinismo a rendere sensata qualsiasi valutazione etica (e anche qualsiasi condanna panale o encomio o premio al buon comportamento a qualsiasi titolo).

Secondo me si fa una gran confusione fra lo scegliere liberamente da costrizioni estrinseche (dato che sicuramente chi é costretto a fare qualcosa contro la sua propria volontà non può ovviamente esserne ritenuto responsabile: se mi minacciano di morte con un mitra spianato se non compio un furto, il ladro non sono certo io, ma invece chi mi ci costringe con le forza delle armi), e il libero arbitrio inteso come indeterminismo, ovvero assenza di determinazioni intrinsechenelle scelte).
E' proprio il determinismo intrinseco delle scelte (se c' é; essendo indimostrabile che esista quanto che non esista) a far sì che chi sceglie bene é eticamente buono e chi seceglie male é eticamente malvagio.
Infatti é la sua bontà a determinare intrinsecamente -e non per coercizione subita da altri- le sue scelte buone o la sua malvagità a determinare le sua scelte cattive. Che se invece non fosse il suo modo di essere (più o meno buono o malvagio) a determinarle, allora (inevitabilmente vorrebbe dire che) le scelte di ciascuno avverrebbero a casaccio, come se nella propria mente avvenisse il lancio di una moneta: nel caso uscisse "testa" si agirebbe bene, nel caso uscisse croce" male: e allora nessuno in nessun senso potrebbe essere considerato buono o malvagio, ma casomai fortunato o sfortunato.
Non credi però che il fatto di avere un'indole buona e generosa piuttosto che cattiva ed egoistica sia da considerare anche quello fortuna o sfortuna? 
Questo punto del tuo ragionamento non mi è chiaro. 
Se un'azione buona è determinata dalla bontà intrinseca, si è veramente liberi di scegliere il bene? Non lo si sceglie automaticamente, seguendo ciò che suggerisce d'istinto la natura? Una persona collerica e violenta che tende ad aggredire il prossimo e a sopraffarlo, lo fa per libera scelta?
Libera scelta mi sembrerebbe, eventualmente, fare l'opposto, ossia forzare la propria tendenza naturale in nome del bene o del male (credo più  probabile la prima alternativa, ma solo perché immagino che i buoni raramente opterebbero per il male). 
Ad esempio, aiutare un poveraccio senza casa quando non si è propensi all'altruismo mi sembra un buon esempio di libero arbitrio. 
Certo qualcuno osserverebbe che non lo è perché l'agire dipende anche dall'educazione, dalla società o dai principi religiosi, ma alla fin fine una scelta personale la si compie sempre. Nessuno obbliga a fare la carità e l'egoista, se vuole, tiene stretto il portafoglio e tira dritto anche se vive in un mondo di teneroni e sta arrivando il Natale.
Non arrivo a pensare come Socrate che la gente non farebbe mai il male se ne fosse consapevole, perché alcuni sanno benissimo cosa comporta eppure lo vogliono fare. 
E' parecchio complicato.

sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 03 Dicembre 2018, 19:26:30 PM

Ora, a parer mio le cause "diverse e possibili" (cioè la causalità scientifica, o "debole" per usare un termine qui usato)
non sono incompatibili con il libero arbitrio (che, beninteso, rimane indimostrabile). Viceversa incompatibile è la
causa "prima", o causa "ontologica", che essendo alla fin fine la medesima di Parmenide, recita che l'essere che è non
può essere diversamente da come è (cioè esclude categoricamente la stessa categoria della "possibilità", che è a
fondamento del libero arbitrio).
saluti

Secondo me la scienza (ma anche l' etica) presuppone la causalità deterministica (per lo meno in senso debole, ovvero probabilistico - statistico; ovvero un indeterminismo debole).
Una causalità deterministica comunque (anche nel caso fosse debole, probabilistica statistica) non meno inderogabile (da parte del libero arbitrio) di quella teistica (sviluppata dalla scolastica sulla base di una certa interpretazione e sviluppo dell' aristotelismo; secondo me non senza cadere in patente contraddizione, per l' appunto nel pretenderne la compatibilità con il libero arbitrio).
E a mio parere assolutamente inconciliabile (in contraddizione logica) anche con il (preteso) fissismo parmenideo, il quale nega il possibile come corollario della (pretesa) negazione assoluta, integrale del mutamento, anziché con il suo carattere relativo, parziale, limitato (dalla costanza, immutabilità delle sue caratteristiche generali astratte, propria del divenire quale inteso dalla scienza).

Ciao!

sgiombo

Citazione di: everlost il 03 Dicembre 2018, 19:29:51 PM

Anche se qualcuno ti ha già replicato con la sua solita competenza e sinteticità (ma quanto ti ammiro Ipazia!
CitazioneMI associo sinceramente.
Malgrado le enormi differenze di opinioni (di certe opinioni).




Citazionele pene non  dovrebbero infliggersi sulla base del riconoscimento di una "colpa",

altrimenti i  tribunali agirebbero come barbari, in base alla legge del taglione. E noi non siamo barbari.
Anche se, dicendo ciò, mi viene subito in mente l'immagine delle esecuzioni capitali in certi stati americani, con saletta annessa ad uso dei parenti; sai quando tirano la tenda e loro si gustano il macabro spettacolo? Anche questo attiene alla nostra grande 'civiltà' occidentale...
Non dovrebbe prevalere l'aspetto punitivo, invece temo che di fatto succeda. 

Citazione
Per me quello di "espiazione" é un concetto assolutamente morale, etico, non affatto moralistico!

(Malgrado le evidenti aberrazioni della giustizia USA).




Tant'è vero che nelle motivazioni delle sentenze, parlo soprattutto di quelle penali, non so se ne conosci qualcuna, le valutazioni sullo spessore morale del condannato non mancano quasi mai.
Citazione
E soprattutto non mancano quasi mai, purtroppo, le valutazioni soggettive, spessissimo penose, degli "psicologi forensi", che per me sono un aberrazione assolutamente contraddittoria rispetto alla conquista (fu) occidentale (illuministica) della necessità di considerare (per quanto umanamente possibile, com' é ovvio) nei processi penali unicamente i fatti oggettivi e non le soggettive valutazioni dell' imputato da parte di chichessia (men che meno da parte di qualsiasi parte in causa e rispettivi avvocati).




Poi nelle condanne è previsto un risarcimento in denaro alle parti civili: a volte si tratta anche di cifre cospicue che non potranno mai essere pagate, perciò mi chiedo che senso abbia, se non quello punitivo, anche solo simbolico, senza tralasciare una quota di vendetta quando si sente dire "ecco, finalmente la famiglia di....ha ottenuto giustizia". Come se la morte di una persona cara avesse un prezzo.
CitazionePer me tipica espressione della barbarie conseguente l' oggettivo avanzato stato di "putrefazione" dei vigenti assetti sociali capitalistici.




Come se sapere  il responsabile  in carcere appianasse i conti!
CitazionePer me non "appiana i conti" (spesso non affatto appianabili, purtroppo!), ma (contrariamente ai vergognosi risarcimenti; in sede cosiddetta "civile": SIC!) fa giustizia.




Ecco, ritengo che cambierebbero molto se tutti o i più fossero convinti che il libero arbitrio non esiste.
Ma siamo sempre nel campo delle opinioni personali.
Con stima
Citazione
La mia é decisamente contraria: se vige il libero arbitrio un delinquente, per il fatto di esserne (eventualmente) consapevole, perché mai dovrebbe essere meno determinato a delinquere?

E un giusto, per  il fatto di esserne (eventualmente) consapevole, perché mai dovrebbe essere meno determinato a esigere la giusta punizione del (espiazione da parte del) colpevole?

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