L'illusione del libero arbitrio

Aperto da bobmax, 18 Novembre 2018, 20:50:53 PM

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Ipazia

Citazione di: bobmax il 01 Dicembre 2018, 23:52:51 PM
La mancanza di una causa ha come unica alternativa il caso.

Sulla causalità siamo regrediti a prima di Aristotele che distingue opportunamente tra causa efficiente e causa finale. Nel mondo indeterministico delle relazioni umane la causa finale è il luogo ove si esercita il l.a. avendo sempre alle spalle una causa efficiente se non totalmente determinata, quantomeno determinabile.

Già esercitarsi sulla causa efficiente del comportamento umano lascia spazio ad opinabilità. Ma pretendere di trovare una determinazione ultima della causa finale è roba da teisti o scientisti. Che poi sono la stessa cosa.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Ecco pronta una nuova reprimenda...

Prima per aver affermato:
"Ogni confronto è impossibile con chi non ha fede nella Verità.
Difatti, mi rivolgo solo a chi la Verità desidera.
Con gli altri, è solo tempo perso.
"
mi ritrovo accusato di come il mio pensiero "sia una raffinata forma di alienazione, nonché una raffinata forma di esercizio del potere."

E adesso di nuovo.

In sostanza per aver semplicemente detto che senza credere nella Verità è impossibile comunicare...

E questa accusa viene mossa da chi dovrebbe essere un moderatore (Sic!) di un forum filosofico!

Poi vi è chi si lamenta della scarsa partecipazione, dell'involuzione della società...
Ci sarebbe da ridere se non fosse tragico.

Ok chiudo qui.
E chiedo cortesemente di essere cancellato come utente del forum.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

SamuelSilver

#122
Per Bobmax,
grazie del supporto, che apprezzo molto. Leggendo i tuoi ultimi commenti credo di aver inizialmente non compreso del tutto bene cosa intendevi quando hai detto che il caso è l'alternativa alla legge causa-effetto, ma ora dovrei essere più sul pezzo.

Per Jacopus,
in risposta alla tua prima frase:
"Mi rendo conto che ho probabilmente esagerato ad etichettare come intellettualmente poco onesto il tirare in ballo l'aspetto giudiziario nel discorso sul l.a., considerando il fatto che sarebbe proprio l'aspetto giudiziario il primo e più rilevante ambito in cui l'eventuale assenza di l.a. potrebbe provocare conseguenze. "

"volevo solo non si pensasse che stessi insinuando che chi usa l'argomento giudiziario sia volontariamente disonesto, per questo mi sono moderato"
cit.: me stesso

Jacopus: "il discorso sull'utilità come principio logico per spiegare l'assenza di indeterminatezza, a sua volta esposto come garanzia di scientificita' è di un bizantinismo geniale, oltre ad essere ovviamente falso."
Ho già detto a Kobayashi che il mio non è un discorso scientifico.

Il mio problema con l'indeterminismo è: se non c'è una causa, perchè un certo evento avviene? Com'è possibile che una particella faccia qualcosa se non c'è niente che la spinge a farlo? Per me è inconcepibile una situazione in cui una particella si muova da qui a lì senza che ci sia niente a spingerla, ed è inconcepibile perchè sono un umano con una visione limitata delle cose e qui ci si riallaccia al discorso sull'utilità.

Ma non mi aspetto una risposta e volendo chiudo qui anch'io.

sgiombo

Per parafrasare l' inizio del primo intervento in questa discussione di SamulSilver (quelli precedenti purtroppo non ho avuto il tempo di leggerli, dopo dieci giorni di sconnessione di cui devo essere "grato" ai gestori degli efficientissimi servizi telefonici privatizzati) concordo in generale con il suo intervento (ma non con Bobmax: sic!).
Un particolare su cui dissento é costituito dal fatto (su cui abbiamo condotto interessanti discussioni, che spero riprenderemo anche in futuro) che contrariamente a lui sono dualista circa i fenomeni: materiali e mentali (e in generale di coscienza) che per me non sono né eliminabili, né identificabili con i materiali, né ad essi riducibili, né da essi emergenti, né ad essi sopravvenienti, ma invece da essi indipendenti, separati, reciprocamente trascendenti e con essi divenienti "parallelamente su diversi piani ontologici" (entrambi fenomenici e non in sé), cioé in corrispondenza biunivoca.
Credo però (per fede, essendo indimostrabile che così stiano le cose, né che stiano al contrario di così: Hume!) che il divenire dei fenomeni materiali (oltre che intersoggettivo) sia (anche) deterministico, ovvero "ordinato secondo immutabili modalità generali astratte universali e costanti, ovvero che sia un mutamento relativo o parziale, una sorta d "sintesi dialettica" fra mutamento assoluto o integrale (caotico) - tesi- e una fissità assoluta o integrale (parmenidea) -antitesi.
Credenza che é una conditio sine qua non della (possibilità di) conoscenza scientifica del mondo fenomenico materiale stesso.
E questo è determinismo, ovvero negazione del libero arbitrio, circa i fenomeni materiali (per lo meno del l. a. come comunemente é inteso; perché Davintro ne espone un' accezione a mio parere in realtà integralmente deterministica nel suo primo intervento).
Ma se, come credo, il mondo fenomenico mentale (inclusi desideri, volontà, decisioni umane: fenomeni meramente soggettivi) diviene in corrispondenza biunivoca con quello materiale, allora, pur non essendo il suo determinismo direttamente, immediatamente apprezzabile ed eventualmente verificabile, se ne può comunque inferire il carattere ugualmente ordinato secondo modalità generali universali e costanti (corrispondenti a quello del divenire materiale). Fatto che, dal punto di vista dell' etica, ne fa qualcosa di perfettamente (pre- con- e post-) determinato, implicante l' assenza del libero arbitrio (inteso come divenire indeterministico).
La meccanica quantistica pone il problema del -vero o presunto- carattere oggettivamente, ontologicamente (e non solo soggettivamente, gnoseologicamente o epistemicamente) probabilistico del divenire di parte della realtà naturale materiale.
Personalmente condivido l' interpretazione oggettivamente-ontologicamente deterministica (non prevalente ma in anni recenti -a quanto mi risulta da profano- in evidente tendenza alla crescita dopo molti decenni di marginalizzazione e quasi demonizzazione per così dire, tanto per intenderci, "pseudostaliniana"): quella che fu sempre seguita da Plank, Einstein, Scroedinger, de Broglie (i cui contributi alla teoria non furono di certo inferiori a quelli degli "indeterministi ontologici-oggettivi" Bohr ed Heisenberg), poi sviluppata da Bohm (e per quel che mi pare di capire, seguita anche da Bell, che ho intenzione di leggere la prossima estate; finora ne ho solo sentito dire da altri. Seguita anche dall' italiano Selleri, col quale ho avuto la fortuna di intrattenere -anche a questo proposito- un interessantissimo e cordiale rapporto epistolare).
Ma anche ammettendo l' interpretazione tuttora prevalente (anche se non più "massicciamente conformistica"), credo che i termini della questione non cambino sostanzialmente, dal momento che il probabilismo ontologico può essere considerato ad libitum tanto una sorta di determinismo (negazione del libero arbitrio) debole, quanto una sorta di indeterminismo (affermazione del libero arbitrio) debole a seconda dei gusti; ovvero un' ulteriore sintesi dialettica fra indeterminismo (tesi) e determinismo (antitesi).
Infatti può essere considerato indeterministico circa i singoli eventi e successioni di eventi (casuali), deterministico circa le proporzioni fra le diverse alternative degli eventi e successioni di eventi (considerando numerosi tutti casi; al limite -teorico- tutti).
E dunque il problema, dal punto di vista etico, pur "articolandosi" rimarrebbe sostanzialmente lo stesso: le nostre azioni sarebbero iberoarbitrarie singolarmente ma deterministiche e non liberoarbitrarie complessivamente: se il merito o la colpa morale dipendesse (cosa che nego) dal libero arbitrio, allora complessivamente, non avrebbe senso considerarci (complessivamente) buoni piuttosto che malvagi, ma solo ciascuna nostra singola azione potrebbe essere considerata tale: non potrei essere considerato né buono né cattivo per il fatto che nella loro -più o meno stragrande- maggioranza le mie azioni sarebbero non liberoarbitrariamente ma deterministicamente generose e magnanime, ma solo in ciascun singolo caso si potrebbe dire che ho scelto virtuosamente oppure malvagiamente (ma una rondine non fa primavera).
Il fatto é però che secondo me in realtà il libero arbitrio (l' indeterminismo; nella misura -integrale o limitata: probabilismo- in cui fosse reale) si identificherebbe tout court con la casualità e conseguentemente (oltre che con la possibilità di conoscenza scientifica) non sarebbe compatibile (nemmeno) con la sensatezza di qualsiasi valutazione etica dell' agire intenzionale (non determinato da coercizione estrinseca, ovviamente; con la negazione della quale spesso si tende a confondere il determinismo intrinseco dell' agente); mentre invece la negazione del libero arbitrio (il determinismo; nella misura -integrale o limitata: probabilismo- in cui fosse reale) sarebbe compatibile e anzi necessario (oltre che per la possibilità di conoscenza scientifica, anche) per la sensatezza di qualsiasi valutazione etica dell' agire intenzionale (non determinato da coercizione estrinseca, ovviamente).

Infatti per me (contro Bobmax):

"libero arbitrio" = "indeterminismo" = "casualismo";
 
dunque le scelte vengono prese "a casaccio", e non dimostrano per nulla se chi le compie é eticamente buono (ma casomai semplicemente fortunato) o malvagio (ma casomai semplicemente sfortunato).
 
Mentre:
 
"determinismo" = "dipendere delle scelte da come determinatamente é l' agente";

dunque se chi le compie é buono le scelte sono eticamente buone e non meramente fortunate (e dimostrano la magnanimità del loro autore, non la sua fortuna), mentre se chi le compie é malvagio sono eticamente malvagie e non meramente sfortunate (e dimostrano la malvagità del loro autore, non la sua sfortuna).

Mi dispiace che Bobmaxneppure ha intenzione di discutere laddove non intravede le condizioni per un autentico confronto, ma a me sembra evidentissimo che fra determinismo e indeterminismo tertium non datur (il caso del probabilismo l' ho già chiarito: in parte é deterministico e non indeterministico, in altra, diversa parte deterministico e non indeterministico; in nessuna parte un po' l' uno un po' l' altro: una complementarità di due opposti senza aggiunta di un ulteriore, terzo caso); e che il libero arbitrio rientri a pieno titolo nell' indeterminismo, ovvero divenire caotico, ovvero casualismo del tutto fortuito).
 
Ma se (indimostrabilmente -Hume!- in ultima analisi letteralmente "per fede") la conoscenza scientifica é possibile e vera, allora é reale il determinismo (almeno complessivamente; se non anche nei singoli casi), e dunque il libero arbitrio é proprio una mera illusione e nient' altro (almeno complessivamente; essendo tutt' al più limitato ai meri singoli casi: rondini che non fanno primavere).
Si può invece in maniera logicamente corretta, non contraddittoriamente credere nel libero arbitrio (ergo: nell' indeterminismo) complessivo solo negando (la possibilità e verità) della conoscenza scientifica; oppure credere nella (la possibilità e verità della) conoscenza scientifica solo negando l' indeterminismo ovvero il ibero arbitrio (per lo meno complessivamente, nell' operare umano complessivo; al più relegandolo a minuti particolari complessivamente irrilevanti dello stesso).
Come SamuelSilver, al quale anche molto altro credo mi accomuni al di là delle fondamentali divergenze di convinzioni, sono costretto a chiedere venia per non essere riuscito ad "essere breve".

sgiombo

Citazione di: Kobayashi il 01 Dicembre 2018, 14:47:36 PM
SamuelSilver, quindi parti dall'idea che non abbiamo garanzie sul fatto che la razionalità conduca a conclusioni non illusorie, ma essendo la razionalità il nostro unico strumento decidi di spingere alle estreme conseguenze le argomentazioni sul principio di causa-effetto.
Che ti conducono alla conclusione secondo cui il libero arbitrio non esiste.
Bene. Ammesso che la cosa funzioni, ti chiedo: il tuo risultato lo consideri scientifico e quindi soggetto a possibili confutazioni o intendi spingerti come bobmax fino all'adesione di una filosofia pratica anche paradossale sul piano dell'esperienza ma necessaria dal punto di vista logico?
Perché la grande debolezza di ogni filosofia basata su un fondamentalismo della ragione è proprio il fatto che la razionalità non può avere in se' la garanzia di conoscere la struttura vera dell'essere.
Non occorre pensare a tutte le critiche della filosofia contemporanea. Ma tornare a Cartesio, il quale volendo costruire il proprio sistema su fondamenta solide e volendo trovare la garanzia assoluta estremizza lo scetticismo a tal punto da dover alla fine fare appello al buon Dio...
La ragione moderna è insomma costruita sulla fede metafisica.
Quando viene meno questa garanzia metafisica la razionalità è costretta a tornare a farsi limitata, strumentale etc. E costruire un modo di vivere sulle conseguenze paradossali di questa razionalità è un rischio che un uomo saggio probabilmente non si prenderebbe.

E' vero che la grande debolezza di ogni filosofia basata sulla ragione (ma non fondamentalisticamente per definizione; di "ragione") è proprio il fatto che la razionalità non può avere in se' la garanzia di conoscere la struttura vera dell'essere.

Ma tantomeno, o per lo meno altrettanto, può averla l' irrazionalismo.

E comunque c' é una bella differenza fra l' ammettere quel minimo di credenze indimostrabili tali che nessuna persona comunemente considerata sana di mente per lo meno si comporta come se non vi credesse (che si può chiamare "razionalismo limitato, non conseguente" o anche "ragionevolezza") e credere a "di tutto e di più", cioé cadere nell' irrazionalismo ("sfrenato").

Lo scetticismo (e in subordine il solipsismo) non é superabile razionalmente (ed esserne consapevoli significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarlo coltivando pie illusioni in proposito come fanno i positivisti e gli scientisti spregiatori della filosofia e della sua critica razionale).

Ma questo non fa di tutte le erbe un fascio, cioé non equipara affatto tutti i pretesi superamenti dello scetticismo (e del solipsismo) non conseguentemente razionalistici, ma tali in varia, diversissima misura gli uni rispetto agli altri).

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 01 Dicembre 2018, 22:14:00 PM
Citazione di: SamuelSilver il 01 Dicembre 2018, 13:45:36 PM

Quando sappiamo che a qualcosa non si può dare risposta, l'unico criterio che possiamo usare per decidere come sono fatte le cose è l'utilità (e ci tengo a sottolineare che questo vale sono per i casi in cui sappiamo che una risposta non ci potrà essere). In questo caso, credere che, in qualche modo totalmente inconcepibile per noi esseri umani non sia mai esistito qualcosa di indeterministico è più utile del credere che, in qualche modo totalmente inconcepibile per noi esseri umani sia invece esistito qualcosa di indeterministico. Questo perchè il primo caso ci autorizza utilizzare il principio di causa-effetto senza alcun limite, il che è essenziale se si vuole comprendere il mondo; mentre il secondo caso implica che questo principio ha dei limiti, il che solleverebbe il problema del dove porre questi limiti e del se siamo o meno autorizzati a spiegare le cose in termini di causa-effetto. Metterebbe quindi in dubbio tutta la nostra comprensione del mondo su cui si basa scienza e tecnologia, e tutto questo solo perchè abbiamo scelto un'assunzione piuttosto che un'altra.

Tuttavia io stesso non sono molto fiero di questo argomento, anche se è il migliore che mi è venuto in mente in questo ambito, ma se ne hai uno ancora migliore ti ascolto.
Fai bene a non esserne fiero perchè è un ragionamento circolare (petitio principi basato su utilità) pure con un paio di non sequitur al suo interno: 1) da utilità a principio di causa effetto 2) preferenza arbitraria del principio di causa-effetto.
Citazione
Non vedo dove starebbe la circolarità o il non sequitur:

Si preferisce (da parte di Samulesilver; e mia; e di molti altri)  arbitrariamente di ritenere vero il principio di causa-effetto (per parte mia limitatamente al mondo fenomenico materiale), per il buon motivo (diverso dall' arbitrarietà della preferenza: non é logicamente cogente, tautologicamente implicito nella premessa che lo si debba preferire proprio per questo) della sua utilità pratica (di certezza teorica ammessa e non concessa).




Non c'è nessun argomento logico o scientifico che possa negare l'indeterminismo dei comportamenti umani posti di fronte a opzioni diverse. Ci si può sofisticare a iosa ma sempre sofisma rimane. Ti assicuro che le palle quadrate delle neuroscienze ci provano in tutti modi, ma neppure loro hanno sfondato il muro dell'indeterminismo. Che la nostra comprensione del mondo su cui si basano scienza e tecnologia venga messa in crisi dall'indeterminismo è cosa buona e giusta perche tutto l'universo antropologico non è riducibile a scienza e tecnologia.
Citazione
Invece la neurologia (con le sua palle quadre) conferma sempre più efficacemente quanto già da ammettere a priori arbitrariamente se si vuole credere in maniera logicamente coerente all' indimostrabile verità delle conoscenze scientifiche  (e già più che sufficientemente evidentemente per i più sagaci filosofi fin dai tempi di Broca e Wernicke), e cioé che il comportamento umano é deterministico: conseguente secondo le leggi deterministiche della fisica (cui é perfettamente riducibile la biologia) ad eventi fisico-chimici cerebrali (il caso che l' indeterminismo quantistico sia ontologico-oggettivo l' ho considerato nell' interminabile precedente intervento #123; ammesso che sia pertinente gli eventi neurofisiologici cerebrali perfettamente riducibili ad eventi fisico-chimici).

L' indeterminismo (per lo meno "debole"; vedi sopra) non può essere "sfondato" nelle (ovvero: dalle) scienze (e sarebbe cosa pessima e ingiustissima) perché le destituirebbe di ogni fondamento; ma nemmeno può esserlo (ed é cosa ottima e giustissima perché dà un indispensabile, necessario fondamento, per quanto indimostrabile alla conoscenza scientifica stessa): é una questione eminentemente filosofica, non scientifica (anche se riguardante pure, fra l' altro, la filosofia della scienza: gnoseologica o, come va più di moda dire, epistemologia).

Ma devo dire che mi suona strana e inattesa da parte tua (stante il tuo monismo materialistico "granitico" o meglio "ferreo", quasi "staliniano": scusa la provocazione che vorrebbe essere e spero di fatto sia intesa come simpatica), l' affermazione che tutto l'universo antropologico non è riducibile a scienza e tecnologia, dal momento che l' unica possibile conoscenza attendibile della materia é scientifica e l' unica applicazione (non aleatoriamente) efficace di essa é tecnologica: se nell' universo antropologico qualcosa di reale é possibile oggetto di conoscenza (fondata; e non meramente fortuita) che non sia scientifica ed é possibile oggetto di pratica (costantemente e non contingentemente o fortuitamente) efficace che non sia tecnica, allora necessariamente tale "qualcosa" non é realmente costituito da materia (ma da "qualcos' altro"; cosa che io nego, professando un dualismo fenomenico non "interazionista" ma "parallelista": per me -per certi limitatissimi aspetti come per l' epifenomenismo- la mente cosciente non é nel mondo materiale, né in alcun modo vi interagisce; in particolare non interagisce con il comportamento del corpo umano che é invece regolato del tutto naturalisticamente dal cervello; ma casomai il mondo materiale é -come quello mentale nelle menti coscienti).



Ti offro un'ultima chance. La questione è opinabile per cui entrambe le opzioni pro/contro si possono sostenere senza che nessuno abbia argomenti logici o scientifici per prevalere sull'altro. Anche questo ragionamento ha una sua circolarità, ma tra liberi pensatori, ognuno porta acqua al suo mulino. Saluti.
Citazione
MI sembra evidente (e genialmente rilevato da Hume); ma chi nega l' indeterminismo (per lo meno un indeterminismo relativo, limitato, "debole", ovvero probabilistico-statistico) non può -per definizione; di "conoscenza scientifica"- coerentemente, non contraddittoriamente credere nella verità della conoscenza scientifica stessa (se lo fa, inevtabilmente cade in contraddizione; come giustamente insiste a far rilevare SamuleSilver, il suo discorso si svolge su un piano logico formale, non empirico).

Ma nemmeno qui scorgo alcuna circolarità.

Saluto cordialissimi.

sgiombo

#126
Citazione di: bobmax il 01 Dicembre 2018, 23:14:03 PM

L'indeterminismo non c'entra nulla con il libero arbitrio.
Sia che lo si intenda semplicemente con la non prevedibilità, sia che lo si associ (erroneamente) al caso, l'indeterminismo non ha nulla a che fare con la libera volontà.

E' davvero sorprendente come si possa invece affermare l'esistenza del libero arbitrio appellandosi al caso...
Siamo liberi perché decidiamo casualmente...
Il libero arbitrio sarebbe perciò manifestazione del Caos!
Cosa ci si inventa pur di non mollare gli ormeggi... (Affermazione  "A")



La mancanza di una causa ha come unica alternativa il caso.

Ciò che è libero, non ha una causa.
A prescindere se l'effetto è determinabile o indeterminabile è l'esistenza di una causa a rendere illusoria la libertà.

Di modo che libera è solo la casualità.

Numerose sono le fonti che affermano il libero arbitrio appellandosi al caso.(Affermazione  "B")


CitazioneDa Ipazia:

Quando mai ho confuso la libera volontà col caso o caos ?

Le ho lette e rilette ma non riesco a non trovare reciprocamente contraddittorie le affermazioni "A" e "B" di Bobmax (forse una delle due é ironica?)

Ma non vedo significato possibile per un concetto di "libero arbitrio" inteso come "negazione del determinismo" che quello di "indeterminismo", ovvero di "causalità", caoticità del divenire", "caos" (e dell' agire nel suo ambito).

(Per Ipazia: altra, ben diversa cosa é la libertà della volontà di esprimersi liberamente da coercizioni estrinseche subite a forza, obtorto collo;  libertà intrinseca della volontà comunque o deterministica, oppure casuale-caotica; o al più per certi aspetti causale, per certi altri aspetti complementari ai primi causale-caotica: tertium non datur).

sgiombo

#127
MI accorgo di un deprecabile (Per quanto evidentissimo in quanto tale) lapsus:


CitazioneIpazia:
Ti offro un'ultima chance. La questione è opinabile per cui entrambe le opzioni pro/contro si possono sostenere senza che nessuno abbia argomenti logici o scientifici per prevalere sull'altro. Anche questo ragionamento ha una sua circolarità, ma tra liberi pensatori, ognuno porta acqua al suo mulino.

MIa risposta corretta:
MI sembra evidente (e genialmente rilevato da Hume); ma chi afferma (e non: chi nega!) l' indeterminismo (per lo meno un indeterminismo relativo, limitato, "debole", ovvero probabilistico-statistico) non può -per definizione; di "conoscenza scientifica"- coerentemente, non contraddittoriamente credere nella verità della conoscenza scientifica stessa (se lo fa, inevtabilmente cade in contraddizione; come giustamente insiste a far rilevare SamuleSilver, il suo discorso si svolge su un piano logico formale, non empirico).



Colgo l' occasione per chiarire in che senso, in caso di indeterminismo (ovvero determinismo) "debole" (cioé di divenire probabilistico della natura) per quanto riguarda l' etica una rondine non fa primavera.
INdipendentemente dal problema del l. a., nessuno é perfetto e anche il più buono degli uomini prima o poi compie un' azione più o meno cattiva e il più cattivo un' azione più o meno buona.
E' comunque il rapporto complessivo fra le azioni più o meno buone e più  meno cattive che fa sensatamente di un uomo una persona generosa e magnanima o buona oppure una persona gretta e meschina o malvagia, mentre ciascuna singola sua azione é irrilevante in proposito.
Dunque anche in caso di divenire probabilistico della natura sarebbe l' aspetto deterministico complessivo del comportamento, e non quello indeterministico (liberoarbitrario, casuale, fortuito)  di una qualsiasi singola azione a contare per stabilite la positività o negatività morale di ciascuno.

Kobayashi

Citazione di: sgiombo il 02 Dicembre 2018, 11:29:40 AME' vero che la grande debolezza di ogni filosofia basata sulla ragione (ma non fondamentalisticamente per definizione; di "ragione") è proprio il fatto che la razionalità non può avere in se' la garanzia di conoscere la struttura vera dell'essere. Ma tantomeno, o per lo meno altrettanto, può averla l' irrazionalismo. E comunque c' é una bella differenza fra l' ammettere quel minimo di credenze indimostrabili tali che nessuna persona comunemente considerata sana di mente per lo meno si comporta come se non vi credesse (che si può chiamare "razionalismo limitato, non conseguente" o anche "ragionevolezza") e credere a "di tutto e di più", cioé cadere nell' irrazionalismo ("sfrenato"). Lo scetticismo (e in subordine il solipsismo) non é superabile razionalmente (ed esserne consapevoli significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarlo coltivando pie illusioni in proposito come fanno i positivisti e gli scientisti spregiatori della filosofia e della sua critica razionale). Ma questo non fa di tutte le erbe un fascio, cioé non equipara affatto tutti i pretesi superamenti dello scetticismo (e del solipsismo) non conseguentemente razionalistici, ma tali in varia, diversissima misura gli uni rispetto agli altri).

Il mio post voleva spostare la discussione su una domanda forse banale: prima di credere, come fa bobmax, ad una visione dell'Essere di un certo tipo e, come dire, totalizzante per la persona che ha deciso di accoglierla, non è il caso di chiedersi se ci si può fidare dello strumento che conduce a quella visione?
Bobmax ha una fede, ne' più ne' meno come un cristiano.
Se faccio la stessa domanda al cristiano, lui mi risponde che si fida di due cose: la Rivelazione e qualcosa che sente dentro di se' in linea con parte di quella Rivelazione.
Bobmax arriva alla sua visione dell'Essere solo attraverso la ragione, solo tramite le conclusioni di argomentazioni logiche.
Non mi sembra normale fingere che l'uso implicito di una ragione di tipo moderna (diciamo così) sia privo di difficoltà. Difficoltà, del resto, tematizzate dalla critica filosofica degli ultimi due-tre secoli.

L'osservazione di SamuelSilver su Cartesio non coglie l'insieme del suo progetto (di Cartesio): radicalizzare il dubbio per arrivare a qualcosa di assolutamente certo su cui costruire la sua visione del mondo. La verità di questa visione è così garantita dalla verità iniziale e poi dal metodo logico-matematico.
Se fin dall'inizio però c'è qualcosa che non torna, da cui si riesce ad uscire solo con il richiamo a Dio o con il richiamo al buon senso, è ovvio che ne risente anche tutto il resto.
O meglio, tutto il resto, cioè tutto il sistema filosofico-metafisico che verrà poi costruito, semplicemente non potrà vantare l'inattaccabilità del modello geometrico (vero e proprio mito dei moderni).

0xdeadbeef

Citazione di: sgiombo il 02 Dicembre 2018, 15:15:32 PM


MI sembra evidente (e genialmente rilevato da Hume); ma chi afferma (e non: chi nega!) l' indeterminismo (per lo meno un indeterminismo relativo, limitato, "debole", ovvero probabilistico-statistico) non può -per definizione; di "conoscenza scientifica"- coerentemente, non contraddittoriamente credere nella verità della conoscenza scientifica stessa (se lo fa, inevtabilmente cade in contraddizione; come giustamente insiste a far rilevare SamuleSilver, il suo discorso si svolge su un piano logico formale, non empirico).



Colgo l' occasione per chiarire in che senso, in caso di indeterminismo (ovvero determinismo) "debole" (cioé di divenire probabilistico della natura) per quanto riguarda l' etica una rondine non fa primavera.

Ciao Sgiombo
Non credi che occorra (e per far questo bisogna risalire ad Aristotele) fare distinzione fra cause "diverse e possibili"
(in queste trova la propria radice il determinismo scientifico) e causa "prima", o "incausata" (che è, dicevo
in questa stessa discussione - risposta #51 -, la radice del determinismo "forte" - e anche della negazione del
libero arbitrio)?
saluti

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 02 Dicembre 2018, 15:15:32 PM

MIa risposta corretta:
MI sembra evidente (e genialmente rilevato da Hume); ma chi afferma (e non: chi nega!) l' indeterminismo (per lo meno un indeterminismo relativo, limitato, "debole", ovvero probabilistico-statistico) non può -per definizione; di "conoscenza scientifica"- coerentemente, non contraddittoriamente credere nella verità della conoscenza scientifica stessa (se lo fa, inevtabilmente cade in contraddizione; come giustamente insiste a far rilevare SamuleSilver, il suo discorso si svolge su un piano logico formale, non empirico).

Non c'è contraddizione perchè l'insieme "volontà umana" pur essendovi in parte sovrapposto (per la parte deterministica) non coincide con l'insieme "determinismo forte" su cui la tecnoscienza ha la sua giurisdizione. L'area trascendente non è regolata dalla legge di causa-effetto ma da scelte di tipo probabilistico in cui nessuno ha la Verità dalla sua parte. La verità si manifesta solo a posteriori, e comunque sarà sempre parziale, perchè non sapremo mai come sarebbe andata se avessimo diretto la volontà verso altri percorsi. Possiamo però indagare i circoli di retroazione che ci mostrano analogie e ci permettono di formulare altre ipotesi.

Per esempio: la questione demografica. Qualcuno pensa che questo pianeta possa tollerare una prolificazione infinita, altri pensano che sia arrivato il momento di ridurre la pressione antropica sul pianeta. Questo è lo spazio del l.a. del soggetto collettivo homo sapiens e per sapere chi ha ragione bisogna sperimentarlo. Non c'è alcun caso o caos all'origine, e neppure una formula deterministica forte che ci dia, anticipatamente, il responso. Possiamo usare un principio di cautela, oppure puntare sull'incremento delle forze produttive per cavalcare la tesi opposta. Tutto molto razionale, ma praticamente indeterministico visto la sovrabbondanza di parametri in gioco e la nostra ignoranza su di essi. Quindi alla fine la scelta sarà etico/politica, ovvero indeterministica.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

everlost

Non avrei voluto intervenire, questa discussione ha preso una piega leggermente  fastidiosa, oltre al fatto che nei vostri dibattiti filosofici c'entro  con difficoltà e in punta di piedi.
Però, anche se in ritardo, qualcosa a Samuel Silver mi sento di dirla perché il termine 'disonesto' mi fa sempre vedere rosso. Chiedo perdono se non riesco a tacere.
Pensando: 
Citazione"non vedo come il fatto giuridico debba entrare nel discorso del libero arbitrio: dire che senza il libero arbitrio un sacco di crimini sarebbero autorizzati e quindi che il l.a. non esiste, è come dire "se le cose stessero così, il mondo diventerebbe un pessimo posto in cui vivere, quindi le cose necessariamente non stanno così". Questo argomento si basa sul fatto che se una cosa fosse vera la società diventerebbe invivibile, quindi quella cosa non può assolutamente essere vera, a dispetto di qualsiasi argomentazione logica del contrario. Per questo non terrei affatto in considerazione l'aspetto giudiziario in questo dibattito, in quanto intellettualmente poco onesto. "
avresti le tue buone ragioni se qualcuno avesse cercato una dimostrazione filosofica dell'esistenza del l.a. usando un simile sillogismo farlocco. Ma il punto è che nessuno l'ha fatto! Ci si è limitati a indicare un problema di ordine etico prima che giudiziario, derivante (secondo alcuni di noi) dalla mancanza di fede nel libero arbitrio.
Ed è proprio questione di fede o  non fede, a mio avviso, dato che nessuno finora è riuscito a dimostrare  se esista o no; o per meglio dire, se abbia un senso o meno crederci e discuterne.
Per Sgiombo non so, non l'ho ancora capito.  :-[
Per la gente comune come me, non credere più nel l.a. significa, in parole povere, non ritenere  più che gli individui facciano il male o il bene per scelta, ma che vi siano sempre o il più delle volte costretti da cause più forti della loro volontà ( ad esempio il brutale caso, o forse il caos, il destino, la Peppa Tencia, la peperonata della suocera, la pasticca, oppure una divinità, un demone, un angelo, secondo le proprie opinioni  e abitudini). 
Alla fine, dopo il carosello interpretativo cosa resta? Che intanto il diritto - civile e penale - dovrebbe essere completamente riformato perché non avrebbe senso punire con l'ergastolo un omicida costretto da cause endogene ed esogene. Ma poi non si potrebbe nemmeno dare premi e lodi ai benefattori, e qui dovrebbe cambiare un'altra bella fetta della società attuale e perfino le religioni più seguite in occidente. Questo caro Sgiombo  mi è chiarissimo.  :)
Non che mi dispiaccia, dopotutto...ma ritengo che sarebbe una rivoluzione tremenda se la maggior parte delle persone ragionasse così. 
Il mondo, il quale se ne infischia delle teorie e dei sillogismi filosofici, continuerà ad essere quello che è : un pessimo posto in cui vivere, con o senza libero arbitrio.
Con una piccola differenza, però: se delinquere per la maggioranza che legifera  non sarà più una colpa imputabile ai singoli, andrà al manicomio criminale o al carcere speciale solo chi è molto pericoloso mentre gli altri rei se la caveranno con poco, magari con gli arresti domiciliari o con un percorso riabilitativo in qualche ospizio per anziani. Sta già succedendo ad alcuni più uguali degli altri. Qualcuno ancora borbotta, qualcuno strilla, oggi: domani non si sa.
Il mondo diventerà peggiore? Forse no. Ma mi ribolle il sangue se penso che un barbaro assassino dopo pochi anni potrà camminare fra la gente a testa alta, autorizzato a giustificarsi con la scusa che se ha fatto a pezzi una ragazzina, è successo per via del testosterone, dell'onore maschile offeso, del diavolo tentatore.
Adamo del resto insegna: è stata Eva, lei gli ha detto di mangiare la mela. Ed Eva incolpa il subdolo serpente. Caino, poi...va be'.
Sarò retrograda, eppure sono affezionata al buon vecchio senso di colpa, al biasimo sociale ed anche alle vecchie  penitenze, purché proporzionate e decisamente non come quelle bibliche che solo un'immensa fede in Dio può rendere accettabili.
E mi piace immaginare un mondo in cui i buoni genuini ricevono almeno qualche gratificazione al posto di una pedata nel posteriore, come invece capita loro spesso.
Certo non pretendo che questa sia verità! Nemmanco la Verità!
Può darsi benissimo che il mondo sia tutt'altro, potrebbe essere un'illusione coperta dal velo di Maya, forse lo guardiamo dalla caverna platonica, forse siamo tutti ologrammi in un mondo ologrammatico oppure avatar di noi stessi in un mondo parallelo, ragion per cui è vano illudersi di scegliere liberamente qualsiasi cosa e di avere qualche scopo che non sia diretto da forze invisibili e ignote.
La fantasia sfrenata dei fisici non ci fa mancare nulla oggigiorno. 
Attenzione solo a non perdere la bussola (e lo dico prima di tutto a me stessa). E' vecchia ma pare che per certe funzioni basiche sia ancora valida.

davintro

Citazione di: everlost il 02 Dicembre 2018, 23:01:22 PMNon avrei voluto intervenire, questa discussione ha preso una piega leggermente fastidiosa, oltre al fatto che nei vostri dibattiti filosofici c'entro con difficoltà e in punta di piedi. Però, anche se in ritardo, qualcosa a Samuel Silver mi sento di dirla perché il termine 'disonesto' mi fa sempre vedere rosso. Chiedo perdono se non riesco a tacere. Pensando:
Citazione"non vedo come il fatto giuridico debba entrare nel discorso del libero arbitrio: dire che senza il libero arbitrio un sacco di crimini sarebbero autorizzati e quindi che il l.a. non esiste, è come dire "se le cose stessero così, il mondo diventerebbe un pessimo posto in cui vivere, quindi le cose necessariamente non stanno così". Questo argomento si basa sul fatto che se una cosa fosse vera la società diventerebbe invivibile, quindi quella cosa non può assolutamente essere vera, a dispetto di qualsiasi argomentazione logica del contrario. Per questo non terrei affatto in considerazione l'aspetto giudiziario in questo dibattito, in quanto intellettualmente poco onesto. "
avresti le tue buone ragioni se qualcuno avesse cercato una dimostrazione filosofica dell'esistenza del l.a. usando un simile sillogismo farlocco. Ma il punto è che nessuno l'ha fatto! Ci si è limitati a indicare un problema di ordine etico prima che giudiziario, derivante (secondo alcuni di noi) dalla mancanza di fede nel libero arbitrio. Ed è proprio questione di fede o non fede, a mio avviso, dato che nessuno finora è riuscito a dimostrare se esista o no; o per meglio dire, se abbia un senso o meno crederci e discuterne. Per Sgiombo non so, non l'ho ancora capito. :-[ Per la gente comune come me, non credere più nel l.a. significa, in parole povere, non ritenere più che gli individui facciano il male o il bene per scelta, ma che vi siano sempre o il più delle volte costretti da cause più forti della loro volontà ( ad esempio il brutale caso, o forse il caos, il destino, la Peppa Tencia, la peperonata della suocera, la pasticca, oppure una divinità, un demone, un angelo, secondo le proprie opinioni e abitudini). Alla fine, dopo il carosello interpretativo cosa resta? Che intanto il diritto - civile e penale - dovrebbe essere completamente riformato perché non avrebbe senso punire con l'ergastolo un omicida costretto da cause endogene ed esogene. Ma poi non si potrebbe nemmeno dare premi e lodi ai benefattori, e qui dovrebbe cambiare un'altra bella fetta della società attuale e perfino le religioni più seguite in occidente. Questo caro Sgiombo mi è chiarissimo. :) Non che mi dispiaccia, dopotutto...ma ritengo che sarebbe una rivoluzione tremenda se la maggior parte delle persone ragionasse così. Il mondo, il quale se ne infischia delle teorie e dei sillogismi filosofici, continuerà ad essere quello che è : un pessimo posto in cui vivere, con o senza libero arbitrio. Con una piccola differenza, però: se delinquere per la maggioranza che legifera non sarà più una colpa imputabile ai singoli, andrà al manicomio criminale o al carcere speciale solo chi è molto pericoloso mentre gli altri rei se la caveranno con poco, magari con gli arresti domiciliari o con un percorso riabilitativo in qualche ospizio per anziani. Sta già succedendo ad alcuni più uguali degli altri. Qualcuno ancora borbotta, qualcuno strilla, oggi: domani non si sa. Il mondo diventerà peggiore? Forse no. Ma mi ribolle il sangue se penso che un barbaro assassino dopo pochi anni potrà camminare fra la gente a testa alta, autorizzato a giustificarsi con la scusa che se ha fatto a pezzi una ragazzina, è successo per via del testosterone, dell'onore maschile offeso, del diavolo tentatore. Adamo del resto insegna: è stata Eva, lei gli ha detto di mangiare la mela. Ed Eva incolpa il subdolo serpente. Caino, poi...va be'. Sarò retrograda, eppure sono affezionata al buon vecchio senso di colpa, al biasimo sociale ed anche alle vecchie penitenze, purché proporzionate e decisamente non come quelle bibliche che solo un'immensa fede in Dio può rendere accettabili. E mi piace immaginare un mondo in cui i buoni genuini ricevono almeno qualche gratificazione al posto di una pedata nel posteriore, come invece capita loro spesso. Certo non pretendo che questa sia verità! Nemmanco la Verità! Può darsi benissimo che il mondo sia tutt'altro, potrebbe essere un'illusione coperta dal velo di Maya, forse lo guardiamo dalla caverna platonica, forse siamo tutti ologrammi in un mondo ologrammatico oppure avatar di noi stessi in un mondo parallelo, ragion per cui è vano illudersi di scegliere liberamente qualsiasi cosa e di avere qualche scopo che non sia diretto da forze invisibili e ignote. La fantasia sfrenata dei fisici non ci fa mancare nulla oggigiorno. Attenzione solo a non perdere la bussola (e lo dico prima di tutto a me stessa). E' vecchia ma pare che per certe funzioni basiche sia ancora valida.

Il punto è che nel nostro stato di diritto, e giustamente aggiungerei, le pene non  dovrebbero infliggersi sulla base del riconoscimento di una "colpa", che la pena dovrebbe pareggiare in nome del principio vendicativo dell' "occhio per occhio, dente per dente". L'obiettivo della giustizia dovrebbe essere quello di garantire nel modo più efficace possibile la preservazione della sicurezza dei cittadini, evitando però inutili violenze quando queste non sono strettamente necessarie al fine della tutela di tale sicurezza. Quindi per lo stato di diritto non ha alcun senso porsi il problema se la causa che ha spinto un assassino a compiere i suoi crimini riguardi o meno il suo libero arbitrio. Ormai il danno è fatto, l'unica cosa che si può fare è cercare di evitare nuovi crimini valutando la sua pericolosità sociale, quindi valutare se la causa che lo ha spinto avrebbe o no ancora la forza per spingerlo a commetterli di nuovo. In questo senso il tema giudiziario è slegato dalla riflessione sul libero arbitrio. Poi ovviamente se ci si allontana dal modello dello stato di diritto liberale e garantista e ci si vuole porre nel contesto dello "stato etico" dove la morale viene confusa con la legge, allora la pena non potrà più limitarsi a un effetto preventivo/pratico, ma dovrà sanzionare moralmente il reo, finendo con l'identificare la giustizia con la vendetta, e sarà allora necessario valutare l'effettivo spessore morale del condannato, la sua responsabilità, e quanto il suo libero arbitrio è stato davvero determinante per il compimento dei suoi reati, ma, ripeto, questo è tutt' altro contesto

SamuelSilver

Per Everlost,
scrivi: "avresti le tue buone ragioni se qualcuno avesse cercato una dimostrazione filosofica dell'esistenza del l.a. usando un simile sillogismo farlocco. Ma il punto è che nessuno l'ha fatto! Ci si è limitati a indicare un problema di ordine etico prima che giudiziario, derivante (secondo alcuni di noi) dalla mancanza di fede nel libero arbitrio."
Innanzitutto ho già chiarito in altri commenti la parte della disonestà, tuttavia hai perfettamente ragione. Se le cose stanno come dici tu, ho ovviamente sbagliato a dire quello che ho detto. Ciò che mi ha spinto a dirlo è stato il primo intervento di Jacopus a riguardo e altri interventi simili, in cui il tono è quello di una critica all'assenza di l.a. fatta attraverso l'elenco di tutto ciò che ne deriverebbe, senza dire altro. Ma probabilmente ho frainteso fin dall'inizio, l'importante è che siamo tutti d'accordo che il tema giudiziario non c'entra con il tema dell'esistenza del l.a. (e Davitro, qui sopra, ha spiegato anche meglio di me il perchè di questo). E' un peccato che le prime reazioni alla mia accusa al tema giudiziario non siano state da subito identiche alla tua, il che avrebbe provato che era effettivamente palese per tutti che nessuno stesse cercando di usare un "simile sillogismo farlocco" (ossia l'argomento giuridico per provare l'esistenza del l.a.).

Per Sgiombo:
Scrivi: "MI sembra evidente (e genialmente rilevato da Hume); ma chi afferma (e non: chi nega!) l' indeterminismo (per lo meno un indeterminismo relativo, limitato, "debole", ovvero probabilistico-statistico) non può -per definizione; di "conoscenza scientifica"- coerentemente, non contraddittoriamente credere nella verità della conoscenza scientifica stessa (se lo fa, inevtabilmente cade in contraddizione"
Hai perfettamente riassunto tutto il mio discorso, grazie di questo intervento.

sgiombo

Citazione di: Kobayashi il 02 Dicembre 2018, 17:35:29 PM

Se fin dall'inizio però c'è qualcosa che non torna, da cui si riesce ad uscire solo con il richiamo a Dio o con il richiamo al buon senso, è ovvio che ne risente anche tutto il resto.
O meglio, tutto il resto, cioè tutto il sistema filosofico-metafisico che verrà poi costruito, semplicemente non potrà vantare l'inattaccabilità del modello geometrico (vero e proprio mito dei moderni).

Concordo che lo scetticismo non é superabile razionalmente:

Razionalismo del tutto conseguente == scetticismo.

Ma trovo una grande differenza fra il credente che si fida (anche) delle scritture e il "razionalista non del tutto conseguente" o "ragionevole" che crede per fede solo quel minimo di tesi tale che chi é comunemente considerato sano di mente per lo meno non può di fatto  comportarsi come se vi non credesse.

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