L'evoluzionismo darwiniano è scientificamente attendibile?

Aperto da Socrate78, 03 Maggio 2018, 14:42:39 PM

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Carlo Pierini

#120
Citazione di: Ipazia il 16 Dicembre 2018, 19:06:30 PM
Il caso spiega assai bene l'affermazione delle mutazioni più adatte alla sopravvivenza nelle condizioni ambientali date.
CARLO
Il finalismo adattivo la spiega ancora meglio.

http://4.bp.blogspot.com/-S3Zd3FqNX3A/T0hDroeRRfI/AAAAAAAAAz0/xcrbGfMl6ig/s1600/Mime3.jpg

IPAZIA
...Che disegno "intelligente" può esserci dietro i fasti e nefasti della vita su questo pianeta ? O in un buco nero o nella collisione di galassie ?
.
CARLO
...E se i momenti di felicità su questo pianeta fossero solo delle caparre dell'"eterna beatitudine" che ci spetta/aspetta?



ROSALÍA - Que no salga la luna
https://youtu.be/cENIOFk160c

everlost

@Socrate78
Anch'io ho avuto gli stessi tuoi dubbi. Dato che al liceo avevo una professoressa di scienze cattolica praticante, fanatica e convinta antievoluzionista - e negli anni sessanta a scuola a malapena si studiava il DNA - a lungo ho ritenuto che il darwinismo fosse poco fondato.
Però sbagliavo, perché mi basavo solo sul pregiudizio. Leggendo direttamente ciò che ha scritto Darwin, invece delle sole critiche alla sua teoria, mi si è spalancato un mondo nuovo.

Nel darwinismo sembra che sia il puro capriccio del caso a produrre mutamenti nelle forme di vita.
Tuttavia il biologo e filosofo Jacques Monod (Nobel per la medicina nel 1965) osserva che il caso si trasforma in necessità, poiché le modifiche impresse nel DNA diventano ereditarie, quindi determinanti sulle future generazioni. Questa sintesi tra caso e necessità sembra essere una costante del mondo, che perciò non si può dire governato dalla pura casualità.

Inoltre il processo evolutivo è complicato e non si limita alle mutazioni spontanee, provocate da errori nella replicazione delle cellule o da irradiazione nociva che altera i cromosomi.
Ci sono mutazioni più lente, prodotte da cambiamenti dello stile di vita, indotte quindi spesso da scelte (più o meno libere  ;) ) dell'essere vivente che le compie.
Lamarck aveva intuito che se un animale è costretto a mangiare un certo cibo in quanto è l'unico disponibile nei dintorni (o il più abbondante, il più gustoso e comodo da raggiungere) col tempo svilupperà gli organi adatti a procurarselo e a digerirlo. Quindi avrà un becco più grande o più appuntito, arti più o meno lunghi e più o meno flessibili, polmoni adatti all'immersione prolungata, ecc.
Però si sbagliava sui tempi: ciò non può avvenire nell'arco di una o due generazioni, il processo è molto più lento.
Darwin al contrario l'ha capito. E tornando alla necessità, ha notato che gli esemplari dotati di quei particolari organi modificati si riproducono con più facilità, la loro prole è più numerosa e più forte; così dopo un certo tempo restano solo gli adatti mentre gli altri lentamente si estinguono. Non perché non potrebbero continuare a vivere, anzi ancora potrebbero, se fossero gli unici...ma la concorrenza nella stessa zona di altri esemplari più adatti li costringe all'estinzione.
Dura lex, sed lex, sebbene il legislatore sia la natura e non l'uomo.
Un po' quello che probabilmente sarà successo ai Neanderthaliani e ai Denisovani incrociandosi fra loro e con i Sapientes. Alla fine sono prevalsi i geni più adatti. Anche se molti di noi conservano una piccola percentuale di Neanderthal e Denisova nel DNA, possiamo ritenere che quelle due specie in purezza si siano estinte.

Tu Socrate in un certo senso hai ragione quando dici che certi comportamenti o funzioni sembrano proprio progettati: solo che il progettista è la natura, guidata e diretta da un mix di casualità e necessità.
Sarebbe difficile immaginare un Creatore puntiglioso che si occupi istante per istante delle singolarità terrestri e di quelle che avvengono su milioni di altri pianeti; e che quaggiù faccia crescere le corna al cervo apposta perché possa ferire a morte  i maschi rivali, e stabilisca che le femmine ragno divorino il partner subito dopo l'accoppiamento per deporre più uova...Senza contare il veleno fulminante di alcuni serpenti o la micidiale mascella a scatto automatico dello squalo...Non ti pare? Il mondo oltre ad essere meraviglioso e idilliaco, presenta molti aspetti sanguinari e crudeli.
Credi che un Dio trascendente vorrebbe determinare tutti questi singoli episodi? Io francamente no.
Se siamo religiosi e vogliamo trovare l'impronta soprannaturale di un Creatore dalla potenza straordinaria, ci possiamo ben accontentare del DNA e prima ancora del Big Bang stesso.
Darwin ed altri pensatori erano di questo parere (non sul Big Bang che non era ancora stato scoperto, ovviamente), perché secondo loro un Creatore onnipotente non sarebbe intervenuto di continuo, avrebbe progettato tutto l'insieme dei mondi una sola volta e 'in fieri', comprensivo di infiniti sviluppi futuri. Ma all'epoca si sapeva ancora poco sull'origine dell'universo. Con le conoscenze odierne, possiamo dargli ragione anche su questo.

everlost

Scusa Carlo,
leggo solo ora la tua risposta, ne terrò conto nel prossimo post.

Socrate78

#123
@Everlost: Secondo me non è impossibile pensare ad un Dio che abbia dato agli esseri che popolano questo pianeta la possibilità di difendersi, ben sapendo che questo mondo non è totalmente perfetto ed è soggetto al male in varie forme. Inoltre nella mia concezione se esiste un Dio non è affatto detto che sia anche misericordioso, potrebbe (in fondo è un'ipotesi...) anche essere freddo e indifferente, persino malvagio, qualcosa di simile alla Volontà di Schopenhauer, una forza che si diverte a mettere gli individui gli uni contro gli altri in una lotta spietata. Schopenahuer appunto credeva in una sorta di principio che andava oltre la natura stessa e che però si affermava senza tener conto delle esigenze del singolo individuo, che era destinato prima o poi a soccombere dopo aver lottato in fondo vanamente per l'esistenza. In questa prospettiva allora sì, anche il veleno dei ragni, quello dei funghi e le tossine dei virus, rientrerebbero nella stessa logica spietata. O no? Dire invece che il progettista è la "natura" non regge molto, poiché la natura non è qualcosa di dotato di coscienza, è semplicemente l'insieme degli esseri esistenti.

Carlo Pierini

Citazione di: Socrate78 il 16 Dicembre 2018, 22:55:43 PM
...Nella mia concezione se esiste un Dio non è affatto detto che sia anche misericordioso, potrebbe (in fondo è un'ipotesi...) anche essere freddo e indifferente, persino malvagio,
CARLO
Non è esattamente questo ciò che sperimenta chi ha il privilegio di vivere esperienze mistico-spirituali.
Così come le idee scientifiche, anche le idee di Dio devono fondarsi sull'esperienza. Altrimenti produciamo soltanto elucubrazioni oziose e prive di sostanza.

simo

#125
Noi siamo superiori agli animali, non siamo la stessa cosa. L'evoluzionismo è utile solo a farci pensare di essere animali e quindi a giustificare i nostri comportamenti animaleschi.

L'evoluzione è un concetto troppo materiale per spiegare l'esistenza dell'uomo in quanto la materia (e il tempo è incluso) è solo la nostra percezione della realtà.
Infatti siamo noi stessi che creiamo l'apparenza con cui ci si manifestano le cose e quindi pensare di avere le nostre origini all'interno di questa apparenza (cercando di contestualizzarle storicamente) è sicuramente sbagliato.
Darwin propone una teoria che, pur non essendo applicabile all'uomo, può essere giusta o sbagliata (anche se non ci sono evidenze ma solo preconcetti a sorreggerla) ma sempre solo all'interno del suo contesto (l'illusione) e il che la rende, in ultima analisi, sbagliata.
La vita non può essere spiegata se è concepita triangolarmente come rapporti causa effetto a meno che non siamo noi a dare una base al triangolo (cito), ed è quello che fa Darwin.

Noi abbiamo una coscienza, che non è vincolata al nostro cervello fisico (e nemmeno ai nostri pensieri) anche se ci sforziamo per crederlo, questo però non significa che abbiamo più diritti rispetto agli animali ma che abbiamo delle responsabilità maggiori nei loro confronti.

p.s. Dio non è causa di male o di bene, Egli è il loro fine. C'è da fare distinzione tra Dio, Natura e Illusione.

Ipazia

Citazione di: Socrate78 il 16 Dicembre 2018, 22:55:43 PM
Dire invece che il progettista è la "natura" non regge molto, poiché la natura non è qualcosa di dotato di coscienza, è semplicemente l'insieme degli esseri esistenti.

Si tratta di una metafora. Utile a circoscrivere il possibile alle leggi naturali. Tutta la genetica basata sul dna ne è la fin qui inconfutata dimostrazione. Essa stessa stabilisce che NOI SIAMO ANIMALI. Evoluti e coscienti come lo sono molte altre speci animali. Noi un po' di più perchè abbiamo sviluppato la nostra autocoscienza e le facoltà intellettive superiori grazie a particolari conformazioni anatomiche come la postura eretta, la morfologia degli arti superiori, e specifici organi di fonazione. Tali conformazioni hanno permesso uno sviluppo delle abilità tecniche (che ogni animale possiede quando realizza la sua tana) comunicative (idem: la vita di branco) molto oltre il livello degli animali superiori sviluppando parimenti la CPU cerebrale fino ai livelli evolutivi attuali.

Purtroppo questa evoluzione cerebrale ha debordato fino all'invenzione di un mondo dietro il mondo popolato di numi. Il che conferma il sacro dogma: impossibile avere la botte piena e il marito ubriaco.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

#127
Ipazia@. Non sono del tutto d'accordo con il tuo ultimo intervento. L'homo sapiens non fa più parte del mondo animale da quando ha lasciato dei dipinti sulle pareti delle grotte di Lascaux. Lo sviluppo culturale dell'uomo è stato così intenso in qualità e quantità da non poter più essere considerato facente parte della natura. Tuttavia rispondiamo ancora parzialmente alle leggi di natura. Abbiamo quindi una doppia identità.
Anche le religioni, a mio avviso, fanno parte di questo gigantesco processo culturale e per molti secoli, accanto ai fattori indubbiamente negativi, hanno aiutato gli esseri umani a proiettarsi verso una idea di condizione umana "moderna", se con moderna intendiamo universale, pacificata, solidale (lo so, tante obiezioni potrebbero essere mosse a questa interpretazione quante almeno le contro-obiezioni).
Il passaggio che si fa con fatica è quello di secolarizzare quel messaggio negli stessi termini di pace, solidarietà, responsabilità, condivisione.
Per certi aspetti anche le teorie marxiste seguono lo stesso filo rosso e prima di esse la riflessione sul logos.
Tutto ciò non contraddice la teoria darwiniana, anzi la conferma. Siamo l'esempio di adattabilità meglio riuscito e comunque procediamo dallo stesso insieme di regole genetiche ed evolutive che si sono sviluppate con il primo batterio anaerobico, 4 miliardi di anni fa.
Pensarci diversi dal resto della natura è pertanto la conseguenza non di un comando divino ma della nostra stessa storia bio-culturale.
Questo ci rende doppiamente responsabili, perché consapevoli che non vi sarà nessuna intercessione provvidenziale alle nostre scelte, in grado di distruggere il mondo o di conservarlo.
Tutto questo discorso lascia comunque irrisolto l'interrogativo originario. Cosa ha reso possibile la trasformazione dall'inorganico all'organico? Qual'e lo scopo "naturale" di quella trasformazione? La scienza non ha risposte a queste domande.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

simo

La genetica tiene conto solo del 2% (a dir tanto) del DNA e il resto lo etichetta come "DNA spazzatura". A me questo sembra un modo comodo per lavarsene le mani...

Jacopus

Il dna spazzatura si chiama più correttamente "Genoma non codificante" e corrisponde al 98,5 Per cento del Genoma. Che la scienza se ne lava le mani è falso. Che non vi siano risposte univoche è vero ma questo è il bello della scienza. Non si fa scienza con la tradizione o con i miracoli ma con prove da dimostrare o da confutare.
Ad ogni modo il restante Genoma codificante spiega alla perfezione i meccanismi di replicazione cellulare in tutti gli organismi viventi, flora compresa. Direi un ottimo risultato.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

sgiombo

#130
Citazione di: Jacopus il 17 Dicembre 2018, 11:46:34 AM
Ipazia@. Non sono del tutto d'accordo con il tuo ultimo intervento. L'homo sapiens non fa più parte del mondo animale da quando ha lasciato dei dipinti sulle pareti delle grotte di Lascaux. Lo sviluppo culturale dell'uomo è stato così intenso in qualità e quantità da non poter più essere considerato facente parte della natura. Tuttavia rispondiamo ancora parzialmente alle leggi di natura. Abbiamo quindi una doppia identità.
Citazione
Dissento profondamente.

La cultura non nega affatto le natura, e nemmeno ne prescinde (non può farlo) in alcun senso, in alcun modo.
Ne é piuttosto un sviluppo peculiare ma non contraddittorio, né trascendente rispetto al resto di essa (della natura).
L' homo sapiens fa parte al 100% del mondo animale (e se continuerà a illudersi di poterlo ignorare farà presto una naturalissima gran brutta fine).

"(...) l'animale si limita a
usufruire della natura esterna, e apporta ad essa modificazioni solo con la sua presenza; l'uomo la rende utilizzabile per i suoi scopi modificandola: la domina. Questa è l'ultima, essenziale differenza tra l'uomo e gli altri animali, ed è ancora una volta il lavoro che opera questa differenza.
Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, imprevisti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze. Le popolazioni che sradicavano i boschi in Mesopotamia, in Grecia, nell'Asia Minore e in altre regioni per procurarsi terreno coltivabile, non pensavano che così facendo creavano le condizioni per l'attuale desolazione di quelle regioni, in quanto sottraevano ad esse, estirpando i boschi, i centri di raccolta e i depositi dell'umidità. Gli italiani della regione alpina, nel consumare sul versante sud gli abeti così gelosamente protetti al versante nord, non presentivano affatto che, così facendo, scavavano la fossa all'industria pastorizia sul loro territorio; e ancor meno immaginavano di sottrarre, in questo modo, alle loro sorgenti alpine per la maggior parte dell'anno quell'acqua che tanto più impetuosamente quindi si sarebbe precipitata in torrenti al piano durante l'epoca delle piogge. Coloro che diffusero in Europa la coltivazione della patata, non sapevano di diffondere la scrofola assieme al tubero farinoso. Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato.
E, in effetti, comprendiamo ogni giorno più esattamente le sue leggi e conosciamo ogni giorno di più quali sono gli effetti immediati e quelli remoti del nostro intervento nel corso abituale della natura. In particolare, dopo i poderosi progressi compiuti dalla scienza in questo secolo, siamo sempre più in condizione di conoscere, e quindi di imparare a dominare anche gli effetti naturali più remoti, perlomeno per quello che riguarda le nostre abituali attività produttive. Ma quanto più ciò accade, tanto più gli uomini non solo sentiranno, ma anche sapranno, di formare un'unità con la natura, e tanto più insostenibile si farà il concetto, assurdo e innaturale, di una contrapposizione tra spirito e materia, tra uomo e natura, tra anima e corpo, che è penetrato in Europa dopo il crollo del mondo dell'antichità classica e che ha raggiunto il suo massimo sviluppo nel cristianesimo.
Ma se è stato necessario il lavoro di millenni sol perché noi imparassimo a calcolare, in una certa misura, gli effetti naturali più remoti della nostra attività rivolta alla produzione, la cosa si presentava come ancor più difficile per quanto riguarda i più remoti effetti sociali di tale attività. Abbiamo citato il caso delle patate e della scrofola, diffusasi col loro diffondersi. Ma cos'è la scrofola di fronte agli effetti che provocò sulle condizioni di vita delle masse popolari di interi paesi il fatto che i lavoratori fossero ridotti a cibarsi di sole patate? di fronte alla carestia che colpì l'lrlanda nel 1847 in conseguenza della malattia che distrusse le patate, e fece finire sotto terra un milione di irlandesi che si nutrivano di patate e quasi esclusivamente di patate, altri due milioni al di là del mare? Quando gli arabi impararono a distillare l'alcool non si sognavano neppure di aver creato la principale tra le armi destinate a cancellare dalla faccia della terra gli aborigeni della ancor non scoperta America. E quando Colombo scoprì questa America non sapeva che, così facendo, risvegliava a nuova vita la schiavitù già da lungo tempo superata in Europa e gettava le basi per il commercio dei negri. Gli uomini, che con il loro lavoro produssero la macchina a vapore, tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo, non avevano affatto il presentimento di costruire lo strumento che più d'ogni altro era destinato a rivoluzionare la situazione sociale di tutto il mondo, a procurare in particolare alla borghesia, in un primo tempo, il predominio sociale e politico, attraverso la concentrazione della ricchezza nelle mani della minoranza e la totale espropriazione della stragrande maggioranza, per generare poi tra borghesia e proletariato una lotta di classe, che può aver fine solo con l'abbattimento della borghesia e l'abolizione di tutti i contrasti di classe. Ma anche in questo campo noi riusciamo solo gradualmente ad acquistare una chiara visione degli effetti sociali mediati, remoti, della nostra attività produttiva, attraverso una lunga e spesso dura esperienza, e attraverso la raccolta e il vaglio del materiale storico; e così ci è data la possibilità di dominare e regolare anche questi effetti.
Ma per realizzare questa regolamentazione, occorre di più che non la sola conoscenza. Occorre un completo capovolgimento del modo di produzione da noi seguito fino ad oggi, e con esso di tutto il nostro attuale ordinamento sociale nel suo complesso".

(Friederich Engels, Sulla parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia, giugno 1876)





Jacopus

#131
Sgiombo@. Credo che tu abbia frainteso il senso di quello che volevo dire. Proprio evitando ogni derivazione trascendentale possiamo ritenerci responsabili completamente del nostro dominio sulla natura. È solo superando la nostra animalita' che possiamo farlo. Lo sviluppo della civiltà ha reso il mondo umano di un livello di complessità che non può essere affrontato né con la religiosità, né con il mito del buon selvaggio, né tanto meno con il socialismo reale, che non ha certo brillato nella materia "ecologia".
Non penso neppure di voler riproporre il geist alla natur, almeno non nella sua versione ottocentesca. Sono un essere vivente appartenente alla classe, mammalia, ordine, primati, specie, homo sapiens.
Ma rivendicare un ruolo diverso dell'uomo nell'ordine della natura non vuole avere un senso di di dominio ma la constatazione che migliaia di anni di cultura hanno inevitabilmente modificato il nostro essere, anche come specie animale. La cultura è ovviamente uno sviluppo della natura ma a sua volta interagisce con essa, la modifica e modifica anche il nostro ruolo. Volevo sottolineare proprio la grande responsabilità dell'uomo contemporaneo privo di ogni paracadute religioso (compresa quella religione atipica chiamata marxismo), e che si trova in una sorta di limbo, non animale, non divinità, ma come Ulisse dotato di logos.
Appiattirci sulle nostre istanze biologiche è stato un salutare bagno di umiltà, dedicato a tutti coloro che si sentivano eletti. Ora dovremmo anche fare un passettino in avanti e considerare la trascendenza della condizione umana anche nella esistenza materiale e questo può avvenire proprio interrogandoci sulla differenza fra noi e il resto del creato, senza nessuna sicumera o ipocrisia (che vedo in ogni dove, anche prima di tutto nelle mie azioni).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Carlo Pierini

#132
Citazione di: simo il 17 Dicembre 2018, 08:46:06 AM
Noi abbiamo una coscienza, che non è vincolata al nostro cervello fisico (e nemmeno ai nostri pensieri) anche se ci sforziamo per crederlo
......

CARLO
Non esageriamo! Il nostro cervello ci condiziona pesantemente con tutti gli istinti biologici di cui è portatore (fame, sete, conservazione, paura, sessualità, aggressività, ecc.). Diciamo piuttosto che noi non siamo solo il nostro cervello, ma che il nostro comportamento è il risultato di una dialettica tra le esigenze della fisicità (corpo) e quelle della spiritualità (mente).
Come scrive Jung:

"Il principio spirituale (qualunque cosa esso sia) si impone con forza inaudita contro il principio puramente naturale. Si può dire, anzi, che anch'esso è "naturale" e che entrambi i principi scaturiscono da una medesima natura. [...] Questa "cosa naturale" consiste in una opposizione tra due principi ai quali si può dare questo o quel nome, e che questo contrasto è l'espressione e forse anche il fondamento di quella tensione che definiamo come energia psichica . [...] Senza tensione è impossibile che esista un'energia, come disse anche Eraclito: «Il conflitto è il padre di tutte le cose»".  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.62]

"Il conflitto tra ethos e sessualità, oggi non è una pura e semplice collisione tra pulsionalità e morale, ma una lotta per il diritto all'esistenza di una pulsione o per il riconoscimento di una forza che in questa pulsione si manifesta, forza che, a quanto pare, non ha voglia di scherzare e di conseguenza non vuole neppure rassegnarsi alle nostre leggi morali da benpensanti. [...]
Potremmo definire la sessualità il portavoce delle pulsioni, ed è per questo che il punto di vista spirituale scorge in essa il suo avversario principale. Ma non perché la dissolutezza sessuale sia in sé e per sé più immorale dell'avidità, della tirannia o della prodigalità, ma perché lo spirito fiuta nella sessualità un suo pari, anzi, un che di affine. [...] Che cosa sarebbe mai dopotutto lo spirito, se non gli si opponessero pulsioni a lui pari?". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.66/67]

sgiombo

Citazione di: Jacopus il 17 Dicembre 2018, 16:47:39 PM
Sgiombo@. Credo che tu abbia frainteso il senso di quello che volevo dire. Proprio evitando ogni derivazione trascendentale possiamo ritenerci responsabili completamente del nostro dominio sulla natura. È solo superando la nostra animalita' che possiamo farlo. Lo sviluppo della civiltà ha reso il mondo umano di un livello di complessità che non può essere affrontato né con la religiosità, né con il mito del buon selvaggio, né tanto meno con il socialismo reale, che non ha certo brillato nella materia "ecologia".
Non penso neppure di voler riproporre il geist alla natur, almeno non nella sua versione ottocentesca. Sono un essere vivente appartenente alla classe, mammalia, ordine, primati, specie, homo sapiens.
Ma rivendicare un ruolo diverso dell'uomo nell'ordine della natura non vuole avere un senso di di dominio ma la constatazione che migliaia di anni di cultura hanno inevitabilmente modificato il nostro essere, anche come specie animale. La cultura è ovviamente uno sviluppo della natura ma a sua volta interagisce con essa, la modifica e modifica anche il nostro ruolo. Volevo sottolineare proprio la grande responsabilità dell'uomo contemporaneo privo di ogni paracadute religioso (compresa quella religione atipica chiamata marxismo), e che si trova in una sorta di limbo, non animale, non divinità, ma come Ulisse dotato di logos.
Appiattirci sulle nostre istanze biologiche è stato un salutare bagno di umiltà, dedicato a tutti coloro che si sentivano eletti. Ora dovremmo anche fare un passettino in avanti e considerare la trascendenza della condizione umana anche nella esistenza materiale e questo può avvenire proprio interrogandoci sulla differenza fra noi e il resto del creato, senza nessuna sicumera o ipocrisia (che vedo in ogni dove, anche prima di tutto nelle mie azioni).

Salvo la valutazione del marxismo come religione, per quanto "atipica" e del marxismo e quella del socialismo reale (che fra l' altro non tiene conto dei reciproci condizionamenti fra esso e il capitalismo reale; ma non ho intenzione di addentrarmi in una discussione su questo argomento), e inoltre qualche residua ambiguità anche delle tue attuali parole (l' uomo che si troverebbe "in una sorta di limbo, non animale, non divinità"), con queste spiegazioni sostanzialmente concordo: l' uomo fa ancora parte a pieno titolo del regno animale; per quanto intenso sia stato in qualità e quantità il suo sviluppo culturale, non può non essere considerato ancora facente parte a pieno titolo della natura; rispondiamo ancora integralmente, indefettibilmente, "al 100%" alle leggi di natura.

Il che non significa ovviamente che l' uomo non possa e non debba fare (ma nemmeno che necessariamente faccia, purtroppo!) buon uso della sua peculiare caratteristica della razionalità.

everlost

Citazione di: Socrate78 il 16 Dicembre 2018, 22:55:43 PM
@Everlost: Secondo me non è impossibile pensare ad un Dio che abbia dato agli esseri che popolano questo pianeta la possibilità di difendersi, ben sapendo che questo mondo non è totalmente perfetto ed è soggetto al male in varie forme. Inoltre nella mia concezione se esiste un Dio non è affatto detto che sia anche misericordioso, potrebbe (in fondo è un'ipotesi...) anche essere freddo e indifferente, persino malvagio, qualcosa di simile alla Volontà di Schopenhauer, una forza che si diverte a mettere gli individui gli uni contro gli altri in una lotta spietata. Schopenahuer appunto credeva in una sorta di principio che andava oltre la natura stessa e che però si affermava senza tener conto delle esigenze del singolo individuo, che era destinato prima o poi a soccombere dopo aver lottato in fondo vanamente per l'esistenza. In questa prospettiva allora sì, anche il veleno dei ragni, quello dei funghi e le tossine dei virus, rientrerebbero nella stessa logica spietata. O no? Dire invece che il progettista è la "natura" non regge molto, poiché la natura non è qualcosa di dotato di coscienza, è semplicemente l'insieme degli esseri esistenti.
Non è detto che Dio non sia malvagio, in teoria, ma sarebbe un controsenso, almeno per le grandi religioni conosciute. Non vedo perché dovremmo pregare e adorare un Creatore che ci considera alla stregua di galletti da competizione.
Perché allora non credere che il mondo sia la sede del purgatorio e dell'inferno? Un luogo di espiazione per colpe commesse in vite precedenti e amministrato da demoni...mi sembra molto più plausibile.
Sulla natura che dirige il mondo, come ha ben capito Ipazia, era solo una metafora per riferirmi alle sue leggi.  Però, dato che mi ci fai pensare, essendo la natura l'insieme di tutti gli esseri viventi, non si può escludere l'esistenza di una coscienza collettiva.
Neanche scarterei l'ipotesi Gaia di Lovelock a questo punto.
Voglio dire, se decidiamo di imbarcarci per la metafisica, ogni tappa intermedia diventa considerabile.

@ Carlo Pierini
Cosa sarebbe il finalismo adattativo? Una specie di vitalismo?
Il finalismo non si concilia con le estinzioni di moltissime specie, fra cui potrà rientrare anche quella umana se continueremo a maltrattare l'ecosistema al ritmo attuale.
Gli esseri viventi lottano disperatamente per sopravvivere e procreare (tranne certi umani che nella riproduzione si limitano) ma sembra che questo all'Intelligent Designer non importi granché, visto che TUTTI devono morire senza alcuna pietà.
Quindi fammi capire: il Progettista avrebbe ideato un mondo in cui il fine dei viventi è campare bene e il più a lungo possibile, mentre invece lo scopo generale del mondo è una sostituzione rapida di tutte le forme di vita? Perché purtroppo l'osservazione della realtà unito a considerazioni finalistiche porta a una conclusione contraddittoria.
Non esiste un progresso lento e continuo verso il miglioramento genetico (questo termine non ha senso) e l'adattamento di ogni forma di vita è sempre provvisorio. Anche i meglio adattati possono estinguersi se cambiano le circostanze ambientali. E' dimostrato.

Oppure tu non contempli la possibilità che esista una creazione?
Lo stesso Darwin ha avuto moltissimi dubbi e tormenti perché la sua teoria si conciliava a fatica con il cristianesimo, soprattutto con gli insegnamenti della Bibbia presi alla lettera.
Oggi forse sarebbe stato più sereno.

Ho trovato molto interessante questo articolo di cui consiglio la lettura anche ai darwinofobi:

https://www.spiweb.it/cultura/antropologia/darwin-e-il-caso/

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