L'essere è una causa od un effetto ?

Aperto da viator, 11 Giugno 2021, 17:49:53 PM

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niko

Fin da Platone il superessente/uno è stato identificato come causa dell'essere, poi, al procedere e al precipitare del pensiero e del sentimento umano occidentale in questa "mistica della ragione" che è risultata egemone rispetto al (vero) razionalismo e a agnosticismo dei presocratici, determinano una prevalenza della metafisica sulla filosofia, si è avuta anche una sorta di identificazione uno/nulla, quindi la conseguente posizione come causa dell'essere dell'uno/nulla (mi vengono in mento Plotino, lo Pseudo Dionigi, Per certi versi lo stesso Agostino, nel senso che l'infinita potenza di Dio e la creazione dal nulla, implica, l'identificazione Dio-nulla), quindi uno stallo in cui la causa dell'essere è il nulla, e l'essere è effetto rispetto a un Dio-nulla-superessente.


La cosa interessante è che da questo stallo non se ne esce ponendo l'essere (l'insieme degli enti) come causa, perché l'essere/insieme degli enti non sembra causare nulla al di fuori di sé, quindi l'effetto ultimo dell'essere è il nulla, il rimando dei due estremi/pseudoconcetti essere e nulla, si trova sia cominciando dal primo che dal secondo, è il nulla che come continuo toglimento, disvelamento e auto-negazione di se stesso fa essere essere l'essere, e l'essere che fa essere nulla il nulla come compiutezza dell'insieme che si tenta di immaginare sotto il nome di "essere" e assenza di effetti al di fuori di tale insieme anche stante la catena causale posta come più o meno eterna.


Dire che ciò che esiste è "situato", è sempre in qualche luogo e contesto, apre alla realtà di spazio e tempo come condizioni dell'esistenza del singolo ente e dell'insieme degli enti, spazio e tempo che però, perché l'esistente sia "situato", non hanno lo stesso livello di realtà e solidità l'uno rispetto all'altro e ridivengono metafore ed echi di quello che prima della "situazione" fu essere e nulla, lo spazio come ciò che non muta e non patisce è per analogia l'essere, che partecipa della situazione di qualcosa, il tempo come luogo del solo pensiero e del mutamento è il nulla, la tendenza al nulla che completa quella stessa situazione, mentre se si vuole essere idealisti e ci si mette dal punto di vista del pensiero/processo/durata, l'estensione, e dunque lo spazio, è il nulla, ma ciò implica che il tempo sia l'essere, nel senso che il pensiero/coscienza sembra avere realtà fondamentale, nel senso di cartesianamente innegabile, e questa realtà implica il tempo come luogo dell'anima, che permette di avere coscienza e pensare, mentre lo spazio è sempre mediato dal pensiero/coscienza, quindi dall'inesteso, l'estensione è un percepito o un pensato dell'inesteso, e quindi non ha, realtà fondamentale.


Insomma se l'esistente è situato potrei chiedere "situato dove?", e si torna alle categorie di spazio e tempo, o dell'essere ogni cosa potenzialmente "vuota", riducibile all'insieme delle relazioni con tutte le altre: non sappiamo dire cosa sia una cosa al di là delle sue relazioni con tutte le altre, come non sappiamo se il trascorrere solo temporale, e non evidentemente spaziale, del pensiero, o meglio dell' effetti che ci fa il pensiero (vita), esprima, in senso ontologico e gnoseologico, una superiorità, oppure un'inferiorità, su ciò che è anche spaziale, materiale, quindi porre l'esistente come "situato" apre alle categorie di tempo, spazio e movimento/relazione, che, rispetto all' "insieme" dell'essere, indicano che di tale insieme stiamo considerando solo una parte o un'insieme di parti quando pensiamo tale parte come situata, mentre ciò che non ha limiti noti, non è e non può essere situato.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

Salve iano. Hai ragione su tutto. Particolarmente circa gli aspetti del mio carattere e le mie criptointenzioni.


La mia malizia la spiego qui sotto per gli altri amici, e non a te che già l'hai quasi intuita.



Ho aperto il topic poichè, essendo convinto dell'indimostrabilità della mia definizione di "essere"........mi sono detto : e se provassi a chiedere agli amici di Logos se essi credono o meno in una definizione alternativa che - se condivisa - risultasse logicamente insostenibile una volta messa a confronto con mia ?.


Infatti se qualcuno sostenesse che l'essere consista in una causa io - penso - troverei gli argomenti per dimostrare ciò illogico.



Ugualmente, nel caso qualcuno sostenesse che l'essere consista in un effetto oppure che consista contemporaneamente sia un una causa che in un effetto !.



Sono pazzo, vero ? Ma l'inghippo viatoriano consisterebbe nel fatto che l'essere viene considerato NO CAUSA, NO EFFETTO, NO CAUSA+EFFETTO.............bensì "la CONDIZIONE al cui interno le cause producono i loro effetti".


Ma cosa è una CONDIZIONE ? Semplicemente, lo stato di qualcosa. Nel suo insieme più generalizzabile, l'essere del mondo non è altro che lo stato del mondo. E lo STARE del mondo implica appunto una CONDIZIONE (passiva) che permette la sussistenza delle cause le quali sono destinate a produrre il DIVENIRE (attivo) degli effetti.




Pertanto la mia personale definizione dell'essere (della quale attendo tuttora una critica fondata sulla logica oppure una sensata altrui alternativa definizione) è semplicemente il frutto della necessità di generare una definizione - appunto - NON TAUTOLOGICA O SOLO DEBOLMENTE TAUTOLOGICA.


A questo punto ti chiedo perdono sarò risultato ancora troppo sinteticamente masturbatorio con il mio erotismo filosofico. Saluti a tutti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve niko. Intervento dotto e quasi chiaro il tuo, secondo me e come quasi sempre sai produrre. Grazie.


Comunque, soffermandosi sulla seguente tua citazione : "La cosa interessante è che da questo stallo non se ne esce ponendo l'essere (l'insieme degli enti) come causa, perché l'essere/insieme degli enti non sembra causare nulla al di fuori di sé, quindi l'effetto ultimo dell'essere è il nulla".............................in effetti l'essere, a parere anche mio, non appartiene alla categoria delle cause.

D'altra parte il non causar nulla fuori di sè - sempre a mio parere - non implica affatto l'essere il nulla. La logica infatti a questo punto vorrebbe che ciò che non esiste sia il "fuori di sè". Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Alexander

Buon sabato a tutti


"To be or not to be" dice il principe Amleto. Essere è quindi esistere e tutto ciò che esiste ha una causa, ma è anche causa a sua volta. Un figlio infatti ha come causa i genitori, ma a sua volta può essere causa di un figlio. Vien prima la causa o l'effetto? Se essere è esistere, ciò che "è" è preminente su ciò che è stato o sul possibile che sarà. L'esistere è infatti  in atto, mentre la causa non è più in atto nell'essere e l'effetto dell'essere sarà una semplice possibilità,non ancora maturata in un atto. Prima di essere concepito un essere figlio è una possibilità dell'essere genitore. Una volta concepito è un essere in atto e non più una possibilità della causa. . L'essere quindi dipende dalle sue cause , ma è anche altro dalle cause ( il fuoco è altro dal combustibile e dalla causa che l'ha incendiato) e il suo essere causa è una possibilità (produrre del fumo). Definizione lapidaria per la collezione viatoriana:


L'essere è ciò che esiste in atto.

iano

#19
Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 15:51:03 PM
Salve iano. Hai ragione su tutto. Particolarmente circa gli aspetti del mio carattere e le mie criptointenzioni.


La mia malizia la spiego qui sotto per gli altri amici, e non a te che già l'hai quasi intuita.



Ho aperto il topic poichè, essendo convinto dell'indimostrabilità della mia definizione di "essere"........mi sono detto : e se provassi a chiedere agli amici di Logos se essi credono o meno in una definizione alternativa che - se condivisa - risultasse logicamente insostenibile una volta messa a confronto con mia ?.


Infatti se qualcuno sostenesse che l'essere consista in una causa io - penso - troverei gli argomenti per dimostrare ciò illogico.



Ugualmente, nel caso qualcuno sostenesse che l'essere consista in un effetto oppure che consista contemporaneamente sia un una causa che in un effetto !.



Sono pazzo, vero ? Ma l'inghippo viatoriano consisterebbe nel fatto che l'essere viene considerato NO CAUSA, NO EFFETTO, NO CAUSA+EFFETTO.............bensì "la CONDIZIONE al cui interno le cause producono i loro effetti".


Ma cosa è una CONDIZIONE ? Semplicemente, lo stato di qualcosa. Nel suo insieme più generalizzabile, l'essere del mondo non è altro che lo stato del mondo. E lo STARE del mondo implica appunto una CONDIZIONE (passiva) che permette la sussistenza delle cause le quali sono destinate a produrre il DIVENIRE (attivo) degli effetti.




Pertanto la mia personale definizione dell'essere (della quale attendo tuttora una critica fondata sulla logica oppure una sensata altrui alternativa definizione) è semplicemente il frutto della necessità di generare una definizione - appunto - NON TAUTOLOGICA O SOLO DEBOLMENTE TAUTOLOGICA.


A questo punto ti chiedo perdono sarò risultato ancora troppo sinteticamente masturbatorio con il mio erotismo filosofico. Saluti a tutti.
La mia definizione di essere vorrebbe non andare alla sua essenza, ma agevolare la comprensione in generale, partendo dagli spunti che la scienza ci offre, per quanto noi , non addetti ai lavori, si riesca a farli nostri.
Questa definizione dovrebbe così rendere conto del perché la stessa cosa appaia in modo diverso a seconda di come la indaghiamo. Come onda o come particella, come se fosse l'esperimento stesso a darle una forma, non avendone essa una propria, incrinando perfino la nostra premessa convinzione che sotto alle diverse forme si nasconda la stessa cosa.
Tutto ciò di cui possiamo parlare deriva dalle nostra interazioni con la realtà , la quale non può apparirci quindi che come il risultato di queste interazioni.
Le cose non esistono se non in quanto tali.
Sono il risultato delle nostre azioni dentro alla realtà.
Questi risultati, a seconda degli esperimenti, possono descriversi in modi diversi, o essere se vuoi , diversamente percepiti.
Si può usare una descrizione deterministica oppure non deterministica.
Ciò significa che la realtà non è fatta ne' di onde , ne' di particelle, e non è deterministica oppure il suo contrario.
Perché tutto ciò sia possibile occorre che la realtà sia, ma ciò noi possiamo desumerlo dal fatto che una relazione con essa sia possibile.
Quindi diamo per scontato che la realtà sia, ma non possiamo dare per scontato il come si manifesti a noi, perché ciò  dipende dal tipo di interazione che decidiamo, quando la decidiamo.
Il risultato di questa interazione è ciò che chiamiamo essere.
La realtà in se' non è contraddittoria, perché diversamente non sarebbe possibile alcuna interazione con essa.
I risultati della interazione con la realtà a volte appaiono tali, perché non derivano da un processo univoco, ma da diversi modi di indagarla, che non sempre sono presenti alla nostra coscienza.
Quindi quando " la realtà " sembra contraddirsi significa che la ricchezza delle nostre indagini supera la contingente capacità della nostra coscienza di dominarle.
Prima viene l'agire incosciente , che è proprio anche delle cose inanimate, quindi la percezione della realtà In cui agiamo in forma di ciò che è, quindi la coscienza di che è cui segue la possibilità di una manipolazione teorica di simboli posti in corrispondenza di ciò che è, che è una sublimazione della manipolazione delle cose che sono.
Non è da considerarsi strano che noi possiamo manipolare ciò che non è reale, perché ciò che è non corrisponde alla realtà , in quanto l'esistenza stessa delle cose è il risultato stesso di quella manipolazione.
L'essere è l'intermediario fra noi e la realtà .
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Salve alexander. Bravo. Ben trovata. Combacia con il fatto che l'essere consista nello "stato attuale del mondo".

L'unico neo consiste nel linguaggio da te usato, il quale usa il verbo essere per fornire una definizione dell'essere. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

viator

Salve iano. Citandoti : "L'essere è l'intermediario fra noi e la realtà".

Bravo anche a te. Resta valida l'osservazione che ho appena formulato anche per alexander. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

niko

Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 17:26:29 PM
Salve niko. Intervento dotto e quasi chiaro il tuo, secondo me e come quasi sempre sai produrre. Grazie.


Comunque, soffermandosi sulla seguente tua citazione : "La cosa interessante è che da questo stallo non se ne esce ponendo l'essere (l'insieme degli enti) come causa, perché l'essere/insieme degli enti non sembra causare nulla al di fuori di sé, quindi l'effetto ultimo dell'essere è il nulla".............................in effetti l'essere, a parere anche mio, non appartiene alla categoria delle cause.

D'altra parte il non causar nulla fuori di sè - sempre a mio parere - non implica affatto l'essere il nulla. La logica infatti a questo punto vorrebbe che ciò che non esiste sia il "fuori di sè". Saluti.


Il fatto è che per molti pensatori, soprattutto antichi, è necessità logica che
la causa, qualsiasi causa, sia "fuor-dell'-effetto" di cui è causa, spesso troviamo ragionamenti del tipo, se x è causa di y, allora x non appartiene a y e non si esaurisce in y, da cui derivano gerarchie cosmogoniche e cosmologiche in cui spesso la causa ha più dignità, più durevolezza o più importanza dell'effetto. Questo perché la causa genera, ma non si esaurisce nella generazione o nel generato, rappresenta la possibilità eterna e in-temporale di ri-generare. Il problema, con ragionamenti di questo tipo, quando estesi all'essere come concetto e quando con essi si tenta di comprendere l'essere o di predicare qualcosa di definitivo su di esso, è che quando con y nell'equazione metti l'essere, x, in quanto residuo/esterno di y è il nulla, quindi si finisce per pensare il mondo come generato da una sorta di Dio/nulla, insomma i pensieri che all'origine del mondo pongono l'uno, non  sono identici a quelli  che all'origine del mondo pongono l'essere, perché l'uno è anche al di là della distinzione essere/nulla, quindi non esiste nella superiorità ontologica o gnoseologica dell'un termine sull'altro.


I paradigmi ontologici sono più realistici e pensabili di quelli ena-logici (basati sull'uno) dell'esistenza, e ancora più realistici e pensabili sono quelli che all'origine del mondo pongono un qualche tipo di molteplicità.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

viator

Salve daniele22. Citandoti : "Ergo, le cose esistono solo se tu le fai esistere".


Ora finalmente capisco perchè non ti capivo ! LA TUA OPINIONE E' CHE LE COSE - PRIMA CHE COMPARISSERO QUEGLI SCIMUNITI DI UMANI CHE CREDONO DI ESSERE I SOLI CHE POSSONO CONOSCERE - ..........PRIMA DI ALLORA - ERGO - NON ESISTEVA ALCUNCHE'.

Bene, a tal punto la discussione può anche proseguire ma - dal mio punto di vista - solo avendo come scopo il reciproco divertimento. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#24
Facciamo un esempio di causa ed effetto.
Due masse si attraggono secondo la legge di gravitazione di Newton secondo l'inverno del quadrato della loro distanza d.
A attrae B e B attrae A.
Siccome A attrae B la distanza di B da A si riduce e quindi aumenta la forza che B esercita su A.
Sarebbe come dire che su A agisce come causa se stesso.
Sembra un paradosso , che si aggiunge al paradosso che le forze agiscono a distanza , senza contatto e senza il tramite di altro.
In effetti questo ultimo a noi moderni, diversamente che ai contemporanei di Newton, non appare più come un paradosso.
Lo abbiamo digerito come cosa ovvia.
Una descrizione alternativa possibile è che A e B non si attraggono fra di loro, ma sono attratti da un punto immateriale, che coincide col loro centro di massa.
Come vedete si fa' presto a ricreare una situazione indigeribile anche per noi moderni.
Come può qualcosa che non è attrarre cose che sono?
Eppure questa diversa descrizione ha il vantaggio di eliminare il paradosso di A che agisce come causa su se stesso, seppure per il tramite di B.
Potremmo quindi concludere che ingenuamente abbiamo preteso l'essere come causa in modo esclusivo.
E anzi ,volendo generalizzare, possiamo escluderlo del tutto, almeno nel caso del nostro esempio.
La causa può benissimo dirsi  in generale un punto immateriale , ciò che non è, che occasionalmente può coincidere con la posizione di ciò che è.


Purtuttavia nessuno ci impedisce ancora di considerare l'essere come causa o come effetto, o come altro si voglia, ma a patto di promuovere ad esistenza un punto immateriale.
Perché no?
Ormai ci siamo fatti furbi e abbiamo capito che certi ingredienti del piatto saranno sempre indigesti, ora uno ora l'altro, secondo della ricetta deterministica  con cui li cuciniamo.
La digestione può essere più o meno lunga, ma alla fine digeriamo sempre tutto.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#25
Naturalmente ognuno può scegliere la ricetta , fra le possibili, che per suoi motivi predilige, secondo che sia allergico alla cipolla piuttosto che ai piselli.
Io provo simpatia per l'ultima che ho detto, quella che promuove l'immateriale ad essere.
Perché?
Intanto perché elimina la fastidiosa contrapposizione fra idealismo e materialismo, che a me ha sempre puzzato di falso,
e poi per via di quella cosiddetta solida materia che quando provi a guardarci dentro ci trovi ben poco, per non dire nulla, e quel poco che sembra esserci non si sa' bene dove sia messo.
Al suo confronto un punto immateriale , ma ben piazzato in una precisa posizione, ci fa' la sua bella figura.
Le cose concrete più le indaghi è più appaiono sfuggenti, e alla fine quel che ti rimane in mano è l'astrazione matematica che le descrive, quasi come se quella fosse la loro vera essenza.
E in un certo senso è proprio così, perché l'essere è ciò che risulta da una nostra interazione con la realtà, il cui risultato, quando non si lascia tutto il lavoro al sistema percettivo e si usa scienza e coscienza, è matematicamente descrivibile.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 21:04:45 PM
Salve daniele22. Citandoti : "Ergo, le cose esistono solo se tu le fai esistere".


Ora finalmente capisco perchè non ti capivo ! LA TUA OPINIONE E' CHE LE COSE - PRIMA CHE COMPARISSERO QUEGLI SCIMUNITI DI UMANI CHE CREDONO DI ESSERE I SOLI CHE POSSONO CONOSCERE - ..........PRIMA DI ALLORA - ERGO - NON ESISTEVA ALCUNCHE'.

Bene, a tal punto la discussione può anche proseguire ma - dal mio punto di vista - solo avendo come scopo il reciproco divertimento. Saluti.


Buongiorno viator, PRIMA DI ALLORA non esisteva la presunta ignoranza

Ipazia

Il minerale è  animale o vegetale ? Se si sostantiva il verbo essere al singolare si finisce in un mare di pasticci, e da Platone in poi se ne sono combinati tanti. Il verbo essere esprime il principio di identità ed esistenza, l'avere il principio di proprietà e il divenire il principio del tempo: simplex sigillum veri.

L'essere sostantivato (plurale) sono gli (ess)enti definiti dai dizionari nel loro campo identitario di esistenza, come secondo ragione si è convenzionalmente concordato. Anche qui nessuna complicazione metafisica.

Il principio di causa-effetto è de-finito dall'interazione riproducibile tra enti così come la conoscenza dei fenomeni rende chiara ed evidente. Laddove manca la chiarezza ed evidenza non è scandaloso ricorrere alla doxa e all'indeterminazione in attesa di conoscenze ulteriori.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 08:44:45 AM


Il principio di causa-effetto è de-finito dall'interazione riproducibile tra enti così come la conoscenza dei fenomeni rende chiara ed evidente. Laddove manca la chiarezza ed evidenza non è scandaloso ricorrere alla doxa e all'indeterminazione in attesa di conoscenze ulteriori.

A parte che ho già criticato come la definizione di sostantivo come esito di una convenzione sia completamente inadeguata, o Ipazia, dissi che la condizione per cui l'essere produce il tempo è il principio di attrazione e repulsione (e tale principio vale sia per i minerali che per le cose vive).
Perché non critichi questa opinione la quale è in fondo una conseguenza di tutto il dialogo da me postato nel topic "Esistenza e conoscenza"? Sembra evidente che tu non voglia criticarmi giacché pensi che io sia un idiota e in quanto tale vada trattato. E' previsto un sussidio dignitoso in danaro (almeno 1.200 euro/mese) per quelli che sono idioti fuori misura? Se sì, a me può bastare e non pretenderò più di sostenere le mie idiozie. Se non fosse previsto allora continuerò a fare la parte dell'idiota con molto gusto. Dopodiché, visto che tu eri pure una a cui non fregava nulla del fondamento della conoscenza e ti appellavi ad un'etica (tecnica di vita) che si fonda sugli uomini di buona volontà sic stantibus rebus, perché non ti procuri di dare una risposta a quel che ti ho ribattuto nell'ultimo post relativo alla filosofia dell'anarchismo? Ma che idiota che sono, come posso pretendere che si debba rispondere ad un idiota. E intanto si aprono nuovi topic per nulla. Si potrebbe aprire un topic "cestello per la merenda" senza illustrarlo e si vedrà che nel giro di quattro o cinque interventi si arriverà a tutte le problematiche da massimi sistemi che qui si discutono senza esito per mancanza di onestà intellettuale

Ipazia

#29
Caro Daniele 22 probabilmente sono io la minus habens che chiede venia e non risponde a ciò che non capisce.

La sacra triade della linguistica: referente, significato, significante, è ancora il metodo migliore di cui disponiamo per evitare che il logos finisca a Babilonia. Magari qualche nume iperuranico avrà soluzioni migliori, ma nell'iperuranio molti dicono di essersi avventurati, però nessuno dà prove convincenti di ciò.

L'unico ente che crea il tempo nelle mie risultanze è il Bigbang. Teoria plausibile ma di ardua dimostrazione. Sul tempo eterno dei parmenidei sospendo il giudizio e derubrico a narrazione metafisica.

L'unico principio di attrazione e repulsione a me noto è quello elettromagnetico. Anche la forza gravitazionale ne imita le forme, ma la fisica relativistica ha dato una spiegazione più dinamica e meno statica, in cui il tempo gioca la sua parte nella geometria che ne risulta. Come la relatività del tempo fisico influenzi il tempo antropologico più che alla forza di attrazione-repulsione pare si debba far ricorso alla velocità, che sul pianeta Terra, essendo uguale per tutti, diventa irrilevante nella differenziazione.

Sulla forza di attrazione e repulsione tra umani bisogna inoltrarsi nell'universo antropologico, ancora assai misterioso, anche per quanto riguarda la sua funzione temporale, la cui unità di misura è la vita umana. Ma che tale forza esista e si manifesti pare indubitabile. Magari, lavorando sul medium, il logos, se ne può migliorare la chiarezza ed evidenza. E dirimere qualche incomprensione di troppo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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