L'esoterico J. Evola contro Jung.

Aperto da Carlo Pierini, 17 Ottobre 2018, 12:05:30 PM

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Carlo Pierini

EVOLA
«...Non meno del Freud, lo Jung sostiene che la forza fondamentale della psiche umana è costituita da un inconscio che è tale radicalmente, che non è stato mai conscio e che è insuscettibile ad esser risolto nella coscienza (2)...».
(2) [Jung-Kerényi, Prolegomeni alla mitologia come scienza, Torino, 1948, p. 115: "Gli archetipi non si riferiscono a qualcosa di cosciente o che già e stato cosciente, bensì a ciò che è sostanzialmente inconscio"].

CARLO
Questo non significa che Jung concepisse una separazione radicale tra coscienza e inconscio; egli semplicemente intendeva contrastare la prospettiva riduzionista freudiana che vedeva, sotto molti aspetti, l'inconscio come qualcosa di derivato dalla coscienza, come il ricettacolo di contenuti ex-coscienti rimossi, come un accessorio della coscienza privo di autonomia e vitalità propria. Fondamentalmente Jung concepiva una relazione dialettica tra le due dimensioni; pertanto si opponeva sia alle filosofie che annettevano l'inconscio alla coscienza (Freud), sia a quelle che annettevano la coscienza all'inconscio (Lévy-Strauss, Lacan, ecc.). Concepire una relazione dialettica tra due enti significa riconoscere ad essi sia ambiti di indipendenza ontologica (e quindi di opposizione), sia ambiti di consustanzialità (e quindi di complementarietà). E Jung non ha mai sostenuto né una indipendenza assoluta né una consustanzialità assoluta tra coscienza e inconscio.
Propongo alcune citazioni sull'argomento, dove è abbastanza evidente la sua posizione dialettica:

«Di regola il punto di vista dell'inconscio è complementare o compensatorio rispetto alla coscienza, e dunque inaspettatamente "diverso"».  [JUNG: Psicologia e alchimia - pg.50]

«Il valore attribuito alla psiche inconscia come fonte di sapere non è per nulla così illusorio come può apparire al nostro razionalismo occidentale. Vi è in noi la tendenza a supporre che ogni conoscenza derivi sempre, in ultima analisi, dall'esterno. Ma sappiamo oggi con certezza che l'inconscio dispone di contenuti tali che, se potessero essere resi coscienti, rappresenterebbero un incalcolabile aumento di conoscenza ».  [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.22]

«Se si potesse personificare l'inconscio, esso apparirebbe come un uomo collettivo, al di là della giovinezza e della vecchiaia, della nascita e della morte: con l'esperienza umana pressoché immortale di uno o due milioni di anni. Quell'uomo sarebbe senza dubbio superiore al mutare dei tempi; egli sarebbe un sognatore di sogni secolari e, sulla base della sua infinita esperienza, capace di previsioni incomparabili». [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.23]

«Ho definito "funzione trascendente" l'incessante confronto con la posizione dell'inconscio, poiché questa produce necessariamente una modificazione dell'atteggiamento cosciente. Un cambiamento è però possibile solo se si ammette l'esistenza dell'"altro", perlomeno sino a che non se ne prenda atto in maniera cosciente». [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.191]

«Anche ai nostri giorni ci è dato di osservare la formazione spontanea di veri e propri simboli religiosi nell'individuo; essi spuntano dall'inconscio come fiori di specie ignota, e la coscienza rimane smarrita e non sa bene che cosa fare con tale nascita. Non è troppo difficile stabilire che quei simboli individuali provengono, per il loro contenuto come per la forma, da quello stesso "Spirito" inconscio (o quel che esso sia) da cui provengono le grandi religioni degli uomini. L'esperienza prova comunque che le religioni non sorgono quali frutti di una elucubrazione cosciente, ma provengono dalla vita naturale dell'anima inconscia, che in qualche modo esprimono adeguatamente. Ciò spiega la loro diffusione universale e la loro straordinaria efficacia storica sull'umanità». [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.157]

«L'Anima, da una parte è il ponte verso il regno dell'aldilà, verso le immagini primigenie viventi ed eterne, dall'altra essa avviluppa l'uomo con la sua emozionalità e lo trattiene nel mondo ctonio e nella sua caducità». [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.355]

«Il vantaggio degli uomini creativi consiste proprio nella permeabilità del loro diaframma tra coscienza e inconscio ».  [JUNG: La dinamica dell'inconscio - pg.84]

EVOLA
«...Tutta l'opera dello Jung, come quella dei psicanalisti in genere, è improntata da un'animosa polemica contro la coscienza personale. Questa non avrebbe nessuna realtà in sé, eppure ha preteso di tagliarsi fuori dall'inconscio, dalla "Vita"; essa disconosce l'inconscio, ne respinge le esigenze e crede di poter esercitare una dittatura sulla base delle facoltà puramente intellettuali e volitive, con soffocamento degli istinti e dell'affettività...»

CARLO
Evola parla di «...tutta l'opera di Jung...» ma dimostra di non conoscerla che in modo superficiale e frammentario. Finisce così per travisarla fino a capovolgerne completamente il significato. Scrive infatti Jung:

«Trascurare la reazione e la presa di posizione dell'inconscio è leggerezza, superficialità e addirittura irragionevolezza, perché psichicamente malsano ». [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.207]

«La dinamica degli istinti e il loro mondo di immagini costituiscono un a priori di fronte a cui nessuno può essere cieco senza il rischio di conseguenze pericolose. Il violentare o trascurare gli istinti arreca penose conseguenze di natura fisiologica e psicologica, per superare le quali si chiama poi solitamente il medico ».  [JUNG: Realtà dell'Anima - pg.206]

«Se si riesce a riconoscere l'inconscio come fattore codeterminante accanto alla coscienza, e a vivere in modo da tener conto, per quanto possibile, delle istanze sia consce che inconsce, si sposta allora il centro di gravitazione della personalità globale. Non più nell'Io, che è solo il centro della coscienza, ma in un punto per così dire virtuale tra coscienza e inconscio: il Sé».           [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.54]

«Non si potrebbe avere alcuna esperienza di Dio stesso, se questo "Io" così futile non offrisse un modestissimo vaso capace di accogliere le influenze dell'Altissimo e di chiamarlo per nome. Il significato del simbolismo del vaso nell'alchimia mostra sino a qual punto l'artifex fosse preoccupato di possedere il giusto recipiente per il giusto contenuto: "Unus est lapis, una medicina, unum vasum, unum regimen, unaque dispositio"».  [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.205]

EVOLA
«Questo inconscio assume i tratti di un ente autonomo a carattere collettivo (3), che trascende l'individuo: è una totalità, di cui la persona cosciente non è che una sezione arbitraria. [Jung, Psychologie und Achemie, Zurich, 1945, p. 85: "L'inconscio non è un'appendice irrilevante della coscienza, ma una realtà autonoma (un ente) in larga misura non unito alle nostre intenzioni"]».

CARLO
Anche questa è una interpretazione superficiale del pensiero di Jung, il quale non considerava la coscienza (l'Io) come una sezione parziale e limitata della totalità psichica. Egli scrive:

«Come è noto ho definito il Sé come la totalità della psiche conscia e inconscia, l'Io invece come il punto di riferimento centrale della coscienza. E' una parte essenziale del Sé, che può stare - come pars pro toto - per quest'ultimo, se si tiene presente il significato della coscienza. Quando invece si voglia porre l'accento sulla totalità psichica, allora conviene piuttosto servirsi del termine "Sé" ».   [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.18]

EVOLA
«[Secondo Jung] "...l'anima è un dato irrazionale e non può essere affatto equiparata, come secondo l'idea antica, ad una ragione più o meno divina" (Io e inconscio, pp. 10-11). Ciò non basterebbe già per suggellare il livello su cui sta tutto il pensiero di questo psichiatra?...»

CARLO
Se questa fosse la sola "definizione" di anima data da Jung, Evola potrebbe anche avere ragione. Ma Jung contempla DUE aspetti dell'anima, uno individuale (comprensivo di quella che egli chiama "ombra"), e uno collettivo-trascendente. E nel caso citato, molto probabilmente lui si riferiva al primo aspetto.  Infatti, altrove scrive Jung:

«L'anima è in sé una essenza non spaziale; e poiché esiste prima e dopo l'essere corporeo, è pure fuor del tempo, ossia immortale. (...) Dal punto di vista della moderna psicologia scientifica, questa concezione è tutta una illusione..».  [JUNG: Realtà dell'anima - pg.18]

«L'esperienza prova comunque che le religioni non sorgono quali frutti di una elucubrazione cosciente, ma provengono dalla vita naturale dell'anima inconscia, che in qualche modo esprimono adeguatamente. Ciò spiega la loro diffusione universale e la loro straordinaria efficacia storica sull'umanità ». [JUNG: Realtà dell'anima - pg.157]

«L'Ombra [...] comprende quella parte dell'inconscio collettivo che sconfina nella sfera personale. Essa rappresenta per così dire il PONTE verso la figura dell'Anima che è personale solo relativamente, e al di là di questa, verso le figure impersonali dell'inconscio collettivo». [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.105]

«Nell'anima sono impresse le influenze dei vari pianeti. A questa discesa dell'anima attraverso le Case dei pianeti corrisponde anche il suo passaggio attraverso le porte dei pianeti, come le descrive Origene: la prima porta è di piombo ed è correlata con Saturno [...].
Senza approfondire il motivo del transitus attraverso le Case dei pianeti, ci sia sufficiente sapere che Mercurio le attraversa».    [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.214]

«È necessario che qualcosa di non individuale e implicitamente divino penetri nell'uomo, se questi vuole veramente uscire dal vicolo cieco delle volizioni individuali".   [JUNG: La dinamica dell'inconscio - pg.106]

«...Attraverso l'introspezione e la retrospezione non si riconoscono solo i propri desideri infantili, ma contemporaneamente si penetra nella sfera dell'inconscio collettivo, dove si scopre prima il tesoro delle idee collettive [universali], poi la propria creatività [...]                                                                                                            
Sembra che Freud sia rimasto bloccato nel suo pessimismo, aggrappato a un concetto negativo e personale dell'inconscio. Non serve a nulla credere che la base vitale dell'uomo sia di natura soltanto personale e sia di conseguenza un affaire scandaleuse  di carattere privato. Squarciando il velo di questa idea insana ed errata, si passa dalla stretta e soffocante atmosfera personale del vasto dominio della psiche, alla sana e naturale matrice dello spirito umano, all'anima stessa dell'umanità. Soltanto su questa base ci sarà possibile costruire un atteggiamento nuovo e fruttuoso».  [JUNG: Pratica della psicoterapia - pp.40-41]

«Mi si accusa di misticismo. Ma io non mi dichiaro responsabile del fatto che l'uomo ha sempre e dappertutto sviluppato naturalmente la funzione religiosa e che quindi l'anima umana è imbevuta e intessuta fin dagli inizi di sentimenti e rappresentazioni religiose. (...)
Il complesso del padre con la sua rigidità fanatica e la sua ipersensibilità, è una funzione religiosa malintesa, un misticismo proiettato sull'elemento biologico e familiare».  [JUNG: Il problema della malattia mentale - pg.218]

Continua...

Carlo Pierini

#1
2a parte

EVOLA
«...Gli "archetipi" corrispondono a forze fondamentali dell'inconscio collettivo, epperò anche degli strati profondi dell'anima. Sono energie psichico-vitali elementari sempre presenti e organicamente unite all'Io, il quale in esse ha le sue radici (12). Ed ecco che a questo punto avviene l'inserzione o, meglio, l'irruzione nel mondo del mito e del simbolo. Come si è detto, le tendenze dell'inconscio disconosciuto malgrado tutto si manifestano: ma finché permane lo stato di scissione, esse si manifestano in proiezioni, in imagini fantastiche o in imagini che si sovrappongono alla realtà – cose o persone –, caricandola della qualità fascinosa e "libidinosa" propria alla forza-base dell'inconscio...»

CARLO
Evola non sta parlando della psicologia junghiana, ma di un guazzabuglio di alcune delle sue idee, frettolosamente interpretate. Il fatto che Jung parli del simbolo e del mito come archetipi dell'inconscio collettivo non significa affatto che egli li consideri tout-court come delle produzioni di un "Io" o di una collettività di "Io". L'origine ultima degli archetipi è sempre e comunque trans-umana, trascendente, pur se le immagini con cui l'uomo li esprime sono immagini che appartengono al mondo dell'esperienza umana (individuale o collettiva).
Questo è il malinteso centrale di Evola: egli crede che l'attribuire una origine psichica, cioè inconscia, ai simboli significhi spogliarli assolutamente della loro componente.

«La Sapientia Dei che si manifesta nell'archetipo fa sì che anche le più forti deviazioni ritornino costantemente alla posizione centrale. Così il fascino esercitato dall'alchimia filosofica è duvuta in buona parte al fatto che essa ha potuto dare nuova espressione a un gran numero di importantissimi archetipi. Come abbiamo visto in abbondanti esempi, si può anche arrivare a dire che essa abbia persino cercato di assimilare il cristianesimo». [JUNG: Mysterium coniunctionis - Nota pg.345]

«Essendo numinose, le immagini archetipiche esercitano una certa azione sulla psiche anche se non vengono afferrate razionalmente».    [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.323]

«Paracelso considera la psiche oscura come un cielo notturno disseminato di stelle, un cielo in cui i pianeti e le costellazioni sono rappresentati dagli archetipi in tutta la loro luminosità e numinosità. Il cielo stellato è infatti il libro aperto della proiezione cosmica, il riflesso dei mitologemi, degli archetipi appunto».   [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.213]

«Se l'inconscio contiene troppi elementi che normalmente dovrebbero essere coscienti, le sue funzioni sono stravolte e compromesse: affiorano motivi che non si fondano su veri archetipi, ma sono originati dal fatto che la rimozione e l'oblio li hanno consegnati all'inconscio. Si sovrappongono, per così dire, alla normale psiche inconscia e ne deformano la naturale funzione simbolizzatrice (...).
Per questo motivo la psicoterapia, che si preoccupa di scoprire le cause di un disturbo, in genere cerca dapprima di ottenere dal paziente una confessione più o meno volontaria di tutto quel che egli detesta, aborrisce, teme o suscita in lui vergogna (confessione cristiana). (...)
La forma che assumono i sogni, e le loro immagini ambigue dipende 1 - dagli archetipi, e 2 - dai contenuti rimossi. Hanno cioè due aspetti, e si prestano a due tipi di interpretazione: si potrà mettere in primo piano l'aspetto archetipico, oppure quello personale. Il primo si richiama alla base istintuale sana, comune a tutta l'umanità, mentre il secondo rivela l'influsso patologico della rimozione e dei desideri infantili». [JUNG: Psicanalisi e psicologia analitica - pg. 264]

«La numinosità dell'archetipo ha spesso una qualità mistica e un'effetto analogo sull'animo. Esso mobilita concezioni filosofiche e religiose proprio in persone che si credono mille miglia lontane da simili "attacchi di debolezza". (...)
Archetipo e istinto formano i massimi opposti pensabili, e lo si può constatare facilmente mettendo a confronto un uomo dominato dall'istinto con un uomo in preda allo spirito».  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.223]

«In quanto fattore numinoso, l'archetipo determina il modo e il decorso della configurazione con un'apparente prescienza o "nel possesso a priori del fine" che viene circoscritto dal processo di convergenza in un centro».  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.226]

«Assoluto significa distaccato. Affermare che Dio è assoluto è lo stesso che porlo fuori di ogni rapporto con gli uomini. L'uomo non può agire su di lui ed Egli non può agire sull'uomo. Un simile Iddio sarebbe privo di ogni interesse. (...)
Un Dio assoluto non ci concerne affatto, mentre un Dio "psicologico" sarebbe reale e potrebbe raggiungere l'uomo. La Chiesa sembra sia uno strumento magico per difendere l'uomo da questa eventualità, poiché sta scritto che "è cosa terribile cadere nelle mani del vivente Iddio"».   [JUNG: L'Io e l'inconscio - pg.159]

EVOLA
«...Non basta: lo Jung sostiene la corrispondenza tra le figure vedute, sognate, disegnate, perfino danzate dai suoi malati e certi simboli esoterici. Così si è messo a parlare dei "mandala europei", vedendo nelle figure che, nell'esoterismo, servono da base per la contemplazione e l'evocazione, altrettante manifestazioni degli archetipi dell'inconscio collettivo, simili appunto a quelle che si producono negli stati della coscienza ridotta o malata...»

CARLO
Jung non sostiene che le manifestazioni dell'inconscio siano solo delle patologie; egli distingue le manifestazioni sane da quelle patologiche; e la produzione di simboli, di mandala, da parte dell'inconscio sarebbe appunto una di queste manifestazioni sane. Egli scrive:

«[In Dorneus] la discesa è da intendersi come una discesa analitica, come una scomposizione (separatio) nelle quattro componenti della totalità; l'ascesa va invece intesa come un'ascesa sintetica, come una ricomposizione del denarius. Questa riflessione coincide con il fatto psicologico che il confronto della coscienza con l'inconscio si traduce da un lato in una dissoluzione della personalità, ma dall'altro significa una ricomposizione della totalità. Ciò si può osservare chiaramente nel momento di una crisi psichica, quando nei sogni compaiono appunto i simboli dell'unità, per esempio i mandala. «Ma dov'è il pericolo, cresce anche ciò che ti salva», dice Hölderin nella lirica Patmos».  [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.211]

«Esiste - a mio parere - una relazione indubitabile tra il simbolo del Lapis e il concetto empirico del Sé. [...] Mercurio è spirito e materia; il Sé comprende, come mostra il suo simbolismo, tanto la sfera psichica quanto quella corporea. Questo fatto si esprime con particolare chiarezza nei mandala».  [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.503]

«Come ho più volte sottolineato, le asserzioni relative alla pietra, se considerate dal punto di vista psicologico, descrivono l'archetipo del Sé, la cui fenomenologia è esemplificata nel simbolismo del mandala. Quest'ultimo descrive il Sé come una struttura concentrica, spesso nella forma della quadratura del cerchio. Gli è associato ogni tipo di simbolo secondario che esprima in generale la natura degli opposti da unire. La struttura è invariabilmente avvertita come la rappresentazione di uno stato centrale o di un centro della personalità sostanzialmente diverso dall'Io. Esso è di natura numinosa, come indicano il tipo di raffigurazione o i simboli impiegati (sole, stella, luce, fuoco, fiore, pietra preziosa ecc.). Vi s'incontrano tutti i gradi di valutazione emotiva, dal disegno astratto, incolore e indifferente di un cerchio sino all'intensità suprema di una esperienza d'illuminazione. Tutti questi aspetti si possono già costatare nell'alchimia, con l'unica differenza però che là essi appaiono proiettati nella materia, mentre qui sono intesi come simboli psichici. L'arcanum chymicum si è dunque già trasformato in un evento psichico, senza perdere nulla della sua numinosità originaria».  [JUNG: Mysterium coniunctionis - pg.543]

EVOLA
«...Tutti i procedimenti alchemici, con i relativi simboli ermetici, sarebbero [per Jung] imagini di quel processo non riconosciute nella loro giusta sede ma proiettate in sostanze materiali e nel mito di un'assurda opera di trasformazione chimica...»

CARLO
Qui ha ragione Evola. Jung vedeva i simboli alchemici solo nel loro aspetto di proiezioni sulla materia di processi in realtà spirituali. Tuttavia in molti passi lascia anche intendere che una tale proiezione è forse resa possibile proprio grazie a una fondamentale analogia "prestabilita" tra i processi psico-spirituali e i processi chimico-materiali. In tal senso, quindi, non esclude la possibilità di un "Opus" SIA chimico SIA spirituale. Scrive Jung:

«Lo scopo e la meta del "magnum opus" consistono nel liberare dalle catene l'anima mundi, prigioniera del creato, nel redimere lo pneuma divino, creatore del mondo». [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.328]

«Poiché l'oggetto dell'impresa alchemica si considera presente sia all'esterno che all'interno del soggetto, sul piano SIA FISICO CHE PSICHICO, l'opera abbraccia per così dire la natura intera, e la sua meta consiste in un simbolo, che ha un aspetto EMPIRICO e al tempo stesso TRASCENDENTALE».  [JUNG: Mysterium coniunctionis]

«Nell'immagine del Mercurio e del Lapis, la "carne" celebrava a suo modo la propria apoteosi, non lasciandosi trasmutare in spirito, bensì al contrario "fissando" lo spirito come pietra e fornendo a quest'ultima gli attributi delle tre Persone divine». [JUNG: Studi sull'alchimia - pg.113]

«"Pietra" è l'essenza di qualcosa di solido, irremovibile e terreno. È la " materia" femminile, la cui idea penetra nella sfera deI simbolismo spirituale. [...] La pietra è ben più di un'"incarnazione" di Dio; è una concretizzazione, una materializzazione che si spinge fino al più oscuro regno inorganico della materia. [...]
Possiamo quindi supporre che nell'alchimia si cercasse effettivamente di attuare una integrazione simbolica del male, localizzando nell'uomo stesso il dramma divino della redenzione. Tale processo appare ora come un'estensione della redenzione oltre che all'uomo anche alla materia, ora invece come un'ascesa dello "Spirito che imita Dio", o Lucifero, e come una riconciliazione di quest'ultimo con lo Spirito che discende dall'alto; sia l'elemento superiore che quello inferiore vanno cosí incontro a un processo di trasformazione reciproca».  [JUNG: Mysterium coniunctionis - pp.451-2]

Continua....

Carlo Pierini

3a parte

EVOLA
«...Prima di dir qualcosa di più su tale processo, mettiamo un po' d'ordine in questa inaudita confusione di idee...»

CARLO
Ovviamente si riferisce alle PROPRIE idee, perché quelle di Jung non sono affatto confuse.

EVOLA
«...Anzitutto tracciamo una linea di demarcazione ben netta, dicendo che tutto il mondo di un Io scisso e malato alle prese coi suoi "complessi", i suoi istinti e con l'incosciente collettivo è privo di qualsiasi relazione col piano della mitologia, dei simboli tradizionali e non solo dei processi di realizzazione sovranormale, ma della stessa religione...»

CARLO
Evola continua a confondere le manifestazioni sane (archetipiche) con quelle patologiche dell'inconscio; e inoltre dimentica l'aspetto trans-personale che Jung riconosce in esso.
Se avesse ragione Evola, per esempio, la mia "visione" non avrebbe mai potuto avere luogo.

EVOLA
«...Jung, mentre in essenza resta sullo stesso piano, perché il suo inconscio, come dicemmo, è semplicemente il substrato subpersonale, vitale e, in un certa misura, perfino biologico della vita collettiva, in questa nozione introduce elementi "spirituali" d'ogni genere con l'effetto di moltiplicare la CONFUSIONE e, in essenza, di fornire nuove possibilità ad un metodo più sottile per ricondurre il superiore all'inferiore (...).
Tutto quanto si riferisce a simboli e miti tradizionali ha originariamente appartenuto ad un piano di supercoscienza, con riferimento non col substrato vitale e irrazionale collettivo, bensì con la realtà metafisica, con ciò che gli Antichi chiamavano "supermondo" e, con preciso riferimento alla sua natura luminosa e "olimpica", "mondo intelligibile", chósmos noetòs. Quante cose avrebbe potuto insegnare allo Jung già la semplice opposizione antica fra questo mondo e il mondo "demonico" o "infero"! »

CARLO
Infatti la confusione di Evola continua.
Jung conosce benissimo l' «...opposizione antica...» tra il chósmos noetòs e il mondo infero; anzi ne ha fatto un criterio portante della sua psicologia. Per lui, infatti, quella biologico-istintiva è solo UNA POLARITÀ dell'inconscio; L'ALTRA è quella metafisico-ideale-archetipica; ed ognuna di esse ha una sua simbologia specifica. Scrive, infatti:

«Archetipo e istinto formano i massimi opposti pensabili, e lo si può constatare facilmente mettendo a confronto un uomo dominato dall'istinto con un uomo in preda allo spirito».  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.223]

EVOLA
«...E' una fortuna che questo psichiatra non abbia capito nulla e non abbia saputo vedere che prolungamenti di esperienze di psicopatici e psicoterapie là dove si è incontrato con le vestigia della Sapienza e dell'Arte...»

CARLO
E' invece una sfortuna che Evola non abbia capito nulla della psicologia junghiana, e che non abbia saputo vedere in essa che un'estensione della psicologia freudiana, quando invece essa aveva INCONTRATO GIÀ «...le vestigia della Sapienza e dell'Arte...».
Una vera sfortuna, perché Jung ed Evola sono due grandi "spiriti complementari" del nostro secolo.

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