Menu principale

L'elemosina di Hobbes

Aperto da cvc, 11 Maggio 2017, 20:04:32 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Angelo Cannata

Citazione di: Jacopus il 13 Maggio 2017, 10:09:28 AM
L'ipocrisia, spiace dirlo, fa parte del nostro mondo di mezzo, nè bestie nè angeli.
Proprio questa mi sembra una scoperta dell'acqua calda.

Jacopus

L'estrememismo mentale o se vuoi la "reductio ad unum" è molto più diffusa, Angelo. Se davvero "rendersi conto della propria ipocrisia" fosse una consapevolezza accettata dall'umanità e quindi una scoperta dell'acqua calda, credo che il mondo sarebbe leggermente migliore.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

sgiombo

Citazione di: cvc il 13 Maggio 2017, 09:31:00 AM
Sgiombo
Sarà misconosciuto l'egoismo dell'altruismo, ma non l'altruismo dell'egoismo. Basta pensare alla mano invisibile di Adam Smith o a Bertrend Russell quando diceva che senza accentramento della ricchezza (frutto dell'egoismo) non ci sarebbe potuta essere nessuna civilizzazione, nessuna cultura.
Ora mi pare che noi crediamo che l'altruismo sia una questione di civilizzazione e di cultura

CitazioneA questo punto mi dispiace ma sono proprio costretto a pensare che solo chi é intrinsecamente egoista può (N..B.: non ho scritto "deve" o "necessariamente non é in grado di") non essere in grado di distinguere fra soddisfazione ed egoismo (fra egoismo e soddisfazione: soddisfazione dell' egoista oppure dell' altruista, a seconda dei casi: essere soddisfatti o meno é cosa ben diversa dall' essere egoisti oppure altruisti! Ed entrambe -tanto la soddisfazione quanto l' insoddisfazione- possono del tutto parimenti accadere agi uni ed agli altri, agli altruisti non meno che agli egoisti; mentre simmetricamente tanto agli altruisti quanto agli egoisti può del tutto parimenti accadere di essere soddisfatti oppure insoddisfatti).
Solo chi non riesce a concepire soddisfazione che nell' egoismo, chi non riesce a distinguere "soddisfazione" da "egoismo", non é in grado di capire che anche gli altruisti possono benissimo (e pure tantissimo) essere soddisfatti e appagati e contenti e felici; e di fatto non di rado lo sono (per esempio quando, anche senza nessuna ipocrisia -la quale può darsi oppure no, ma non é certo necessaria ed inevitabile in tali circostanze, così come in tante altre- fa l' elemosina; personalmente ho imparato a farla dalla mia cara mamma a Cremona quando ero un bambino e sono fiero di continuare a farla -di tanto in tanto, quando capita l' occasione- senza alcuna ipocrisia, cercando di non farmi -e soprattutto di non farlo- vedere, anche -N.B.: non ho scritto "solamente" bensì "anche"- perché mi rendo conto che la fortuna potrebbe gettare pure me in qualsiasi momento nella condizione di averne bisogno, e vorrei che gli altri si comportassero con me come io mi comporto con gli altri).
Per chi sia altruista (e anche per molti egoisti logicamente ferrati) non c' é alcun problema.

Quanto qui citato di Adam Smith e  Bertrand Russell non vedo che ci azzecchino.

E inoltre egoismo ed altruismo sono presenti in ogni e qualunque cultura e in tutti tempi dell' esistenza umana, anche in quelli preistorici e in quelli preculturali.

Sariputra

#18
A volte ho l'impressione che il dire: "Tutti sono egoisti e ipocriti" ( affermazione chiaramente indimostrabile) serva proprio per giustificare la propria  ipocrisia ed il proprio egoismo. Quale scusa migliore, per continuare ad essere ipocriti, che il dirsi:" Ma siamo tutti così!" ?
Concordo con Sgiombo nella netta divisione tra la soddisfazione data dal compiere il bene e la soddisfazione data dall'atteggiamente egoista.
C'è pure da osservare una distinzione tra ipocrisia e incoerenza, che sono spesso usati e ritenuti dei sinonimi, ma che in realtà riflettono due atteggiamenti mentali assai diversi.
L'ipocrita è sempre pronto a giustificare il suo comportamento attribuendolo a fattori a lui esterni, ossia ambientali, sociali, ecc. ( mentre di solito attribuisce agli altri questa ipocrisia come una caratteristica innata... >:( ).
L'incoerente è una persona 'indecisa' che non sa optare per due scelte diverse ( per esempio non sa se seguire la ragione o i sentimenti del cuore...) e molto spesso sceglie quella sbagliata, pentendosene e tentando di rimediare...cosa spesso impossibile . L'ipocrisia è un atteggiamento deliberato, mentre l'incoerenza è un aspetto umano dovuto alla reale difficoltà di distinguere la scelta migliore da fare, problema in cui quasi tutti noi cadiamo ( chi più e chi meno, ovviamente...).
Se, per esempio, credo nel valore della vita di tutte le creature senzienti e poi, una bella mattina, mi trovo la cucina sommersa dalle formiche e per salvarmi uso un insetticida, sono incoerente ( e spessissimo, mentre sto spruzzando l'insetticida, non provo alcun piacere ma solo tristezza per l'assurdità della vita che ci costringe a far del male ...).
L'ipocrita viceversa , dopo aver bellamente sterminato con gusto le formiche, va  a tenere una conferenza sul valore della vita di tutte le creature senzienti ( anche delle formiche...) e racconta di come, con la cucina invasa dalle formiche, si è fatto aiutare da tutta la famiglia per prenderle delicatamente e 'accompagnarle' al loro formicaio in giardino... ;D .
E' solo un banale esempio, ovviamente...

P.S. Incoerente è Simon Pietro che, stretto tra scegliere l'amore per il Cristo e la paura per la propria vita, sceglie la seconda , piangendo poi "amaramente"...
      Ipocriti sono gli scribi e i farisei apostrofati così con estrema durezza dal Cristo..."Guai a voi..."
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

acquario69

Ma in fondo cosa ci sarebbe di cosi sbagliato nel ritenere che esista sempre e comunque uno stretto rapporto di reciprocità?
Non sarebbe pure una normalissima condizione tra l'altro imprescindibile?

secondo me ci sarebbe più che altro un aspetto che forse noi abbiamo finito per dare per scontato (ma ci sarebbe da chiedersi se sia effettivamente cosi o meno) e cioè,siamo troppo abituati e da troppo tempo a ragionare quasi esclusivamente in termini utilitaristici e calcolanti ...a mio avviso la nostra forma mentis attuale ne sarebbe troppo condizionata e ci impedirebbe cosi di essere ed esprimerci in libertà.

cvc

Può essere che io sia un egoista che cerca l'egoismo negli altri per lavarsi la coscienza. Di sicuro non ho la certezza matematica di essere io un altruista. Poi non è che per pensare se l'uomo sia buono o cattivo sia necessario essere buoni o cattivi. Solo che la filosofia - o perlomeno l'atteggiamento filosofico per come lo intendo - porta ad addentrarsi nelle cose fino a portarle alle estreme conseguenze. Quindi io non mi accontento di definire uno altruista (parliamo in generale senza fare riferimenti personali) se compie talvolta un atto di generosità. Deve esserlo sempre, chi è in grado di riuscirci?  Oppure, statisticamente, compiamo più atti egoistici o altruistici nella vita? Preferisco partire dal constatare la mia corruzione in quanto uomo per cercare poi, eventualmente, di migliorarmi. E la condizione di uomo è quella di essere imperfetto, sebbene perfettibile.
Ripropongo la metafora di Baudelaire: siamo alberi con le radici immerse nell'impurità e i rami che puntano verso il cielo.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Phil

Citazione di: green demetr il 12 Maggio 2017, 15:10:28 PM
Come scriveva l'ultimo Derrida, il tema dell'accoglienza, del saper far spazio nelle nostre vite (vite? lol) all'altro.
Citazione di: cvc il 13 Maggio 2017, 16:58:57 PM
Ripropongo la metafora di Baudelaire: siamo alberi con le radici immerse nell'impurità e i rami che puntano verso il cielo.
Derrida incontra Baudelaire in un topic che che contiene "elemosina" nel titolo... chiudendo il cerchio per aprire di più il discorso ( ;D ), viene in mente il brano di Baudelaire commentato da Derrida nel suo testo "Donare il tempo"; ecco il racconto (più una citazione dal "commento" di Derrida):
http://www.filosofipercaso.it/?p=921

Jacopus

CitazioneMa in fondo cosa ci sarebbe di cosi sbagliato nel ritenere che esista sempre e comunque uno stretto rapporto di reciprocità?
Non sarebbe pure una normalissima condizione tra l'altro imprescindibile?
Caro Acquario, come non darti ragione. Mi hai fatto ricordare un altro aneddoto letto chissà dove: "chiesero a Confucio come riassumere con una sola parola il concetto di morale e lui disse "reciprocità".

Aggiungo invece un altro argomento sul tema in oggetto. Che l'uomo in quanto appartenente all'Ordine dei primati abbia un nucleo di generosità non è sorprendente e fa parte del nostro patrimonio genetico in quanto esseri viventi sociali. La socialità deve in qualche modo fare i conti con l'altro e nella condivisione e nella reciprocità deve/può/vuole cedere qualcosa in cambio di qualcos'altro. Ovviamente dentro di noi c'è anche un altra inclinazione che ci induce all'egoismo. Se non ci fidiamo degli altri, dobbiamo giocare in anticipo e preservare noi stessi o la nostra famiglia o il nostro gruppo o la nostra azienda o il nostro stato. Insomma è la situazione tipicamente ambivalente dell'uomo nella società, talvolta egoista, talvolta generoso.
Accanto a questa spiegazione che scherzosamente possiamo chiamare "filogenetica" dell'altruismo/egoismo, se ne sovrappone un'altra "ontogenetica". In questo secondo senso bisogna ricordare la storia umana e confrontarci con essa, con il progresso e il regresso che racchiude nelle sue varie fasi.
Per fare un esempio basti ricordare la schiavitù negli Stati Uniti meridionali due secoli fa. Non credo che fosse considerata un atto di egoismo da parte degli schiavisti ma una istituzione giuridica "naturale", come se si avesse a che fare con un bue che si può tranquillamente utilizzare per trascinare l'aratro.
Allo stesso modo vi sono correnti di pensiero, movimenti sociali che spingono verso l'altruismo, come molte (se non tutte) religioni.
Se un bambino verrà addestrato ad essere egoista non lo vivrà come un deficit ma come un percorso logico e connaturato a sé e al suo ambiente. In questo senso ha ragione Acquario quando dice che la nostra forma mentis è troppo condizionata da un tipo di cultura "utilitaristica e calcolante" che nasce, guarda caso proprio con l'ascesa della borghesia nel '600, ai tempi di T. Hobbes.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

sgiombo

Citazione di: cvc il 13 Maggio 2017, 16:58:57 PM
Può essere che io sia un egoista che cerca l'egoismo negli altri per lavarsi la coscienza. Di sicuro non ho la certezza matematica di essere io un altruista. Poi non è che per pensare se l'uomo sia buono o cattivo sia necessario essere buoni o cattivi. Solo che la filosofia - o perlomeno l'atteggiamento filosofico per come lo intendo - porta ad addentrarsi nelle cose fino a portarle alle estreme conseguenze. Quindi io non mi accontento di definire uno altruista (parliamo in generale senza fare riferimenti personali) se compie talvolta un atto di generosità. Deve esserlo sempre, chi è in grado di riuscirci?  Oppure, statisticamente, compiamo più atti egoistici o altruistici nella vita? Preferisco partire dal constatare la mia corruzione in quanto uomo per cercare poi, eventualmente, di migliorarmi. E la condizione di uomo è quella di essere imperfetto, sebbene perfettibile.
Ripropongo la metafora di Baudelaire: siamo alberi con le radici immerse nell'impurità e i rami che puntano verso il cielo.
CitazioneSu questo sono d' accordo (e mi sembra ben diverso dal pretendere che anche chi é o si crede altruista é invece per forza, necessariamente, inevitabilmente egoista).

green demetr

cit acquario69
secondo me ci sarebbe più che altro un aspetto che forse noi abbiamo finito per dare per scontato (ma ci sarebbe da chiedersi se sia effettivamente cosi o meno) e cioè,siamo troppo abituati e da troppo tempo a ragionare quasi esclusivamente in termini utilitaristici e calcolanti ...a mio avviso la nostra forma mentis attuale ne sarebbe troppo condizionata e ci impedirebbe cosi di essere ed esprimerci in libertà.

Direi che il punto è proprio quello (bene cos' acquario!) . Chi fa elemosina ha un obiettivo chiaro in testa. (levarsi dalle palle il tipo davanti)
(Nel caso delle ONG è prendersi i soldi 10 e darne 2 ai poracci.....)
(nel caso dei para-medici prendersi stipendio fisso)
(nel caso dei medici, farsi le vacanze alle hawaii)
etc...etc...etc....

Altruismo? lol!

Phil
Derrida incontra Baudelaire in un topic che che contiene "elemosina" nel titolo... chiudendo il cerchio per aprire di più il discorso ( ;D ), viene in mente il brano di Baudelaire commentato da Derrida nel suo testo "Donare il tempo"; ecco il racconto (più una citazione dal "commento" di Derrida):
http://www.filosofipercaso.it/?p=921

Il buon Derrida aveva capito tutto! La soluzione che propone è l'unica agibile,,, e quindi è impossibile, per quanto detto da acquario: che vi è una forma mentis PRIMA.
Ritradotto da Derrida, c'è sempre una narrazione egoista prima! prima di qualsiasi evento.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

#25
Citazione di: cvc il 12 Maggio 2017, 07:22:57 AM
Non so se a te capita di fare la spesa al supermercato e, uscendo, di trovare il mendicante che vorrebbe sollevarti dall'incombenza di riagganciare il carrello vuoto agli altri, per tenersi la monetina. In quel momento ciò che ho in mente è che se costui dovesse prendersi un euro per ogni persona che fa la spesa, guadagnerebbe in un giorno quello che guadagno io in un mese. Poi a volte, se magari sono di fretta, gli lascio immediatamente il carrello giusto perchè non ho tempo e voglio levarmelo di torno (ancor più cinico di Hobbes). Ma quella intima necessità di donare di cui parli, non è anch'essa un dare per avere qualcosa in cambio, se non altro la soddisfazione di aver donato? Quel "nulla" su cui spesso ci si accapiglia tanto in filosofia, siamo sicuri che in questo caso - donare per nulla in cambio - sia proprio nulla?
Non mi pare che qui ci sia dono di alcunché c'è invece un doppio calcolo, il calcolo di chi valuta il suo gesto di portare il carrello pari a una moneta e il nostro calcolo di quanto potremmo guadagnarci facendo noi al posto suo la stessa cosa. Dove sta il dono se c'è solo un calcolare? Se non c'è ormai altro modo di pensare che non sia un calcolo costo / benefici?
Sul dono si è detto molto, si è rilevato come, proprio per la sua incommensurabilità stia alla base di un debito inestinguibile che rende per sempre schiavo del donatore chi lo riceve (come disse il padre al figlio: ti ho donato la vita! e così il figlio e ogni figlio sarà per sempre soggetto al "nome del padre"). L'economia basata sul dono precede nella storia umana quella dello scambio che viene a rimediare e a liberare. Se si vuole ancora salvare il dono occorre che sia assolutamente anonimo.
Ma tutto questo è detto a posteriori, non nell'atto e tradisce il senso dell'atto di soccorrere l'altro nel suo bisogno. Cosa accade mentre soccorro l'altro? Sono davvero io che lo soccorro? O non è il senso di bisogno che avverto nell'altro che letteralmente mi costringe? Non c'è merito, non c'è nulla di cui possa compiacermi, non ci sono io in quell'atto, men che meno l'aspettarmi di sentirmi poi meglio. E', nel suo accadere, un puro automatismo senza attesa di ricompensa in cui poi si scopre che poi ci si sente meglio. C'è solo un atto che sento che non può non essere fatto e proprio per questo non si interessa né di ricompense né di soddisfazioni, non si interpreta, non valuta, non dice "hai fatto bene", gli è indifferente far bene e solo per questo fa bene, fa quello che non può non fare, senza resistenza.
Dice bene Green, l'altruista dovrebbe solo togliersi di mezzo, il problema è che se non è un ipocrita non può proprio togliersi di mezzo, è costretto dal bisogno dell'altro che gli appare davanti con l'assoluto del suo volto nudo esposto all'offesa e non gli basta volgere lo sguardo, perché quel volto con il suo nudo esporsi ritorna. E' costretto senza avere nulla in mente e senza meritare niente. Poi contabili molto razionali specialisti in partita doppia gli diranno che l'ha fatto solo per avere un ritorno, perché solo questo spiega bene tutto e così tutto torna senza resti, mentre in realtà non spiega assolutamente nulla, a parte l'esigenza di una contabilità.

cvc

Citazione di: maral il 14 Maggio 2017, 10:23:38 AM
Citazione di: cvc il 12 Maggio 2017, 07:22:57 AM
Non so se a te capita di fare la spesa al supermercato e, uscendo, di trovare il mendicante che vorrebbe sollevarti dall'incombenza di riagganciare il carrello vuoto agli altri, per tenersi la monetina. In quel momento ciò che ho in mente è che se costui dovesse prendersi un euro per ogni persona che fa la spesa, guadagnerebbe in un giorno quello che guadagno io in un mese. Poi a volte, se magari sono di fretta, gli lascio immediatamente il carrello giusto perchè non ho tempo e voglio levarmelo di torno (ancor più cinico di Hobbes). Ma quella intima necessità di donare di cui parli, non è anch'essa un dare per avere qualcosa in cambio, se non altro la soddisfazione di aver donato? Quel "nulla" su cui spesso ci si accapiglia tanto in filosofia, siamo sicuri che in questo caso - donare per nulla in cambio - sia proprio nulla?
Non mi pare che qui ci sia dono di alcunché c'è invece un doppio calcolo, il calcolo di chi valuta il suo gesto di portare il carrello pari a una moneta e il nostro calcolo di quanto potremmo guadagnarci facendo noi al posto suo la stessa cosa. Dove sta il dono se c'è solo un calcolare? Se non c'è ormai altro modo di pensare che non sia un calcolo costo / benefici?
Sul dono si è detto molto, si è rilevato come, proprio per la sua incommensurabilità stia alla base di un debito inestinguibile che rende per sempre schiavo del donatore chi lo riceve (come disse il padre al figlio: ti ho donato la vita! e così il figlio e ogni figlio sarà per sempre soggetto al "nome del padre"). L'economia basata sul dono precede nella storia umana quella dello scambio che viene a rimediare e a liberare. Se si vuole ancora salvare il dono occorre che sia assolutamente anonimo.
Ma tutto questo è detto a posteriori, non nell'atto e tradisce il senso dell'atto di soccorrere l'altro nel suo bisogno. Cosa accade mentre soccorro l'altro? Sono davvero io che lo soccorro? O non è il senso di bisogno che avverto nell'altro che letteralmente mi costringe? Non c'è merito, non c'è nulla di cui possa compiacermi, non ci sono io in quell'atto, men che meno l'aspettarmi di sentirmi poi meglio. E', nel suo accadere, un puro automatismo senza attesa di ricompensa in cui poi si scopre che poi ci si sente meglio. C'è solo un atto che sento che non può non essere fatto e proprio per questo non si interessa né di ricompense né di soddisfazioni, non si interpreta, non valuta, non dice "hai fatto bene", gli è indifferente far bene e solo per questo fa bene, fa quello che non può non fare, senza resistenza.
Dice bene Green, l'altruista dovrebbe solo togliersi di mezzo, il problema è che se non è un ipocrita non può proprio togliersi di mezzo, è costretto dal bisogno dell'altro che gli appare davanti con l'assoluto del suo volto nudo esposto all'offesa e non gli basta volgere lo sguardo, perché quel volto con il suo nudo esporsi ritorna. E' costretto senza avere nulla in mente e senza meritare niente. Poi contabili molto razionali specialisti in partita doppia gli diranno che l'ha fatto solo per avere un ritorno, perché solo questo spiega bene tutto e così tutto torna senza resti, mentre in realtà non spiega assolutamente nulla, a parte l'esigenza di una contabilità.
Ma credo che in questo caso l'egoismo prescinda dal calcolo. La brama di possesso e di nutrire l'ego talvolta spinge ad agire contro i propri interessi, come lo speculatore che per volere troppo si ritrova a perdere tutto. Oppure semplicemente siamo esseri calcolanti che non possono prescindere dal calcolo. Il buon Pascal da un lato affermava che il cuore ha ragioni che la ragione non può comprendere, ossia che prescindono il calcolo. Ma d'altra parte affermava anche che uno dovrebbe credere in Dio anche per puro calcolo costi/benefici: se credi in Dio e poi Dio non esiste hai un danno minore di quello che subiresti a non credere in Dio e poi, invece, Dio esiste davvero.
Certo esiste l'empatia che ci spinge ad aiutare il prossimo perché ci fa immedesimare nella sua sofferenza, perché la sua sofferenza diventa la nostra. E forse sarebbe giusto fermarsi qui, non indagare oltre col rischio di disconoscere il merito di chi si dedica al prossimo. Ma qui non si tratta tanto di sminuire l'altruismo, ma di capire che c'è sempre l'amor proprio a fondamento del donare.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

sgiombo

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 02:44:21 AM

Direi che il punto è proprio quello (bene cos' acquario!) . Chi fa elemosina ha un obiettivo chiaro in testa. (levarsi dalle palle il tipo davanti)
(Nel caso delle ONG è prendersi i soldi 10 e darne 2 ai poracci.....)
(nel caso dei para-medici prendersi stipendio fisso)
(nel caso dei medici, farsi le vacanze alle hawaii)
etc...etc...etc....

Altruismo? lol!
CitazioneSegnalo per la cronaca che sono un medico e le vacanze più lontane le ho fatte a Barcellona con mia moglie (una settimana in occasione del XXV anniversario del nostro matrimonio).
Da trentacinque anni passo le ferie estive in Calabria nel paese nativo della suddetta.

P. S.: va beh che viviamo in tempi barbarissimi (...da che é stato abbattuto il muro di Berlino), ma non credevo che si potesse giungere fino a stigmatizzare il fatto di "prendersi uno stipendio fisso" (men che meno da parte degli infermieri o altri paramedici che solitamente fanno turni di lavoro fisicamente durissimi e psichicamente stressantissimi).

Phil

Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 02:44:21 AMChi fa elemosina ha un obiettivo chiaro in testa. (levarsi dalle palle il tipo davanti)
Generalizzando troppo forse sembrerebbe di si, ma è anche vero che spesso per lasciarsi alle spalle il mendicante basta accelerare un po' il passo, senza (con)cedere denaro... quindi già la scelta del modo in cui ci si congeda dalla richiesta di moneta è significativa, sintomatica di un determinato tipo di approccio all'altro in quanto "incursore" nella nostra vita (economica, ma non solo...). 

E quando invece non è la domanda di denaro a venire da noi, ma siamo noi a cercare l'occasione per offrirlo? Quando non è lo sguardo del povero a cercarci, ma siamo noi a cercarlo? Non sono rarissimi i casi in cui qualcuno cerca un modo per donare (denaro o altro) senza che gli venga chiesto... come decifrare l'egoismo insito in questa attitudine propositiva? Non nego che ci possa essere, ma verte probabilmente su altri meccanismi rispetto al "donare richiesto"...


Citazione di: maral il 14 Maggio 2017, 10:23:38 AM
contabili molto razionali specialisti in partita doppia gli diranno che l'ha fatto solo per avere un ritorno, perché solo questo spiega bene tutto e così tutto torna senza resti, mentre in realtà non spiega assolutamente nulla, a parte l'esigenza di una contabilità.
La questione del resto mi pare sia cruciale: ogni dono presuppone un "resto" (magari non economico, ma psicologico) che ritorna al mittente come ricevuta, sotto forma di plus-valore (magari non spirituale, ma solo esistenziale) che rende il dono sempre un investimento (quasi un "puntare dei soldi" in una relazione, ricavandone "interessi" non monetari) specialmente nelle situazioni faccia-a-faccia... fare i conti con le monete è facile, farli con gli effetti collaterali (umani) del donare ha ben altra difficoltà: si passa dalla partita doppia, alla doppia partita (quella con se stessi e con gli altri...).

Jacopus

Stanley Milgram è noto per i suoi esperimenti sull'ubbidienza, ma fra i suoi esperimenti vi è stato anche quello di lasciare in giro per tutto il New Haven delle lettere affrancate per vedere se le persone comuni si fossero prese la briga "del tutto altruisticamente" di imbucarle. I risultati furono che la gran parte delle lettere arrivarono a destinazione. La cosa più interessante è che le lettere con destinatario un soggetto furono imbucate molto di più di quelle che erano indirizzate ad associazioni ed organizzazioni.
In effetti il nostro altruismo funziona come strumento di "reciprocità". Ci mettiamo nei panni degli altri e pensiamo che a noi farebbe piacere ricevere lo stesso trattamento che forniamo. E' ovvio che in ogni atto di generosità c'è un elemento di egoismo e non potrebbe essere altrimenti. Solo dei soggetti particolarmente santi o disturbati potrebbero giungere ad una generosità assoluta e la stessa conclusione si potrebbe adottare anche per gli atti assolutamente egoistici.
In realtà è il nostro stesso cervello ad imporci di essere tutelanti nei confronti del gruppo degli altri umani, attraverso quelli che sono stati definiti neuroni-specchio che servono per apprendere e per empatizzare. La generosità in questo senso è molto connessa all'apprendimento e questa affermazione può essere provata anche dal rapporto genitori-figli, laddove solo un rapporto di generosità da parte dei genitori permette ai figli di sviluppare meglio le sue capacità di apprendimento.
Naturalmente sono consapevole che il gene è egoista (Dwakins) ma il suo egoismo muta in relazione alla nostra posizione nel mondo storico. Più riusciamo a mitigare attraverso la civilizzazione il nostro istinto violento (che pure esiste) più è possibile aprire nuovi fronti alla generosità.
E' vero che viviamo in un epoca calcolante e dove il senso di reciprocità è messo continuamente in discussione, eppure la generosità traspare in molti campi se confrontato con quanto accadeva nel passato. Non applicare la pena di morte per certi reati non è forse un atto di generosità?
Thomas Jefferson all'inizio dell'800 presentò una proposta di legge per punire la donna poligama con l'amputazione del naso. Nel '600 era uno spettacolo comune a Parigi, seguito dal popolo e dall'aristocrazia, nel dare fuoco a dei gatti e vederli bruciare fra sofferenze orrende.
Bisognerebbe indagare sul legame, se c'è, fra generosità e mitezza di una società. E' anche possibile che una società dove si era più violenti vi fossero dei rapporti più generosi, mentre oggi, ognuno chiuso nella sua contabilità, non pensi all'altro se non come fastidio e concorrente.
Sono andato un pò a ruota libera ma spero di essere stato sufficientemente comprensibile.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Discussioni simili (1)