L'educazione implica di per sé la violenza o può sussistere senza coercizione?

Aperto da Socrate78, 03 Aprile 2021, 19:19:26 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Socrate78

Apro questo thread per discutere con voi di una tematica filosofica importante, cioè della pedagogia, del modo migliore di educare il fanciullo e farlo apprendere e istruirlo. In particolare mi chiedo se il processo educativo debba per forza implicare una certa dose di violenza, di coercizione, oppure se possa dispiegarsi nel pieno rispetto delle tendenze naturali del fanciullo senza costrizione alcuna. Rousseau nel romanzo pedagogico L'Emile (1762) aveva in pratica sostenuto il principio dell'educazione NEGATIVA, il maestro non deve impartire ordini e costringere l'alunno ad apprendere, ma deve semplicemente invitarlo a fare da solo le esperienze che lo porteranno a maturare e il discente quindi deve apprendere solo se effettivamente ne ha volontà. Il metodo Montessori si basa in buona parte sulle teorie di Rousseau, infatti sostiene che è necessario che il fanciullo sperimenti da solo il mondo ed impari attraverso le esperienze autonome, con il docente che ha al massimo una funzione di guida, ma non impone nulla. Il costruttivismo, altra teoria pedagogica derivata dalla Montessori, si basa anch'esso sull'idea che l'alunno debba costruirsi da solo la propria conoscenza, con il docente che ha solo il compito di facilitatore, e non di trasmettitore del sapere. Tuttavia è importante sottolineare che esistono diverse tipologie di ragazzi, alcuni hanno naturale curiosità verso il mondo e volontà di apprendere, di studiare, di conoscere, in altri invece non c'è desiderio di conoscenza, ma anche questi ultimi è giusto siano istruiti, quindi com'è possibile istruirli senza coercizione? Un atto coercitivo sarebbe quindi per forza necessario affinché tutti i fanciulli apprendano e imparino, poiché è utopistico pensare che tutti abbiano naturale curiosità verso il sapere.
Il sistema scolastico si è infatti sorretto per tanti decenni sulla coercizione, basti pensare alle punizioni corporali contro chi non voleva apprendere nelle lezioni e non seguiva le regole di comportamento stabilite dall'insegnante, ma ancora oggi la scuola comunque è ancora basta su una certa coercizione, poiché sebbene non usi più la bacchetta comunque si fonda sull'idea che il soggetto debba seguire il maestro anche quando non ne ha voglia, altrimenti ci sono forme di punizione più o meno severe a seconda del maestro e della scuola stessa. Esistono però esperimenti in alcune scuole elementari in Italia, chiamate "scuole senza zaino", in cui gli alunni sono liberi (relativamente) di visionare i materiali didattici messi loro a disposizione, di cimentarsi nelle attività che preferiscono con il docente che ha solo un ruolo di facilitatore, di guida, ma lasciando al discente l'autonomia di stabilire da solo il percorso di apprendimento. Sarebbe interessante poi vedere se gli alunni che provengono dalle scuole senza zaino abbiano poi lacune nella preparazione rispetto agli altri, poiché gli studi in proposito sono contraddittori e non danno un'idea precisa di come effettivamente tali alunni acquisiscano le conoscenze. Ma c'è da chiedersi: questo modello educativo basato sulla libertà dell'alunno è efficace? O può funzionare solo su alcuni soggetti già predisposti ad apprendere o non su altri? La coercizione è quindi fatalmente il prezzo da pagare per l'educazione?

viator

Salve Socrate78. Teoria e pratica. La teoria (l'idealismo) predica che il singolo dovrebbe venir educato in spontaneità, avendo come unico RIFERIMENTO (ripeto e sottolineo, RIFERIMENTO) un singolo insegnante, un precettore, un Pigmalione che si limiti a spiegare il mondo SOLO SU RICHIESTA DELL' EDUCANDO (diversamente tenderebbe sempre - anche se involontariamente - a sostituire la propria visione del mondo alla spontaneità dell'allievo !).Quindi Rousseau e la Montessori (INSIGNI personaggi TEORETICI della filosofia esistenziale il primo, dell'educazione "scientifica" la seconda) sognavano e predicavano una soluzione collettivamente impraticabile, costosissima, assurda, nei fatti discriminante e privilegianti i ricchi, i "normali".......(che Ipazia non ci ascolti, per carità !).-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------La pratica è leggermente diversa, date anche le insistite abitudini copulatorie che hanno portato la popolazione del pianeta verso gli otto miliardi............l'educazione di massa (preferisco parlare di educazione collettiva) deve necessariamente indirizzarsi verso un qualche tipo di coercizione (a parte i tempi, che vedono gli adolescenti molto attratti dalla autoformazione spontanea e riflessiva consentita da telefonini e dalla ricerca di milioni di "likes", "influencers" e "followers").--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Tema ovviamente ciclopico che penseranno altri utenti a sviluppare (me lo immagino !). Io mi limito a dire che occorrerebbe scindere la formazione del giovane secondo due orizzonti distinti e contrapposti :


       
  • egualitarismo esteriore : almeno fino ad una certa età a scuola si va vestiti tutti eguali (la divisa, il grembiule, e non me ne frega nulla delle risatine di qualcuno). Le uniformi - mi spiace per moltissimi egualitaristi che le odiano - sono proprio e precisamente l'emblema dell'egualitarismo.
  • individualismo interiore : incentivi ad esprimere la propria specificità indipendentemente dai modelli proposti dalla società e dal mondo extrascolastico, al cui interno regna solamente l'attività di indirizzo dell'insegnante, senza alcuna intrusione di "democrazie assembleari" esterne.
Di più non dico, anche perchè ai polveroni provvederanno, come sopra ho accennato, altri. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Kobayashi

L'apprendimento avviene solo tramite la ripetizione.
Si fanno passi avanti solo attraverso la paziente rielaborazione dello stesso tema nelle sue infinite sfumature.
È certamente un processo faticoso. Che quindi deve essere imposto. Sta all'abilità dell'insegnante renderlo il meno arido possibile. Cioè bilanciare la frustrazione della costrizione con un immaginario lussureggiante: le avventure nella conoscenza, i mondi lontani, ma anche la competizione tra compagni e una votazione realistica che restituisce il senso di un lavoro eccellente.

Lasciare libertà agli studenti di costruire il proprio percorso formativo significa favorire coloro che sono più dotati, più interessati alla conoscenza, più capaci di starsene da soli a giocare con il sapere.
Ma è proprio questo ciò che va trasmesso: insegnare ai meno svegli, fantasiosi, ricchi di energie interiori, a sviluppare interesse per la conoscenza in modo che riescano prima o poi a sopportare il lavoro dell'apprendimento.
Rinunciare all'imposizione di una disciplina è in fondo rinunciare alla responsabilità che gli adulti hanno nei confronti delle nuove generazioni.
È come se la mancanza di sicurezza nella propria cultura fosse tale da impedire di imporre dei valori precisi che rispondano al problema della crescita e dello sviluppo di un essere umano.

Il conformismo si batte attraverso un super lavoro critico il cui presupposto è l'autodisciplinamento. In mancanza di questa capacità di imporre a se stessi una condotta specifica sulla lunga durata, la rinuncia, un vero e proprio ascetismo, restano all'individuo, debole di spirito perché mai addestrato, solo i consueti percorsi globali dell'allevamento degli umani.

iano

L'educazione più efficace, nel bene e nel male, è quella che il maestro involontariamente da' con l'esempio. È in se' una ineliminabile coercizione decisa dal caso, cui si può ovviare in parte con gli strumenti con cui siamo soliti trattare il caso.
Quindi l'ideale sarebbe avere tanti maestri di modo che con buona probabilità almeno uno di questi divenga guida eletta  naturale dell'alunno, in base alle sue inclinazioni.
Siamo naturalmente predisposti ad imparare dall'esempio, e non è quindi questione di aver voglia o meno di imparare, per cui ritengo la condizione pedagogica ideale si realizzi nel disporre di diversi esempi, ciò che attenuerebbe appunto l'ineliminabile coercizione che deriva dall'esempio.
Questo secondo me è il cuore del problema, e tutto il resto, seppur eventualmente necessario, è puro contorno.
Se il maestro è unico sarà lui a giudicare gli alunni.
Ma se sono tanti i maestri il giudizio diventa anche facoltà  dell'alunno.
Una scuola dove il maestro non impara nulla dall'alunno non è una buona scuola.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Discussioni simili (5)