L'atomo di Friedrich Nietzsche

Aperto da Ipazia, 30 Aprile 2020, 13:03:37 PM

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Ipazia

D'accordo sulla relazione genetica tra estetica ed etica, ma appena diventa grandicella l'estetica instaura una relazione retroattiva con la madre tale da modificarne il modo di pensare. Ecco allora che Frine, accusata dello stesso reato di Socrate, riesce a scampare dalla medesima condanna mostrandosi nuda ai giudici. Un caso clamoroso di estetica capace di modificare, o quantomeno mettere seriamente in crisi, gli orizzonti di senso etico precedenti. Apollo benedicente entrambe.

E benedicente pure un Don Giovanni che alfine, anche sul piano etico, lascia qualcosa col suo NO finale. Nichilismo ? Forse. Ma così antinichilista da restare ancora a lungo nei sogni delle dame possedute, anche se questo Mozart e Da Ponte non lo possono dire, ma l'avranno, conoscendo i personaggi, maleficamente pensato, lasciando Kierkegaard col cerino in mano.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Ipazia il 05 Maggio 2020, 22:01:57 PM
D'accordo sulla relazione genetica tra estetica ed etica, ma appena diventa grandicella l'estetica instaura una relazione retroattiva con la madre tale da modificarne il modo di pensare. Ecco allora che Frine, accusata dello stesso reato di Socrate, riesce a scampare dalla medesima condanna mostrandosi nuda ai giudici. Un caso clamoroso di estetica capace di modificare, o quantomeno mettere seriamente in crisi, gli orizzonti di senso etico precedenti
Mi pare di non rilevare una modifica o una messa in crisi dell'etica da parte dell'estetica, piuttosto una conferma della divergenza fra le due; se l'etica, come ricordato (da Kierkegaard e altri), ha intrinseche velleità universali, il caso di Frine è semmai l'eccezione che conferma la regola: mostrare la propria nudità per ottenere una riduzione della pena o l'assoluzione, non è diventata da allora una prassi che ha modificato il diritto di quella comunità, tantomeno la tradizione etica di quel popolo. Ciò che quel gesto «ha messo in crisi» è l'immanente capacità di giudizio di alcuni specifici individui, ma non l'universalità della loro etica, confermata tale proprio dallo sbandamento per motivi estetici; sbandamento che non ha costituito un caso esemplare, un precedente poi tradotto in norma, restando fine a se stesso (come una certa estetica tende ad essere).
L'estetica, come esemplificato proprio da Frine, può tentare e sedurre i "ministri dell'etica", o più in generale tutti i soggetti in quanto attori etici, quasi fosse un invito, direbbe Kierkegaard (ma non io), a "passare al lato oscuro della forza", ovvero dalla "illuminata" forza della morale alla forza della "cupa cupidigia" animal-edonistica (anche se l'estetica non è questo, vedi in seguito). Più che suddetta «modifica» c'è insidia, in caso di estetica tentatrice, o approvazione/supporto, in caso di estetica complice di un'etica (arte sacra, etc.). Mi risulta difficile pensare ad un "hackeraggio estetico" dell'etica che non si limiti ad epifenomeni contingenti, come la scelta testosteronica di quei giudici. La figura dell'esteta che costeggia la morale o la infrange è un noto cliché, come quello dell'artista dissoluto, nondimeno c'è anche un'estetica che resta nei binari etici; in entrambi i casi, mi pare permanga comunque una differenza chiara fra i due orizzonti.
Ovviamente l'estetica non è una mera questione di "leva ormonale", anzi, nell'istinto all'accoppiamento c'è più neurobiologia che estetica (al massimo "neuroestetica"): il pavone che apre la sua ruota o un numero speciale di Playboy hanno "in sé" valenza estetica perlopiù metaforicamente, almeno se intendiamo l'estetica di cui si occupa la filosofia (riflessione sul bello e dintorni, non ostensione del bello in quanto tale).

Ipazia

Non mi pare si sia trattato solo di testosterone ma piuttosto di kalòs kagathòs, della duplice natura di un'etica classica per cui la bellezza valeva quanto la virtù creando talvolta un corto circuito tra le due muse, come nel caso di Frine. L'argomento giuridico dell'assoluzione fu che la bellezza non può corrompere. Spiace per Socrate, che anche sul lato maschile della bellezza lasciava a desiderare, ma in quel frangente non vi fu proprio partita. Anche Kalos compete nel campo etico e il suo potere redentivo è notevole quanto il seduttivo, per nostra fortuna e piacere. FN ce l'ha spiegato fino alla nausea come l'etica (i valori...) non sia data, ma si ponga.
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Phil

@Ipazia

Tuttavia, fuori da quel frangente storico (e fuori dalla narrazione leggendaria dell'evento), o anche, concediamolo pure, forse proprio a partire da esso, il percorso delle due mi pare sia rimasto sempre ben separato. Risincronizzandoci al qui ed ora, affermare che oggi «Kalos compete nel campo etico» non so se trovi riscontro nella nostra realtà (occidentale, non tribale, etc.), in cui si insegna perlopiù la negazione di kalòs kagathòs (certo, se ne può discutere) ovvero che il bello non è di per sé virtuoso (eticamente) e viceversa; sempre considerando che finché «etico» non è sinonimo di «sociale», la frase non può essere intesa come «Kalos compete nel campo sociale». Se per «compete» si intende «esser di competenza di», allora è difficile non concordare: usi e costumi competono solitamente alla morale, che dà il suo giudizio di valore anche sulla lunghezza delle gonne, sul rapporto fra bellezza femminile e giudici, sul tener a bada gli ormoni, etc. C'è indubbiamente una moralità che giudica e quindi influenza l'estetica (come già accennato), ma un'estetica che condizioni l'etica non mi pare abbia trovato nella nostra storia un adeguato simmetrico influsso.
Sul «potere redentivo» del Bello, c'è da chiedersi se redima eticamente o da questioni etiche, se sia (as)soluzione o evasione, oppure (considerando tutto quello che presuppone la categoria di «redenzione», nelle sue differenti declinazioni) rimanga ancora "insolubile" nell'etica, confermando appunto la differente "materia" delle due.

Ipazia

Un Cristo e una Madonna brutti sono difficilmente proponibili. Anche la statuaria divina classica è attenta all'estetica dei numi. Il senso istintivo di orrore si innesca di fronte alla bruttezza e alla crudeltà con una marcata similitudine emotiva. kalòs kagathòs non è una bizzaria et(olog)ica. E poi c'è Dostoevskij...
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Ipazia

... Altra carne al fuoco:

"Nati non fuste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". La contiguità tra bruto (etica) e brutto (estetica) è potente anche nella Kalokagathia cristiana. Pure i "panni curiali" di Machiavelli per accedere alla lettura degli "antiqui huomini" evocano una sinergia etico-estetica.

Hai ragione ad osservare che di umanesimo nella post modernità se ne veda poco, ma il ritorno alle "divine proportioni", siano esse di Platone o Leonardo, è un potente richiamo della foresta antropologica che non si tace mai. Su quel richiamo, fondare un'etica è pur sempre possibile. Cominciando dall'orrore per la guerra, miseria, violenza gratuita e psicotica, nel bruto brutto che ci circonda.
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Phil

Sopra ho già accennato a una «estetica complice di un'etica (arte sacra, etc.)»: l'immagine di un Cristo o una Madonna è un elemento estetico o etico? Il contenuto della raffigurazione non va confuso con le modalità di presentazione: una dottrina può ricorrere all'estetica per comunicare, come è tipico della religione cristiana nelle nostre chiese, ma questo non comporta confondere i piani di ciò che si rappresenta (una religione) con il canale scelto (un quadro, un affresco, etc.). D'altronde, la bellezza della raffigurazione di una Madonna, sta nel suo esser immagine di una Madonna o in come è rappresentata? Il messaggio religioso sta nell'esser ben rappresentato o in cosa viene rappresentato? Un crocifisso disegnato con un dito sulla sabbia, "opera" dallo scarso impatto estetico, può ricordare ad un credente l'intero impianto etico della sua fede (v. simboli incisi nelle catacombe), mentre una Madonna affrescata può incantare lo sguardo anche di un ateo o di chi non sa nemmeno cosa sia la religione cristiana.
Ora che l'alfabetizzazione è piuttosto diffusa, il messaggio etico può ancora strumentalizzare la dimensione estetica (v. "pubblicità impegnate" e simili), proprio come una messaggio estetico può andare contro l'etica (scandalismo artistico), ma, appunto i due piani confermano così la loro essenziale separazione nel momento in cui una non si dissolve mai nell'altra. Resta dunque l'asimmetria di cui sopra; un caso in cui l'estetica condizioni l'etica (il che non significa semplicemente rappresentarla) non mi viene in mente; viceversa, gli esempi non mancano.

Sull'orrore delle bruttezza e quello della crudeltà, possiamo appellarci all'esperienza empirica con un esperimento: il sentimento che ti suscita la bruttezza di un pessimo abbinamento cromatico dei vestiti è accostabile al sentimento che ti suscita la bruttezza di un gesto irrispettoso o una battuta offensiva nei confronti di una persona menomata? La bruttezza è "omonima", ma il suo corrispettivo semantico, psicologico e (volendo giocare il jolly) "spirituale", credo sia ben differente; anche se le mie esperienze personali in merito magari non corrispondono alle tue (prospettivismo docet; per tornare in topic).

Sempre a filo di omonimia (omografia?) che taglia i due ambiti: quello che è "brutto" per l'etica non lo è per l'estetica. Guernica è brutta? Rappresenta (non «è») una bruttura etica, la guerra, ma lo fa con la bellezza dell'arte (che non è la bellezza dell'estetista). Le sensazioni dell'estetica non sono giudizi etici (le neuroscienze hanno spiegato che, come aveva intuito Kant se non erro, il sublime, con le sue "vertigini", è una questione percettiva di "sproporzioni", nulla a che vedere con il disappunto o la condanna morale).
Indubbiamente etica ed estetica possono essere accostate (nel sovrainsieme comune della filosofia) ed interagire, come detto l'estetica può esser strumento dell'etica, ma secondo me va comunque distinto il pennello (estetica) dalla mano che lo regge, considerando che la mano (quella dell'etica) non ha essenziale bisogno del pennello e il pennello può esser usato anche da altre mani (non etiche).


P.s.
Sulle citazioni: al netto di quanto detto sopra, nei «panni curiali» di Machiavelli non vedo nulla di etico, né una sinergia fra etica ed estetica; in che senso la riscontri? Sul motto di Dante invece non colgo l'appello a fuggire la bruttezza (e se ci fosse sarebbe, visto il contesto, quasi un imperativo morale, nulla di estetico). Sulla contiguità fra brutto e bruto nel cristianesimo, probabilmente siamo di due parrocchie diverse (nella mia, se il flash-back ai tempi del catechismo non mi inganna, la bruttezza morale non ha nulla di estetico).

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