Istinto alla Divinità: rende l’uomo tanto differente rispetto agli animali

Aperto da Anna Maria Santonicola, 06 Ottobre 2021, 20:00:34 PM

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Anna Maria Santonicola

[size=0pt]Gli istinti sono comportamenti automatici, cioè non sono frutto di apprendimento né di scelta personale. Questi fanno nascere in tutti gli esseri viventi dei bisogni per il loro soddisfacimento, per esempio, l'istinto alla sopravvivenza fa nascere il bisogno di nutrirsi, di difendersi dai predatori e di cercare un riparo. L'istinto alla procreazione fa nascere i bisogni a fare sesso, a ricercare un compagno, ad essere accettato da esso, eccetera. Questi due istinti primari sono presenti in tutti gli esseri viventi, sia quindi negli uomini che negli animali così come nelle piante, ma nonostante questi istinti in comune, l'uomo tende a differenziarsi molto rispetto a tutti gli altri esseri viventi, sia nel comportamento, sia psicologicamente che socialmente. Ciò deve indurci a pensare che solo l'uomo è soggetto ad un terzo istinto primario che lo spinge ad essere tanto diverso nei comportamenti rispetto a tutti gli altri esseri del creato. [/size]
[size=0pt][/color]Tutti gli animali nel loro ambiente naturale, soddisfatti i loro istinti primari di sopravvivenza e procreazione non cercano nessun altro tipo di appagamento. Il leone, per esempio, non cerca di conservare del cibo per i giorni di magra costruendo un frigorifero. Le api non cercano di costruire un alveare che va oltre le proprie necessità di protezione, non ambiscono a costruire un riparo più imponente e bello con affreschi, quadri, tappeti e pietre preziose.[/size]
[size=0pt][/color]Gli uomini sono spinti da forze straordinariamente forti, date dal terzo istinto primario, per cercare di soddisfare bisogni molto differenti, ma tutti accomunati da una ricerca di immortalità, onnipotenza e onniscienza.[/size]
[size=0pt][/color]Questo terzo istinto spinge l'uomo alla costante ricerca dell'immortalità, all'onnipotenza ed all'onniscienza.[/size]
[size=0pt][/color]La ricerca dell'immortalità fa nascere nell'uomo il bisogno di comunicazione e condivisione con l'intera umanità presente e futura, dei suoi pensieri, idee ed immagine di sé. Ovvero lo spinge all'immortalità attraverso la diffusione delle sue idee, pensieri e sensazioni (poeti, scrittori, pittori, scultori, genitori che trasmettono alla loro discendenza il loro modo di pensare e di agire, gli influencer... tutti quelli che condividono e vogliono diffondere sé stessi, attraverso le loro idee, pensieri come pure la propria immagine con il mondo, o quanto meno con parte di esso).[/size]
[size=0pt][/color]La ricerca dell'onnipotenza fa nascere negli individui bisogni legati alla manifestazione della sua superiorità, che porta l'individuo a imporre le sue idee, pensieri ed azioni sugli altri. Questo bisogno in alcuni spinge ad armarsi in guerre contro alti popoli, in altri a studiare come allungare la vita ad altri essere viventi (i medici), a studiare nuovi strumenti per migliorare la vita dell'umanità (gli inventori, i progettisti, i contadini, gli artigiani... insomma tutti quelli che producono). Come il desiderio di manifestare attraverso gli oggetti che si possiedono la propria potenza rispetto agli altri: il cellulare più potente, la casa più grande e più sfarzosa, la macchina più grande...[/size]
[size=0pt][/color]La ricerca dell'onniscienza fa nascere negli individui bisogni legati al desiderio di conoscenza, di scoprire l'universo che ci circonda. Bisogni legati al desiderio di capire le leggi che governano la fisica, la chimica e la vita (i fisici, matematici, i geologi... tutto quelli che studiano).[/size]
[size=0pt][/color]Dato che l'immortalità, l'onniscienza e l'onnipotenza sono da sempre le caratteristiche che noi attribuiamo agli dèi, il terzo istinto primario è chiamato: istinto alla divinità.[/size]
[size=0pt][/color]Ogni individuo nelle sue occupazioni quotidiane tende al soddisfacimento di questo istinto, tende alla divinità.[/size]
Aarticolo seguente approfondisce questo studio:
https://www.academia.edu/53697400/ISTINTO_ALLA_DIVINITA_ci%C3%B2_che_rende_lEssere_Umano_differente_dagli_animali

Ipazia

Benvenuta Anna Maria

Un così bel mettere il carro davanti ai buoi non fu mai scritto.

Io, in poche parole, la vedo così:

La consapevolezza della condizione mortale ci spinge ad adottare strategie per durare nel tempo anche oltre la nostra morte fisica.

La consapevolezza della nostra limitata forza di primati inurbati ci spinge verso artifici tecnologici per superare tale deficienza.

La consapevolezza della nostra ignoranza ( la prima parola "metafisica" che imparano i bambini è "perchè ?") ci spinge verso la conoscenza.

Il terzo istinto primario, che chiamerei "buonsenso", ci spinge a non farci troppe illusioni su immortalità, onnipotenza e onniscienza.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve A.M.S. Interessante il fatto che - secondo te - i bisogni vengano creati dagli istinti.................e non magari l'inverso, cioè che i bisogni (ciò che permette l'assolvimento di tutte le funzioni vitali necessarie e sufficienti) abbiano generato dei meccanismi biologici destinati a rendere (possibilmente, tendenzialmente) automatico il nostro soddisfacimento di essi, cioè appunto gli istinti.-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Il bisogno di defecare, secondo te, da quale nostro istinto verrebbe creato ?.-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
E non dirmi che faccio domande troppo difficili.A proposito : benvenuta tra noi a rimpolpare la sempre troppo esigua pattuglia di coloro che popolano l'altra metà del cielo. Salutissimi.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

baylham

L'istinto di sopravvivenza è sufficiente a spiegare l'aspirazione all'immortalità, all'onnipotenza e all'onniscienza, che sono delle tendenze derivate.

Kobayashi

Parlerei di "attitudine", non di "istinto".
E certo, l'attitudine dell'uomo è quella di andare oltre se stesso. Non ci sarebbero le civiltà, altrimenti.
Ma la divinità, sintesi di queste attitudini infinite, è ancora quella di Senofane: il Dio a immagine dell'uomo, semplice proiezione che da una parte disegna una divinità troppo umana, dall'altra lascia l'uomo lontano dal suo centro, decentrato e alienato.
E da qui in avanti è la storia disperata dell'uomo che crede di ritrovare se stesso diventando questo Dio fino al compimento del programma scientista, come se la piena umanità fosse infine la permanenza indefinita della coscienza su supporto tecnologico. In realtà si tratta, alla lettera, della creazione dell'Inferno: l'eternità lontani dal vero Dio, cioè l'eternità chiusi nella consapevolezza delle proprie mancanze, della propria incompletezza, e quindi della propria sofferenza.

Ipazia

La deriva scientista è ingenua ed illusoria quanto quella creazionista. I greci l'avevano già capito millenni fa: γνῶθι σεαυτόν, gnōthi seautón, conosci te stesso. Nell'universo di cui sei parte e che è parte di te.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

Benvenuta Anna Maria.
Nell'istinto alla divinità degli uomini individui una discontinuità rispetto agli altri esseri viventi.
Ma credo invece che questa artificiosa ricerca di discontinuità sia il prodotto dell'istinto alla divinità, il quale è solo un surplus di coscienza che fa' si che l'individuo trascenda in una comunità, che chiamiamo umanità, e che viene riassunta in una idea di divino, la quale stessa rende l'idea di una umanità come individuo.
Alla fine questo istinto alla divinità dovrebbe indurci proprio a riflettere in che modo si costituisca un individuo, dandocene un esempio nel costruire l'individuo umanità.
Nella realtà non vi è però alcuna discontinuità, ma solo una ricerca artificiosa di discontinuità che svolge certamente comunque  una qualche funzione., e che mi sembra arbitrario relegare agli uomini.
Certamente è un piccolo passo verso l'eternità il trascendere l'uomo all'unanimità, che diventa un grande passo se la trascendenza riguarda la vita intera, e potrebbe essere addirittura un passo definitivo, nel senso che si da' per scontato, chissà' perché, che la vita abbia avuto un inizio., mentre potrebbe essere sempre stata.
Voglio dire che il possedere là capacità di distinguere gli esseri viventi dai non viventi ha una sua funzione, che non è propriamente quella di distinguerli in modo netto, secondo una supposta distinzione che sia reale.
In effetti quando ci avviciniamo al confine di questa distinzione, la distinzione tradisce la sua artificiosa funzionalità.
I virus sono vivi oppure no?
Dipende da come definiamo la vita, e questa definizione non può che essere arbitraria e acquista un senso solo quando svolge una funzione.


In definitiva vedo nel divino una affermazione allargata di individuo, a dimostrazione che l'individuo non ha una derivazione assoluta, ma un assemblaggio relativo e variabile.
Ciò che chiamiamo uomo è in effetti un arbitrario pezzo di vita fatto di miliardi di altrettanti arbitrari microbi e in generale di diverse forme viventi.
L'uomo stesso , come individuo, è una religione, cioè ciò in cui trascendono diverse individualità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Non vi è nulla che non derivi da altro da sé.
Ogni cosa, ogni fenomeno e quindi ogni istinto esiste perché causato da altro.

Gli istinti non possono che essere generati dalla razionalità, che generazione dopo generazione apprende il comportamento migliore da adottare in certe situazioni.
Il comportamento "migliore", ossia più efficace, viene sedimentato diventando istinto.
Gli istinti sono perciò frutto di apprendimento.

Essendo la razionalità lo stesso tessuto del cosmo, è presente ovunque, anche se in misura differenziata.

Nell'uomo pare essere oggi particolarmente presente. Probabilmente a causa delle corde vocali e delle mani prensili con il pollice opponibile.
Casualità che hanno favorito lo sviluppo della nostra razionalità, che non è però affatto nostra esclusiva.

Si potrebbe pensare che la scelta migliore sia valutata tale da un qual "supervisore". Ossia una mente che valuta quale comportamento razionale sia più efficace e meriti perciò di diventare istinto.
Ma ciò sarebbe a mio parere assurdo.

Semplicemente ogni istinto è il comportamento che meglio si è dimostrato efficace nelle nuove situazioni. Ed è la sola sua stessa efficacia che ne ha permesso la trasmissione alle successive generazioni, che vi sono state per suo merito.

Cioè l'istinto è frutto di una eredità che deriva dalla combinazione del caso e della necessità.

Nell'identico modo con cui un virus permane attraverso le proprie mutazioni. Senza che vi sia dietro alcuna valutazione nel merito.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

atomista non pentito

Bella ed articolata riflessione che vorrebbe l'uomo "diverso". Che sia "diverso" non ci piove , trasparirebbe pero' dallo scritto ( o ho preso un abbaglio io) una certa "superiorita'". Personalmente vedo invece inferiorita' dovuta ad evidenti comportamenti che spingeranno ( i segnali sono piu' che evidenti) la specie a negare nei fatti quell'istinto di conservazione individuale con la conseguenza di estinguersi molto prima di quanto avrebbe potuto fare se non avesse maturato questa "diversita'". Alla faccia dell'istinto alla divinita' in un mondo di "influencer".

paul11

 L'uomo senza consapevolezza, coscienza, sarebbe un'ameba evoluto.
Senza coscienza, con tutto ciò che ne sarerbbe parte, l'uomo non avrebbe trasformato la natura in sue creazioni, dalla tecnica alla scienza al pensiero in generale.
Ma la coscienza è anche illusione e ingenuità( non li utilizzo in termini denigratori, ma critici, in quanto una rivoluzione non si fa senza una base di ingenua illusione di poter cambiare il mondo, infatti generalmente sono i giovani ingenui e con illusione a crederci). Questo spingere oltre il confine, il limite del proprio corpo fisico con il pensiero, lo induce a confrontarsi e riflettere su argomenti che non sono propri di un organismo che solo dovrebbe  sopravvivere. Questi pensieri da una parte progettano nella natura e dall'altra possono generare , oltre la propria natura, illusioni e ingenuità e spingervi financo la passione. Il confronto immane, e immanentistico nel senso di vissuto, fra il pensiero e la propria natura, costruisce afflizione; perché segna la distanza fra ciò che si è, come corpo fisico, e come coscienza di pensiero che è altro da sé, altro dalla natura.
Essendo l'uomo vivente assoggettato alla natura fisica, mentre il pensiero è oltre questa natura, è negli universali, è nelle domande e tentativi di risposte a queste, lo sguardo si pone oltre lo spazio/tempo immanente, del dì per dì, e cerca risposte in un creatore, nel generatore dell'universo che comprende la natura e quindi lo stesso uomo e il significato della propria esistenza.


Ben altro è dire che l'uomo vuole essere come " dio": onnisciente, onnipotente ,immortale.
In realtà, penso che chi se lo sia davvero posto, lo abbia compiuto per esercitare il suo potere sui popoli , con il suo delirio di onnipotenza. Allora è il potere il delirio, non gli attributi posti al divino.


Nel mio pensiero ,se per paradosso un umano avesse davvero questi attributi divini, non farebbe nulla, non lo direbbe a nessuno,  si limiterebbe ad osservare, sapendo che nulla può in relazione al destino universale, naturale, umano.


Infine, non definirei istinto, ciò che è più proprio dell'animo umano.
Un ragno tesse perfettamente una tela, molto probabilmente senza esserne consapevole, reagisce ad impulsi dell'ambiente in cui vive. Prova ne è che non apprende a tessere la tela, non viene educato ad essere un buon ragno . Gli umani, invece, hanno attributi intellettivi, oltre ad istinti come quello di sopravvivenza, e questi attributi costruiscono su una tabula rasa, l'educazione, la formazione.
Se un bebè, alla Tarzan, fosse paracadutato nella giungla e ammesso che venga protetto ad esempio . da scimmie, avrebbe sì gli attributi intellettivi, ma il linguaggio delle scimmie, i loro segni e simboli, lo porterebbero ad essere tutt'altro che un uomo civile occidentale da cui sarebbe stato originato. Quindi l'uomo ha attributi intellettivi e relativa coscienza, ma è una tabula rasa che prima segue istinti e poi linguisticamente viene educato in contesto segnico, simbolico che sta fra l'essere scienziato o pensatore, oppure un Tarzan fra le scimmie.
Questa tabula rasa è fondamentale. E' il luogo della manipolazione e indirizzamento formativo del bambino. Significa che i condizionamenti(non necessariamente in termini denigratori, perché è necessario che il bambino imiti, si confronti, impari le basi del linguaggio) educativi e formativi, diciamo il sistema culturale che è metaforicamente uguale all'ambiente naturale da cui il ragno riceve impulsi e a sua volta reagisce a questi impulsi, può indirizzare linguisticamente l'essere umano direi in qualunque direzione.
Questo pone un altro aspetto: un figlio di un Nobel, non è mai o quasi mai ,un altro Nobel.
Il sistema ambiente, in termini linguistico culturali, sono determinanti nell'educare e formare un individuo umano.
Non esiste il gene della cultura, esistono semmai predisposizione ad essere....un'ameba o un umano.
Quindi e davvero finisco, non si può parlare di istinti di immortalità, onniscienza, onnipotenza, se per istinti si intende un codice genetico che predisponga ad essere un determinato organismo vivente.

viator

Citazione di: baylham il 07 Ottobre 2021, 00:06:17 AM
L'istinto di sopravvivenza è sufficiente a spiegare l'aspirazione all'immortalità, all'onnipotenza e all'onniscienza, che sono delle tendenze derivate.

Perfettamente, bailham ! Facilissimo a dimostrarsi, ma credo proprio non valga la fatica del dover raddrizzare per iscritto la visione capovolta-speculare che tanti hanno dei rapporti causa-effetto. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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